giovedì 15 agosto 2024

La serie tv "Those about to die" è avvincente e convincente. Merita di essere vista.




"Ave Caesar, morituri te salutant", così i gladiatori si rivolgevano, all'imperatore romano (il nome "Caesar" era diventato il termine comune he designava il massimo detentore del potere, anche dopo la fine della dinastia Giulio-Claudia), prima del combattimento nell'arena, in particolare nell'Anfiteatro Flavio, fatto costruire da Flavio Vespasiano e inaugurato sotto il regno del maggiore dei suoi due figli, Tito Flavio, suo successore, per breve tempo, e utilizzato poi efficacemente da Flavio Domiziano, il figlio minore, che succedette al fratello.
Questo è il periodo storico in cui è ambientata la serie tv che traduce in inglese il termine latino "morituri", e cioè coloro che stanno per morire, letteralmente "Those about to die".
Ultimamente le serie tv storiche si sono prese troppa libertà, per cui, da appassionato e studioso di Storia, tendo ad avvicinarmi ad esse con scetticismo e a valutarle severamente.
Confesso che in questo caso, all'inizio, ciò che mi ha attratto è stata la presenza del grandissimo Anthony Hopkins, una garanzia di qualità e carisma, almeno per il personaggio da lui interpretato, e cioè l'imperatore Vespasiano, che portò al potere la dinastia Flavia, dopo l'anno di guerre civili seguito alla morte di Nerone, l'ultimo dei discendenti di Augusto e della dinastia Giulio-Claudia).
Hopkins tra l'altro ha una certa somiglia con i busti di Vespasiano, il che lo rende perfetto per la parte.
Ulteriore garanzia è la regia di Roland Emmerich.
Naturalmente anche "Those about to die" si prende molte libertà, scegliendo per interpretare Tito, che era tuto tratte bello, un attore molto bello come Tom Hugues attribuendogli una barba che storicamente Tito non si fece mai crescere (il primo imperatore barbuto sarà Adriano). Ma è un peccato veniale, dovuto all'esigenza di attrarre il pubblico femminile e anche al fatto che Hughes ha già interpretato bene un ruolo storico (il principe Alberto di Sassonia-Coburgo, consorte della regina Vittoria del Regno Unito, nella serie tv "Victoria"). 
Al fratello minore, Domiziano, sono stati attribuiti elementi di dubbia storicità, supportati più che altro dalla faziosa biografia scritta dal brillante e fantasioso Svetonio, che doveva compiacere gli imperatori che vennero dopo di lui (il nobile Nerva, scelto dal Senato dopo l'uccisione di Domiziano, il generale Traiano, adottato dal predecessore per garantirsi l'appoggio delle legioni, e Adriano, nipote di Traiano, sotto il cui regno l'Impero raggiunse l'apice della gloria e del benessere).
Solo nell'ultima parte della sua vita Domiziano divenne paranoico e sadico in seguito alle numerose congiure ordite ai suoi danni e a uno stile di vita che gli rovinò la salute. E' possibile che fosse bisessuale, ma non in maniera esibita, mentre nella serie è esclusivamente omosessuale.
Gli storici moderni hanno riabilitato il regno di Domiziano, che fu un abile amministratore, pur riconoscendogli alcuni elementi che la serie tv ha voluto mettere in rilievo in modo particolare e cioè la sua politica basata sul placare il popolo tramite "panem et circense", distribuzioni granarie e spettacoli di grande efficacia che resero famoso l'Anfiteatro Flavio (chiamato Colosseo perché situato vicino alla statua colossale di Nerone) contrapposto al Circo Massimo dove prevalevano le corse delle quadrighe delle squadre di proprietà di illustri senatori, di ricchi equites e di nuovi arricchiti. E' però indubbiamente vero che l'indole di Domiziano tendeva a condurlo a un notevole accentramento del potere nelle sue mani e in quelle dei suoi "clientes" che crearono una salda burocrazia presso il Palatino, a discapito del Senato, i cui membri era comunque malvisti dalla popolazione romana. 
Inoltre sembra che Domiziano sia stato il primo "Dominus et Deus", cioè il primo imperatore che non si limitò ad essere il "Princeps", il primo tra pari, ma il sovrano che si autoattribuiva pregorative divine mentre era ancora in vita, non bastandogli i titoli che aveva già: "Caesar, Pontifex Maximus, Augustus, Pater Patriae, Imperator". Ma nella serie vediamo Domiziano da giovane, quando è ancora magro e detiene il titolo di Aedilis Sudi, l'Edile del gioco, il magistrato incaricato della direzione dei giochi per intrattenere la plebe di Roma.
Queste sono le premesse storiche e le libertà che la serie si è concessa, che possono essere perdonate in quanto la ricostruzione della Roma imperiale nell'epoca Flavia è davvero impeccabile ed efficace, anche grazie alle tecniche cinematografiche con cui si sono ricreati ambienti e situazioni in maniera verosimile. 
Non si può pretendere la verità da un intrattenimento, ma la verosimiglianza nella ricostruzione fisica, ambientale, architettonica, sociale, economica e politica della Roma tra il 79 e l'81 d.C. è tale da rendere la serie tv credibile e tutto sommato non troppo distante dalla storia.
La vicenda narrata e rappresentata è ovviamente di un'opera di fantasia, ma dotata, oltre che della suddetta verosimiglianza, anche di una trama davvero avvincente.
Uno dei personaggi di fantasia che ha un ruolo centrale nella trama è un giovane uomo che si fa chiamare Tenax, di oscure origini, interpretato molto bene dall'attore Iwan Rheon, noto al grande pubblico per aver interpretato con grande abilità il personaggio di Ramsay Bolton, in "Game of Thrones"
Tenax possiede una taverna dove si fanno scommesse molto proficue (per lui, che spesso trucca l'esito dei giochi) nei combattimenti tra i gladiatori e nella corsa delle quadrighe, i carri trainati da quattro cavalli, a cui gareggiano quattro squadre contraddistinte dai colori che portano i loro aurighi. La squadra bianca è di proprietà del potente senatore Leto ed ha come auriga Xenon, ma la più vittoriosa è la squadra azzurra, di proprietà del console Marso e della sua consorte, una ricchissima e potente e ambiziosa patrizia di nome Antonia Servilia, interpretata dall'attrice italiana Gabriella Pession che ha conservato negli anni la sua bellezza e affinato la sua bravura nella recitazione. La serie tv è infatti una produzione italo-statunitense-tedesca (viene da pensare che gli italiani abbiano curato l'esattezza storica, gli statunitensi la grandiosità delle scene e delle spese, i tedeschi il rigore organizzativo). Anche la nobile Caltonia e la giovane Salena detengono parte delle quote della scuderia azzurra, il cui auriga è Scorpo, che vince molto spesso, ma barando, tramite espedienti di basso livello, spesso suggeritigli dallo stesso Tenax, che è suo amico da molto tempo.
Le altre due squadre, la rossa e la verde, sono meno forti.
Tenax si sta arricchendo, ma vive ancora nella Suburra, il quartiere dei bassifondi di Roma, alle pendici del colle del Quirinale (allora molto meno importante di quello che divenne in seguito).
I ricchi e i nobili vivono nel lussuoso colle Esquilini e la famiglia imperiale sul colle Palatino, dove sorge la loro residenza, il Palatium.
Tenax ha in mente di fondare una propria squadra, la squadra oro, finanziata segretamente da Domiziano.
A fornire i cavalli più veloci, splendidi stalloni bianchi, provenienti dalla Betica, nella Hispania meridionale, sono tre fratelli allevatori, molto abili sia nell'aver cura dei cavalli, sia nel cavalcarli: Andria, Fonsoa ed Elia.
Qui conoscono il comes stabuli, il capo delle stalle, Gavros, ex auriga che ha abbandonato le corse perché troppo pericolose.
Un ruolo importante ce l'hanno anche la bellissima e forte Cala, una commerciante della Numidia, corrispondente all'attuale Algeria,  che è a Roma per liberare i suoi tre figli, venduti come schiavi: due ragazze di nome Aura (schiava di Tenax) e Jula (schiava di Antonia) e un giovane gladiatore di nome Kwame, che ha catturato un rarissimo esemplare di leone albino, che verrà portato a Roma per le lotte dei gladiatori. Il defunto padre dei tre fratelli era un cacciatore della Nubia (tra il Sudan e l'Etiopia attuali).
Cala si fa assumere da Tenax e ne gestisce la taverna e le scommesse con grande abilità, mentre lui ha a che fare con un suo nemico, Ursus, legionario che intende vendicarsi per un antico torto.
Nella prima puntata compaiono quasi tutti questi personaggi in maniera molto veloce e un po' caotica, ma una volta che abbiamo imparato a riconoscerli saremo conquistati dalle loro trame per ottenere i loro obiettivi, spesso tramite sotterfugi e a volte anche delitti.
Ma la vera protagonista è la Roma imperiale, che cerca di riprendersi dopo le guerre civili che hanno portato alla presa di potere da parte della dinastia dei Flavi. 
Le trame di tutti questi personaggi si intrecciano strettamente tra loro e con altri personaggi minori, oppure storici, tra cui Berenice di Cilicia, figlia di Erode Agrippa, deposto re dei Giudei, sconfitti militarmente da Tito, che ha distrutto il tempio di Gerusalemme e si è portato Berenice con sé come amante, non benvoluta però né da Vespasiano né dalla plebe romana, fortemente ostile ai sovrani stranieri. 
La trama è davvero molto avvincente, specie a partire dalla seconda puntata, dove tutti questi personaggi incominciano a interagire per diverse ragioni: alcuni cercano di salvare i loro amici, altri di sopravvivere alla loro schiavitù, ma la maggior parte cerca ciò che tutti vorrebbero: ricchezza, gloria e potere.
Il coinvolgimento dello spettatore, anche del più scettico e severo, è massimo: io ho visto la serie tutta in un giorno, tanto mi ha preso e posso dire che oltre ad essere avvincente, è anche convincente dal punto di vista della ricostruzione storica e della resa stilistica e registica.
Consiglio a tutti di guardarla, su Prime TV, per gli abbonati ad Amazon Prime, perché merita la nostra attenzione e forse è la prima serie della tv di Bezos ad avere raggiunto un ottimo apprezzamento sia dal pubblico che dalla critica.

