martedì 21 gennaio 2014

Geopolitica del Medio Oriente



Dalla rivista "Limes"

 Il conflitto civile siriano visto nel più ampio contesto mediorientale. In viola lo schieramento che sostiene la Siria del presidente al-Assad: Libano, Iraq e Iran. La carta riporta i flussi finanziari, di armamenti e di uomini che riforniscono le truppe lealiste siriane. Lo schieramento a sostegno dei ribelli è invece in giallo ocra, e comprende l'Egitto, la Giordania e i paesi del Golfo. La Turchia, apparentemente defilata, resta in vigile attesa. Frattanto, le unità aeronavali delle grandi potenze prendono posto alle spalle dei contendenti regionali. Il Mediterraneo orientale è così solcato dalle flotte di Russia, Regno Unito, Francia e Stati Uniti, le cui squadre già stazionano tutt'intorno alla Penisola arabica.



O mangi la minestra dell'accordo di Ginevra-2 o salti dalla finestra: è questo in sintesi il messaggio più volte ripetuto alle opposizioni siriane dalle cancellerie occidentali, incapaci finora di escogitare una formula politica meno ambigua di quella che da domani sarà sul tavolo di Montreux, imbandito dall’inviato Onu Lakhdar Brahimi.


Per l’anziano diplomatico algerino conta soprattutto che domani si cominci.
 Conta che di fronte alle telecamere e alle macchine fotografiche gli attori sorridano e stringano le mani al cerimoniere. Nessuno potrà dire che la “comunità internazionale” non ha provato a trovare una soluzione. Se poi le parti non troveranno un’intesa “sarà colpa loro”.

Accantonata definitivamente l’opzione militare dopo l’accordo sulle armi chimichesponsorizzato da Russia e Stati Uniti, gli 11 paesi che almeno formalmente appoggiano la coalizione delle opposizioni in esilio (Cns) hanno sostenuto Brahimi nel fare di tutto perché l’incontro svizzero non dovesse essere rimandato per l’ennesima volta.


Perché se la sedia riservata all’opposizione non fosse stata occupata, la conferenza non si sarebbe potuta svolgere: da qui le fortissime pressioni esercitate sui membri del Cns più vicini all’Arabia Saudita perché ci siano almeno loro.

Senza un concreto sostegno occidentale, il Cns è però una piattaforma di oppositori in esilio, incapaci di formare un governo nelle regioni settentrionali del paese e di rappresentare a livello locale un’alternativa credibile al regime e ai qaedisti.

Inoltre, come era previsto, la Coalizione si è spaccata: l’ala più vicina alla Fratellanza musulmana - in esilio e illegale in Siria dal 1980 - è uscita formalmente dalla piattaforma.

Nei giorni scorsi, l’opposizione in patria - detta ‘tollerata’ dal regime, anche se numerosi suoi membri finiscono regolarmente nelle segrete celle di Damasco – aveva annunciato che non sarebbe andata a Montreux. Ma nelle ultime ore pare che alcuni suoi membri siano in viaggio verso il lago Lemano.

Dal canto suo, il regime di Bashar al Asad invia una delegazione di membri del potere formale e visibile del regime: esecutori e nulla più. Il ministro degli Esteri, Walid al Muallim, guida infatti una squadra composta da personaggi che nelle stanze dei bottoni di Damasco non sono mai entrati. E mai entreranno.

Ma poco importa a Brahimi, che fino all’ultimo si è ostinato a organizzare una conferenza che risponda alle categorie occidentali: qui l’opposizione e qui il governo. Come se in Siria ci fosse una maggioranza che governa e una minoranza che fa opposizione. Come se il principio dell’alternanza fosse una realtà consolidata. Come se l’opposizione invitata a Montreux possa veramente contare su una rappresentanza interna. E come se il governo siriano fosse davvero titolare dell’esecutivo.

Di fondo, la formula di Ginevra prevede solo un vago percorso per la transizione politica siriana:

1) negoziati tra governo siriano e oppositori; per arrivare alla2) formazione di un governo di transizione che abbia pieni poteri esecutivi per un periodo stabilito in maniera consensuale;
3) il governo transitorio avrà il compito di fissare quello che due risoluzioni del Consiglio di Sicurezza dell’Onu - quindi anche Russia e Cina - hanno chiamato un sistema politico siriano “democratico e pluralista”.

Il testo è pieno di insidie. In primis non si affronta il problema di cosa ne sarà di Assad. Ma al raìs andrà di lusso: con questo governo di transizione i poteri reali rimarranno in mano a lui e ai suoi alleati russo e iraniano, ed egli potrà dire di aver comunque fatto importanti concessioni. Mentre continuerà a bombardare indisturbato le aree civili solidali con la rivolta; mentre proseguiranno gli assedi medievali ad alcune enclave ribelli; mentre non si arresterà la pulizia confessionale nella regione di Homs.

Le opposizioni, dal canto loro, devono accettare col sorriso di essere intrappolate in un’istituzione priva di vero potere. Sono costrette: chi nel novembre 2012 ha spinto per la creazione del Cns oggi ha imposto che si siedano a Montreux. Ma per loro presentarsi ai negoziati comporta un’ulteriore perdita di fiducia politica. Eppure non hanno più altre sedi dove poter far sentire la loro voce.

Tra l’altro, la resistenza armata nazionalista non è appoggiata dalle potenze occidentali e questo favorisce l’emergere di gruppi di insorti radicali. Ostili al Cns, i gruppi islamici - sostenuti da varie entità arabe del Golfo, statuali e private - sono rimasti gli unici a contrastare con le armi il regime e i qaidisti dello Stato islamico dell’Iraq e del Levante (Isis).

