venerdì 21 marzo 2014

Le bassezze dell'Alta società. Capitolo 6. Villa Ozzani di Fossalta

 

Erano partiti alle nove di sera, dopo aver preso tutti gli accordi.
Giulia aveva telefonato nel pomeriggio a Villa Ozzani.
Il numero era rimasto lo stesso, come i significati reconditi, nella memoria, dietro a quelle cifre.
Una voce sconosciuta le aveva risposto, forse una governante. Aveva un tono tetro e un accento meridionale, forse napoletano: in ogni caso, fu di poche parole e molto fredde, evasive.
Però ha capito subito chi ero…
Giulia si ricordò dell’accenno di Virginia agli “avvoltoi” che le giravano intorno per l’eredità. Ecco, quella governante ne aveva tutta l’aria.
Dovrò stare molto attenta, e guardarmi le spalle.
Questa volta non poteva permettersi di fallire.
 Non sono più la ragazzina ingenua di tanti anni fa…


La sua regola, ormai, era non fidarsi di nessuno.
La governante rispose che la Contessa sarebbe stata felice di avere ospite sia lei che suo figlio per tutto il tempo in cui avrebbero gradito trattenersi. 
Virginia sapeva che avrei accettato. Virginia sa sempre tutto.
La verità era che Giulia aveva fretta di concludere tutta quella storia, prima della imminente dipartita della Contessa, ma non era solo per la questione dell'eredità di Roberto. 
Era anche, e prima di tutto, una questione di amicizia e di amore, come era stata anche di tradimento e di odio. 
C’erano troppi discorsi rimasti in sospeso, troppe parole non dette, troppi lati oscuri da chiarire: erano le voci di quell’inconscio rimosso per oltre quattro decenni, che ora reclamavano udienza dentro di lei, le martellavano la mente.
Le voci!
Presto avrebbero avuto la loro risposta: il sipario si alzava prima dell’ultimo atto di un dramma che aveva avuto inizio quarant'anni prima.


Mentre lei era sovrappensiero, suo figlio Roberto guidava e il gatto che si erano portati dietro non pareva particolarmente felice di starsene nel suo gabbiotto.           «Miauu!» Il miagolio di protesta del felino ingabbiato interruppe il flusso dei suoi pensieri. Con una mano gli fece svogliatamente il solletico. Anche l'umore di suo figlio non era dei migliori.


«Ma sei sicura che sia questa la strada? Guarda!» e il suo indice si tese con esasperazione verso il rettilineo della strada deserta e le sconfinate distese di granturco, che a malapena si distinguevano nella foschia e nell’ombra della sera.
Il tracciato insistito della strada pareva voler forare la superficie monocroma dell’orizzonte oscuro, lacerarla, aprire spiragli su allarmanti fondali di tenebre.
«Non c’è niente! Non ci sono più luci, più case! Mi vuoi dire dove stiamo andando? Non sarebbe ora di mettere un navigatore satellitare!»
Giulia sospirò.
«Abbi fede.… vedrai, la Villa è alla fine della strada. Tutta questa terra è loro!» e il braccio piagato roteò intorno ai finestrini, per poi ricadere stanco sul sedile.
Il figlio rimase perplesso: 
«Loro?»
«Gli Ozzani di Fossalta, la famiglia della Contessa»
Roberto indicò un canale ai lati della strada:
«Ah! E questa, immagino, sarebbe la Fossalta» ironizzò, accennando alla bassa pianura, coperta da una foschia sempre più densa, ma Giulia non era in vena di battute: «No, Fossalta è il nome del paesetto sul Po di Volano, a pochi chilometri dalla Villa. Era il… come si dice… il feudo che avevano i loro antenati, ai tempi degli Este…»
Roberto la guardò di sottecchi con perplessità, ma Giulia era serissima:
«Dico sul serio! Avevano il feudo, ma era tutta terra paludosa… poi però il suo bisnonno, di lei, il conte Ippolito, fece bonificare tutta la zona nell’Ottocento… e ci costruì la Villa, in stile neoclassico»
Giulia conosceva a memoria tutto l'albero genealogico degli Ozzani.