mercoledì 7 agosto 2024

Tutti i limiti della seconda stagione di "House of the Dragons"

 



Questo commento non contiene spoiler, quindi può essere letto anche da chi deve ancora vedere la seconda stagione della serie di successo "House of the Dragon", incentrata sulla guerra civile tra i sostenitori di Aegon II Targaryen e quelli della sua sorellastra Rhaenyra. 
Pur essendo una serie tv di alta qualità, la seconda stagione non regge il confronto con la prima.
Il motivo potrebbe essere sintetizzato con una formula che poi chiarirò: "Troppo Shakespeare e poco Martin".
Già in "Game of Thrones" si è potuta notare una cosa evidente: finché la serie tv è stata fedele ai romanzi di George Martin, ha ottenuto eccellenti risultati, mentre quando se ne è discostata ha registrato molte critiche e cocenti delusioni.
I romanzi di Martin hanno la particolarità di raccontare eventi drammatici pur mantenendo uno spiccato senso dell'umorismo e una straordinaria capacità nel tratteggiare il carattere dei personaggi, senza preoccuparsi troppo di attribuire alle loro azioni un "nobile scopo".
In "Fuoco e Sangue", il romanzo che narra le vicende della dinastia Targaryen dalla conquista dei Sette Regni fino all'ascesa al trono di Aegon III, noi ritroviamo, seppur in uno stile diverso, la grande ironia di George Martin, il suo deliberato cinismo e la sua rappresentazione cruda di una realtà fatta anche di violenza e di sessualità senza veli.
Per quanto esistano nei suoi romanzi personaggi onesti o generosi o quantomeno rispettosi, Martin non si è mai sentito in dovere di nobilitare sempre le azioni dei protagonisti, pur mantenendo una eccellente capacità di introspezione nei loro confronti, e mostrare una loro evoluzione tramite il cambiamento dei punti di vista da cui la vicenda viene narrata.
Con questo non voglio dire che in Martin manchi un codice morale, anzi, è ben presente, ma non scade mai nel moralismo piagnone che tende a rendere i "cattivi" un po' meno cattivi.
Già in "Game of Thrones" alcune figure di spicco erano state molto ammorbidite: Cersei Lannister, la "cattiva" per eccellenza, è una figura molto più crudele nei libri che nella serie tv, dove Lena Headey è riuscita a dare una certa malinconica umanità al personaggio, pur mantenendone gli aspetti essenziali.
Purtroppo non si può dire la stessa cosa di Alicent Hightower, che in "House of the Dragon" perde quasi tutta l'astuzia e la pura sete di potere e vendetta del corrispondente personaggio in "Fuoco e Sangue", a detrimento della narrazione, a cui manca un "villain" femminile degno di questo nome.
Nella prima stagione Alicent è ancora abbastanza "nella parte" della "cattiva" disposta a tutto pur di prevalere contro la sua eterna rivale Rhaenyra, ex amica d'infanzia.
Nella seconda stagione Alicent si discosta completamente dal personaggio descritto in "Fuoco e Sangue": potrei sintetizzare il tutto, senza alcuno spoiler, dicendo che Alicent "si rammollisce", laddove invece nel romanzo, col passare del tempo, diventa più spregiudicata, vendicativa e senza alcun rimorso, potendo quindi reggere (pur senza vincerlo, perché è impossibile) il confronto con Cersei Lannister che resta un personaggio ineguagliabile, nella sua perfidia.
Aggiungo poi che l'attrice scelta per il personaggio di Alicent è troppo giovane per essere una credibile "regina madre": sembra più giovane di sua figlia Helena, non parliamo poi di Aemond.
Nel romanzo c'era poi un personaggio davvero divertente, sulla falsariga di un altro personaggio ineguagliabile, come Tyrion Lannister: in "Fuoco e Sangue" c'è Fungo, il simpaticissimo buffone di corte di Rhaenyra, a garantire quel tocco di comicità che scarseggia in "House of the Dragon", specialmente nella seconda stagione, dove l'ironia ha ben poco spazio.
Insomma, l'eliminazione di alcuni personaggi del romanzo e l'enorme distorsione del carattere di molti altri è uno dei limiti che si è sentito molto, in particolare nella seconda stagione, che eccede in seriosità e scivola troppo spesso negli scrupoli moralistici.
Questa seriosità, questa macerazione interiore quasi amletica e troppo shakespeariana ha un suo correlativo oggettivo nell'eccesso di scene notturne o di inquadrature buie: non so se questo è risultato problematico per altri, ma per quel che mi riguarda mi ha creato serie difficoltà: lo schermo era quasi del tutto nero ed era molto faticoso cercare di vedere cosa c'era in mezzo a quel buio.
Anche qui sembrava di vedere una versione moderna dell'Amleto o del Macbeth, quando invece ciò che si voleva vedere era una trasposizione efficace del romanzo di Martin. Insomma se uno vuole vedere Shakespeare va a vedere l'originale, ma se uno vuole vedere Martin, allora bisogna dargli Martin, che è garanzia di quel giusto dosaggio tra tragedia e commedia, tra epicità e farsa, tra momenti drammatici e momenti comici, tra introspezione e azione che in questa stagione è mancato.
Ecco, soffermiamoci sul tema dell'azione.
Premetto che non sono assolutamente un fanatico dei film d'azione, però nel genere fantasy un giusto dosaggio di azione, di battaglie, di epicità deve esserci.
Nella prima stagione di "House of the Dragon" non era necessaria l'azione perché ne faceva molto bene le veci il complotto e una violenza da congiura di palazzo, nella consapevolezza che la guerra sarebbe scoppiata alla morte di re Viserys I e sarebbe stata narrata nella seconda stagione.
E qui si entra nel maggiore tasto dolente.
Tutta l'azione è stata rimandata alla terza stagione.
Rispetto a "Fuoco e Sangue" la trama ha subito un dilazionamento immotivato, sostituito da dialoghi fin troppo filosofeggianti, da scene improbabili e non necessarie, e da un clima di perenne attesa che succeda qualcosa o che ci siano conseguenze pesanti per quel poco che succede, senza che poi i nodi vengano al pettine.
La grande battaglia del Gullet, che sarebbe dovuta essere la naturale conclusione della seconda stagione viene inspiegabilmente rimandata alla terza abusando di quello che in gergo viene chiamato "effetto cliffhanger", cioè l'essere sospesi sul precipizio.
Non avrei mai pensato di dover rilevare questo tipo di mancanze come difetto, perché, ripeto, non sono un fanatico dei film d'azione e di violenza, però qui veramente si è menato il can per l'aia per otto puntate che sono parse per lo più un unico enorme prequel della terza stagione.
Avendo io letto "Fuoco e Sangue", posso garantire che il materiale narrativo era enorme e quindi non c'era alcun bisogno di allungare il brodo.
Resto quindi nel dubbio sul perché si sia fatta questa scelta, oltre tutto appesantendo la trama con l'eccesso di scene notturne dove non vedendosi quasi nulla si è costretti a concentrarsi su dialoghi che, pur non essendo banali, non sono nello spirito del mondo creato da George Martin.
Eppure Martin appare tra gli sceneggiatori, ma senza metterci nulla del suo leggendario talento, della sua impareggiabile e cinica ironia.
Anche la figura della regina Rhaenyra, pur interpretata in maniera eccellente da Emma D'Arcy, è stata un po' troppo edulcorata, rispetto non solo al romanzo, ma anche alla prima stagione, dove il suo carattere ribelle e guerriero spiccava in maniera chiara, laddove nella seconda il personaggio è un po' sacrificato a causa della trama lenta, che la confina all Roccia del Drago, nelle scene più oscure (anche nel senso letterale del termine, cioè non si vede quasi niente). Acquista rilievo in alcune puntate, anche se non voglio rivelare nulla, se non che c'entrano molto i draghi, come è naturale che sia.
La seconda stagione risente molto della mancanza di alcuni personaggi che, o sono deceduti nella prima, o sono allontanati dalla narrazione per troppo tempo.
Il tutto finisce quindi per reggersi su alcune figure carismatiche tra le quali svetta da un lato Daemon Targaryen, zio e secondo marito di Rhaenyra, per quanto le sue visioni notturne presso Harrenhal pecchino di quell'eccessivo gusto shakespeariano che finisce per appesantire il tutto, allo stesso modo del buio. Dall'altro lato svetta Aemond Targaryen, che assomiglia molto a suo zio, e non a caso ne rappresenta il vero rivale, con la sindrome del fratello minore sveglio e battagliero messo da parte da un primogenito che non è adatto al Trono. Certo Aegon II, fratello maggiore di Aemond, è molto più di indegno di Viserys I, suo padre e fratello maggiore di Daemon.
Personaggio amatissimo è Rhaenys Targaryen, "la Regina che Non Fu", e non aggiungo altro per rimanere fedele alla promessa di non introdurre spoiler di alcun genere.
Altro personaggio molto ben rappresentato è Larys Strong detto Piededuro, per quanto sia molto più cupo del suo equivalente Varys in "Game of Thrones". 
Manca un equivalente di Ditocorto e questo è un guaio, ma imputabile a Martin.
Molto diversi dal romanzo (in peggio) sono i fratelli Alyn e Addam Waters, e non mi riferisco alla questione dell'aspetto fisico, per quanto decisamente poco valyriano, ma alla seriosità rancorosa di Alyn che sinceramente è logorante per lo spettatore, e si allontana in maniera non necessaria dal carattere più simpatico del fratello Addam.
Del tutto assente nel romanzo è una serie di scene inutili a cui deve suo malgrado prestarsi Tyland Lannister, Maestro della Flotta, che fino ad ora sembra l'unico Lannister completamente animato da buone intenzioni all'interno della sua stirpe.
E infine c'è una questione che ha fatto molto discutere i fan delle opere di Martin e anche quelli di "Game of Thrones" o anche solo chi ha letto "Fuoco e Sangue" e cioè l'introduzione forzata della profezia detta "il sogno di Aegon", utilizzata per dare un nobile scopo a Rhaenyra, una giustificazione morale ad Alicent, e infine una rivelazione illuminante a Daemon.
Ora, è vero che il tema della profezia è presente anche in "Game of Thrones" e in generale nelle "Cronache del Ghiaccio e del Fuoco", ma lì è supportata da figure carismatiche come Melisandre e introduce un evento che è ormai prossimo, ma non è qualcosa di vincolante, di totalmente predeterminato, tanto che sia il lettore che lo spettatore compiono l'errore di vedere il principe promesso in Jon, quando invece è Daenerys.
Qui invece, specialmente nella seconda stagione, la profezia assume un ruolo di predestinazione troppo vincolante, tale da far apparire futili le azioni dei personaggi. 
Per fare un confronto anche con altre serie di romanzi da cui sono stati tratti film e serie tv, anche in "Dune" c'è la profezia, la "prescienza" degli Atreides, ma sia a Paul che a suo figlio Leto II hanno la possibilità di scegliere tra i numerosi futuri che potrebbero derivare dalle loro azioni, quello che loro ritengono più giusto.
Tutte queste cose Martin le sa benissimo, tanto che fa dire a uno dei suoi personaggi più misteriosi, l'arcimaestro Marwin, che la profezia è come una prostituta che, dopo aver praticato una fellatio, evira con un morso il malcapitato cliente. Fuor di metafora: la profezia è sempre ambigua, proprio per lasciare un margine di libero arbitrio ai personaggi.
Queste osservazioni sui limiti della seconda stagione di "House of the Dragon" non vogliono però negarne i meriti: i paesaggi, le atmosfere, le lotte tra i draghi, le morti di alcuni personaggi importanti o la menomazione di altri, hanno tutti un loro rilievo e una resa drammatica notevole, come così come ci sono alcune introspezioni più raffinate di altre, e dunque il giudizio resta comunque nel complesso positivo
E' una stagione da guardare, da gustare, con alcune puntate molto riuscite e con altre che vanno viste come se fossero la costruzione minuziosa dell'impalcatura su cui si reggeranno le grandi battaglie di cui sarà sicuramente piena la terza stagione.


