venerdì 5 maggio 2017

Satira e caricature

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Safe zone, no fly zone, de-escalation zones in Siria secondo gli accordi di Astana



Nel vertice di Astana del 3 maggio 2017, il presidente russo Putin e quello turco Erdogan hanno concordato, con il consenso del presidente siriano Assad, nel presentare agli Stati Uniti una proposta di suddivisione della Siria in zone di influenza, che dovrebbero diventare, nel contempo, anche zone di sicurezza per la popolazione civile, interdette al volo degli aerei militari, dove poter accogliere i profughi delle zone dove ancora si combatte, soprattutto quelle ancora in mano all'Isis.
Le de-escalation zones proposti dai Russi sono le zone in blu, corrispondenti alle zone di Idlib, Hama, Homs, Est Ghouta /Damasco e Siria del Sud/Daraa,

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Di questo parleranno Trump ed Erdogan nell'incontro previsto per metà maggio a Washington.
Sul tavolo ci sarà anche la questione dei Curdi siriani, che sono alleati degli USA e stanno dando un contributo fondamentale nella lotta all'Isis. Si spera quindi che Trump non abbandoni l'alleato curdo, ma si limiti a promettere ad Erdogan di impedire inflitrazioni del Pkk nel Rojava e viceversa.
La pace è ancora lontana, ma forse si può incominciare a sperare che il buon senso prevalga di fronte agli estremismi delle varie parti in causa.

Mappa delle rotte aeree per evitare le zone di guerra

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Voto del referendum turco per l'aumento di poteri di Erdogan

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Mappa della Federazione Socialista Balcanica come l'aveva immaginata Tito

Mappa dell'Impero Bizantino e del Califfato Abbaside

Mappa alternativa separatista dell'Europa Occidentale

A New, Peaceful Western Europe

L'Europa celtica

Mappa dell'energia nucleare in Europa

mappe, mappa d'europa in verde e blu

Mappa del tasso medio di disoccupazione in Europa

Average unemployment rate in EU (2016)

Mappa dei cantanti preferiti nei vari stati degli USA

The most popular artist in each U.S. state

Mappa dei generi musicali preferiti negli USA

The most favorite music genre

Vite quasi parallele. Capitolo 64. Il Canale Emiliano Romagnolo arriva a Casemurate

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Nell'estate del 1983, mentre dalle radio imperversava Vamos a la playa dei Righeira, i lavori di scavo del Canale Emiliano Romagnolo (soprannominato CER) raggiunsero il Feudo Orsini di Casemurate.
Il Consorzio di Bonifica della Romagna Centrale aveva da anni commissionato i lavori all'Azienda Escavatrice e Idraulica Fratelli Monterovere, imparentata con gli stessi Orsini tramite il matrimonio di Francesco Monterovere con Silvia Ricci-Orsini.
Non c'è dunque da meravigliarsi se Riccardo, il figlio nato da quel matrimonio, avesse sviluppato una perversa passione per i fiumi e i canali, compresi i più piccoli fossi di drenaggio o di irrigazione.
In particolare gli sembrava straordinario il fatto che il CER riuscisse a passare sotto i fiumi per mezzo di strutture dette sifoni.
Il CER era stato concepito fin dall'inizio come un canale di irrigazione che, diramandosi dal Cavo Napoleonico a sud di Bondeno, presso Sant'Agostino, portasse le acque del Po fino alla pianura romagnola, che in estate soffriva periodi di vera e propria siccità, e sfociasse infine nel torrente Uso, poco prima di Rimini.