La formula di Ginevra è ambigua anche per quanto riguarda la visione strategica regionale, non prevedendo di metter sul piatto gli interessi sovrapposti dei vari paesi coinvolti nel conflitto.

L’Arabia Saudita, membro degli 11 paesi vicini al Cns, sarà a Montreux. L’Iran no.Nelle ultime ore sembrava che il tardivo invito dell’Onu (inviato ad appena 48 ore dall’inizio dell’incontro) potesse essere accettato. La mossa delle Nazioni Unite è stata solo di facciata, così come il rifiuto di Teheran: tutti sapevano che Stati Uniti e il Cns avrebbero respinto la presenza iraniana a Montreux, minacciando di non presentarsi all’incontro; tutti sapevano che la Repubblica islamica non accetta la formula di Ginevra.

Ancor di più, tutti sanno che l’accordo con l’Iran sulla Siria può essere raggiunto- sopra o sotto il tavolo poco importa - in base a un’intesa più ampia, che tenga conto anche di altre questioni (il nucleare, ad esempio) e altri scenari (gli interessi in Asia Centrale).

In ogni caso, per l’Iran gli incontri svizzeri sono ininfluenti. Per Teheran, come per Mosca, in Siria si tratta di difendere un’influenza stabilita da decenni. E ogni eventuale pareggio è una vittoria.

Il fallimento di Montreux garantirà invece maggior copertura diplomatico-politica alla decisiva azione russo-iraniana di contro-insurrezione sul terreno. E un eventuale “successo” - considerato tale rispetto alla formula di Ginevra - sarà monetizzato solo da Assad e suoi.


Evoluzione (o involuzione) del maschio nella moda contemporanea



Secondo me tra un po' arriveremo alle scarpe fucsia con tacco 14 per uomo, se il trend della moda "metrosexual" continua così... o tempora, o mores!

Regno Unito: Elisabetta II cede poteri a Carlo


Rimpasto a Buckingham Palace. Verso il progressivo passaggio di poteri al principe di Galles.

Potrebbe essere il primo passo per prepararsi al ritiro. La regina Elisabetta II ha intenzione di 'condividere' il trono con il primogenito Carlo.
A riferire la rivoluzione della famiglia reale è stato il Sunday Times, secondo cui a Buckingham Palace si sta lavorando per portare avanti un passaggio di poteri graduale ma progressivo in cui il principe di Galles deve sostituire - o accompagnare - in sempre più appuntamenti ufficiali la sovrana.
Per esempio è atteso al fianco di Elisabetta II per le  celebrazioni del 70esimo anniversario dello Sbarco in Normandia, in programma a giugno.
«È iniziato il passaggio del testimone», ha detto una fonte reale al domenicale. E l'eterno principe, che a 65 anni è già andato in pensione attendendo il 'lavoro' di una vita, procede verso la corona.
PIÙ IMPEGNI PER CARLO. Dopo lo storico viaggio in Irlanda del 2011, è stato infatti consigliato alla sovrana 87enne di ridurre al minimo le trasferte, vista la sua età.
Già il principe di Galles nei mesi scorsi ha rappresentato la sovrana al vertice dei Paesi del Commonwealth in Sri Lanka e ha preso parte ai funerali di Nelson Mandela, oltre ad affiancarla in occasione del Queen's Speech di fronte al parlamento di Westminster.
«La sua agenda sarà sempre più fitta», ha dichiarato una fonte di Palazzo.
NUOVO UFFICIO STAMPA. Per questo si è reso necessario un ufficio stampa che coordini al meglio la 'cogestione' del trono. Si prevede abbia sede a Buckingham Palace e deve essere guidato da Sally Osman, un membro dello staff di Carlo, che però deve rendere conto a Christopher Geidt, il segretario privato di Elisabetta.
Non solo, deve collaborare strettamente con gli addetti stampa dei giovani reali, i duchi di Cambridge e il principe Harry, che è stato deciso abbiano meno indipendenza nelle loro dichiarazioni e devono attenersi molto di più alle indicazioni che arrivano dall'alto. Tutta la famiglia reale è infatti coinvolta in questa riorganizzazione.
AL LAVORO TUTTA LA FAMIGLIA. Intanto tornano tutta una serie di notizie apparse in questi ultimi mesi. Come il fatto che prima William e poi anche Harry abbiano scelto nuovi incarichi nella capitale, per poter dare man forte all'attività ufficiale dei Windsor.
Il duca di Cambridge lo deve fare a tempo pieno, dopo che ha lasciato la divisa militare e si è iscritto a un corso di management in Agricoltura per poter gestire le proprietà reali quando il padre salirà sul trono. Già da ora però deve sostituire Carlo in una serie di appuntamenti organizzati a Clarence House.
Harry invece ha mantenuto la divisa ma è stato trasferito alle Horse Guards, a pochi metri da Palazzo, dove deve organizzare parate militari.
La stessa Kate, mentre il principe George continua a crescere, deve dare il suo contributo.
AGENDA FITTA DI IMPEGNI. Tutti devono tenere pronte le valigie. Ad aprile i duchi di Cambridge devono andare in visita di Stato in Australia e Nuova Zelanda e dovrebbero portarsi il bebè reale. Il mese successivo Carlo e Camilla sono attesi in Canada.
Nemmeno per sogno, però, si ipotizza una abdicazione, come ha fatto la regina Beatrice d'Olanda a 75 anni, in favore del figlio Guglielmo Alessandro.