lunedì 1 luglio 2024

La Quarta Era. Capitolo 7. Il Gran Consiglio dei Sovrani della Terra di Mezzo

 



Eldarion, Re di Arnor e Gondor, presiedeva per la prima volta il Gran Consiglio dei Sovrani e dei Governatori della Terra di Mezzo. Sedeva al vertice del lungo tavolo dove normalmente si riuniva il Consiglio Privato. Quel giorno i membri del Consiglio Privato si unirono agli altri ospiti in una serie di lunghe panche che si trovavano a una certa distanza, da entrambi i lati del tavolo.
Da un lato c'erano gli Uomini e dall'altro c'erano gli Altri Popoli e questo già segnava un dualismo che aveva preso piede verso la fine del regno di Aragorn Elessar, pur non essendo ben visto dal Vecchio Re, come ormai tutti lo chiamavano, specialmente dopo la sua morte.
Il nuovo Re prese la parola:
<<Illustri e cari amici e alleati della Terra di Mezzo, oggi ho l'onore di ospitare e presiedere, in seguito alla mia incoronazione a cui tutti voi avete generosamente partecipato, il Gran Consiglio dei Sovrani e dei Governatori, che da molti anni non era stato convocato, per varie ragioni di cui discuteremo.
I temi all'ordine del giorno sono infatti seri e improrogabili e necessitano di una analisi e di una adeguata discussione, nei limiti del reciproco rispetto.
Desidero innanzi tutto che sia chiaro che il Regno Riunito di Arnor e Gondor, pur essendo il più grande e popoloso della Terra di Mezzo, si pone comunque in una posizione di parità rispetto agli altri, a meno che non siano gli altri a richiedere il nostro aiuto e la nostra protezione.
Mio padre ha assicurato per oltre un secolo la pace e l'equilibrio tra i vari regni e i vari popoli, ma negli ultimi anni era preoccupato per le voci riguardanti la presenza di attriti tra i popoli e di manifestazioni di malcontento nei confronti del suo regno, la cui corona è ora passata a me.
Non lasciatevi ingannare dalla giovinezza del mio aspetto, io sono tra i più vecchi che siedono in questa grande aula, ma il sangue di Numenor e quello elfico di mia madre, la regina vedova Arwen, mi dona una vita e una giovinezza più lunghe che sono un privilegio di cui devo mostrarmi degno svolgendo con impegno e saggezza il difficile compito che mi è stato affidato da voi e da mio padre, ovvero quello di riuscire a ricomporre le fratture che si sono create nel nostro continente, anche nella consapevolezza che la Terra di Mezzo non è soltanto la zona di nord-ovest che noi controlliamo, ma anche quella dell'est di Rhun e del sud di Harad. Da quelle contrate gli Esterling e gli Haradrim, popoli malvagi, un tempo alleati di Sauron, premono da sempre per impadronirsi dei nostri regni. Se saremo uniti, potremo respingere i loro tentativi di invasione, ma se continueremo ad essere divisi e a bisticciare tra noi, allora un giorno o l'altro finiremo per soccombere di fronte alle grandi orde dell'est e del sud.
Solo se saremo uniti saremo forti e solo se saremo forti saremo liberi!
A voi la scelta!>>
Il Re si sedette sul suo alto scranno, mentre il suo discorso veniva accolto da un lungo applauso, che mostrava ancora una volta come la pace interna spesso si otteneva mostrando i pericoli dei nemici esterni.
Personalmente Eldarion avrebbe voluto trattare anche con gli Esterling e con gli Haradrim, ma non era ancora il momento: prima bisognava pacificare la Terra di Mezzo e, all'interno di essa, anche lo stesso Regno Riunito, che rischiava di dividersi nuovamente a causa delle lotte dinastiche e delle fazioni che si erano create.
Eldarion sapeva che tutte queste crepe si sarebbero viste chiaramente durante il dibattito che stava per cominciare e che rischiava di degenerare in una rissa, se avessero preso piede le idee di sua sorella Ancalime.
Occoreva vigilare con molta attenzione.
Come Eldarion aveva temuto, il primo a prendere la parola fu uno dei sovrani più polemici contro il Regno di Arnor e Gondor, ossia Thorin III, succeduto a Dain Piediferro come Re sotto la Montagna.