                                  Ippolito Ozzani di Fossalta   +   Valeria Serbelloni  
                                                                                 |
                                                 --------------------------------------------------------
                                                |                                                          |
                              
       Vittorio Ozzani di Fossalta + Adelaide Aldrovandi      Violetta + Gen. DeToschi                                              
                1892- 1948                |    1899-1994                   1909-1929     1895-1978  
                                                  |                                                         |          
                                                  |                                              Carlotta De Toschi
                                                  |                                                      1929
        -------------------------------------------------------------------------------------------------------
        |                           |                      |                              |                     |
  Umberto              Carlo                 Grazia                 Laura                   Margherita
1915-1986       1917-1995           1919-1997            1921-1998         1923 -2000
       +                                                                                +                    +
 Claudia                                                         Adriano Trombadore   Giuseppe Papisco
Protonotari                                                         1912 – 1987                1916-1998
Bonaccorsi                                                                                              |        divorzio 1975               |                                                                                                              |         risposatosi poi con 
1919-2000                                               --------------------------------------------------
       |                                                     |                      |               |                
----------------------------                Piergiuseppe      Benedetta      Goffredo                 +
|                          |                           1944               1947              1949          Serena Sarpi
Alessio          Virginia                                         +                                              1937
1940-1999     1942                                Massimo Piccioni                                        | 
+                                                           1940        |                                             Bramante
Esther                                  ----------------------------------------------                                1967
Rubini                                  |                                     |
1943-1999                     Alberto Piccioni              Cristina Piccioni

(+ Giulia                        1970                                     1975                                            
      Federici
       1942)
   |
Roberto
1962



«Una villa in questo deserto! Gran bella decisione!» ironizzò il figlio, che non sapeva più come palesare il suo scetticismo.
«Non una villa, Roberto, ma la Villa!»



Quella frase fu pronunciata da lei con una specie di enfasi epica, seppur velata di malinconica elegia, e forse anche con una punta quasi impercettibile di disprezzo.
«Mah…» fu l’unico commento del figlio.
Giulia dovette convenire mentalmente con lui.
Ma sì, hai ragione tu! Sono sempre stati dei matti…
Però si sentì in dovere, per qualche strana ragione a lei stessa ignota, in quel momento, di giustificare una scelta così evidentemente balorda.
«Avevano un grande progetto, fare della Villa il centro di una azienda agricola che desse lavoro a tanta gente… e fosse anche redditizia, perché poi, sai, le terre strappate alla malaria sono benedette da Dio, per quanto riguarda il raccolto, lo diceva anche Verga…»
In realtà Verga si riferiva al colera, ma Roberto non si sarebbe accorto del dettaglio.
«Mamma, non ti reggo quando fai le tue citazioni letterarie!»
Giulia sorrise.



«Parlicome Virginia! E come suo...» le scappò detto, poi però, come pentita, tornò al tema: «…ma fammi finire il discorso: la terra all’inizio aveva reso bene agli Ozzani, poi però c’erano state delle brutte annate, delle inondazioni, e lì è iniziata la crisi. Il nonno e il padre di Virginia non ci sapevano fare con gli affari… come tutti i veri nobili del resto…» si incantò un istante, fissando il figlio, come seguendo un pensiero subito censurato, poi proseguì con voce distante:
 «Il colpo di grazia fu quando il Conte Umberto, il padre di Virginia, perse tutti i suoi risparmi dopo l’ultima guerra… aveva investito in titoli di Stato…e sai come è andata a finire la storia del debito pubblico, dopo la guerra…»
Quello lo sapeva, ma a quel punto sorgeva una domanda inevitabile:
«E allora i soldi dove li hanno presi dopo?»
Giulia si incupì. Non era ancora il momento di parlarne.
L’eredità di Esther…
Cercò di temporeggiare:
«Adesso ci arrivo, prima volevo spiegarti il perché della Villa in questa zona…»
Robert però aveva capito che c'era sotto qualcosa di molto imbarazzante.



«Ma scusa, se era solo una questione di bonifiche e di aziende agricole, non bastava fare delle fattorie e che ci abitassero degli amministratori?»
Giulia lo guardò con l'aria di chi la sa lunga:
«Come sei ingenuo! I fattori rubano, e poi non hanno la visione d’insieme…»
Lui sbuffò:
«Ah, mentre loro ci hanno saputo fare! I Conti Ozzani!»
L’ironia del figlio lasciò Giulia senza argomenti.
Mio figlio tira fuori il buonsenso solo per fare la morale agli altri!
Quel pensiero però ne suscitò altri che ella respinse.
O forse lo era? Dopotutto era qui che le cose avevano avuto inizio, ed era giusto che fosse qui che tutto, alla fine, si chiarisse.
Doveva preparare Roberto a ciò che lo attendeva:
«Non devi essere così duro nel giudicarli. Il Conte Umberto a suo modo era un idealista…certo alcune sue idee non erano del tutto condivisibili, però lui era in buona fede…»
«Cioè? Cosa vorresti dire?»
«Voglio dire che anch’io all’epoca lo giudicai molto male, ma poi, col tempo, ho compreso il suo punto di vista»