Fonti di palazzo sottolineano che la sovrana continua come sempre nel suo 'lavoro', segue l'attività istituzionale e quanto accade nel Paese, con il suo solito dinamismo.

lunedì 20 gennaio 2014

Pump and dump: come guadagnano gli speculatori di borsa



Presto vedremo questa tecnica applicata sul grande schermo nel film "The wolf of Wall Street" di Martin Scorsese, con Leonardo Di Caprio.

Geopolitica dell'Europa dell'Est: la Polonia


Dopo la fine della seconda guerra mondiale, lo stato polacco che era stato rifondato nel 1919 col trattato di Versailles, alla fine della prima guerra mondiale, subì notevoli cambiamenti. 

La parte orientale venne annessa in parte alla Lituania (Vilnius), in parte alla Bielorussia (Pinsk) e in parte all'Ucraina (L'viv, ex Leopoli). I polacchi di quelle zone furono costretti da Stalin ad emigrare verso ovest nei territori della Slesia e della Prussia Orientale, che erano stati sottratti alla Germania. I tedeschi di quei luoghi furono in parte costretti a emigrare e in parte rinchiusi nei gulag staliniani in Siberia.


Le zone in rosso indicano le regioni polacche dove ha vinto il candidato liberale europeista, mentre le zone in azzurro indicando dove ha vinto il candidato della destra anti-europeista.



Un paese di quasi 40 milioni di abitanti, alla frontiera orientale della Nato e dell’Ue, integrato nel sistema economico tedesco senza condividerne la moneta.

In vent’anni, i polacchi hanno prodotto un miracolo: il reddito medio pro capite è passato da un quarto alla metà di quello tedesco; il tasso di crescita è stato mediamente di tre punti più alto che in Germania; solo l’economia della Polonia, fra quelle europee, ha evitato la recessione prodotta dalla crisi mondiale del 2007-2009, continuando a crescere, sia pure di poco, mentre l’Eurozona sprofondava. Chiunque percorra le vie di Varsavia e delle principali città polacche, ricordando come fossero alla fine dell’èra comunista, resta colpito dal senso di relativo benessere, di vitalità e di efficienza. Insieme alle privatizzazioni, al buon uso dei fondi di coesione europei, alla stabilità politica e macroeconomica con conseguente incentivo agli investimenti esteri, non c’è dubbio che la disponibilità di una moneta nazionale - dunque di un tasso di cambio flessibile - abbia alquanto contribuito al miracolo.

Ora che sperimentano i limiti della crescita, stimata sotto il punto percentuale nel 2013, e mentre il tasso di occupazione resta piuttosto basso, i polacchi guardano alla prospettiva dell’integrazione nell’area dell’euro con crescente scetticismo. I sondaggi indicano una netta maggioranza contraria all’ingresso nell’Eurozona. Il governo guidato dal moderato, prudentissimo Donald Tusk cerca di schivare il dibattito, mentre l’opposizione di destra, nazionalista con accenti xenofobi, dipinge l’Eurozona a tinte fosche.

Lo sfogo di Angela Merkel durante il vertice europeo del 19 dicembre - “presto o tardi, l’euro esploderà, senza la coesione necessaria” - eccita a Varsavia il timore che abbandonando la propria moneta il paese possa finire nell’occhio del ciclone, in un’Eurozona a rischio disintegrazione. I sondaggi sembrano indicare che alle elezioni europee di primavera e soprattutto alle politiche del 2015 Tusk possa essere battuto dalla destra di Diritto e Giustizia, guidata da Jarosław Kacziński, il quale usa la paura dell’euro per dipingere l’Unione Europea come una minaccia alla sovranità e all’identità nazionale.

Il successo di Kacziński nei sondaggi è alimentato dalla “religione di Smolensk”, la leggenda secondo cui la sciagura aerea nella quale perse la vita il presidente conservatore Lech Kacziński, gemello di Jarosław, sia stata frutto di un complotto ordito da Putin e Tusk. Teoria sostenuta dai settori più xenofobi della Polonia profonda, soprattutto dalla Chiesa locale, refrattaria al verbo di Francesco (tanto da censurarne alcuni discorsi). “Vogliamo portare Budapest a Varsavia”, affermano diversi esponenti dell’ultradestra polacca, come se l’Ungheria di Orbán possa costituire un antidoto all’Europa, che “priva i polacchi di beni, dignità e lavoro” per aggiogarli a una “dominazione straniera”.

Quando facciamo un bilancio dell’eurocrisi, non è dunque solo alle performance economiche che bisogna guardare, ma soprattutto alla rivincita degli egoismi xenofobi. Il laboratorio polacco, in bilico fra successo europeo e ritorno al passato, ci dirà molto su noi stessi.

Eugenia e Beatrice di York: le sorellastre di Cenerentola Kate



Somiglianza sorprendente! Le principesse Eugenia e Beatrice di York, figlie del principe Andrea, duca di York, e della sua ex moglie Sarah Ferguson, sembrano identiche alle sorellastre, così come il principe William e sua moglie Kate, duchessa di Cambridge, il giorno del loro matrimonio, sembravano Cenerentola e il principe azzurro. Che lo abbiamo fatto apposta?

