giovedì 9 marzo 2017

L'Isis si sta disgregando: Raqqa, Mosul e la valle dell'Eufrate stanno per essere liberate



Syrian, Iraqi, and Lebanese insurgencies.png

Sia in Iraq che in Siria lo Stato Islamico sta crollando. Da sud avanzano gli eserciti regolari del governo iracheno e di quello siriano (quest'ultimo supportato dall'esercito russo e dai gruppi armati scitti filo-iraniani). Da nord avanzano i Curdi, con il supporto di truppe speciali degli Stati Uniti, i cui marines sono entrati ufficialmente nello scenario bellico per sferrare il colpo definitivo all'Isis e al suo califfo Al-Baghdadi.
Le azioni si stanno concentrando nelle valli dell'alto Tigri e dell'alto Eufrate, in particolare intorno alle due capitali dell'Isis, Raqqa in Siria e Mosul in Iraq.
Mosul è circondata: la parte orientale è già stata liberata, la parte occidentale ha ceduto vari quartieri e la sua caduta è questione di giorni, forse solo di ore.

Battle of Mosul (2016–2017).svg

Su Raqqa sta per essere sferrato l'attacco decisivo da parte delle truppe curdo-statunitensi.
Questa operazione ha un valore fortemente simbolico, dal momento che Raqqa è considerata la capitale dell'Isis ed è la sede del suo governo.
Queste vittorie contro il Daesh sono state rese possibili da una collaborazione tra gli schieramenti che fino a pochi mesi fa si facevano la guerra tra loro, specialmente in Siria.
Bisogna prendere atto che la nuova amministrazione americana di Trump ha reso più agevole un accordo informale, ma pragmaticamente efficace con la Russia di Putin, tramite un filo diretto che ha collegato la conferenza di pace di Ginevra con quella di Astana.
Di fatto l'accordo prevede, a livello tattico, i seguenti punti:
1) La suddivisione delle aree di competenza militare all'interno della Siria: a nord dell'Eufrate c'è l'area di competenza curdo-statunitense, a sud l'area di competenza siriano-russa.
2) Il blocco dell'avanzata turca da nord, con la suddivisione del territorio curdo di Manbji in due zone militari: una russo-siriana, a stretto contatto con quella turca, e una curdo-statunitense nella città stessa di Manbji, che era stata apertamente dichiarata dallo stesso Erdogan come "prossimo obiettivo dell'operazione Scudo dell'Eufrate". L'accordo russo-statunitense ha bloccato le ambizioni di Erdogan, che dovrà trovare un altro modo per tenere impegnato il suo inquieto esercito.
3) La cooperazione di tutte le forze in campo per la sconfitta definitiva dell'Isis
Certo la guerra non finirà con la caduta dello Stato Islamico, perché la Siria è comunque frammentata in un mosaico di zone di influenza sotto il controllo di numerosi gruppi armati che riprenderanno a combattersi per ragioni etniche, religiose e geopolitiche molto complesse.
L'Isis non è infatti l'unico gruppo terrorista operante in Siria.
C'è anche il Fronte Al-Nusra, che pur avendo cambiato nome ed essendosi mascherato dietro alleanze con altri gruppi del Fronte Islamico sunnita, resta comunque un'organizzazione terroristica e jihadista di stampo fondamentalista islamico facente capo ad Al-Qaeda.
E' possibile che, all'interno dei territori controllati dalle forze che vogliono rovesciare il presidente siriano Assad, possa avvenire una resa dei conti, approfittando della tregua in corso.
Nei pressi di Idlib, capoluogo del Fronte Islamico, c'è stato uno scontro tra il gruppo Tharir al-Sham, guidato da Al-Nusra, e il gruppo Ahrar al-Sham, che pur professando un islamismo fondamentalista sunnita e jihadista di matrice salafita e wahabita, rifiuta però l'affiliazione ad Al-Qaeda e i metodi terroristici basati sugli attentati (per questa ragione tale gruppo rientra nell'ambigua coalizione dei cosiddetti "ribelli moderati", che non sono affatto moderati, ma che risultano, per ora, meno feroci degli altri).