Essere comprensivi è segno di saggezza, figlio mio: come faccio a spiegartelo, se alla tua età non l’hai ancora capito?
Roberto era sempre drastico e tagliente nei suoi giudizi: non aveva appreso il valore della comprensione, nonostante tutti i suoi studi e le sue esperienze.
Saresti potuto arrivare alla saggezza, Roberto, se non ti fossi convinto di averla già raggiunta.
Ma forse c'era ancora qualche speranza.
«Il suo punto di vista su cosa?» insistette il figlio.
«Su tutto… i suoi valori aristocratici, la sua visione del mondo elitaria, estetizzante… certo, era un modo di vedere pieno di pregiudizi, ma in fondo, anche il tuo…insomma, guarda anche solo come ti vesti! Sei un aristocratico dalla testa ai piedi!>>



«Solo nello spirito, mamma. Per il resto... be', meglio non parlarne...»
Per il momento, forse, si poteva ancora rimandare il discorso, ma presto Virginia sarebbe passata alla carica e bisognava trovare un modo per evitare che tra i due nascesse un conflitto.
«Roberto, sei un intellettuale e dovresti sapere bene che ogni modo di vedere è anche un modo di non vedere!»
Il figlio non parve cogliere la portata di quell’affermazione, preso com’era da un impulso di sdegno idealistico: 
«Da quel che ho capito quel Conte era un tipico reazionario!»
Lo disse col tipico disprezzo saccente dei radical-chic e la cosa irritò Giulia nel profondo:
«Reazionario, sì, ma non gretto: aveva classe, stile. Il mio giudizio è estetico, e tu sai bene che non amo dare giudizi politici: mi ricordano troppo le conversazioni da bar del povero Sergio. Quel che volevo farti capire è che è troppo facile criticare, senza sforzarsi di capire»



«Cosa c’è da capire? Era un privilegiato che difendeva i suoi privilegi!»
«Sì, lo era. Ma, non lo condanno: bisogna conoscere bene i fatti, studiarli, comprenderne le sfumature, perché, lasciamelo dire, quasi tutto ciò che condanniamo negli altri è anche dentro di noi, ed è lì che prima dobbiamo sconfiggerlo! Altrimenti rischiamo di diventare come la parte peggiore di quelli a cui ci opponiamo»
La bocca di Giulia si inarcò all’ingiù disegnando una parabola convessa sul suo volto avvizzito.
L’ultima volta che ho fatto questa strada, le macchine andavano più lente…e non c’era l’asfalto…
I ricordi la travolsero.
«Si tratta di cose successe ormai quarantacinque anni fa: sia io che Virginia eravamo giovanissime all’epoca, ancora molto immature, e questo può avere causato equivoci, incomprensioni…»
Si impantanò in questa premessa piuttosto scontata.



«A quell'età, lo sai bene, si devono prendere delle decisioni per la vita… cioè… è a quell’età che si sceglie. Poi però si cresce, si matura…»
Il figlio annuì, quasi volesse con tale gesto sancire una sua improbabile maturazione.
Giulia si rincuorò e ritrovò le parole: 
«Alla fine viene il giorno in cui capisci dove hai sbagliato, e perché, ma ormai è troppo tardi, perché la tua vita è stata decisa in un periodo in cui non sapevi nulla!»
Roberto lo sapeva fin troppo bene, avendo collezionato scelte sbagliate come se fossero francobolli, ma una cosa lo turbava:
«Perché sei arrivata a dover tagliare i ponti alle tue spalle? Cosa ti hanno fatto di così grave gli Ozzani di Fossalta?»
La domanda si dissolse nel buio che ormai era calato sulla campagna, e Giulia non poté cogliere l’apprensione disegnatasi sul viso del figlio, ma la percepì dalla voce.
Sì, lui sospetta!
Ormai erano arrivati, non era il caso di parlarne in quel momento.
«Mah, forse fu una ritirata strategica, una cessione di posizioni meno importanti per difendere quelle che lo erano di più…»
«E cioè? Basta girare intorno alla questione e parlare per enigmi!»
Giulia ebbe paura di un suo improvviso scatto d’ira-
<< La verità è che…>>
Ma non riuscì a dirlo. 
Quid est veritas?
La domanda di Ponzio Pilato era uno dei passi cruciali del Vangelo, di quelli che i preti si guardavano bene dal leggere durante la Messa.
Che cos’è la verità?



Giulia, che pure voleva aver fede in Dio, non poteva prescindere dal dubbio filosofico.
I dogmatismi non mi appartengono. Sono sempre stata uno spirito libero, e intendo rimanere così fino alla fine dei miei giorni…
Non pretendeva certo di essere depositaria di alcuna verità, nemmeno di una verità storica, memorialistica, a cui aveva assistito e partecipato.
Però aveva il dovere di rispondere a suo figlio: e se non fosse stata l’esatta verità, almeno poteva e doveva essere la sua onesta versione dei fatti.

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