Il freddo della stanza che raggela
e il luogo dove tu posasti lieta
ora deserto e nel silenzio solo
si sente l'aspra loquela
dei presenti, e l'eco dei ricordi, muta,
oltre la biblioteca, e sento che è reale
solo la tua assenza:
tutto il resto è morto, finto, vano
e come queste scale
tutto scende, precipita, si schianta.
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Gli oggetti sono ancora al loro posto
a custodire muti la quiete polverosa
delle stanze, nell'oppiaceo incantesimo
che inutilmente finge un'illusione:
come se i decenni non fossero sfumati
nell'inconcludenza di un tempo nascosto
già negli interstizi e sotto i tappeti.
E non serve a nulla fare l'inventario
delle cose perdute, per poi soffocare dentro
l'urlo dei rimpianti e appoggiarsi a questi
arredi fragili come fossero pilastri
mentre tutto frana intorno
e i volti a poco a poco si congedano.
Noi abbiamo sognato in grande:
stelle, galassie, universi interi,
nebulose, viaggi, distanze siderali.
Noi eravamo i visionari, l'onda
che si è infranta, gli anormali
naufragati tra un millennio e l'altro,
già obsoleti a detta dei nativi digitali.
Loro sono invece troppo scaltri,
ci tarpano le ali e irridono l'immenso.
Ecco quel che non abbiamo avuto:
in cambio ci hanno dato i cellulari.





Le immagini che hai usato sono bellissime. Le tue parole tristi ma intense.
RispondiEliminaGrazie! Io sono un amante dello stile gotico e neogotico, dell'estetica vittoriana, del decadentismo e mi fermo all'art nuveau, dopodiché solo il surrealismo, tra le avanguardie, trova un riscontro nella mia visione estetica.
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