Russia e Stati Uniti collaborano per fermare l'avanzata turca contro i Curdi siriani

Western al-Bab offensive (2016) (within Northern Syria).svg

Continua, nel nord della Siria, una guerra fra tre schieramenti per il controllo della riva sinistra dell'Eufrate, nella zona del distretto di Mambji Hierapolis Bambyce.
Tre schieramenti a cui appartengono 4 stati sovrani e 2 gruppi etnici e religiosi.
Il primo schieramento, quello che detiene la sovranità legale del territorio, fa capo al legittimo governo della Siria e al suo alleato strategico, la Russia, ed è indicato in rosa.
Il secondo schieramento fa capo alla Turchia, che ha di fatto invaso il nord della Siria, con l'operazione Scudo dell'Eufrate, per schierarsi a fianco dei gruppi jihadisti che con un ridicolo eufemismo sono chiamati "ribelli moderati" e che invece sono fondamentalisti islamici legati ad Al-Qaeda. La zona controllata da questo schieramento è contrassegnata in verde.
Il terzo schieramento fa capo agli Stati Uniti (con il supporto di Gran Bretagna e Francia) ed è intervenuto per affiancare i Curdi Rojava dell'YPG nella guerra contro l'Isis, arrivando ad assediare la loro capitale, Raqqa. La zona controllata da questo schieramento è contrassegnata in giallo.
Il punto di maggiore contesa tra questi tre schieramenti è la provincia di Manbji, dove, al fine di evitare un'offensiva turca, gli altri due gruppi si sono divisi le zone da difendere.
I russo-siriani difendono la zona ovest, a diretto contatto con i Turchi.
Gli americano-curdi presidiano Manbji e la zona orientale fino all'Eufrate.
In queste ore si stanno tenendo in Turchia colloqui tra i rappresentati delle parti in causa per evitare che questo conflitto si infiammi.
Il grafico qui sotto rappresenta la complessa rete di rapporti tra le parti in causa.
Bisogna tenere presente che la situazione è in continuo mutamento e che i gruppi jihadisti ed islamisti cambiano spesso nome, raggruppamento di appartenenza e coalizione, arrivando anche a combattersi tra loro, contrariamente all'idea che i mainstream media vorrebbero propagandare riguardo ad una presunta unità delle opposizioni armate al governo siriano.
Per esempio il Fronte Al-Nusra, che è una vera e propria organizzazione terroristica saldamente legata ad Al-Qaeda e comandata dall'autoproclamato emiro di Idlib, Abū Muḥammad al-Jawlānī  ha cambiato nome in Jabhat Fateh al-Sham ("Fronte per la conquista del Levante") e il 26 gennaio 2017, il gruppo si è fuso con quattro formazioni minori, assumendo il nome Hayat Tahrir al-Sham ("Organizzazione per la liberazione del Levante").
La motivazione è quella di confondere gli osservatori internazionali, evitando di essere chiaramente riconosciuta come organizzazione terroristica.
Inoltre gli jihadisti di Aḥrār al-Shām (in arabo: أحرار الشام‎, che significa "Uomini liberi della Grande Siria") gruppo islamista siriano che raduna varie formazioni minori d'impronta ideologica islamista e salafita, che formarono all'incirca una brigata, è confluito all'interno del Fronte Islamico, il quale a sua volta si nasconde dietro la bandiera falsamente democratica dell'Opposizione siriana.