La camera da letto dell'imperatrice Giuseppina Bonaparte



Château de Compiègne. France. The bedroom of empress Josephine de Beauharnais, wife of Napoleon.


domenica 19 gennaio 2014

Usa, la rivoluzione asessuata: rendere tutti “femmine”

MODA-UOMO2

Si parte dalla moda, ma si arriva a qualcos'altro. La foto qui sopra si commenta da sola. Quando l'ho vista mi è venuta in mente la frase di una mia conoscente, che considera "ottusi" tutti coloro che non la pensano come lei, la quale mi ha detto: "Non c'è nessuna differenza tra maschio e femmina. Non conta quello che c'è tra le gambe, ma quello che c'è nella testa". Come battuta mi ha fatto ridere, ma come idea mi ha fatto paura. 
Il problema è che chi la pensa così tende a fare pericolose deduzioni, come sta succedendo in America in questo periodo. Alcune femministe sono partite dalla constatazione che le stragi di Newtown, Aurora, Virginia Tech, Columbine e tutti gli altri massacri che ciclicamente gettano nello sconforto il paese sono opera di maschi, e la connotazione sessuale dello stragista è una delle poche costanti in una fenomenologia dell’impazzimento armato che comprende infinite sfumature. C’è la depressione, l’isolamento, il bullismo, ci sono i traumi infantili e il disagio familiare, la vendetta e l’odio, le leggi della strada e il bullismo sui social, ma il fattore che ricorre è la mascolinità dell’aggressore. ù
La regista-attivista Jennifer Siebel Newsom è certa che non sia affatto un caso, e gli ambienti radical-chic limitrofi a quelli del parafemminismo da cui Siebel Newsom proviene annuiscono profondamente di fronte alle conclusioni del suo ultimo documentario, “The Mask You Live In”, in cui lega esplicitamente gli episodi di violenza che insanguinano l’America a una cultura maschile fatalmente stimolata da insegnanti e genitori prevaricatori e cultori dell’aggressività, maschilisti travestiti che usando in modo perverso l’arte della maieutica traggono dai ragazzi il peggio del loro patrimonio genetico.
Per loro, ogni volta che un adulto dice “sii un uomo!” a un ragazzo inconsciamente addestra un potenziale aggressore, forse addirittura uno stragista. “Sei una femminuccia” è la frase che segnala l’irreversibilità del processo di prevaricazione, grilletto mentale che scatena la bestia incontrollata che c’è dentro ogni maschio. Insomma, per la regista essere maschi è una specie di malattia autoimmune, una patologia che va trattata prima che si manifesti nella sua forma acuta, dando origine a sintomi incontrollabili. La soluzione di Siebel Newsom è un inchino all’indifferenza sessuale, grande mito sotteso a ogni invocazione di uguaglianza di genere: femminizzazione. Nel processo educativo occorre scoraggiare i tratti maschili – che portano solo aggressività, istinto, bullismo, dominazione, violenza, comportamenti antisociali – e far emergere la femmina repressa, che albergherebbe pure nel cuore del maschio se non fosse sopraffatta dalla succitata bestia. Il tutto è sostenuto da una fiumana di studi socio-pedagogici presentati da luminari in camice che tendono a dire che qualcosa, nel maschio in tenera età, tende istintivamente ad andare per il verso storto, dunque occorre raddrizzare il prima possibile con il metodo dell’assimilazione del diverso, tendenza androgina. In fondo la mascolinità, dice la regista, è soltanto una maschera. Buttarla, ovvero trovare l’identità sessuale indistinta, è la vera liberazione.
 Dalla richiesta di parità di diritti civili e considerazione sociale si è passati all’idea, instillata in decenni di gender studies, del genere come ostacolo in sé, limite per la piena realizzazione o addirittura portatore sano di patologie distruttive. La femminista anomala Christine Hoff Sommers già nel 2000 parlava di una “war against boys”, osservando che i modelli educativi più diffusi tendevano a scoraggiare comportamenti e tratti maschili quanto prima. Pare che ci sia una differenza di genere da seppellire per compiere la rivoluzione asessuata.

I prezzi reali delle case tornano ai livelli del 2001: -20% sul picco del 2007

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I valori a prezzi costanti (depurati dall’inflazione) tornano nel 2013 ai livelli della fine del 2001 e sono quasi del 20% inferiori rispetto al picco del 2007.
I valori a prezzi correnti tornano nel 2013 ai livelli della fine del 2005/2006 e sono di oltre il 10% inferiori rispetto al picco del 2008.
Le compravendite di abitazioni sono nel 2012/2013 del 50% inferiori a quelle registrate nel 2006/2007.
Che dire? Guardate il crollo verticale del 2012... quella è tutta responsabilità di Mario Monti. 
Se un intero settore dell'economia e decine di migliaia di famiglie sono state rovinate nel loro patrimonio, il responsabile numero uno è Monti. Gli altri responsabili sono coloro che credono che le crisi economiche si risolvano mettendo delle tasse. 

Gli Arcani Supremi. Capitolo 70. Lo Zoroastrismo.


Lo Zoroastrismo (definito anche Mazdeismo) è una religione e filosofia basata sugli insegnamenti del profeta Zarathuštra (o Zoroastro) ed è stata in passato la religione più diffusa dell'Asia centrale. Fu fondata prima del VI secolo a.C. nell'antica Persia (attuale Iran) e subì il tracollo dopo l'invasione islamica.



Lo Zoroastrismo è indicato tradizionalmente anche con il termine Mazdayasna daēnā (medio-persiano dēn ī Māzdēsn, religione degli adoratori di Mazdā) e loro stessi come mazdayasna (adoratori di Mazdā, medio-persiano māzdēsn), indicandosi quindi come seguaci del dio creatore denominato Ahura Mazdā ("Saggio signore" o "Signore che crea con il pensiero"). Da qui la sua denominazione corrente di Mazdaismo o Mazdeismo ritenuta come l'unica corretta da alcuni iranisti.
Tra gli Ahura, un particolare rilievo ebbero Atar, il Signore del Fuoco, e Mithra il Signore del Sole.


