sabato 1 febbraio 2025

La Quarta Era. Capitolo 13. L'ultimo viaggio di Arwen Undomiel

 


La regina vedova Arwen Undomiel aveva detto addio a tutto ciò che le era stato più caro, specialmente negli anni luminosi in cui, insieme al suo defunto sposo, aveva regnato sul reame riunito di Arnor e Gondor.
Tutto questo apparteneva al passato, e il ricordo del tempo felice le rendeva ancor più difficile affrontare il lutto per la morte di Aragorn.
Per questo era partita per un ultimo viaggio, visitando i luoghi dove ancora dimoravano gli ultimi elfi, e durante il viaggio era sua intenzione visitare i luoghi più significativi della Terra di Mezzo.

Prima di lasciare Osgiliath e salutare suo figlio Eldarion e le figlie Ancalime e Silmarien, Arwen Undomiel aveva preso congedo da tutti coloro che non l'avrebbero seguita nel suo viaggio. 
Nel fare questo si era resa conto di aver già perduto gran parte del suo mondo molto tempo prima della morte del re suo marito.
Per molti anni lei ed Aragorn Elessar erano stati al centro di quello che lui chiamava "Il Regno dell'Estate",  un'età dell'oro che sembrava dovesse essere eterna e invece no, il suo splendore si era molto lentamente e molto lievemente affievolito, di modo che nessuno se n'era accorto se non quando ormai era troppo tardi.
Amore mio, tu immaginavi un mondo per sempre pacificato, in cui tutti i popoli e tutti gli individui sarebbero vissuti come fratelli in perfetta ed eterna armonia. Mi parlavi di queste cose come se fossero state ottenute per sempre, ed io ci ho creduto insieme a te, quando eravamo giovani ed era più giovane anche il mondo.

Poi era passato molto tempo, e quel sogno, invece di realizzarsi, si era allontanato e i suoi contorni erano svaniti come il vento sugli alberi, come la pioggia sui prati, come i lunghi tramonti, dietro le colline, nell'ombra.
 Giorno dopo giorno, nel profondo del cuore di Arwen, si era fatta strada la consapevolezza che il Regno dell'Estate era un'utopia che non sarebbe sopravvissuta al suo ideatore.
E così era stato.
Era apparso evidente durante il Consiglio dei Popoli della Terra di Mezzo.
L'età della concordia è finita. Nessuno ci crede più. Persino i nostri più entusiasti sostenitori hanno ceduto di fronte all'evidenza. Nessun sogno regge il confronto con la realtà. Tutti i sogni muoiono all'alba.
Eldarion aveva fatto ciò che aveva potuto, ma gli mancava il carisma di suo padre.
La stessa famiglia reale era divisa: Ancalime aveva assunto una posizione che rasentava il cinismo, mentre Silmarien si era dichiarata estranea ai temi della politica.
Ogni generazione si oppone a quella che è venuta prima, specie quando, nel momento in cui riceve l'agognata eredità, si rende conto che si tratta di un mondo in declino, la cui stessa sopravvivenza è minacciata da tutte le parti.




Come avrebbe reagito Aragorn, sapendo che i suoi figli non erano stati in grado di ridare slancio al suo sogno?
I figli non sono i nostri figli: sono i figli del futuro. Non ci appartengono più di quanto la freccia appartiene all'arco che l'ha scoccata. 
Questo era il loro momento. Avrebbero fatto le loro scelte e forse sarebbero state scelte sbagliate. Ma dovranno essere liberi di sbagliare, così come lo siamo stati noi.
Giusto, ma c'era un'obiezione.
Noi non abbiamo sbagliato.

Nella sua mente prese forma il ricordo di Aragorn, che le diceva:
Ne sei sicura? Non pensi a tuo padre, al suo dolore, a quanto gli mancherai, per sempre? Possa Elrond perdonarmi per averlo privato di ciò che aveva di più caro e sacro.
Il padre di Arwen li aveva perdonati, ma lei era sicura che sua madre Celebrian, partita per Valinor tanto tempo prima, non le avrebbe mai concesso il proprio perdono.
L'unica che aveva capito davvero i suoi sentimenti era stata sua nonna Galadriel.
E' una scelta che spetta a te. Soltanto a te.
C'era un "peccato originale" nella sua famiglia elfica: il rapporto tra Elrond e Galadriel aveva oscurato i loro rispettivi coniugi. Per questo Celebrian se n'era andata e suo padre Celeborn era rimasto per molto tempo a Lothlorien, ed ancora indugiava nel Lindon.
Arwen ricordò le parole che aveva detto ad Aragorn:
Due innamorati sono come i complici di uno stesso crimine, che si rincorrono da sempre e per sempre, sotto le sedie e tra i tavoli, nell'infinità del tempo.
Beren e Luthien, Dior e Nimloth, Tuor e Idril, Earendil ed Elwing...
Noi non avremo una seconda vita, come gli elfi: ciò che è riservato agli umani dopo la morte nessuno lo sa.
Quel pensiero la turbava.
Ciò che gli uomini perdono, lo perdono per sempre.
Per un istante si lasciò cullare nell'oppiaceo incantesimo che inutilmente fingeva un'illusione, come se il tempo si fosse fermato, e non fosse invece sfumato come polvere nascosta ormai negli interstizi e sotto i tappeti. 
Ho avuto la mia parte di felicità, ma sapevo fin dall'inizio che, a differenza degli elfi, gli uomini sono chiamati a dire addio al bel tempo andato, e a prepararsi al grande balzo verso l'ignoto.




