L'estetismo è un movimento artistico ma soprattutto letterario della seconda metà dell'800. Rappresentava una tendenza del Decadentismo autonomamente sviluppatasi grazie a figure come Walter Pater e John Ruskin, che trova il suo massimo splendore nel 1884, con la pubblicazione di À rebours(Controcorrente), di Joris Karl Huysmans destinato a sconvolgere una generazione di scrittori (da Oscar Wilde a Gabriele d'Annunzio), allineando il personaggio, Des Esseintes, al filone dei protagonisti sconfitti del XX secolo: la sua fuga dalla realtà avviene, infatti, con una ermetica chiusura nell'estetismo, che si rivelerà però una sconfitta nei confronti del tessuto sociale ed uman. Con Oscar Wilde, che nel 1890 pubblicò Il ritratto di Dorian Gray, e Gabriele D'Annunzio che aveva pubblicato Il piacere nel 1889.
Qui sotto possiamo ammirare gli esterni del Vittoriale di D'Annunzio presso il lago di Garda
Questo movimento divenne un vero e proprio stile di vita, quello dei dandy, ed influenzò non solo l'arte e la moda, ma anche la filosofia: è infatti riscontrabile anche in vari studi di filosofi o studiosi di discipline umanistiche che ne intendono dare una definizione etimologicamente esatta, dato che si contemplano due categorie riguardanti l'estetismo, ossia quella filosofica e quella morale. Nel corso della storia le due categorie si possono riscontrare separate o legate assieme.
Il principio fondamentale dell'estetismo ("l'arte per il gusto dell'arte") consiste nel vedere l'arte come rappresentazione di se stessa, possedente una vita indipendente proprio come il pensiero, che procede solo per le sue vie. Essa non ha alcun rapporto con l'epoca in cui si sviluppa, anzi è spesso contraria ad essa e l'unica storia che la concerne è la storia del suo stesso progresso. Nel momento in cui l'arte rinuncia alla fantasia per la realtà, rinuncia a se stessa.
È la vita ad imitare l'arte e questo non deriva solo dall'istinto imitativo della vita ma anche dal fatto che il fine cosciente della vita è quello di trovare espressione, e che l'arte è l'espressione stessa. Da questo consegue anche che la natura stessa si modifica a immagine dell'arte. Gli unici effetti che essa può mostrarci sono quelli visibili grazie alla poesia, o nei dipinti. In questo consiste il segreto del fascino della natura, ma anche la sua debolezza.
È il poeta/artista/genio che vuol trasformare la sua vita in opera d'arte, sostituendo alle leggi morali le leggi del bello e andando continuamente alla ricerca di piaceri raffinati, effimeri, impossibili per una persona comune anche attraverso l'utilizzo di alcool e droghe. L'esteta ha infatti orrore della vita comune, dei ceti inferiori, della volgarità borghese, di una società dominata dall'interesse materiale e dal profitto, e si isola in una Torre d'avorio, in una sdegnosa solitudine circondato solo da arte e bellezza.
Secondo i teorici dell'estetismo romantico, vi è una somiglianza tra l'atto creativo del mondo da parte di Dio e la creazione artistica, dovuta al fare per il gusto di creare, privo di finalità.
Grazie a queste teorie, non condivise da Hegel e da Kierkegaard, l'estetismo entrò a pieno diritto nella nuova cultura del decadentismo e del parnassianesimo, ossia a movimenti per i quali assunsero grande importanza il bello e la forma.
Se in Inghilterra si mostrarono esteti i vari Swinburne e Wilde, in Francia Gautier e Apollinaire si allontanarono sempre più dal contenuto perseguendo la forma per la forma.
Nei paesi germanici fu soprattutto Nietzsche a proporre l'uomo del canto e della danza Zarathustra, e a criticare il Cristianesimo perché persegue la santità anziché il bello.
In Italia D'Annunzio espanderà alcuni concetti di Nietzsche esaltando la libertà creativa (Il fuoco) e la vittoria del più forte (La morte del cervo).
In Italia D'Annunzio espanderà alcuni concetti di Nietzsche esaltando la libertà creativa (Il fuoco) e la vittoria del più forte (La morte del cervo).
Altre teorie importanti nell'ambito dell'estetismo si rivelarono quelle indicate da Ugo Spirito nel suo saggio La vita come arte del 1937, nel quale considera l'estetismo come un ideale, come un fine, visto che apparteniamo ancora ad una fase di conoscenze incomplete e involute. Ferretti, nel 1940 con il saggio Estetismo definisce le proprietà fondamentali dell'agire umano, caratterizzate dalla trasformazione del mondo, grazie alla quale gli si dà una forma, e conseguentemente l'estetismo diventa il fare per ottenere le forme preferite
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