Lo Zoroastrismo è stato per secoli la religione dominante in quasi tutta l'Asia centrale, dal Pakistan all'Arabia Saudita, fino alla rapida affermazione della religione islamica nel VII secolo. Tuttavia non si estinse, e piccole comunità zoroastriane permangono ad oggi in IranTagikistanAzerbaigian e India (i cosiddetti Parsi, comunità fuggite dall'Iran nel periodo della sua islamizzazione e rifugiatesi in India).
Spenta Mainyu ("Santo Spirito"pahlavico Spentomad) lo spirito santo del Bene e guida degli "angeli" indicati come Ameša Spenta.


Ameša Spenta (avestico: Aməša Spənta, "immortali benefici", "immortali efficaci") è l'appellativo dato ai sei spiriti dello Zoroastrismo subordinati alla divinità suprema Ahura Mazdā e al Santo Spirito Spenta Mainyu.
Essi sono:
  • Vohu Manah (adattato in Vovu Manà, "Buon pensiero");
  • Aša Vahištā (adattato in Asha Vaìshtaa, "Ordine ottimo");
  • Xšaθra (asattato in Xshathra, pron. Ks-siafra, "Potenza"); assimilabile all'arcangelo Michele.
  • Ārmaiti, (adattato in Armaiti, pron. Armeti, "Pensiero pio");
  • Haurvatāṯ, (adattato in Haurvataath, pron. Horvataaf, "Salute"); assimilabile all'arcangelo Raffaele.
  • Amərətāṯ, (adattato in Amaratath, "Immortale").








Le caratteristiche per avere successo nel lavoro. Forse...

Avrai successo nel lavoro? Solo sei hai queste caratteristiche

Riporto quanto letto in un articolo che però non mi ha convinto. Non sono del tutto d'accordo con quanto segue:

Il successo è una questione di personalità. Non è solo questione di fortuna, opportunità o preparazione. 

Intransigente, ambizioso e propenso all'ansia: sono questi i tratti distintivi di chi è destinato a sfondare nel mondo del lavoro. Per fare carriera, bisogna avere il carattere del "Tipo A". Quest'espressione, coniata alla fine degli anni Cinquanta dal cardiologo americano Meyer Friedman, è ormai entrata a far parte del gergo psicologico ed è utilizzata per definire un insieme di tendenze che caratterizzano le personalità altamente competitive. Al giorno d'oggi, sono tanti i manager che scelgono di assumere solo chi risponde a questo profilo caratteriale. Per scoprire siete dei "Tipi A", leggete questo elenco: vi riconoscete in questa serie di comportamenti?

1) Se incredibilmente infastidito da qualsiasi forma di rallentamento e non tolleri di dover fare lunghe file.
2) Tutti i tuoi amici pensano che tu sia brillante, perfezionista, stakanovista o tutte queste cose insieme.
3) Ti capita spesso di mangiarti le unghie o di digrignare i denti nel tentativo di allentare la tensione.
4) Guardi spesso l'orologio e, quando capisci di essere in ritardo, provi un insopportabile senso di frustrazione.
5) Cerchi di tenere tutto sotto controllo. Ti ricordi i compleanni di tutti, ti preoccupi di far recapitare regali o fiori per ogni ricorrenza e, se dai una festa, ti dai da fare affinché tutti gli invitati possano divertirsi.
6) Ti aspetti il peggio da ogni situazione e non fai che temere fallimenti o delusioni.
7) Ti ritrovi a interrompere amici e parenti, per fare il punto sulla conversazione.
8) La sera fai fatica ad addormentarti perché, appena tocchi il cuscino, la tua mente si riempie di pensieri e preoccupazioni.
9) Gli altri fanno fatica a seguire il tuo passo, sia quando cammini sia nel corso di una conversazione.
10) Investi tutte le tue energie nella carriera ma investi meno impegno nei rapporti umani.
11) Non riesci mai a rilassarti, neppure quando sei in vacanza.
12) Non tolleri l'incompetenza altrui e ti capita spesso di rimproverare o riprendere qualcuno.
13) Sei solito stilare una lista delle cose da fare e, quando non riesci a programmare ogni cosa, ti senti perso.
14) Al lavoro giudichi tutto come urgente e non riesci a rimandare o delegare i tuoi impegni.
15) Subisci moltissimo lo stress e sei soggetto a problemi cardiaci o di pressione alta.
16) Non credi nel destino e sei convinto che le cose accadono solo quando sei tu a farle accadere.

sabato 18 gennaio 2014

Geopolitica dell'Europa Orientale: l'Ucraina.


L’ultima modifica agli assetti territoriali risale al 1954, quando Nikita Chruščëv, primo segretario del Partito, cedette la Crimea alla Repubblica federativa sovietica di Ucraina, a memento dei 300 anni della (pretesa) dedizione di Chmielnicki alla Moscovia. Crollata l'Unione Sovietica, tale cessione avrebbe dato adito a una nuova contesa, dal momento che Sebastopoli era l'ancoraggio più importante per la flotta russa (già sovietica) del Mar Nero. Non meno importante, la diffusione della lingua ucraina in Crimea appariva marginale, quantomeno nei confronti di quelle preponderanti: russa e turco-tatara.