mercoledì 8 marzo 2017

Vite quasi parallele. Capitolo 42. Diana Orsini diventa nonna

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In un ritratto a olio del 1969, all'età di 56 anni, Diana Orsini Balducci, Contessa di Casemurate, dimostrava ancora grande fascino e attrattiva, anche se due anni prima era diventata nonna.
L'arrivo del primo nipote è sempre un evento che segna uno spartiacque nella vita di una persona.
Nel caso di Diana Orsini si trattò di uno spartiacque completamente positivo, perché il rapporto che la legò ai suoi numerosi nipoti e pronipoti fu così speciale che continuò a vivere nella memoria e nell'immaginario di ognuno di loro per molto tempo, assumendo a lungo andare quei contorni mitici che erano presenti in embrione nella storia romanzesca di una famiglia a cui ci si sentiva fieri di appartenere.
Il primo nipote di Diana ed Ettore Ricci si chiamava Fabrizio Spreti, ed era nato nel 1967 dal matrimonio di Margherita Ricci-Orsini con Ercole Spreti, proprietario terriero e fratello minore del marchese Vittorio Spreti di Serachieda.
I due si erano sposati nel giugno del 1965, presso la Chiesa di Pievequinta, come tradizione di famiglia, ma la festa si era tenuta a Villa Spreti, per sancire l'alleanza tra le due nobili casate che per secoli si erano contese il controllo della Contea di Casemurate.
Margherita ed Ercole andarono a vivere in una tenuta che era parte del Feudo Spreti, convalidando così, anche dal punto di vista residenziale ed economico, l'alleanza degli Spreti con i Ricci-Orsini, che si concretizzò poi con la creazione di una Società in Accomandita Semplice per la gestione del Latifondo, la cui amministrazione fu affidata ad Ettore Ricci.
Per Ettore fu il coronamento di una scalata sociale che durava da una vita.
Diana aveva assistito a quel matrimonio con un senso di liberazione.
Si chiudeva infatti un ciclo, iniziato trent'anni prima con le sue stesse nozze.
Allora si era trattato di sacrificarsi per salvare la famiglia dalla rovina economica.
Ora, dopo decenni di sofferenze, si raccoglievano i frutti benefici di quel sacrifico.
I Ricci-Orsini erano al centro di una rete di alleanze che estendeva la loro influenza ben oltre i confini angusti della Villa, del Feudo e della Contea, e c'era più bisogno di ricorrere alla decrepita Signorina De Toschi per ottenere una raccomandazione, di cui peraltro, all'epoca, non avevano nemmeno bisogno.
Ai tempi in cui fu dipinto il ritratto, le tre figlie di Diana ed Ettore erano ormai adulte e con una loro vita.
Margherita aveva dato alla luce Fabrizio, Silvia si era laureata e Isabella si era fidanzata.
Ettore era completamente assorbito dal lavoro e non si prendeva nemmeno più la briga di nascondere le sue avventure extraconiugali.
La vecchia Contessa Madre Emilia aveva trovato un suo equilibrio, passando il tempo nel Salotto Liberty ad assaporare i suoi vini pregiati e i suoi pasticcini, leggendo romanzi rosa e riviste di gossip: diventò una simpatica vecchietta e una bisnonna molto divertente per i suoi tanti pronipoti che ancora ricordano i giorni in cui porgeva loro biscotti burrosi intinti nel rosolio.
Questa fu una sorta di età dell'oro, non tanto per il primo nipote, che forse portava con sé la responsabilità gravosa dei primogeniti, quanto piuttosto per gli altri che vennero in seguito, soprattutto per quello più giovane, che sarebbe nato dieci anni dopo, e che fu senza dubbio il più amato, e protetto e coccolato da tutta la famiglia
Molto tempo dopo, quel nipote più giovane, divenuto adulto, si sarebbe chiesto se fosse possibile essere stati troppo amati, troppo coccolati, forse troppo felici...
Si sarebbe anche chiesto, quel nipote più giovane, quando non era più giovane, se fosse un atto di orgoglio scrivere di sé in terza persona, come Cesare.
Forse di questo, e di altri atti di orgoglio, avrebbe chiesto perdono, pur senza conoscere mai la risposta.
Ma se c'è un'attenuante, nel voler rievocare da lontano certe vicende dai contorni romanzeschi, i cui protagonisti sono morti o hanno raggiunto la vecchiaia, è per l'intima convinzione che gran parte di ciò che sarebbe accaduto in seguito a chi scrive, affondava le sue radici nella storia di tante persone, le cui vite, quasi parallele, avevano finito per incontrarsi tutte in un unico punto e cioè lo stesso scrivente.
Tutti quei personaggi continuavano a vivere e a discutere e ad agitarsi dentro di lui.
E se c'era la percezione di far parte di qualcosa di grande, di speciale, quasi come se si stesse vivendo dentro a un film, ciò era dovuto al fatto che tante persone così straordinarie non potevano incrociare le loro vite senza lasciare un segno che, nel bene o nel male, sarebbe rimasto indelebile nella memoria di molti.
E dunque il romanzo di questi personaggi e delle loro vite quasi parallele, trovando un autore in colui che per molto tempo fu il più giovane della stessa loro discendenza, deve continuare, affinché sia fatta luce su tutti gli eventi straordinari che seguirono, perché se è vero che la pace in famiglia era tornata, è anche vero che non sarebbe durata per sempre.