Riccardo ricordava bene gli anni in cui il CER era in costruzione e lui poteva percorrere il suo letto ancora vuoto a piedi e andare persino a visitare i sifoni nel loro interno.
Tutto questo gli era possibile perché sua zia Enrichetta Monterovere dirigeva i lavori con il pugno di ferro, anticipando sia nell'immagine che nei modi il dispotismo di Angela Merkel sull'Unione Europea.
Nelle pause tra un cantiere e l'altro, Enrichetta era ospitata a Villa Orsini, dai parenti di suo fratello Francesco.
Osservava tutto con l'aria di chi tenti di valutare il prezzo di ogni cosa.
<<Il Feudo Orsini è molto famoso>> concedeva Enrichetta <<ma la mia proprietà agricola di Casal Borsetti è molto più ampia>>
Ettore Ricci, che non voleva essere secondo a nessuno, ribatteva punto su punto:
<<Quella terra è salata. Non vale niente>>
Enrichetta, che era già minacciosa quando era calma, diventava una furia quando le prendevano quelli che lei chiamava "i cinque minuti" e che Ettore soprannominava sprezzantemente "una botta di faentino":
<<Dopo la bonifica del Canale in Destra di Reno, che l'Azienda Monterovere ha contribuito a realizzare, il valore di quei terreni è decuplicato. E' stato un grande affare!>>
Anche ad Ettore saltò "la mosca al naso":
<<Non ci cresceranno neanche i cactus.
Signora Monterovere, lei doveva investire i suoi soldi in altro modo. Se mi avesse chiesto consiglio, io sarei stato ben felice...>>
Lei divenne paonazza dalla rabbia:
<<Sciocchezze! Vedrà che le mie terre produrranno le migliori barbabietole da zucchero della regione. L'Eridania verrà in ginocchio da me! Raul Gardini in persona mi pregherà di mettermi in società con lui! Tutte le aziende di Ravenna si consorzieranno con la mia impresa>>
A quel punto Ettore giocava il suo poker d'assi:
<<Se dovessero farlo, sarà solo per motivi politici. Nascerà l'ennesima cooperativa rossa patrocinata da quel suo zio comunista, l' "onorevole" Tommaso Monterovere>>
Enrichetta non spendeva neanche una mezza parola per smentire quell'ovvietà, ma anzi la usava a suo vantaggio:
<<Siamo in Romagna: questa terra è rossa. Converrebbe anche a lei, signor Ricci, aderire al Partito. Chi non è comunista, in questa regione, non lavorerà più, non farà più affari, non farà più niente!>>
Ettore sapeva che era vero:
<<Non posso certo negarlo. Lei però deve ammettere che ai dirigenti del suo Partito, in fondo, dei lavoratori non gliene frega nulla. A loro interessa solo il potere
Certo, ancora non siete al governo, a Roma, ma siete al potere ovunque nella società, nei comuni, nelle province, nelle regioni, nelle scuole, nei giornali, nelle università, nelle cooperative, nella magistratura.
Voi non solo siete al potere: voi siete il potere>>
Enrichetta Monterovere ne era pienamente consapevole:
<<Lei è un uomo perspicace, signor Ricci, e ci è arrivato da solo. Ha capito perfettamente la situazione. Passi dalla nostra parte e il suo potere aumenterà. Le nostre famiglie sono già imparentate.  Mio fratello è suo genero: mio nipote Riccardo è anche suo nipote. Un giorno potrebbe guidare entrambe le nostre imprese.
Si lasci alle spalle il passato e guardi verso di noi, perché noi siamo il futuro>>
Ettore Ricci stupì se stesso nel sentirsi pronunciare una frase coraggiosa:
<<Ho dei doveri di lealtà nei confronti dei miei alleati storici. Si tratta di una questione di fiducia, persino di amicizia. Ci sono vincoli profondi, spirituali. 
Non c'è solo la politica, a questo mondo>>
Enrichetta Monterovere scosse il capo:
<<Ed è qui che si sbaglia, signor Ricci, perché nel nostro ambiente, ai nostri livelli, c'è solo la politica. E si tratta di una politica pragmatica, senza vincoli ideologici.
L'ideologia è soltanto una formula che noi dell'Elite usiamo per naturalizzare agli occhi delle masse l'assoluta arbitrarietà del nostro potere. E la cosa più bella è che la maggioranza ci crede>>
Ettore Ricci si rese conto che colei che aveva davanti lo superava di gran lunga in fatto di cinismo e di spregiudicatezza:
<<E pensare che dicevano che il cattivo ero io>>
Si sentì improvvisamente vecchio e stanco, e per la prima volta in vita sua, ebbe paura.
Cosa sarebbe rimasto dell'Ancien Regime, ora che l'ondata rossa stava per dilagare sul Feudo Orsini?
Ettore guardò il Canale, che come un intruso si insinuava nelle sue terre, e per un istante gli parve che le sue acque, nell'ora del tramonto, assumessero il colore del sangue.

giovedì 4 maggio 2017

Vite quasi parallele. Capitolo 63. Il fallimento del Banco Ambrosiano travolge i fratelli di Ettore Ricci