Ma la preoccupazione di Arwen non era solo personale: riguardava la sorte della Terra di Mezzo.
Ci siamo illusi che l'oscurità fosse stata sconfitta una volta per tutte. Siamo stati degli ingenui.
Solo in quel momento tutto le sembrava evidente.
Gandalf l'aveva previsto e aveva messo in guardia sia lei che Aragorn.
L'oscurità ritorna sempre. Le tenebre fanno parte della natura stessa dell'universo e senza di esse non conosceremmo il valore della luce, così come non apprezzeremmo il bene se non esistesse il suo contrario. Questi sono gli Arcani Supremi su cui si regge tutto il creato.
Gandalf lo sapeva: era uno dei Maiar, e aveva ascoltato la musica degli Ainur, al principio dei tempi.
Arwen e Aragorn avevano sottovalutato quel monito.
Come abbiamo potuto pensare di intrometterci nel disegno di Iluvatar? Abbiamo peccato di orgoglio, Aragorn: ci siamo sentiti alla pari dei Valar.
Si ricordò una frase che Eldarion si era lasciato sfuggire a proposito di suo padre.
"Ho condiviso il suo sogno, gli ho creduto: mai più guerre, mai più ingiustizie, mai più malvagità!
Ma senza di lui tutto questo si è rivelato soltanto un auspicio. Ed ora ci troviamo disarmati di fronte al ritorno dell'ombra"
Molto più dura, come sempre, era stata Ancalime:
"Per questo i sognatori devono morire, prima che ci uccidano tutti con i loro maledetti sogni"
Forse era stato il ricordo di quelle parole spietate a rendere Arwen così severa con i suoi figli dopo la morte di Aragorn, ma non voleva che il loro addio fosse turbato da questioni che ormai sfuggivano al loro controllo.
<<Figli miei>> aveva detto Arwen <<Ogni generazione deve affrontare i suoi demoni. Guardate dentro di voi, riflettete su ciò che è giusto e ciò che non lo è. Fatelo con umiltà e con coraggio: guardate la verità anche se questa non vi piace. Saranno le vostre scelte a stabilire se sarete figli della luce o dell'oscurità>>




Eldarion aveva sussurrato:
<<Pensi che riuscirò a non sbagliare?>
Arwen aveva sorriso:
<<La domanda vera è: "chi non sbaglierà?". Forse persino i Valar possono sbagliare. Impara dai tuoi errori. Gli errori sono i migliori maestri.
Quando dovrai rialzarti in piedi, ricorda ciò che mantiene vivo un uomo e gli permette di essere tale, anche nella sua ora più disperata. Tu sai di cosa sto parlando?>>
Qualcosa si illuminò nel volto del figlio:
<<La Luce di Earendil>>
Arwen sorrise:
<<Earendil. Il padre di mio padre Elrond. Ricordi cosa dicono le leggende riguardo ad Earendil?>>
Eldarion guardò verso l'alto:
<<Dicono che la sua nave solca ancora i cieli, portando nel firmamento la luce del Silmaril creato da Feanor e che Beren aveva sottratto alla corona di Morgoth, per donarlo a Luthien, la sua amata. Senza quell'amore, e noi non saremmo qui. La vita e la bellezza richiedono grandi sacrifici e una speranza ancora più grande: è questo forse il significato più profondo del Quenta Silmarillion>>
Arwen annuì:
<<La Luce di Earendil, la nostra stella più amata. 
Ed ha anche un secondo nome: Undomiel, Stella del Vespro. 
Ogni volta che avrai bisogno di me, guarda la stella di Earendil, e ricordati ciò che ci siamo detti oggi e ciò che ti dico ora. Non perdere mai la speranza: è l'unica cosa che ti chiedo>>
Eldarion annuì:
<<Lo prometto, madre>>
E poi si erano abbracciati.
<<Namarie>>
Era parola d'addio degli Elfi.
<<Namarie...>>
L'avrebbero ripetuta di nuovo nella cerimonia pubblica, ma il loro vero addio era stato quello.
Arwen aveva un cupo presentimento.
Noi non ci rivedremo mai più. 
Affrontiamo con coraggio questa difficile verità, senza raccontarci favole su una immortalità di cui gli uomini non hanno mai avuto una prova tangibile.

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