martedì 7 marzo 2017

Vite quasi parallele. Capitolo 41. Gli anni universitari di Francesco Monterovere

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La generazione che ha avuto vent'anni negli Anni Sessanta del Ventesimo Secolo è stata, sotto molti aspetti, baciata dalla Fortuna.
Dopo un'infanzia che li aveva temprati nei rigori del dopoguerra e nell'ultimo persistere di una tradizione educativa millenaria di stampo patriarcale e conservatore, si erano affacciati all'adolescenza negli anni del Miracolo Economico, ed erano approdati alla giovinezza in un momento in cui c'erano grandi opportunità di lavoro.
Per le generazioni successive avvenne il contrario, e in parte anche perché la generazione di coloro che erano stati giovani negli anni '60 si era presa tutto e aveva lasciato terra bruciata.
Come andarono esattamente le cose per i coetanei di Francesco Monterovere?
Erano divenuti giovani adulti nel periodo in cui nasceva la Società dei Consumi, col suo sottofondo rock e pop proveniente dal mondo anglosassone, allo stesso modo dei film e di tutto un immaginario collettivo che nel giro di pochi anni liquidò come provinciale e grezzo tutto ciò che c'era stato prima.
Di fronte a questo cambio di paradigma, ognuno poteva reagire a modo suo, ma era molto difficile poter resistere alle tentazioni di quel facile paradiso edonistico.
Questa era la situazione generale nel periodo in cui, tra il 1959 e il 1964, Francesco Monterovere fu studente universitario
Si trattava quindi di un periodo antecedente alla Contestazione del 1968, quando ormai Francesco era già divenuto insegnante e quindi era passato "dall'altra parte della cattedra".
Fosse nato qualche anno più tardi, la probabilità di diventare un perfetto sessantottino sarebbe stata molto elevata. Per sua fortuna non fu così.
Era un ribelle, sicuramente, ed era pieno di sogni e di desideri, ma non fu mai (e questo gli fa onore) uno schiavo delle mode consumiste che in quegli anni conquistavano il popolo italiano con molta più efficacia di un'invasione militare.
Bastano alcuni esempi per rendere l'idea.
Conosceva la musica leggera, ne apprezzava alcuni interpreti a lui coetanei, ma prediligeva la musica classica, appresa negli anni in cui aveva studiato il pianoforte.
Grazie ad una certa Leonia Lanni, cugina di sua madre, che lavorava in teatro, Francesco aveva i biglietti gratis, in un periodo in cui i teatri erano ormai semi-deserti, e questo gli permise di assistere alle performance di grandi attori e alla rappresentazione di opere liriche, e pertanto, in seguito, di avvicinarsi al cinema con una maggiore attenzione verso i film qualitativamente più interessanti.
Si portava dietro il fratello Lorenzo e poi, finito lo spettacolo, cenavano dalla zia Anita, con cui commentavano con spirito critico le varie rappresentazioni.