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La "Bancaccia" Rurale Romagnola era controllata dal Banco Ambrosiano, che navigava in pessime acque da molti anni, tanto da indurre Ettore Ricci a vendere tutte le sue azioni e spostare tutti i suoi risparmi presso altri istituti.
Aveva persino fatto trasferire altrove il nipote Goffredo Papisco, che era finalmente diventato direttore di filiale in una sede della Cassa dei Risparmi di Carpinello.
Ettore aveva anche cercato, inutilmente, di convincere i fratelli Aristide e Alberico a seguire il suo esempio:
<<Dovete spostare subito i vostri capitali. I miei informatori mi dicono che il fallimento del Banco Ambrosiano è ormai inevitabile>>
Aristide, però si era intestardito:
<<Senti Ettore, se permetti, io ho informatori più affidabili. Mio genero, il Senatore Leandri, ha garantito che Calvi può contare sull'appoggio dello Ior, ed è stato lo stesso monsignor Marcinkus a esprimere la massima disponibilità. E poi naturalmente c'è la garanzia da parte di Sindona, e di tutti i pezzi grossi che sono in contatto con lui. 
Per questo io non solo non vendo, ma ho deciso di comprare molte azioni del Banco, che adesso sono sottovalutate, ma presto varranno il doppio>>
Ettore aveva perso la pazienza:
<<E' una follia, anzi, peggio, è una stupidaggine! Se tu non fossi un mio socio in affari, potrei anche infischiarmene della sorte dei tuoi soldi, ma purtroppo non è così. Per questo ti dico che non devi fidarti di gente come Calvi, Marcinkus e Sindona: sono troppo compromessi con la mafia, con la massoneria e con chissà quali altre magagne>>
Aristide insisteva:
<<Ma il Senatore Leandri mi ha detto...>>
<<E falla finita con quell'idiota di Leandri! E' solo capace di darsi delle arie da grand'uomo, ma in realtà non conta un ca...>>
<<Non ti permetto di permetto di parlare così di mio genero! La tua è solo invidia, perché le tue figlie non hanno sposato uomini importanti!>>
Ettore prese Aristide per il bavero della camicia:
<<Lascia stare le mie figlie! E non azzardarti a tornare qui a battere cassa quando finirai con le pezze al culo!>>
<<Staremo a vedere, Ettore, chi rimarrà con le pezze al culo! Io diventerò più ricco di te!>>
Detto questo, Aristide Ricci si spolverò le spalle della giacca e se ne andò con aria oltraggiata, sbattendo la porta.
<<E tu, Alberico, da che parte stai?>>
Il terzo fratello Ricci, perennemente confuso, non voleva far dispiacere a nessuno degli altri due:
<<Be', senti, Ettore, io porterò via un po' di obbligazioni>>
<<Obbligazioni? Non ti basterebbero per campare un anno, se il Banco fallisse! Devi vendere tutto!>>
<<Be', io, ecco... ci penserò>>
<<Pensaci in fretta, Alberico, perché se poi rimarrai anche tu col cerino in mano, non sarò certo io a tirarti fuori le castagne dal fuoco. Intesi?>>
Alberico annuì, poco convinto, e se ne andò ciondolando, in ciabatte.
Ettore si rivolse allora a sua sorella Adriana:
<<Ma cos'ho fatto di male per avere come fratelli due coglioni del genere?>>
<<Il guaio di noi Ricci è che manchiamo di moderazione, come nostra madre ci faceva spesso notare>>
<<Nostra madre, mia cara sorella, diceva anche che ci vuole moderazione in tutto, compresa la moderazione stessa. E quando si ha a che fare con Aristide e Alberico, ogni moderazione diventa un eccesso>>
Aveva ragione nel giudicare così i suoi fratelli e i fatti lo dimostrarono.
Il "castello di carte" dell'Ambrosiano crollò alla fine del 1981 con la scoperta della loggia P2 che lo proteggeva
Ettore Ricci lo annunciò al resto della famiglia nel Salotto Liberty:
<<Mentre voi stavate a guardare il matrimonio di Carlo d'Inghilterra, che tra l'altro ha avuto la pessima idea di sposare una donna che si chiama come mia moglie, io seguivo la politica e la finanza! Queste sono le cose che contano!>>
Diana aveva colto solo la prima parte del discorso:
<<E' Diana Spencer ad aver fatto il più grande errore della sua vita>>
La contessa madre Emilia, col un bicchiere di Porto in mano, cercò di fare da paciere:
<<A ciascuno il suo. A noi donne le cose frivole e a voi uomini le cose noiose>>
Ettore, rivolto ai nipoti, dichiarò:
<<Fabrizio, Alessio e Riccardo, tenete bene a mente la morale di questa storia: chi non è sempre perfettamente informato riguardo alla politica e alla finanza, alla fine resta con le pive nel sacco>>
Avrebbe usato una terminologia più fiorita, se non si fosse rivolto a dei bambini.
In ogni caso, la Grande Storia si abbatté sulla Piccola Storia di Casemurate come un uragano.
 Il 18 giugno 1982 il presidente Roberto Calvi venne ritrovato impiccato sotto un ponte di Londra.
Quattro giorni dopo la misteriosa morte del banchiere, il ministro del Tesoro Beniamino Andreatta, su proposta della Banca d'Italia allora guidata da Carlo Azeglio Ciampi, dispose lo scioglimento degli organi amministrativi dell'istituto. Sul Banco gravava un buco finanziario di 1.200 miliardi di lire.
Il 6 agosto 1982 il  Banco Ambrosiano venne messo in liquidazione
Per quanto la previsione di Ettore Ricci fosse stata precisa, quest'ultimo non ebbe motivo di rallegrarsene, perché comunque, con la rovina dei suoi fratelli, che erano anche suoi soci, la famiglia Ricci ne usciva danneggiata sia nel patrimonio che nel buon nome.
Il 14 agosto 1982, dopo alcuni giorni di disperata ricerca di creditori, Aristide Ricci si sparò un colpo alla tempia, ponendo fine alla sua vita.
Alberico fuggì all'estero con i pochi soldi che gli rimanevano, per evitare l'umiliazione di assistere al pignoramento di tutti i suoi beni.
Si cercò di mettere a tacere lo scandalo, ma la gente continuò a parlarne per anni.
Ettore Ricci manteneva il timone di una nave che stava perdendo i pezzi.
Due soci importanti erano venuti meno, e i loro capitali avevano lasciato un enorme deficit di bilancio.
Pur non avendo subito perdite dirette, Ettore Ricci usciva comunque fortemente indebolito da quella vicenda.
Non diede comunque a nessuno la soddisfazione di vederlo inquieto o rattristato. Rimase quello di sempre e confidò a suo nipote Riccardo:
<<Se c'è una lezione che Diana mi ha insegnato è quella di saper perdere con eleganza>>
Molti avvoltoi gli giravano intorno, e branchi di lupi.
E a questo proposito c'era un altro insegnamento da impartire al suo nipote ed erede:
<<In una lotta tra lupi non vince il più grosso, ma quello più affamato>>