In virtù di questa storia è possibile individuare, in Ucraina, una forte polarizzazione che corre sulla base dei meridiani: nell’Est russofono (quando non autenticamente russo), la maggioranza della popolazione guarda ancora a Mosca, depositaria di formidabili legami storici, religiosi e spirituali, corroborati dai numerosi legami familiari con i russi d'oltreconfine(11). Viceversa, le regioni occidentali del paese appaiono tendenzialmente nazionaliste, ucrainofone e uniate. Il baricentro delle due aree corre lungo le anse del fiume Dnepr, che segna la zona di trapasso degli orientamenti politici e - tendenzialmente - anche fra il prevalere dell'uno o dell'altro idioma(12). Se è vero che le terre a Est del Dnepr, più la città di Kiev, sono (ri-)entrate a far parte dell’orbita russa nel 1654, è anche vero che l’ingresso nella sfera russa della pravoberežnaja Ukraina, che ha nella Volinia la sua regione principale, risale al 1795, mentre la Galizia orientale è stata annessa all’Urss solo nel 1945. La Crimea, infine, fu l’ultimo territorio entrato a farne parte, in piena guerra fredda. Questa periodizzazione è utile per determinare i diversi gradienti dell’efficacia della penetrazione della cultura e della lingua russa nello Stato ucraino: a ciò corrispondono gli orientamenti politici tendenzialmente filorussi dei cittadini delle regioni orientali(13) oppure quelli filoeuropei degli abitanti delle aree occidentali, storicamente posti in più stretto contatto (benché da posizioni spesso di subalternità) con la Polonia, l’Austria e l’Ungheria.

La partita che si è giocata a Vilnius il 28 e il 29 di novembre fra la Russia e l’Unione Europeade facto, ha avuto come posta in palio il controllo di alcune delle repubbliche ex sovietiche e la loro inclusione nell’area d'influenza europea, piuttosto che in quella dell’Unione eurasiatica guidata dalla Federazione Russa. L’Unione Europea, già tanto gravata da pesanti problemi interni, poteva ragionevolmente sperare di estendere la propria influenza all’Ucraina, la seconda delle repubbliche ex sovietiche per potenzialità economiche e popolazione? Com’era noto a Catherine Ashton e, più in generale, ai vertici dell’Unione, sarebbe stato molto difficile riuscire a convincere Yanukovich ad accettare gli aiuti economici promessi da Bruxelles in cambio della richiesta di un rinnovamento del sistema politico per mezzo di riforme volte ad accentuare la trasparenza delle istituzioni ucraine. D’altra parte, Mosca ha potuto mettere sul tavolo la sua grande influenza geopolitica, oltre che il peso delle proprie elargizioni, specialmente in ambito energetico. Inoltre, Putin non chiedeva a Kiev di mettere mano al proprio sistema politico. Perché tanta magnanimità? Dal punto di vista del Cremlino, l’Ucraina non solo è parte del suo "estero vicino" nonché culla della nazione russa(14), ma rappresenta un considerevole mercato, peraltro estremamente recettivo nei confronti delle proprie indicazioni(15).

La situazione attuale è dunque assai complessa, anche perché l’Ucraina, in quasi tutte le analisi politiche, viene percepita come area di frizione fra la sfera d'influenza europea e quella russa. E se fosse invece considerata quale ponte funzionale all'avvicinamento fra la Federazione Russa e l’Unione Europea(16)? Magari la Russia tornerebbe a esser considerata parte dell’Europa(17), a dispetto della tradizione di pensiero eurasista che, gemmata dal pensiero slavofilo, tanto ha pervaso le coscienze dei russi. Se l'Unione Europea considerasse i rapporti con Mosca non più un fatto diostpolitik ma di autentica politica interna - o quantomeno rientranti nell'ambito di una relazione fra soggetti apparentati, potrebbe svolgere nei confronti dell’Ucraina un’azione più attrattiva e, al contempo, renderebbe più improbabile uno scenario di spaccatura interna.


