Gli Agìadi furono una dinastia di re di Sparta, il cui eponimo fu Agide I, figlio di Euristene. Questa casa reale governò sulla città di Sparta fin dai tempi di Licurgo, assieme all'altra stirpe degli Euripontidi. Secondo Erodoto, le due dinastie regnanti discendevano direttamente da Eracle, tramite Ilio ed Aristodemo, padre di Euristene e Procle, i due gemelli primi re di Sparta.
Dall'incoronazione del re
Cleomene I avvenuta nel 520 a.C. fino al 370 circa a.C. la famiglia dei re Agiadi avrà un ruolo determinante nella storia spartana, ruolo che spesso prevaricherà quello dell'altro re
euripontide e spesso anche quello degli
efori. Guardando le complesse vicende e gli atteggiamenti politici di questa famiglia reale si rivela un dinamismo nella storia spartana che contrasta con l'idea di Sparta come di un sistema politico rigidamente regolato e statico. Vi furono in realtà anche a Sparta tentativi importanti di riforma e di mutamento. Vi furono anche a Sparta e fra gli uomini più potenti personaggi che potremmo definire "atipici" per l'idea che oggi noi abbiamo della situazione sociale di quella città nel periodo che va dalle guerre persiane allo scontro con Tebe.
Cleomene I era figlio della seconda moglie del re
Anassandrida II ed aveva come fratellastri
Dorieo,
Leonida I e
Clembroto (il padre di Pausania). Per le vicende della vita di questi quattro fratelli si rimanda alle pagine loro dedicate, qui basti ricordare alcuni punti salienti.
Cleomene I regnò a Sparta per 30 anni, fino al 490 a.C., fu il re che sconfisse duramente gli argivi nel 510 a.C. e poi definitivamente nella
battaglia di Sepia nel 494. Facendo eleggere come
efori parenti ed amici conquistò progressivamente a Sparta una tale autorità da offuscare gradatamente quella dell'altro
re/diarca della famiglia degli
Euripontidi. Riuscì persino a provocare la destituzione dell'europontide
Demarato quando questi provò a contrastarlo. Fu l'inspiratore di una politica spartana di intervento anche al di fuori del Peloponneso (la classica zona di azione spartana) e della Grecia.
L'obbiettivo era quello di provocare la caduta delle tirannidi in varie città greche sostituendole con governi oligarchici vicini a Sparta. In questa strategia politica fu coinvolto anche il fratellastro Dorieo, valoroso condottiero, che fu inviato a
Cirene poi a
Sibari ed infine in Sicilia dove morì combattendo contro i Cartaginesi nel 510 a.C. Sempre in linea con questa politica si spiega nel 510 l'intervento ad
Atene per provocare la caduta del tiranno
Ippia. I risultati però furono scarsi: Cirene fu conquistata da cartaginesi, Sibari venne distrutta da
Crotone ed infine ad Atene si instaurò non un governo oligarchico ma una democrazia ostile a Sparta (Cleomene tentò persino di reinsediare Ippia). Cleomene fu il re spartano che nel 499 a.C. rifiutò l'aiuto alle colonie ioniche ribelli ai Persiani ma che poi rifiutò anche di fare atto di sottomissione agli ambasciatori del re persiano
Dario I. Morì forse suicida e forse divenuto pazzo nel 490 a.C. ed essendo già defunto anche il più grande dei fratellastri Dorieo, divenne re agiade di Sparta
Leonida I che morirà eroicamente dieci anni dopo nella battaglia delle Termopili.
Essendo il di lui figlio
Plistarco ancora troppo giovane per governare, la reggenza fu assunta dal cugino
Pausania figlio del più giovane dei quattro fratellastri Clembroto. Pausania fu un valoroso condottiero, fu il generale spartano della
vittoria di Platea, dell'assedio di Tebe e l'ammiraglio della flotta confederata nella liberazione di Cipro e Bisanzio. Anche Pausania aveva un carattere autoritario simile a quello dello zio Cleomene I e come questi l'idea di fare di Sparta una potenza mediterranea e non solo limitata al Peloponneso. Questi atteggiamenti ed idee suscitarono l'ostilità degli alleati ateniesi e il sospetto dei suoi concittadini. Venne processato ed accusato per tradimento con false prove
[1] e condannato a morte nel 471 a.C.
Dopo la morte di Pausania, il re
Plistarco, non più fanciullo ma ancora ragazzo, governò direttamente fino al 458 a.C.
Leotichida governava dal 491 a.C. ed era stato uno degli eroi della seconda guerra persiana e quindi godeva di grande prestigio, il suo allontanamento, dopo la condanna di Pausania contribuì a rafforzare ulteriormente il potere degli efori tanto più che gli succedette il nipote (il figlio Zeuxidamo era morto)
Archidamo II ancora giovinetto come lo era l'altro diarca l'Agide Plistarco.