 <<Maestà, signore e signori della Terra di Mezzo, per oltre un secolo il mio regno e quello di Gondor sono stati alleati di pari dignità>> esordì Thorin III Elminpietra, Re dei Nani di Erebor <<Alcuni anni fa, durante la visita di re Elessar, la principessa Ancalime e lo stregone Pallando ci hanno proposto di diventare vassalli del Re di Gondor, secondo la formula tradizionale dell'omaggio e del beneficio: "Lealtà con amicizia, fedeltà con amore, valore con onore, tradimento con vendetta"
In cambio di un equo contributo annuo dalle ricchezze delle nostre miniere, il Re di Gondor ci avrebbe garantito protezione e aiuto. 

Non ero d'accordo, noi nani sappiamo ancora difenderci da soli, ma poi il Re vostro padre ci disse che il contributo era puramente simbolico e il vassallaggio era solo una formalità. Fu così che mi lasciai convincere. E finché il re Elessar era in salute e governava di persona, ha mantenuto la primessa. Egli era una garanzia di giustizia per tutti noi>>

Fece una pausa, poi, rivolgendo lo sguardo prima ad Ancalime e poi a Pallando, riprese:

<<Con l'andare del tempo, tuttavia, il Re si è ammalato ed è stato convinto a delegare molti incarichi.

 Purtroppo alcuni delegati hanno abusato del potere che era stato loro concesso. E mi dispiace doverlo dire, ma quelle persone erano stretti collaboratori della Principessa Reale.
Il risultato è che, negli ultimi tre anni, le tasse sono raddoppiate, mentre la protezione da parte delle guarnigioni reali si è dimezzata. 

Bande di rapinatori e aggressori infestano le strade, e questo ha messo in crisi il commercio.
Come se non bastasse, gli uomini di Dale e di Esgaroth sono diventati sprezzanti nei nostri confronti e ci mancano di rispetto. 
Fintanto che re Elessar era vivo, potevamo appellarci a lui e ottenere protezione e sostegno, ma ora che lui è mancato, cosa succederà? 
Mio signore e Re, io faccio appello a voi e alla vostra giustizia per risolvere questa situazione>>

Il re Eldarion aveva assunto un'espressione affranta, ma perplessa, che non prometteva nulla di buono.
Tacque per alcuni interminabili istanti:

<<Ciò che dici mi rammarica profondamente: i discendenti dei principi di Andunie mantengono sempre la parola data. Nostro padre ha fatto tutto il possibile per venire incontro alle vostre richieste, ma quando si è ammalato la principessa Ancalime ha assunto il ruolo di Sovrintendente Reggente. Avrei dovuto farlo io, ma non sono un uomo che brama il potere: ho accettato la corona soltanto per senso del dovere. Ora, le accuse che muovi alla Principessa Reale sono gravi e mi occuperò personalmente di verificare cos'è accaduto e di porvi rimedio.

Però, mio caro re Thorin III, il mio regno ha combattuto molte guerre per difendere tutti i popoli della Terra di Mezzo dagli attacchi degli Esterling e degli Haradrim, e questo ci è costato molto, e non solo in termini di vite umane. Io sono stato presente e so quel dico: il mare di Rhun era diventato rosso a causa del sangue. E quando mio padre, sul letto di morte, mi dettò le sue ultime volontà, mi parlò del fatto che le casse del regno faticano a pagare tutti i soldati e tutti i lavori pubblici. Per questo ti ripeto ciò che è già stato detto al mio popolo. Se ancora desiderate una guarnigione stabile e delle strade più sicure, dovrete in ogni caso pagare un tributo un po' più elevato. I mezzi non vi mancano>>


<<Vostra Maestà, mi dispiace contraddirvi, ma siete in errore: noi non possiamo permetterci di pagare di più!>>

A quel punto la principessa Ancalime intervenne:

<<Avete tonnellate di oro nelle vostre riserve di Erebor! Lo sanno tutti! Non osate farci credere il contrario!>>

Al sentire quelle parole, Gimli, sdegnato, si alzò di colpo e puntò il suo indice contro la principessa:
<<Le miniere si stanno esaurendo anche alle Caverne Scintillanti di Aglarond!
E quel poco che ci resta è frutto della fatica e del risparmio del nostro popolo
Minatori, artigiani, commercianti hanno lavorato duramente, per generazioni, ed ora tu li vorresti derubare dei loro beni!
La verità, Altezza Reale, è che tu ci vuoi indebolire per sottomerci, e e dietro le tue fattezze di donna si cela un drago furioso peggiore di Smaug!>>
La principessa reale lo fulminò con uno sguardo carico di risentimento:
<<Tu eri un valoroso, Gimli, ma col tempo sei diventato petulante e avido, come tutti i tuoi antenati.
Hai accumulato ricchezze inestimabili sotto al fosso di Helm, nelle famose Caverne Scintillanti di Aglarond, che sono così chiamate proprio dallo scintillare delle tue pietre preziose, e hai il coraggio di venire qui a piangere miseria! Qui dove trascorri metà dell'anno dandoti alle gozzoviglie per cui sono noti i tuoi pari!
Non ti consento di rivolgerti a me in maniera tanto insolente, proprio oggi, davanti Gran Consiglio, soltanto perché i tuoi amici non vogliono pagare i tributi che ci devono!>>
Il volto del nano divenne violaceo:
<<Noi di Aglarond vi paghiamo già profumatamente! E in cambio di cosa? Solo disprezzo! 
Io mi rivolgo al Re: mio signore Eldarion, mi conosci da una vita e sai che ti sono leale.
Non permettere questa ingiustizia! Non tradire la nostra alleanza e con essa la memoria di tuo padre!>>



Il Re appariva turbato:

<<Nessuno dovrà mai più mancare di rispetto al valoroso Gimli e al re Thorin III, nemmeno la Principessa Reale. Riguardo alla questione dei contributi alla difesa comune e al mantenimento dell'ordine, prometto che saranno proporzionali al reddito accertato e alle spese per servizio che noi forniamo. Non è e non sarà mai mia volontà opprimere un popolo che è nostro amico e alleato da tanto tempo>>
A quel punto, e con sorpresa di tutti, si alzò Pallando, con la sua poderosa mole:
<<Mio signore, difendere la Terra di Mezzo sta diventando sempre più oneroso, per le ragioni che tu stesso hai esposto riguardo agli Esterling e agli Haradrim, che vogliono impadronirsi della terra di mezzo. Se vogliamo procurarci un esercito degno di questo difficile compito è necessario che gli introiti delle pubbliche finanze siano considerevoli>>
Eldarion lo sapeva perfettamente:
<<I nostri venerabili Alatar e Pallando, che sono stati un così valido aiuto per il mio caro padre, negli anni della sua vecchiaia, sono qui proprio per aggiornarci sulla pericolosa situazione ai confini orientali e meridionali del Regno. Ma prima vorrei ascoltare come vanno le cose nella Contea degli Hobbit e nella Marca di Rohan. Invito pertanto il conte Isengrim Tuc ad esporre la sua relazione>>

Il nipote di Peregrino Tuc era decisamente più cupo del suo defunto nonno.

