martedì 10 marzo 2015

Estgot. Capitolo 43. E venne il giorno...



Al risveglio, dopo ore di sonno profondo, la prima cosa che Waldemar vide fu lo sguardo accigliato di Jessica, che lo fissava con quell'implacabile espressione di rimprovero e sarcasmo che era solita sfoderare per le grandi occasioni.
Per un attimo temette di essere impazzito e che quella davanti a lui fosse solo un'allucinazione.
<<Jessica... cosa ci fai qui? Perché fai quella faccia?>>
A lei venne da ridere:
<<Sono le due del pomeriggio, Roman. Sono venuta a controllare se eri ancora vivo... be', pare di sì...>>
Il tono ironico di lei smorzò sul nascere le preoccupazioni di Waldemar, che si sentì stranamente calmo:
<<Sì, non c'è niente di meglio che una bella dormita... ora che sai che sono vivo puoi anche tornare...>>
Lei tagliò corto:
<<La tua prova di Iniziazione si terrà stasera, nell'ala est di Sleepy Providence>>
Detto questo si appoggiò allo schienale del letto e osservò di sbieco la sua reazione, come se gli avesse annunciato una sentenza di morte.




Waldemar però non ne fu turbato, anzi, in un certo senso quell'anticipo gli faceva piacere;
<<Meglio così. Non mi sono mai piaciute le attese. Meglio togliersi il dente il prima possibile, come diceva la prozia Sidonie>>
Jessica ridacchiò:
<<Ci sarà anche lei stasera, tra gli ospiti incappucciati che accorreranno fin qui dai quattro angoli del mondo per godersi lo spettacolo. Forse ci sarà anche mia nonna Glynis e chissà quanti altri parenti che non ho mai conosciuto e non ho nessuna voglia di conoscere. Si riveleranno solo alla fine, però, se tutto andrà come deve andare>>
Lui scrollò le spalle e ribatté in tono scherzoso:
<<Facciano pure. In fondo dovrei essere grato a questa gente, per avermi offerto questa grande opportunità!>>
Lei sbuffò:
<<Ah! E' grato! Non so dove trovi la forza per scherzarci su>>
Waldemar cercò di sviarla:
<<Il sonno fa miracoli>> poi, con nonchalance <<Ti sta bene quel vestito bianco, sai?>>
Lei, naturalmente, non ci cascò:
<<Non ho ancora scoperto chi ci ha fatto quello scherzetto il primo giorno. Non vorrei che qualcuno si introducesse qui per combinarne altri>>
Lui finse indifferenza:
<<Mi avevi assicurato che non c'erano pericoli>>
Jessica gli si avvicinò e gli mise le mani sulle spalle, massaggiandole con sapienza:
<<Non ne sono più tanto sicura. Ivan Kaspar, che ha curato il restauro di Sleepy Providence, mi ha messo in guardia dall'avventurarmi nelle zone disabitate del maniero>>



Waldemar si chiese se per caso Jessica avesse trovato l'anello di rubino che Jennifer gli aveva donato prima di congedarsi, ma era sicuro di averlo nascosto bene tra gli effetti personali, insieme a cimeli di famiglia:
<<E perché mai?>>
Lei continuò nel suo massaggio e avvicinò le labbra al suo orecchio, sussurrando:
<<E' vetusto... e cela molti brutti ricordi>>
Scandì lentamente quelle parole, sillaba per sillaba, con tono allusivo e nello stesso tempo definitivo, come chi vuol mostrare di aver "mangiato la foglia" e di non voler approfondire oltre l'argomento.
Lo sa.
Sa di Jennifer e lady Margaret, o quantomeno lo sospetta. 
Ma per il momento non dirà niente a Ivan Kaspar. 
In fondo, se stasera le cose andassero bene per me, sarò io a comandare la baracca, e lei vorrà essere per sempre come adesso, candidamente dietro le mie spalle, con le mani saldamente serrate sul mio collo, come in una morsa, e la sua bocca profumata sul mio orecchio, a sussurrarmi cosa è meglio fare e cosa no. E' certa di poterlo fare. Io gliene ho dato motivo e non posso biasimare che me stesso.
In fondo, lei ha atteso questo momento per tutta la vita.

Parodie fantasy































lunedì 9 marzo 2015

Estgot. Capitolo 42. Per le antiche scale.



