Erano le tre di notte, l'Ora del Lupo. La Veggente Elvira sapeva che il rito che stava per compiere avrebbe richiesto la sua stessa vita.
Non l'aveva detto al committente.
"Massimo è uno sciocco. Eppure la regola è molto chiara: una vita per un'altra vita."
La vita di una persona cara offerta in sacrificio per maledire la vita di una persona odiata.
"Credeva che bastasse offrire suo padre per maledire due persone. Ma i demoni conoscono la contabilità meglio degli uomini. Non a caso si dice che il denaro è lo sterco del diavolo".
Ci voleva un altro sacrificio, ed Elvira aveva saputo fin dall'inizio che questa volta toccava a lei.
"Lo faccio per te, Isabella! La tua anima ha vagato inquieta per troppo tempo in queste lande.
Ma ora non più. Io sono vissuta fin troppo a lungo. Altre missioni mi chiamano, che potrò svolgere solo come spirito errante, mentre tu finalmente potrai ascendere"
Pronunciò la formula della vestizione, poi chiamò le sue sorelle e accolite: Iole, Irma ed Ermide, anch'esse istruite nelle Arti Oscure e iniziate agli Arcani Supremi.
<<Celebrerete il rito con me. Avete preparato le erbe per il calice e le suffumigazioni? In questo rito è necessaria la datura stramonium>>
Le accolite annuivano. Chi non conosceva i poteri dello stramonio, l'Erba del Diavolo?
<<Per la mia bevanda, occorre una dose mortale. Il demone deve riconoscere la serietà del mio sacrificio. E quando la vita mi abbandonerà, brucerete il mio corpo, e getterete le ceneri nel fiume. Nessuno vi chiederà niente, perché questa è terra di nessuno, e persino i Conti di Casemurate l'hanno sempre saputo, e non si sono mai immischiati nelle faccende del nostro ordine.
Oh, ne ho conosciuti tanti, di questi Conti. Vi sembrerà impossibile, ma ci fu un tempo, molto molto remoto, in cui io ero giovane, e bellissima. Fui l'amante di Ippolito Orsini, un pro-pro zio dell'attuale Contessa. Fu Ippolito a far costruire questa casa, assegnandomene la proprietà, compresi i terreni. Io l'avevo stregato con un filtro d'amore: gli ordinai di costruire sotterranei profondi, fino a che trovammo l'acqua, verde, che trasuda dai letti del Bevano e della Torricchia. Ed è proprio nella parte più profonda e buia dei sotterranei che è propizio celebrare il rito>>
Scesero le scale e i vari livelli delle cantine, dov'erano conservate le erbe e le pozioni.
Arrivarono al penultimo piano sotterranei, quello che precedeva la verde palude.
<<Negli ultimi settant'anni sono stata la Signora dei Fiumi e delle Paludi, e la Somma Veggente di queste terre dimenticate da Dio.
Ippolito Orsini mi disse che nella sua Contea i santi non prosperavano: forse aveva ragione.
Dopo la mia morte, sarai tu, Iole, a succedermi, poiché sei la secondogenita e conosci l'Ars Magna quasi meglio di me.
E' fondamentale che voi continuiate a fingere di essere semi-analfabete: nessuno deve sospettare l'esistenza della nostra biblioteca di testi antichi, che probabilmente vale più dell'intero Feudo Orsini e di tutta la Contea di Casemurate!>>
Le sorelle annuirono.
<<Noi ci tramandiamo da generazioni una collezione di volumi rarissimi: il Grande Grimorio del 1522 (detto La Grande Chiave di Salomone) , il Legemeton, l'Ars Goetia e l'Ars Paulina (che compongono la Piccola Chiave di Salomone o Clavicula Salomonis), il Compendium maleficarum di Francesco Maria Guaccio, pubblicato a Milano nel 1608, la Pseudomonarchia Daemonum di Johann Weyer, ma soprattutto il De Horrido Delomelanicon (detto Le Nove Porte del Regno delle Ombre) di Aristide Torchia, nell'edizione veneziana del 1666, scritto a quattro mani con Lucifero, il che costò la vita a Torchia, in uno degli ultimi roghi dell'Inquisizione.
Per non parlare dell'ultima copia esistente del Necronomicon, "Il Libro della Legge dei Morti".
Ma voi conoscete già questi testi, poiché siete siate Iniziate agli Arcani Supremi.
Nessuno deve sospettare la vera ragione per cui siamo qui.
Solo ora mi rendo conto che anche questo rito fa parte di un disegno più grande.
Sotto l'epidermide della Storia, pulsano le vene dei Sacri Misteri . Soltanto un individuo profondamente arrogante, limitato e abietto come Massimo Braghiri può illudersi di controllare simili forze dopo averle evocate. Ma questo sarà compito vostro. Il mio tempo ormai è finito>>
Tutto era pronto.
