Antefatto
Luogo: Castello di Gothian, Artide
Giorno: 9 aprile
Anno: 983 dalla fondazione dell'Impero Lathear, in seguito ricordato come "l'anno della Primavera di Sangue".
«Stavi sognando?» le chiese l’uomo alto, magro, pallido, dagli occhi di ghiaccio e dai lunghi capelli color avorio.
«Ho sempre sognato» mormorò la donna bionda seduta sul grande letto a baldacchino «I sogni distinguono il sonno dalla morte»
L’uomo si tolse un guanto e si osservò le unghie affilate con aria distratta, quasi annoiata: «Da come ti agitavi, mi parevano incubi»
Gli occhi gialli di lei brillarono come quelli di un gatto selvatico, e le pupille si dilatarono. Scostò di colpo le sete dorate che ricoprivano il suo corpo perfetto.
«No, Fenrik, erano sogni di rivincita!»
Il Conte di Gothian colse l’allusione ad un evento accaduto in tempi remoti.
«Capisco… » la sua voce era sibilante e le labbra sottili, esangui: «…ed era un sogno ricorrente?»
Lo sguardo della donna divenne improvvisamente malinconico: «Non esistono sogni ricorrenti. Il sogno che interrompi non sarà più uguale»
Il Conte percepì una minaccia in quella risposta, anzi, un desiderio di vendetta. Li ignorò, perché sapeva che il bersaglio non era lui: «Come vedi, il Patto è stato rispettato. Sephir Eclionner ha perso, ad Elenna sul Dhain. L'Impero Lathear è in ginocchio. Ora avrò quel che mi spetta?»
Lei annuì: «Tutti lo avranno, nel bene e nel male»
Il Conte fu percorso da un brivido: «E’ tuo diritto, Edwina…»
La donna si sollevò di scatto: «Non pronunciare mai più quel nome! Nessuno deve sospettare che io...»
«Ma, mia cara, chi vuoi che si ricordi di…»
«Zitto! Non una parola di più!»
Il Conte ebbe una contrazione alle labbra, e mostrò per un attimo i canini aguzzi. Non era abituato a farsi trattare in quel modo, ma Edwina Ataris era l’unica persona al mondo più potente di lui.
«Come vuoi essere chiamata?»
Lei sorrise, accarezzandosi i boccoli dorati: «Ricordi come viene chiamato quel fiore giallo che sboccia il primo giorno d’estate, nei giardini di Alfarian?»
Fenrik dovette fare uno sforzo: non amava i fiori, non amava la reggia di Alfarian, e soprattutto non amava gli Alfar.
«Si chiama màrigold»
Le iridi gialle di lei parvero pulsare di gioia e brillare come pagliuzze dorate.
«Màrigold… ah… mi piace! Con questo nome tu mi chiamerai, quando oggi ci sposeremo. Il cognome e il titolo deriveranno dalle nostre nozze. Nessuno oserà chiederti altro su di me»
Il Conte annuì: «Questo è certo. Tutti mi temono! E hanno ragione di farlo!»
Marigold era soddisfatta: «Per questo ho scelto te, Fenrik Steinberg! Ed è tempo che noi due iniziamo a muovere tutte le pedine della grande scacchiera»
Fenrik si rabbuiò:
Fenrik si rabbuiò:
«Ci vuole cautela. Le cospirazioni in atto sono più di una, Edw... ehm... Màrigold!» Scandì le parole nel pronunciare quel nome.
Lei scrollò le spalle:
«Solo la nostra cospirazione si basa sulla conoscenza esatta del Patto: ci basta la memoria»
Il Conte dovette annuire: «In effetti, a differenza di tutti gli altri, il giorno in cui fu siglato il Patto, noi eravamo là»
La "dama gialla", come la chiamavano tutti, sorrise soddisfatta:
«Ben detto! Ora non ci resta che recitare questa farsa della cerimonia nuziale. Credo che mi divertirò molto nel ruolo di Marigold, Contessa di Gothian»
Fenrik accennò vagamente un ironico sorriso: «E’ passato molto tempo dall’ultima volta che Gothian ha avuto una Contessa»
Marigold ricambiò la smorfia: «Non ne dubitavo affatto. La cosa susciterà un certo scalpore, ad Alfarian, ma io so adattarmi bene alle circostanze. Ormai manca poco allo scadere del Millennio… e allora la vera versione del Patto dilagherà in tutto il Continente Centrale>>
Fenrik si concesse un sorriso:
<<Dai miei Albini delle nevi ai tuoi Alfar, dai Keltar ai Lathear, fino ai Neri dell’estremo sud! Non pongo limiti di spazio, né di tempo, al nostro Impero»
Fenrik si concesse un sorriso:
<<Dai miei Albini delle nevi ai tuoi Alfar, dai Keltar ai Lathear, fino ai Neri dell’estremo sud! Non pongo limiti di spazio, né di tempo, al nostro Impero»