mercoledì 3 maggio 2017

Vite quasi parallele. Capitolo 62. Com'era verde la mia valle

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Ettore Ricci, a settant'anni suonati, si divertiva ancora a fare scherzi alla moglie e alla suocera. Per esempio, quando alla sera guardavano la televisione nella Salotto Liberty, lui si alzava e poi, con uno scatto furtivo, spegneva il televisore e si dileguava, lasciando le due donne attonite nel buio.
Diana tirava un cuscino di seta nella sua direzione e poi, rivolta alla madre novantacinquenne:
<<Non dimenticare, mamma, che sei stata tu a volere che lo sposassi>>
La contessa vedova Emilia, il cui tasso alcolico nelle vene, a quell'ora tarda, era particolarmente elevato, si limitava a qualche vaga espressione che poteva significare tutto e il contrario di tutto.
Altre volte aggiungeva una risposta destinata a rimanere nella memoria dei presenti:
<<Lo so, figlia mia. Averti indotta sposare Ettore è stata una cosa imperdonabile, ma volte bisogna fare cose imperdonabili per sopravvivere>>
Diana, che non aveva mai esitato a definire la vita "una fregatura", si chiedeva spesso:
<<E ne è valsa la pena? Nei miei settant'anni di vita ho imparato che una gloriosa sconfitta è meglio di una vittoria deludente>>
La contessa vedova cercava allora di controbilanciare il discorso:
<<Forse non ti importerà il giudizio della tua vecchia madre novantacinquenne, ma il tuo sacrificio ha permesso alla nostra famiglia di ritrovare il benessere di un tempo, e questa è una vittoria gloriosa, di cui tutti ti rendono merito.
E i nostri discendenti, guardando le nostre fotografie, ci ringrazieranno per aver garantito loro di crescere in una grande famiglia>>