<<Vostra Maestà, noi Hobbit non chiediamo altro che libertà, pace e sicurezza. Un tempo i vostri antenati, i Raminghi del Nord, hanno protetto i nostri confini senza chiedere alcun compenso. 
La rinascita di Regno di Arnor, a cui la Contea appartiene ed è legata da vincolo feudale, ha introdotto un'imposta, inizialmente accettabile, in seguito sempre più gravosa. 
Noi non siamo ricchi quanto i Nani, siamo onesti agricoltori e artigiani e piccoli commercianti: più di tanto non possiamo pagare. 
Mi duole dover far notare a Vostra Maestà una cosa che non ci spieghiamo: l
e guarnigioni di Annuminas, di Fornost e di Amon Sul sono state ridotte al minimo, esponendoci al rischio di scorrerie di pirati e briganti di ogni sorta. 
Mio Re, permettimi di essere sincero: nemmeno ai tempi di Sauron noi...>>
La principessa Ancalime scattò in piedi:
<<Ma come osi? E' questo l'omaggio che sei venuto a rendere al nuovo Re? Mio fratello si è appena insediato e tu non hai niente di meglio da dire che rimpiangi i tempi di Sauron!
Stai approfittando della sua pazienza e del suo carattere mite, ma io non posso tacere, poiché mi sono fatta carico per tutta la vita di esprimere le verità che nessuno vorrebbe sentirsi dire.
E la verità, mio caro Conte, è che i pericoli si concentrano a est e a sud, mentre la tua Contea si trova a nord-ovest. Se tu vuoi che le guarnigioni di nord-ovest tornito ad essere più numerose, devi accettare di pagare un contributo maggiore. 
Quando ancora esistevano gli Anelli del Potere, la loro magia, unita all'eroismo di un tempo, compreso quello di tuo nonno, furono sufficienti a sconfiggere il nemico.
Ora il tempo della magia è finito: gli stessi Stregoni Blu sono dotati ormai soltanto del potere che deriva dall'esperienza e dalla saggezza, mentre la magia sta ormai scomparendo.
E, peggio ancora, sta scomparendo anche l'eroismo: ognuno si rintana nelle sue caverne, siano essere quelle dei Nani, quelle degli Hobbit o quelle di Thranduil, ultimo re degli Elfi. 
Voi avete la possibilità di scegliere tra il pagamento del tributo o il servizio militare. E siccome di questi tempi il valore militare si è rammollito a causa di una lunga pace, allora che si paghi il tributo! Ma chi non lo paga non può più richiedere la nostra protezione.
Se non pagherete, saremo costretti a spostare tutte le guarnigioni a est e a sud, non vi è altra scelta!>>


Al sentire quelle parole, Harding Gamgee, Sindaco della Contea, non riuscì a contenere la sua ira:
<<Non accetto di essere chiamato rammollito! E in particolare non accetto questa offesa da voi, che troppo a lungo avete approfittato della benevolenza di vostro padre, e ora mi pare che vogliate fare lo stesso con vostro fratello!>>

Il Re, sentendosi chiamato in causa, si alzò nuovamente dal suo scranno:
<<Amici, alleati e parenti: invito tutti voi ad abbassare i toni. Ricordate quanto vi ho detto prima, solo se saremo uniti saremo liberi, e solo se saremo liberi saremo forti.
Le guarnigioni di Arnor non saranno smantellate, così come non è smantellato il servizio dei Ranger. Ognuno contribuirà al finanziamento delle guarnigioni in proporzione al suo reddito e al suo patrimonio, e non ci saranno oppressioni: nessuno sarà ridotto in povertà e nessuno sarà lasciato senza protezione. Occorre uno sforzo comune, un contributo in base a ciò che si può offrire, per difendere la Terra di Mezzo, la casa comune di tutti noi. 
Si potranno ridiscutere le cifre, ma ognuno deve fare la sua parte, se non vuole diventare schiavo di conquistatori che un tempo furono alleati di Sauron e che ora cercano di far rivivere l'Ombra anche seminando zizzania tra di noi.
Ognuno può esprimere il proprio parere, ma evitiamo le sterili polemiche e le offese personali>>

Ancalime, tuttavia, non intendeva recedere di un passo e dopo aver scambiato un'occhiata con Pallando, il quale annuì, prese nuovamente la parola.

<<Perdonami mio caro fratello, ma poiché nessun altro lo fa, tocca me stessa difendere il mio onore. Si è parlato di eccessiva benevolenza di mio padre nei miei confronti. E' falso! E lo dico a tutti i miei accusatori. 
Forse non vi è chiara una cosa. Mio padre è sempre stato troppo benevolo e tollerante con voi, non con me!
Ma la sua benevolenza e la sua tolleranza sono state mal ripagate. 
Voi Hobbit e Nani avete avuto un trattamento di favore. I sudditi di Arnor e Gondor pagano più tasse di voi e ritengono, giustamente a mio avviso, che questa sia un'ingiustizia. Vi è stato concesso uno Statuto Speciale e ne avete abusato.
Ebbene, vorrei ricordarvi che il regno di Arnor e Gondor non è un istituto di carità! 
Se volete protezione, dovete pagare>>

A quel punto intervenne Faradas Brandibuck:
<<Questa è tirannia! Mi rivolgo direttamente a Sua Maestà il Re per implorarlo di smentire le gravi parole pronunciate dalla principessa Ancalime! Mio Sire, vi supplico, in nome della memoria di vostro padre...>>

Re Eldarion alzò un mano per farlo tacere:
<<Quando mio padre salì al Trono, la monarchia era vacante da secoli. 
Il regno di Gondor era semidistrutto e quello di Arnor era una landa deserta.

Abbiamo ricostruito le città distrutte e ripopolato le terre abbandonate: tutto ciò aveva un costo.
I cittadini di Gondor lo sapevano e hanno accettato un compromesso: quando sarebbero stati in grado di pagare, avrebbero incominciato a versare tributi per pagare i costi della ricostruzione e quelli per il mantenimento dell'ordine e della difesa. Sapevano che solo una monarchia forte può garantire sicurezza, ordine ed efficienza sia a Gondor che ad Arnor. 
Così è stato anche per chi si è alleato con noi, negli altri territori della Terra di Mezzo che ci hanno giurato fedeltà. In nome della libertà dei popoli, abbiamo riconosciuto che chi non era suddito del re di Arnor e Gondor pagasse di meno. E' stato un gesto di buona volontà.
I vostri nonni ce ne furono grati, i vostri padri non protestarono mai.
La terza generazione tende a dimenticare il perché delle cose e chi non ricorda il passato non può comprendere il presente.
Io vi ho già promesso molto: verificherò caso per caso che i tributi siano equi, lavorerò duramente per voi. Vi chiedo però di non considerare il mio regno e la mia famiglia dei tiranni, poiché mio padre non vi ha mai chiesto di inginocchiarvi, né lo farò io o qualcun altro della mia famiglia.
La Principessa Reale si è espressa con eccessiva severità, ma ha ripetuto un concetto che mio padre disse chiaramente ai vostri nonni: la protezione ha un costo.
E si espresse altrettanto chiaramente sul fatto che la nostra alleanza era una libera scelta, revocabile, ma comunque basata sul rispetto reciproco.
Si è convenuto sul principio di eguaglianza giuridica e sociale senza discriminazioni di razza, pertanto gli Hobbit, i Nani e gli Uomini hanno pari diritti di fronte alla legge del Regno di Arnor e Gondor, di cui  sono cittadini per loro scelta>>

Le parole del Re furono seguite da un cupo silenzio, poi, improvvisamente, Legolas si alzò e prese la parola:
<<Il Re ha ragione. Io c'ero quando furono firmati quei patti. Sono amareggiato per il fatto fatto che la memoria di re Aragorn Elessar sia calpestata dimenticando le fondamenta su cui fu ricostruita l'intera Terra di Mezzo dopo la distruzione di Mordor.