Quando Waldemar e Jennifer giunsero alla scalinata che conduceva agli appartamenti privati del Governatore di Estgot, nel maniero di Sleepy Providence, erano ormai le prime luci dell'alba.
Waldemar aveva riflettuto sull'offerta di Jennifer, ma non aveva cambiato idea:
<<E' giunto il momento di separarci. La prossima volta che ci rivedremo, io sarò una persona diversa, spero migliore. E allora ti prometto che la prima cosa che farò sarà liberarti!>>
Jennifer annuì, poi la sua espressione divenne più tranquilla:
<<Prego alla tua presenza che sia così>> poi aggiunse <<Sai, da piccola, quando vivevo ancora con i miei genitori adottivi, i Grimson, avevo un pappagallino brasiliano, una cocorita che si chiamava Rosy ed era tutta gialla. Ogni tanto faceva le uova e le covava finché i miei non gliele toglievano. Alla fine le comprammo un compagno, ma le uova rimasero sterili. 
Una volta, non so come, la porta della gabbia rimase aperta e il maschio volò via, ma lei no.
Io comunque credevo che lei fosse triste e ogni tanto, in casa, la tiravo fuori dalla gabbia e la lasciavo libera, ma lei tornava sempre nella gabbia>>
Waldemar fu sorpreso da questo racconto che sembrava quasi un aforisma zen:
<<La libertà può fare paura>>
Lei approvò e continuò il suo racconto:
<<E' vissuta molto a lungo. Ha passato metà della vita a covare uova sterili. La sua vita non aveva molto senso, ma lei non se ne rendeva conto ed era felice>>
Waldemar colse un'ulteriore morale in quel discorso:
<<Dunque è la presa di coscienza ciò che ci espone all'infelicità?>>
Jennifer rimase pensierosa:
<<Se non fossimo consapevoli che la nostra gabbia è una prigione, potremmo persino amarla come se fosse casa nostra. Ma quando prendiamo coscienza del fatto che potrebbe esistere un'alternativa migliore, allora, be', non ci sono più alibi: se rimaniamo ancora nella prigione è soltanto per paura o, peggio ancora, per pigrizia>>



Waldemar si stupì del fatto che la personalità di Jennifer, ingenua e malinconica, fosse così diversa da quella di Virginia, che era stata molto sicura di sé, e di Jessica, che era furba, dispotica e sarcastica.
Era strano pensare che avessero lo stesso Dna.
Eppure mi sono piaciute tutte e tre. E' come se fossero componenti separate di una stessa persona.
Improvvisamente gli sorse un dubbio:
<<Hai mai conosciuto la Jessica originale, quella che vive a New York?>>
Jennifer sorrise, come se trovasse la domanda molto buffa:
<<Ho conosciuto i suoi genitori, Charles e Marie Claire, che poi erano anche i miei genitori biologici. Erano venuti qui ad Estgot per vedere me e gli altri cloni. Quando chiesi loro com'era la Jessica originale, la risposta fu strana e in un certo senso deludente: dissero che era diversa, ma non migliore di noi>>
Quelle parole suonarono strane e deludenti anche alle orecchie di Waldemar:
<<Ma erano proprio sicuri che quella che avevano cresciuto loro fosse l'originale? La clonazione è avvenuta dopo una fecondazione artificiale in vitro. Siamo sicuri... perdona la crudezza dell'espressione... che quel primo embrione sia stato mai veramente scongelato?>>
Jennifer accennò un lieve sorriso:
<<Ho smesso da tempo di farmi queste domande. Ognuno di noi non è forse una persona unica e insostituibile, non fosse altro che per la diversa formazione che ha avuto? Oppure è vero quello che credono gli Iniziati, quando dicono, basandosi esclusivamente sulla genetica, che ci sono persone di serie A e persone di serie B? 
Non affrettarti a trovare risposte a questi interrogativi, perché potrebbero sorgere considerazioni in grado di minare fin dalle fondamenta le tue certezze>>
Waldemar fu percorso da un brivido.
In fondo io ho sempre ricercato persone speciali. Le altre mi annoiavano. Ma chi sono io per giudicare?
Fece per rispondere, ma lei gli mise un dito sulla bocca:
<<Ti avevo offerto l'opportunità di uscire dalla gabbia, ma tu ci sei voluto rientrare. 
Forse è stata una scelta saggia, o forse non c'era alternativa>> poi si tolse un anello di rubino dall'altra mano e glielo porse: <<Prendi, questo è l'Anello del Fuoco. Te lo dono nella speranza che la Fiamma di Atar ti riscaldi il cuore, perché grandi saranno le tue fatiche e ogni volta la mia preghiera ti sosterrà, preservandoti dalla stanchezza>>



Lui la ringrazio, commosso.
<<Ti prometto che tornerò>>
Si abbracciarono e infine si congedarono:
<<Buona fortuna, Figlio dei Cento Re! Possa il mio dono essere per te una luce in luoghi oscuri, quando ogni altra luce si spegne>>

Fiori