Note:
(1) Questo Stato era popolato prevalentemente da slavi-orientali, benché non esclusivamente: molte erano infatti le tribù finniche, in una buona misura assorbite dagli stessi slavi; inoltre, a dar credito alla “teoria normanna”, sviluppata da vari storici ottocenteschi e in particolare da Pogodin, furono i Varjagi (normanni svedesi) a fornire le élite a una società ancora esclusivamente contadina, poco articolata o stratificata da un punto di vista sociale. Gli scandinavi vennero presto assorbiti nello Stato che aveva tributato loro tanta generosa accoglienza, pur lasciarono in eredità, ad esempio, una forte influenza sull’onomastica: Oleg e il suo corrispettivo femminile Ol´ga derivano da Olaf, mentre Igor´ da Ingvar.
(2) Su questo soggetto storico, nel 1938, Ejzenštejn avrebbe per l’appunto dedicato il suo capolavoro, censurato l’anno successivo per effetto dell’avvicinamento alla Germania hitleriana imposto dal patto Molotov-Ribbentrop.
(3) Con l’introduzione, successivamente, di minime varianti, a opera dal sinodo di Zamość nel 1720; cfr.: A. M. Ammann S.J., Storia della Chiesa russa e dei paesi limitrofi, U.T.E.T., Torino, 1948, pp. 359-365.
(4) Tra l’altro, ciò comportò il superamento gerarchico da parte di Mosca nei confronti della Matropolia kieviana, rispetto alla quale in origine Mosca dipendeva.
(5) I cosacchi furono percepiti dagli storiografi e scrittori dell’Ottocento, e in particolare da Kostomarov e Ševčenko, quali progenitori degli ucraini moderni. L’immagine stereotipata del cosacco nella letteratura polacca fu essenzialmente creato da Sienkiewicz, nel suo romanzo Con il fuoco e con la spada (Ogniem i mieczem, 1884). In Sienkiewicz è molto forte il sentimento contrastante di passione e repulsione provato nei confronti dell’Ucraina; cfr.: K. Konstantynenko, La minoranza di una minoranza: gli ucraini nell’opera di Sienkiewicz, in Le minoranze come oggetto di satira, A. Pavan, G. Giraudo (a cura di), Padova, E.V.A., 2001, Vol. I, pp. 208-213. All’opposto, nella letteratura russa, la più celebre rappresentazione della figura del cosacco è quella rappresentata dal racconto gogoliano di Taras Bul´ba (1834), racconto lungo che nasce sulla base degli studi di storia ucraina condotti da Gogol´, e che ha conosciuto numerose trasposizioni cinematografiche, anche in Occidente.
(6) I territori a Est del fiume Dnepr, più la città di Kiev, che sorge lungo la sponda alla sinistra idrografica del fiume stesso. La parte occidentale del Cosaccato rimase sotto il controllo del regno di Polonia.
(7) Sostenuta da quella della diaspora canadese, un autentico potentato.
(8) Sin dal tempo della riscossa di Mosca, il potere autocratico aveva giustificato le conquiste dei territori occidentali collocandole nell’egida della “raccolta delle terre della Rus´”, pretese come slave-orientali da sempre, e perciò, per l’effetto di un corto circuito logico che il centro si concedeva, da sempre “russe”.
(9) Una mirabile rappresentazione, realizzata da un punto di vista insieme nazionale e bolscevico, delle piazze di Kiev nelle mani degli indipendentisti, si ha nel film “Arsenal”, di Oleksandr Dovženko, del 1929.
(10) Un aspro contrasto oppone ancora oggi i nazionalisti ucraini, molto forti soprattutto in Galizia, e i russi in merito alla memoria della seconda guerra mondiale, chiamata dai secondi la “grande guerra patriottica”. Echi di ciò si hanno, oltre che in ambito politico e nella discussione storiografica, anche nelle arti. Ad esempio, sul medesimo tema, sono imperniati su valori antitetici il film del regista ucraino-sovietico Boris Ivčenko “Annyčka” (1968), ligio al sistema di valori sovietico, e le opere del regista Oleksandr Jančuk, caratterizzate da un orientamento nazionalista e favorevole all’Upa come ad esempio “Neskorennyj”, del 2000.
(11) A questo proposito è esemplificativa una vignetta satirica comparsa nella stampa ucraina all’indomani del 1991: mamma e papà sono seduti in camera da letto in compagnia dei due figlioli, mentre è stato tracciato un nuovo (innaturale) confine che passa proprio per il letto; la signora chiede al marito “Ivan, è stato segnato il nuovo confine. Per quale cittadinanza opteremo, la mia o la tua?”, in A. Wilson, The Ukrainians. Unexpected Nation, New Haven and London, Yale University Press, 2000, p. 188.
(12) Va aggiunto che, nelle aree centrali, i prostonarod´e, ossia “la gente semplice”, si esprime in suržik, un dialetto avente per base il russo ma fitto di idiotismi ucraini.
(13) In questo frangente storico, alcuni fatti potrebbero contraddire tale tendenza: parte delle comunità dell’Ucraina orientale e persino alcuni magnati dell’economia, strattamente dipendenti dal gas russo, avrebbero infatti adottato un atteggiamento favorevole al movimento di opposizione “Euromajdan”; cfr.: F. Dragosei, Paura del Cremlino. Gli oligarchi ucraini scelgono l’Europa, Corriere della Sera, 13/12/2013, p. 19.
(14) Per comprendere appieno il significato del profondo legame che lega i russi al territorio ucraino, cfr.: A. Solzenicyn, La «questione russa» del secolo XX, Torino, Einaudi, 1995, pp. 98-101. È interessante notare che l’edizione italiana reca in copertina una famiglia di Gidzivka (Ucraina).
(15) Considerato il fatto che la Federazione Russa rimane di gran lunga il paese dalle relazioni commerciali più forti con l’Ucraina, va detto che il volume dei rapporti con la Polonia sta aumentando significativamente. Cfr.: A.M. Merlo, Accordo di associazione in sospeso, in “Il Manifesto”, 11/12/2013.
(16) Questione, tra l’altro, in agenda negli anni di Elcin, ma poi accantonata in seguito ai successi conseguiti da Putin nell'ambito di una politica estera prettamente eurasiatica.
(17) In termini geopoltici, la configurazione del soggetto derivato da tale associazione potrebbe essere chiamato “Paneuropa”, o “Eurussia”, cfr.: M. Armellini, L’Europa del futuro sarà Eurussia o non sarà. Le occasioni mancate del ’68 e dell’89, in L’Europa del disincanto. Dal ’68 praghese alla crisi del neoliberismo, F. Leoncini (a cura di), Soveria Mannelli (CZ), Rubbettino, 2011, pp. 151-174.

Andamento del debito pubblico italiano nei governi Monti e Letta



In giallo il governo Letta del 2013, in nero il governo Monti del 2012 e in rosso il governo Berlusconi del 2011.

Gabriel Garko - Nodo Windsor - tie Windsor knot



Gabriel Garko a Milano il 14 gennaio 2014 per la chiusura della Settimana della moda uomo.