Mio sire Eldarion: io ti ho visto nascere e crescere. Sei come un figlio per me. So che sei un uomo giusto e animato dal senso del dovere e dallo spirito di sacrificio.
Permettimi dunque di rivolgermi a te con tutta franchezza. 
Come puoi tollerare che la rigidità politica di tua sorella si esprima in maniera sprezzante verso i nostri alleati?
La Principessa Reale ha assunto, negli anni della Reggenza, un atteggiamento sprezzante che non aiuta quel principio di unità a cui tu, mio signore, hai giustamente esortato noi tutti a rispettare.
Spero che d'ora in avanti il Re di Arnor e Gondor non le consenta di inasprire ulteriormente i toni, affinché non si dica, nella Contea o nel Mark: "Ecco come Gondor ringrazia i salvatori della patria!">>

Se fosse scoppiato un incendio o un terremoto, l'effetto sarebbe stato meno dirompente.
Un cupo presagio opprimeva il cuore di Eldarion.
Il Male si è nuovamente insinuato tra noi senza che ce ne accorgessimo. 
Legolas aveva ragione, ma lui stesso si era spinto troppo oltre.
Se fosse stato vivo mio padre, non avrebbe osato attaccare Ancalime pubblicamente.
Aragorn aveva sempre agito in perfetta buona fede. Eppure, alla fine, si è lasciato ingannare anche lui.
Qualcuno ha reso ciechi i nostri occhi. Come è potuto accadere? Come siamo giunti a tanto? Chi c'è dietro a tutto questo?

Ricordò lo sguardo d'intesa che c'era stato tra Ancalime e Pallando e si chiese per l'ennesima volta che cosa avessero fatto gli Stregoni Blu durante la Terza Era, quando si trovavano in mezzo agli alleati di Sauron, che ora minacciavano i confini della Terra di Mezzo.

<<Mio caro Legolas, la tua opinione è sempre la benvenuta. D'ora in avanti esigo da tutti, compresi i membri della Famiglia Reale, e quindi entrambe le mie sorelle, un comportamento prudente e un linguaggio equilibrato. 

La Principessa Reale ha un carattere forte e diretto, ma spero che comprenda il ruolo importante che ricopre e soppesi le parole e i toni, prima di esprime la sua legittima opinione.

Mi auguro anche che ci sia comprensione del fatto che Ancalime, avendo servito per anni questo regno al fianco di mio padre, ha particolarmente a cuore determinate questioni che tale peso suscita nel suo animo preoccupazione ed angoscia, da cui deriva una maggiore suscettibilità.

Se questo dovesse diventare un problema, alcune questioni potranno essere affidate a nostra sorella minore, la principessa Silmarien, la cui dolcezza di carattere è più indicata per la diplomazia.

Tenete conto, però, che Silmarien, proprio in virtù della sua giovinezza, ha minore esperienza della Principessa Reale, cioè della più anziana tra tutte le principesse figlie di un re. Il ruolo di Principessa Reale è gravoso e maggiormente lo è stato quando si è aggiunta la funzione di Reggente, da cui ora è esonerata, essendo io nelle piene capacità di regnare.

Forse le mie parole hanno scontentato tutti, e questa è la prova che sono stato equo e senza alcun favoritismo. 

Essere un Re significa anche dover scontentare molte persone in nome dell'equità e delle necessità del regno. Me lo insegnò mio padre. Io non ho il suo carisma né la sua gloria, per questo è doppiamente gravoso il mio dovere. 

Sono un uomo mite e paziente, ma nessuno osi approfittare di queste mie caratteristiche, poiché l'equità e il rispetto della legge esigono che il Re sia anche severo. Spero che nessuno di voi presenti debba mai sperimentare la mia severità.

E lo ripeto per la terza volta: solo se saremo uniti saremo forti e solo se saremo forti saremo liberi!>>

venerdì 7 giugno 2024

La Quarta Era. Capitolo 6. Alatar e Pallando: gli Stregoni Blu



 Dopo la morte di Saruman e la partenza di Gandalf per l'Occidente, la Terra di Mezzo era rimasta quasi del tutto priva della protezione degli Istari, i grandi stregoni che in origine erano spiriti Maiar, secondi solo ai Valar nella gerarchia delle Potenze di Arda.

Certo c'era ancora Radagast il Bruno, nella sua dimora selvaggia di Rhosgobel, a vegliare sulla natura, sugli animali e le piante, ma era necessario che qualcuno lo affiancasse per sovrintendere alla difesa del nuovo reame riunito di Arnor e Gondor, e dei suoi alleati, a Rohan, così come nella Contea o nelle regge sotterranee dei nani.




E così i due Stregoni Blu, Alatar e Pallando, che da più di un'era mancavano dalla Terra di Mezzo, avevano fatto ritorno rispettivamente dai territori di Rhun, a oriente e di Harad, a sud, dove per lunghi anni avevano cercato di contenere e contrastare le influenze di Sauron.
Aragorn, divenuto re Elessar, li aveva accolti con i massimi onori nel Consiglio Reale, dove il loro giudizio era ascoltato con molta attenzione e ponderazione, non priva di un'ombra di sospetto, a causa della loro assenza durante la guerra contro Sauron.






Di loro si sapeva pochissimo e quel poco non era rassicurante: Alatar veniva dall'est e Pallando dal sud. Che rapporti erano intercorsi tra loro e gli Esterling o gli Haradrim, gli uomini dell'est e del sud che si erano alleati con Sauron?

Il nuovo re Eldarion condivideva questi timori, ma aveva comunque mantenuto i due stregoni nei ranghi del Consiglio Reale, su insistenza della sorella Ancalime.
E così, anche nel giorno della prima riunione del Consiglio, a Osgiliath, l'ingresso solenne di Alatar e Pallando fu salutato col massimo rispetto da tutti i presenti.
I due Stregoni Blu, per quando fossero così chiamati per lo stesso colore dominante nel modo di vestire, erano in realtà molto diversi tra loro.



Alatar, che era vissuto a lungo nelle terre dell'est, aveva conservato l'aspetto tipico degli Esterling, nella foggia degli abiti, nel modo di portare i capelli e la barba, e persino nell'accento marcato e nelle espressioni colloquiali. 
Si appoggiava a un bastone sbilenco e pareva fragile, nella sua gibbosità incartapecorita, ma sarebbe stato un grave errore sottovalutarne i poteri.
Pallando, che per secoli aveva dimorato nei ricchi porti degli Haradrim del sud, era enormemente grasso, quasi rotondo, e riccamente vestito.


Aveva un'aria solenne ed il suo bastone assomigliava a quello di Saruman, in splendore e levigatezza. Vestiva in modo sfarzoso, con ricchi paramenti di seta e aveva tutto l'aspetto di un sommo sacerdote.
Era stato considerarlo fin dall'inizio, senza contestazioni, il nuovo capo dell'ordine degli Istari.
Quel giorno gli era stato riservato un posto d'onore al fianco della principessa Ancalime, la quale nutriva per lui una reverenza sconfinata.
Quando si avvicinò al suo seggio, la principessa si alzò e gli baciò l'anello.
Alatar si sedette alla destra della principessa, ma la scena fu contraria, in quanto fu lui a baciare la mano alla principessa, dal che si poteva dedurre chiaramente quale fosse la gerarchia.