Il salotto di Anita Monterovere era un centro culturale rilevante, nella Faenza di quegli anni, dove si incontravano relitti del passato ancora intrisi delle emozioni della Belle Epoque e giovani promesse proiettate verso la Contestazione, forti delle letture degli Esistenzialisti e della Scuola di Francorforte.
Quando, molto tempo dopo, Francesco Monterovere creò, insieme alla futura moglie Silvia Ricci-Orsini, un Salotto ancora più brillante, nella vicina Forlì, la vecchia zia Anita se ne ebbe a male, sentendosi completamente surclassata, superata e datata, e ne diede la colpa alla giovane sposa del nipote e alla sua onnipresente e aristocratica famiglia.
Si stavano creando, senza che nessuno potesse anche solo immaginarlo nelle fantasie più sfrenate, le premesse di quello che sarebbe stato un poema tragicomico dagli esiti esplosivi.
Ma non dobbiamo precorrere i tempi: all'epoca Francesco non era ancora pronto per innamorarsi, ma già stava sperimentando i rapporti con il gentil sesso, se ci è consentito usare ancora questa formula che oggi può apparire desueta e persino politicamente scorretta.
Con qualche soldo che gli veniva passato sottobanco dalla nonna paterna Eleonora e dal nonno materno, l'ingegner Lanni, Francesco aveva potuto permettersi una iniziazione al sesso presso discrete "signorine" di Bologna che, dopo l'approvazione della Legge Merlin (1958) che chiudeva le case di appuntamento, si erano messe ad esercitare la professione di "massaggiatrici" in proprio.
E qui vale la pena raccontare una curiosa circostanza, riguardante una di queste gentili ragazze bolognesi che, pur avendo grandi aspirazioni per il futuro, dovevano cercare di arrotondare qualche spicciolo per il presente. Si faceva chiamare Roberta, ma era il suo secondo nome. Per vie traverse Francesco apprese poi il nome vero e completo, Raffaella Pelloni. 
Pochi anni dopo, con grande sconcerto, la vide riapparire in televisione con i capelli biondi a caschetto e col cognome d'arte di Carrà.
E che questo rimanga fra noi!
Tra i compagni di studi, presso la facoltà di Matematica e Fisica, aveva fatto amicizia con due fratelli, Ruggero e Claudio Rossi, con cui condivise le esperienze goliardiche tipiche degli studenti fuori sede a Bologna.
Essendo pendolare tra Faenza e Bologna, non poté assistere a tutte le lezioni, né partecipare alla vita notturna, a meno che qualche amico non lo ospitasse, ma ebbe il vantaggio che gli derivava dalla capacità di prepararsi in pochi giorni per gli esami, con ottimo esito, lasciandogli molto tempo libero.
Superata la fase della ribellione fine a sé stessa, si taglio i capelli proprio quando gli altri incominciavano a farseli crescere.
Attraversò, come tutti i ventenni dotati di una certa intelligenza e sensibilità. un periodo di crisi interiore, fatta di dubbi e ripensamenti, dalla quale uscì rafforzato e pronto ad affrontare la laurea e il mondo del lavoro.