Garko merita un post personale nella rubrica Nodo Windsor Club per il fatto di essere stato sempre e da sempre un testimonial del nodo Windsor doppio.
Ecco una carrellata di immagini che lo testimoniano.











Le tre donne di Hollande nella stessa foto



Da sinistra, nei cerchi: l'ex moglie Segolene Royale, l'ex compagna Valerie Trielweiler e l'attuale amante Julie Gayet

Gli Arcani Supremi. Capitolo 69. I Signori dell'Universo.




Belenos, il Signore della Luce, era il prediletto di Ahura Mazda, il Dio Buono, la cui energia teneva in vita gli universi.
Le sue parole erano come un coro d'angeli.




<<Luce e tenebra, ordine e disordine, bene e male nascono dai due fondamenti di ogni tipo di realtà, Energia ed Entropia, a cui diamo il nome di Arcani Supremi. Ogni universo ha bisogno di entrambi per raggiungere una condizione di equilibrio. Il Taoisimo in questo ha ragione. Ma ha ragione anche lo Zoroastrismo, nell'individuare le due supreme divinità in Ahura Mazda il Buono e Deva Ahriman il Malvagio. I Grandi Anziani del nostro universo sono angeli e demoni, Ahura e Deva, che hanno scelto chi dei due dei servire.
Alcuni però oscillano dall'uno all'altro, e in questo sono simili agli uomini>>
Questo disse Belenos lo Splendente e continuò:
<<Pochi sono i figli della Luce, i Puri. Nemmeno gli Iniziati sono puri. Nemmeno tu, Robert di Albany. Ma anche se non posso accettarti al mio sacerdozio, ti dono la luce di Helios Hyperion, la nostra stella più amata: possa essere per te una luce in luoghi oscuri, quando ogni altra luce si spegne>>



Mentre Belenos si dissolveva nella luce di Helios Hyperion, il Signore del Sole, comparvero due figure femminili.
Una era Aenor, Signora della Luce Siderale, sposa di Belenos.



L'altra era Ulien, Signora della Luce lunare, sposa di Helios Hyperion.



Entrambe fecero dono della propria luce all'Iniziato.
Poi Aenor disse:
<<La tua natura ti rende un prediletto di Atar, Signore del Fuoco, e potrai aspirare ad essere un Custode del Fuoco Segreto, contro i ghiacci e le tenebre, contro il freddo e l'oscurità>>



Poi Ulien disse: <<Ma poiché la Fiamma di Atar può anche incendiare, ustionare e distruggere, noi ti poniamo sotto la tutela di Eiren, Signora della Pace e della Serenità, perché sappia calmare e sedare i tuoi bollenti spiriti>>



Eiren comparve e parlò con voce soave:
<<Ecco, prendi questo anello, Hypnose, l'Anello di Ametista, del colore della lavanda, perché le tue ansie e le tue collere, le tue paure e le tue angosce saranno gravi, e in tutte queste incombenze esso ti sosterrà, donandoti pace, equilibrio e calma interiore>>



Nel momento in cui Eiren mise a Robert l'anello al dito, un senso di serenità lo pervase, una pace che mai prima di allora aveva conosciuto e per la prima volta, dopo tanti, tanti anni, non sentì più il peso della propria coscienza.

venerdì 17 gennaio 2014

La barba di Harry non piace a nonna Lilibeth.



Chi di noi non è mai stato rimproverato dalla nonna per qualche cambiamento di look?
In fondo Elisabetta II non è poi così diversa dalle altre nonne.
Il fattaccio si è consumato nella residenza di Sandringham, durante le feste natalizie. I bene informati hanno fatto capire che una simile tensione non si registrava dai tempi in cui la regina Mary si struggeva per l'amore tra suo figlio e Wallis Simpson.
Elisabetta aveva pregato Harry di radersi, prima della messa di Natale, ma il principe ha detto no.
Il braccio di ferro tra nonna e nipote durava dal ritorno di Harry dalla spedizione al Polo Sud, che già di per sé era stata motivo di ansia per l'anziana regina.

Prince Harry

Harry ha unito in sé lo spirito ribelle di sua madre e la propensione alle gaffe del nonno paterno, cosa che ha fatto disperare più volte sia il principe Carlo che la regina Elisabetta.
E come sempre succede in questi casi, la folla si è schierata dalla parte del ribelle.
Le fan del principe Harry si sono schierate decisamente a favore della barba e lui, come sua madre, ha optato per l'approvazione del pubblico, opponendo un netto rifiuto alla famiglia reale.



Ora, che Harry fosse la pecora nera, anzi, la "pecora rossa" della royal family, si è sempre saputo, fin da quando il color carota dei suoi capelli ha fatto persino dubitare della paternità di Carlo. Ingiustamente, in quel caso, perché il gene dei capelli rossi era presente sia nella famiglia Spencer (il fratello di Diana è uguale ad Harry), sia nella famiglia Mountbatten (il principe Filippo è sempre stato rossiccio, e la sua somiglianza con Harry è evidente, sia nel corpo che nel carattere).



(Nella foto, da sinistra, il principe Filippo, il principe William, il conte Charles Spencer, il principe Harry e il principe Carlo nel 1997, ai funerali della principessa Diana).

Comunque andrà a finire la storia della barba di Harry, forse questo episodio avrà delle conseguenze a livello di moda maschile, come sempre succedere in questi casi.
Del resto, il trend favorevole ai barbuti pare essere già in atto da tempo.
Resta da chiedersi se per la povera nonna Lilibeth sarà più dura da mandar giù la barba di Harry o la pelata di William...