Quello scambio di riverenze non passò inosservato.
Legolas, che notava sempre ogni dettaglio, sussurrò nell'orecchio di Gimli:
<<La velocità con cui Pallando e Alatar si sono schierati apertamente dalla parte della Principessa Reale non depone certo a suo favore. 
Per fortuna che Silmarien non si è fatta coinvolgere in queste manovre di potere. Delle tre figlie di Aragorn e Arwen è sempre stata la migliore, l'unica ad aver ereditato l'animo nobile e il carattere generoso dei genitori>>
Gimli ammiccò con aria divertita:
<<Silmarien è sempre stata la luce dei tuoi occhi di elfo! Non provare a negarlo!>>
Legolas sorrise:
<<E perché dovrei negarlo? Silmarien è dolce e gentile, mentre Ancalime è ossessionata dal potere>>
Gimli aggrottò le sopracciglia:
<<La legge parla chiaro: in presenza di un principe maschio, nessuna delle principesse può ereditare il trono. Ancalime è gemella di Eldarion, ma secondo la legge questo non cambia nulla>>
L'elfo si accigliò a sua volta e sospirò:
<<Non so se sia una buona legge. Non vedo la ragione per cui ad una donna dovrebbe essere impedito di regnare. Questo vale anche per gli elfi. Quando Gil-Galad, l'ultimo grande re dei Noldor morì in battaglia, l'unica erede vivente della stirpe reale, di puro sangue elfico, era Galadriel. Eppure la corona le fu negata solo perché non era un maschio. Fu un'ingiustizia e tu converrai con me sul fatto che sarebbe stata una grande regina per tutti noi, e non solo per il popolo di Lorien>>
Il nano gli lanciò un'occhiata scandalizzata:
<<Vorresti forse paragonare Galadriel ad Ancalime?>>
Legolas ripensò a quanto il suo amico era rimasto irretito dalla Signora di Lothlorien:
<<No di certo, ma Ancalime è pronipote di Galadriel e da bambina non era così fredda e dura come adesso. Credo che sia stata l'influenza di Alatar e Pallando ad agire negativamente su di lei>>
Gimli si trovò costretto ad accettare l'obiezione:
<<Ah! Pallando! Quell'ammasso di lardo e presunzione avrebbe una pessima influenza su chiunque! Eppure con la sua astuzia è riuscito a farsi molti seguaci, compreso Aelfwine di Rohan! A volte mi sembra che l'anima dannata di Saruman abbia trovato in Pallando la sua reincarnazione, facendosi spazio tra gli tutti quegli strati di adipe!>>
Legolas sorrise, ma scosse il capo:
<<Non dovresti ridere della sua costituzione fisica. Non tutti sono destinati ad essere uomini d'azione, ma non per questo meritano il dileggio di noi guerrieri. E per dirla tutta, io temo più i tipi magrissimi che quelli panciuti. Alatar magari è più potente, ma non lo dà a vedere, agisce nell'ombra. Pallando è ambizioso, certo, ma non lo nasconde, anzi, lo ostenta davanti a noi. Preferisco chi gioca a carte scoperte>>
Gimli bofonchiò qualcosa di incomprensibile e si limitò a scrollarsi le spalle.

Nel frattempo tutti i membri del Consiglio e delle delegazioni provenienti dai vari regni avevano preso posto e quando il re Eldarion sollevò la mano destra, subito si fece silenzio.
Legolas notò che tutti i consiglieri e i delegati erano piuttosto nervosi e lo stesso sovrano pareva di malumore.
Se il mio intuito non mi inganna, questa assemblea sarà la più turbolenta e tumultuosa dai tempi del Consiglio di Elrond a Gran Burrone. Tutte le tensioni che Aragorn era riuscito a placare per oltre un secolo stanno per esplodere all'unisono.
Gimli pareva avergli letto nel pensiero:
<<Ne vedremo delle belle, oggi, amico mio!>>
Legolas gli rivolse uno sguardo complice di una volta non poté fare a meno di pensare che, finalmente, dopo tanta noia, tornano tempi interessanti.






mercoledì 29 maggio 2024

La Quarta Era. Capitolo 5. La principessa Ancalime, "primogenita" di Aragorn, gemella di Eldarion

 


Dopo la cerimonia di incoronazione del nuovo re Eldarion ed i festeggiamenti che ne erano seguiti, si tenne nella reggia di Osgiliath una riunione del Consiglio Reale a cui presenziarono le delegazioni di tutti i regni della Terra di Mezzo.
Data la numerosità dei partecipanti, l'assemblea si tenne nella Sala del Trono, che era rimasta immutata dai tempi gloriosi in cui Elendil l'Alto, primo re di Arnor e Gondor, l'aveva edificata, a immagine e somiglianza di quella dei sovrani di Numenor, i suoi antenati.
Re Eldarion prese posto finalmente sull'alto Trono dorato di Osgiliath, commissionato ai Nani da suo padre, e pareva simile ai Valar per aspetto e imponenza.





Intorno a lui vi erano i principali componenti della Famiglia Reale: la regina vedova Arwen, in gramaglie, appariva ancora giovane e bellissima, grazie a quella natura elfica che, pur avendovi rinunciato, era difficile da cancellare.




Prima di prendere posto, Arwen si tolse la corona, manifestando così la propria intenzione di rinunciare al suolo di Regina Madre e ad ogni tipo di partecipazione al governo del Regno.

A destra la Principessa Reale (ossia la più anziana delle principesse figlie del sovrano), di nome Ancalime, portava sia una corona che uno scettro, mentre, a sinistra, la principessa Silmarien, appariva invece estranea a quel contesto di esibizione del potere.




Non vi era una regina consorte
, poiché Eldarion, dopo la morte di sua moglie Anduril, principessa dell'Ithilien, non si era più risposato.

Ne faceva le veci la principessa reale Ancalime, a cui era stato dato il nome della prima regina regnante di Numenor.

Ancalime era la gemella di Eldarion, uscita prima di lui dal ventre della madre, e per tale ragione si riteneva "la primogenita" e non nascondeva il fatto di ritenersi la legittima e più meritevole erede del trono dei Reami Uniti di Arnor e Gondor.






Mentre Eldarion, nel suo primo discorso, aveva esaltato la memoria di suo padre Aragorn Elessar, e si era impegnato a seguire il suo esempio per mantenere la pace e la prosperità del regno, la gemella lo aveva osservato con un sorriso ironico e scettico, come per dire che dietro tutta quella scenografia allestita per comunicare sicurezza a tutti coloro che erano convenuti da ogni dove per osservare il nuovo Re, in realtà ci fosse poca sostanza.

Era un giudizio severo, ma del resto Ancalime aveva un carattere molto severo e autoritario. In lei riviveva l'antica ferrea determinazione dei re di Numenor, ma anche la loro arroganza e sete di potere.
la Principessa Reale aveva sposato Faradan, Primo Ministro di Gondor, figlio di Faramir ed Eowyn di Rohan, e da quel matrimonio, peraltro non particolarmente felice, era nato un figlio maschio, Barahir.

Dopo la morte di Faradan, suo figlio Barahir era stato nominato Governatore di Pelargir, la terza città del regno, dopo Osgiliath e Minas Tirith, mentre il seggio scuro che un tempo era stato di Denethor, figlio di Echtelion, fu concesso ad Ancalime da suo padre Elessar, sperando che la carica di Primo Ministro placasse la sua rivendicazione al trono.

La Principessa Reale si era dedicata attivamente e pragmaticamente alla politica e all'amministrazione del Regno, diventando di fatto il vero "Sovrintendente di Gondor" e il popolo aveva imparato a temerne la durezza e l'inflessibilità.
Ora poi che il vecchio re era morto e che la regina Arwen era affranta dal dolore e logorata dal peso degli anni, l'influenza di Ancalime era divenuta ancora più forte.





Quando sul trono sedeva suo padre, Ancalime, pur dandogli la schiena, ne percepiva la potente presenza, cosa che invece non accadeva con il nuovo re.
Eldarion è troppo tormentato e dubbioso per reggere il governo con mano ferma. Pensava Ancalime. Per mantenere unito il regno è necessario il pugno di ferro.
A questo pensava la Principessa Reale, mentre prendeva posto sul suo seggio alla base della scalinata che conduceva al trono.

La cosa non piaceva affatto ai figli di Eldarion, ossia all'erede al trono, Vardamir, Principe dell'Ithilien, che a Minas Ithil cingeva una corona d'oro e si atteggiava a sovrano, e al secondogenito Valandil, Principe di Dol Amroth, che impugnava uno spadone virilmente fallico, lungo e alto quasi quanto lui e forse ancora più pesante. 




Anche lui sedeva su un trono, quello di legno levigato dal mare, che era stato di suo nonno materno Imrahil, padre della defunta principessa Anduril, che non era riuscita a vivere abbastanza per diventare Regina consorte.