lunedì 6 marzo 2017

Vite quasi parallele. Capitolo 40. Le numerose amiche di Silvia Ricci-Orsini

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Fin da bambina, Silvia aveva dimostrato di avere un carattere socievole e generoso, e pertanto non le erano mai mancate le amicizie.
Il punto di partenza era stata la presenza di un numero consistente di ragazze della sua stessa età, o di età simile, all'interno dello stesso clan dei Ricci-Orsini.
Le sorelle Margherita e Isabella (quest'ultima così chiamata in ricordo della zia defunta), costituivano assieme a Silvia una specie di Trinità indivisibile, destinata a rimanere saldamente unita e compatta, a salvaguardia dell'unità familiare.
Si poteva sempre fare affidamento sul "Potere del Trio".
Sotto lo stesso tetto, nella Villa, abitavano le due figlie della governante Ida Braghiri e di suo marito Michele, amministratore del Feudo: Oriana aveva l'età di Margherita, mentre Olimpia aveva la stessa età di Silvia. I Braghiri avevano poi anche un figlio maschio (cosa della quale Ettore Ricci era tremendamente invidioso) a cui era stato dato il nome originalissimo di Primo.
Poi incominciava la sfilza delle cugine.
Applicando il criterio del noblesse oblige, era data più importanza alle cugine "di sangue Orsini".
Le figlie di Ginevra Orsini e del giudice Papisco erano quasi una sorta di guardia del corpo, per Silvia, nel senso che stavano costantemente al suo fianco, ovunque.
Le gemelle Anna e Benedetta Papisco erano destinate a lasciare una traccia indelebile nella vita di Silvia e della sua futura famiglia.
Erano state sue compagne di scuola alle elementari, alle medie, al Ginnasio, al Liceo e infine si erano iscritte entrambe a Lettere Classiche, insieme a lei.
Delle due, Anna era quella più intraprendente, tanto che appena iniziata l'università, si trovò il ragazzo, un giovane poeta che rispondeva al nome piuttosto singolare di Adriano Trombatore (in seguito quel cognome si rivelò degno dei presagi che suscitava).
Benedetta era invece più fredda, calcolatrice e incline al pettegolezzo, senza mai esporsi in prima persona.
Seguivano le cugine dalla parte dei Ricci.
La zia Carolina Ricci e suo marito, il vice-ispettore della polizia stradale Onofrio "Compagnia Bella" Tartaglia, avevano avuto un figlio, dal nome inquietante di Arido, e due figlie, Luciana e Giuditta.
Arido era enorme: un armadio ambulante, di poche parole e dai modi spicci.
Luciana e Giuditta erano già in carne nei loro anni migliori, ma all'epoca dominavano gusti diversi da oggi, e dunque le due signorine Tartaglia erano già contese da molti giovanotti, destinati ognuno a diventare un personaggio di un certo rilievo nella scena forlivese.
Luciana, diplomata all'Istituto Tecnico Femminile per l'Economia Domestica, insegnava educazione tecnica alle scuole medie e aveva sposato un certo Gaspare Maciullini, appartenente a una famiglia di agricoltori arricchiti, soci della famiglia Ricci.
Giuditta, diplomatasi alle magistrali, era coetanea di Silvia e spesso usciva con lei e le altre cugine per andare a ballare, sotto l'attenta supervisione di Ida Braghiri, che si portava dietro le figlie, nella speranza di trovar loro qualche buon partito.
Durante un ballo destinato a rimanere nella leggenda familiare, Giuditta fu corteggiata e contesa dai due uomini della sua vita, il futuro marito Felice Mazza e l'ingegner Nello Nellini, il cui nome era già tutto un programma.
La contesa avvenne a suon di balli, e la tecnica di Mazza, falegname dal fisico possente e dalla voce roca, che si avvinghiava al seno debordante di Giuditta, risultò vincente, rispetto alla presa molle e indecisa di Nello Nellini.
Nello e Giuditta rimasero comunque per tutta la vita ottimi amici, e le loro telefonate, in cui si scambiavano pettegolezzi su tutti i loro conoscenti, duravano ore.
Ettore Ricci, che spesso si era trovato ad essere al centro dei pettegolezzi di Nello e Giuditta, un giorno ebbe a dire, con la sua lapidaria incisività:
<<Lui è la curiosità in persona e lei è falsa come l'ottone>>
Tra i fratelli di Ettore Ricci, Aristide e Alberico, continuava ad esistere una faida, dal famoso giorno in cui si erano presi a coltellate.
Aristide Ricci aveva avuto una figlia, Caterina, le cui ambizioni erano notevoli, e per questo, fin da giovanissima, era stata alla ricerca di un buon partito, e lo aveva trovato in Edoardo Leandri, politico democristiano e futuro senatore, anzi "Il Senatore" per antonomasia, all'interno del clan Ricci-Orsini.
L'altro fratello, lo scapestrato Alberico Ricci, aveva avuto numerosi figli da mogli diverse, e l'unica femmina era una certa Lea, che era anche l'unica tra le cugine di Silvia ad avere scelto un matrimonio combinato sposando l'attempato, ma ricchissimo marchese Leopoldo Gagni di Montescudo.
Esaurito l'elenco delle cugine, incominciava l'esercito delle "compagne di classe", dominato dall'elite delle "compagne di banco". Molte di loro furono anche compagne di università e future insegnanti e quindi colleghe di lavoro di Silvia.
Sarebbe troppo lungo e del tutto inutile farne l'elenco: parleremo in seguito delle amiche le quali, nel bene o nel male, si ritagliarono un ruolo importante nelle vicende da narrare, ma già da questa prima panoramica è possibile farsi un'idea dell'intelaiatura di base di quello che sarebbe diventato il Salotto Buono più esclusivo di Forlì, fondato da Silvia Ricci-Orsini dopo aver sposato Francesco Monterovere.