Nel 458 a.C. muore il Plistarco (senza discendenti maschi) e diviene re agiade il figlio di Pausania
Plistonatte (o Plistoanatte) anch'egli ancora fanciullo e quindi la reggenza passa nelle mani del generale
Nicomede (figlio di Clembroto e fratello di Pausania)
[3] che sarà il condottiero spartano nella battaglia di
Tanagra ed
Battaglia di Enofita. La storia di Plistonatte evidenzia il forte controllo ed interferenza del consiglio degli efori sulla vita di questa famiglia reale un tempo potente. Divenuto finalmente re nel 447 a.C. conduce un'invasione dell'
Attica per appoggiare la rivolta della
Beozia contro
Atene, ma al ritorno in Attica dello stratega ateniese
Pericle, si ritira immediatamente, lasciando libero l'esercito ateniese di sedare la rivolta
[4]. Per questo motivo verrà accusato di tradimento e deposto
[5], diverrà re Agiade suo figlio
Pausania, nipote di Pausania. Anch'egli era troppo giovane per governare e la reggenza fu assunta dal generale Cleomene (fratello di suo padre)
[6] che sarà il generale che comanderà le truppe peloponnesiache affidate agli agiadi nella prima parte della guerra del Peloponneso. Pausania sarà il sovrano agiade della prima fase della
guerra del Peloponneso, fino al 426 a.C. quando, anch'egli caduto in disgrazia, verrà deposto ed il trono restituito al padre Plistonatte che regnerà fino alla morte nel 408 a.C. Gli succederà di nuovo il figlio Pausania II fino al 395 a.C. quando fu condannato e deposto per non essere riuscito a congiungere le su truppe con quelle di
Lisandro.
Durante il congresso della lega del Peloponneso del 432 a.C. prenderà la parola solo il re europontide Archidamo II, l'agiade Pausania è ancora troppo giovane. Archidamo II pronuncerà un discorso molto assennato contrario ad un'entrata precipitosa in guerra senza adeguata preparazione contro un nemico così potente ed organizzato (che richiedeva strategie nuove di guerra per essere battuto) e riportato da Tucidide
[7], basteranno però poche battute di contestazione dell'eforo Stenelada per convincere l'assemblea all'entrata in guerra
[8]. Questo a dimostrare ulteriormente il potere degli efori nella Sparta di questo periodo. Alla morte del re europontide Archidamo II nel 427 a.C., con la salita al trono del suo figlio
Agide II anche l'altra famiglia reale spartana riduce ulteriormente la sua influenza e nella seconda metà della prima parte della
guerra del Peloponneso la strategia dell'esercito peloponnesiaco sarà nelle mani dal generale
Brasida, che sposterà il teatro delle operazioni dall'
Attica in
Tracia, cioè da dove
Atene riceveva i rifornimenti di cereali. Questa strategia riprendeva le idee di Cleomene I e di Pausania ed è significativo che vengano riproposte da un generale non appartenente alla famiglia agiade.
[9]
Albero genealogico
Affermavano di provenire dalla stirpe di
Procle, figlio di
Aristodemo e quindi di essere discendenti diretti di
Eracle. Loro
eponimo fu
Euriponte, nipote di Procle e quindi sesto discendente di Eracle. Tuttavia esistono differenti versioni relative alla descrizione della discendenza di Eracle. Quella indicata da
Erodoto riporta il seguente ordine: Procle, Euriponte, Pritani, Polidecte, Eunomo, Carillo o Carilao, Nicandro, Teopompo, Anassandrida, Archidamo, Anassilao, Leotichida, Ippocratida, Agesilao, Menare, Leotichida. Quella proposta da
Pausania indica la seguente successione: Teopompo, Archidamo (premorto al padre), Zeussidamo, Anassidamo, Archidamo I, Ippocratida, Agasicle, Menare, Leotichida.
Albero genealogico
Note
- ^ Tucidide, I, 132.
- ^ Erodoto VI,72 "Leotichida guidò l'esercito spartano in Tessaglia e pur potendo invadere tutta la regione si lasciò corrompere da molto denaro. Colto in flagrante, nell'accampamento stesso, con le mani piene di denaro, fu processato, fuggì da Sparta e la sua casa fu distrutta. Morì esule a Tegea"
- ^ Tucidide, I, 107.
- ^ Tucidide, I, 114.
- ^ Tucidide, II, 21.
- ^ Tucidide, III, 26.
- ^ Tucidide, I, 79-85.
- ^ Tucidide, I, 86.
- ^ Luisa Prandi, Sintonia e distonia fra Brasida e Sparta in Contro le "leggi immutabili": gli Spartani fra tradizione e innovazione Di Cinzia Bearzot, Vita e Pensiero editore.
Bibliografia
- Fonti primarie