In una Famiglia Reale così ambiziosa e divisa, che tanto differiva da ciò che Aragorn ed Arwen avevano sperato ai tempi del loro matrimonio, era una fortuna che la sorella minore del Re, la principessa Silmarien, si distinguesse per la propria imparzialità.
La Principessa Reale, sua sorella maggiore, ne era compiaciuta:
Fortunantamente la mia sorellina non ha mai mostrato interesse per gli affari di governo. Preferisce i vestiti e i gioielli e la cura della propria bellezza. Tanto meglio per lei e per tutti noi.





L'unica cosa che Silmarien aveva chiesto alla sorella maggiore era di non essere costretta a sposare qualcuno per motivi politici.
Una scelta che ho approvato, dal momento che ci evita il rischio di ulteriori parenti altolocati con pretese di potere.
Quel pensiero fece volgere immediatamente lo sguardo di Ancalime verso i figli di Eldarion.
Dovrò inventarmi qualcosa per tenere a bada la loro ambizione.

Ma non erano solo le questioni interne alla famiglia reale a preoccupare la principessa.
Ora che mio padre è morto, tutti gli avvoltoi che hanno roteato intorno al Trono per anni, ci si getteranno addosso. I nemici non esiteranno a colpire.
Il vero problema in quel momento era riuscire a distinguere gli amici dai nemici e riconoscere coloro che sarebbero rimasti neutrali.
E poi c'è la presenza ingombrante degli amici di mio padre. 
Il parere di Legolas e Gimli è molto ascoltato nel Consiglio, ed Eldarion si farà influenzare dal loro giudizio. 
Del resto, chi mai era riuscito a resistere al fascino di Legolas e alla sua destrezza?

Be', caro Legolas, ho una notizia per te. Potrai anche affascinare mia madre e mia sorella, ed essere influente presso mio fratello, ma la principessa reale Ancalime non si farà incantare dai tuoi occhi di elfo o dalla tua destrezza con le armi!




Forse un tempo, quando era giovane, sarebbe stata più sensibile al fascino del figlio di Thranduil, ma ormai erano passati troppi anni ed Ancalime aveva incanalato ogni suo desiderio verso il potere.
Aveva assistito pazientemente ad un numero incalcolabile di riunioni del Consiglio, a tante discussioni, a troppe sconfitte e a poche vittorie inutili.
Presto la mia voce si farà sentire. Prima però devo fare in modo che Legolas e Gimli partano per Valinor. Fintanto che ci saranno loro di fianco ad Eldarion, i miei piani non potranno avere successo. 

Aveva atteso tanto a lungo quel momento.
Anche colei da cui prendo il nome dovette sottostare per lungo tempo al mutevole umore del padre e dei familiari, ma quando prese lo scettro, divenne la più  potente delle regine: Tar-Ancalime, il cui nome ancor oggi è ricordato con timore e reverenza in tutti i regni di Arda!
Che ironia, la donna il cui nome significava "Splendore" in alto elfico quenya, divenne una sovrana cupa e tenebrosa, che amava circondarsi di gatti neri, tranne l'unico bianco che teneva sulle ginocchia.
Tale era il potere dei nomi: essere un presagio, oppure una negazione del loro stesso significato.

Per il suo gemello era stato un presagio.
Eldarion significa "figlio degli Elfi", e assomiglia a loro molto più che agli uomini. Ha scelto di essere umano perché nostro padre voleva che lui fosse il suo erede, e quello è stato l'inizio di tutti i guai.



Ancalime era stata la prima ad accorgersi che il suo gemello avrebbe dovuto scegliere la razza elfica, e partire con gli Elfi verso il Reame Beato, lasciando a lei il ruolo di erede al trono.
Eldarion è un poeta, un menestrello, suona l'arpa, canta gli antichi Lai del Beleriand, ma più di tutti ama la Caduta di Gil-Galad.
La Principessa Reale ricordava ancora il giorno in cui suo fratello aveva suonato l'arpa e cantato di fronte al Re e alla Regina, e a tutta la corte, la Caduta di Gil-Galad.

Le sembrava ieri, quella sera in cui Eldarion, da ragazzo, con voce intrisa di nostalgia insanabile aveva intonato l'incipit:
"Gil-Galad sugli Elfi solea regnare / quando i giorni erano giovani e belli. / Ora tristi cantano i menestrelli / del suo regno perduto tra i monti e il mare"
Erano bastati quei primi quattro versi cantati in modo così sublime e malinconico per commuovere tutti, persino i più duri, persino lei, Ancalime, che non aveva versato lacrime nemmeno nell'infanzia.
Il Re e la Regina lo ascoltavano incantati e con le lacrime agli occhi, perché sapevano che  A udirlo suonare la sua arpa dalle corde d’argento, a udirlo cantare di crepuscoli, lacrime, e morti di re, era impossibile non percepire che era di se stesso che stava cantando, e di coloro che amava.











Aragorn ed Arwen rivedevano il lui tutta la loro stirpe: Elrond Mezzelfo, Earendil, Elwing, Turgon, Fingon, dama Galadriel, Celebrian sua figlia e lo stesso Gil-Galad. Ognuno di loro aveva compiuto un sacrificio, per alcuni era stata la morte, per altri era la perdita dei propri cari, la rinuncia a tutto ciò che possedevano e infine, persino nella vittoria, la via dell'esilio.
Il canto di Eldarion avrebbe commosso persino le pietre, come quello di Finrod Felagund. Con la sua voce ci teneva in pugno tutti. Ma soltanto io, dopo, mi resi conto che essere un eccellente menestrello non lo avrebbe necessariamente reso un grande Re, e nemmeno un bravo governante.
Un giorno Ancalime aveva trovato il coraggio e aveva detto al fratello ciò che pensava e lui, spiazzandola, le aveva risposto: "Vorrei che tu avessi ragione, perché non è mio desiderio regnare. Eppure io credo che se nel cuore di un Re alberga un sentimento di pietà, allora eviterà al suo popolo le inutili sofferenze che i sovrani vanagloriosi impongono ai sudditi in nome della propria presunzione".

Era una frecciata rivolta a lei, Ancalime l'aveva capito subito e gli aveva risposto con spietata sincerità:
"La tua pietà non servirà a nulla, quando l'Ombra ritornerà, perché tu sai bene quanto me che l'Ombra ritorna sempre e che il nostro destino, pur costellato di vittorie, altro non è che una lunga sconfitta, come ebbe a dire dama Galadriel".
Eldarion lo sapeva, perché anche lui aveva accesso alla memoria elfica, che riportava alla luce vaghi ricordi dei suoi antenati, e quindi anche di dama Galadriel, che era sua bisnonna, in quanto sua figlia Celebrian aveva sposato Elrond Mezzelfo e dato alla luce Arwen Undomiel.
"Prima della caduta di Nargothrond o Gondolin valicai le montagne, e insieme attraverso le ere del mondo abbiamo lottato contro la lunga sconfitta".
Aveva pronunciato quelle parole come se si fosse trovato lì, quando la bisavola le aveva dette a Frodo Baggins e lui le aveva riportate nel Libro Rosso dei Confini Occidentali.
Ancalime aveva sentito un brivido scorrerle lungo la schiena, come sempre quando lei e il gemello scavavano troppo in profondità nelle memorie ancestrali.
"Dovremo lottare ancora, ma tu non sei un guerriero, Eldarion. Cercheresti la pace ad ogni costo e ti ritroveresti il nemico in casa".
Eldarion allora, con autentico dolore, le rispose in un modo che la lasciò senza parole, per l'unica volta nella sua vita:
"Il nemico è già in casa. Si annida nella tua sete di potere, un potere che ti lascerei ben volentieri se tu non fossi vittima della tua stessa ambizione"
Ancalime non poteva negarlo, e temeva che suo fratello potesse aver intuito altre cose che non dovevano essere dette.
Gli Stregoni Blu... loro hanno sempre sostenuto la mia rivendicazione al trono, ma ci si può fidare di loro?
Alatar e Pallando erano giunti dall'Est e dal Sud, inaspettati e misteriosi e il re Elessar diffidava di loro, e la regina Arwen ancor di più.
Hanno trovato accoglienza solo presso di me, e credo che se lo aspettassero. Non ho mai pensato, e non lo penso tutt'ora, che siano malvagi. Eppure un dubbio mi perseguita sempre: "E se mi sbagliassi?".