Furono pronunciate alcune formule latine, mentre dagli incensieri il fumo dello stramonio si diffondeva nell'aria, già greve per i miasmi della palude sotterranea.
Elvira prese il gesso ed iniziò a segnare su una lastra di ardesia, nel pavimento, il Sacro Cerchio e il Pentacolo Rovesciato, con la punta rivolta verso il basso.
Un brivido di paura la percorse, perché quello era il Simbolo Nero, malvagio e demoniaco, che ricordava, nella sua forma stilizzata, il Capro con le Corna, l'abietta icona di Satana.
Ma Elvira aveva scelto di evocare Eclion l'Oscuro Vendicatore, che nella gerarchia degli Inferi apparteneva alla Seconda Schiera, quella dei Principi. Il suo nome segreto era Arioch e il suo simbolo era la scimitarra.
Disegnò il simbolo di quell'arma a fianco del primo pentacolo.
Prese poi il coltello rituale e si incise la mano sinistra, dalla quale lasciò gocciolare il proprio sangue, come offerta sacrificale.
<<Salute a te, o Principe: ti offro carne incorrotta, con la mano sinistra te la porgo>>
Era l'inizio canonico di tutte le evocazioni dei demoni della Seconda Schiera, secondo la Via della Mano Sinistra.
<<Signore delle Vendettete, a te sacrifico me stessa e il corpo e l'anima dannata di Michele Braghiri, tre volte assassino.
Umilmente imploro la tua presenza affinché la tua scimitarra colpisca le vite di Ettore Ricci e Guglielmo De Gubernatis, nel modo che riterrai opportuno.
Per questo con la Chiave del Re io apro il Varco Oscuro al tuo passaggio.
Benedetti siano il Vendicatore e la sua Sciabola, possa la loro Furia purificare il mondo!>>
Una nebbia fitta salì dalla terra putrida.
In quell'angolo di mondo si stava aprendo un varco tra due dimensioni.
Elvira e le sue accolite pronunciarono una lunga formula intrisa di male: la lingua era latina, ma il contenuto era a tal punto oscuro che è cosa giusta e saggia non riferirne nemmeno una sillaba.
Infine, si era giunti al momento solenne:
<<Signore delle Vendette, Riparatore dei Torti, Difensore degli Innocenti, ascolta la mia supplica! Poiché questo mondo è stato creato per essere ingiusto e crudele, spesso nei confronti degli innocenti, io dico che nessuna vita ultraterrena può giustificare il tormento di un innocente. E se anche non ci fossero innocenti, nessuno può comunque giustificare, in questa vita, le atrocità commesse contro gli inermi. E dunque io dico: nessuna assoluzione!>>
Le accolite le fecero eco:
<<Nessuna assoluzione!>>
Ed Elvira riprese:
<<Mai perdonare, mai dimenticare! E se anche la colpa non fosse di nessun mortale, allora noi osiamo dire al Dio degli Eserciti: noi non ti perdoniamo!>>
E le accolite ripeterono:
<<Noi non ti perdoniamo!>>
Ed infine, l'ultima invocazione:
<<Per questo noi evochiamo Eclion l'Oscuro, Principe della Seconda Schiera degli Demoni Inferi, Signore delle Vendette, affinché compia giustizia, in questo mondo, perché soltanto da dove è venuta la malattia, potrà poi venire la guarigione.
Così io dico e imploro, nella notte di luna nuova, nel mese di agosto dell'anno del Demiurgo 1983>>
Le accolite risposero:
<<Così sia>>
Poi porsero alla Somma Sacerdotessa la Coppa del Sacrificio, dove la pozione ricavata dai semi e dalle foglie di stramonio era stata versata in grande quantità.
La Veggente elevò la Coppa e bevve.
La bevanda era densa e il suo sapore estremamente amaro.
Pochi istanti dopo, Elvira si distese nella terra umida, sopra ai pentacoli, e perse conoscenza agli occhi del mondo.
Ma gli occhi della sua vista interiore le dissero che il rito aveva avuto successo: Eclion le apparve nella mente, in forma umana, con gli occhi color indaco e i capelli di un nero con riflessi blu.
La sua voce era un'eco lontana.
"Finalmente qualcuno disposto a sacrificare se stesso, e per così poco, poi..."
Queste erano le parole di Eclion, nella mente della maga agonizzante.
"Ma penso che il tuo vero scopo fosse riaprire il Varco Oscuro una volta per tutte, per darmi tempo di portare a compimento un Grande Disegno. In fondo abbiamo molti nemici in comune.
La tua anima, a me devota, potrà seguirmi agevolmente: basterà seguire la linea di sangue.
La Veggente provò un senso di trionfo e il suo ultimo pensiero fu: "Ho vinto".
Non appena Elvira spirò, sua sorella Iole raccolse i paramenti e il diadema e si incoronò "nuova Somma Sacerdotessa delle Paludi", e le sorelle minori le resero omaggio.
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