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<<Non lo so>> rispose Diana a sua madre <<Dietro ai miei sorrisi e allo sfarzo della casa Orsini, c'è una storia di guerre, di lutti, di lacrime e di cuori infranti
Valeva la pena pagare un prezzo così alto? Non sono ancora in grado di darmi una risposta e
a volte mi chiedo, mamma, se tu provi i miei stessi sensi di colpa nei confronti di Isabella e di Augusto. A volte io faccio fatica a convivere con me stessa, per aver fatto finta di non vedere. E tu? Tu ci riesci?>>
L'anziana matriarca rispose:
<<Non lo so, ma questo è un mio fardello, e mio soltanto.  
Tu non ne hai colpa.
Tu devi pensare al presente, Diana, e devi ammettere che senza Ettore questa casa diventerebbe un mortorio
Io ho novantacinque anni e mi resta poco filo da tessere, ma tu incominci solo ora a inoltrarti nella vecchiaia, e credimi, è meglio affrontare questa età avendo ancora a fianco il proprio sposo.
Potrà avere tutti i difetti di questo mondo, ma fintanto che ci sarà lui, tu ti sentirai al sicuro.
Ricordati di ciò che sto per dirti.
Sarà sempre meglio avere lui al tuo fianco, piuttosto che vedere questa grande casa riempirsi di vuoto>>
Diana non era d'accordo:
<<Io non sono al fianco di nessuno: un cerchio non ha fianchi. E a riempire il vuoto di questa casa ci saranno sempre i miei nipoti>>
La vecchia Emilia non ne era convinta:
<<I tuoi nipoti? Non mentire a te stessa, Diana. Ora sono bambini e adorano la campagna, ma davvero pensi che, quando cresceranno, vorranno rimanere in questo posto dimenticato da Dio?>>
Diana, che aveva sempre la risposta pronta, replicò in maniera lapidaria:
<<Proprio perché è dimenticato da Dio, questo posto è meglio degli altri>>
Dopo simili risposte da parte della figlia, a ora tarda, la contessa vedova era solita mandar giù il "bicchiere della staffa" e poi congedarsi, appoggiandosi ad un meraviglioso bastone di malacca con pomello d'argento.
A quel punto subentravano i nipoti.
Riccardo era il più sollecito nel rassicurare Diana:
<<Non preoccuparti, io non ti lascerò mai, perché tu sei una nonna speciale. Nessuno dei miei amici ha una nonna così bella ed elegante, così diversa dalle persone comuni. Io e te staremo sempre insieme>>
In quella frase c'era una promessa che andava oltre i confini del tempo, persino oltre i confini della morte. 

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Lei capiva e sorrideva:
<<Quando incomincerai ad andare a scuola avrai meno tempo per stare qui. E forse anche meno voglia. Mia madre Emilia ha ragione>>
Lui scuoteva il capo:
<<No, la bisnonna Emilia ha torto. Dice così perché le sue nipoti se ne sono andate via, ma io non farò come mia madre. Io preferisco stare qui con te piuttosto che a Forlì>>
Diana scuoteva la testa:
<<Ma a Forlì ci sono i tuoi genitori, i tuoi amici...>>
Riccardo non aveva dubbi:
<<Io sto meglio qui. Non ci voglio tornare in quel condominio di matti!>>
Diana rideva:
<<Ma anche qui a Villa Orsini siamo tutti matti, cosa credi? In fondo ognuno è pazzo a modo suo>>
Riccardo insisteva:
<<Io resterò qui per sempre, te lo prometto>>
Sua nonna sospirava:
<<Qualcuno ha detto che le promesse degli uomini sono scritte nell'acqua. O forse erano le promesse delle donne? Direi, le promesse in generale... anche se, naturalmente, so che tu sei sincero. Ma è meglio che impari fin da piccolo a non fare promesse che non sei sicuro di poter mantenere>>
<<Ma io sono sicuro!>> protestò il bambino.
Diana cercò di nascondere la commozione:
<<Lo so. Quello che sto cercando di dirti è che non dovrai mai sentirti in obbligo di sacrificare la tua vita per il bene della tua famiglia. Di solito le nonne insegnano il contrario, ma come hai detto tu stesso, io non sono una nonna come le altre>>
Lui incominciava a comprendere già allora il suo spirito di sacrificio e la dedizione totale alla famiglia, e li ammirava a tal punto che il suo esempio contava molto di più delle parole.
Fu anche per questo che quella sera non disse altro e si limitò ad abbracciare Diana, promettendo a se stesso che avrebbe sempre seguito il suo esempio e avrebbe fatto tutto il necessario per mantenere vivo il ricordo di lei.