venerdì 3 marzo 2017

Partiti politici italiani attuali e nelle precedenti elezioni

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Parte II: le elezioni
Qui di seguito sono presenti i programmi e le principali liste/coalizioni che hanno partecipato alle ultime 5 tornate elettorali nazionali (cliccate sui simboli o sul nome della lista/coalizione per visualizzare il programma)
2013












e altri
e altri











Fiamma Tricolore
Casapound Italia
Riformisti Italiani
Rivoluzione Civile







I partiti in Parlamento dopo le innumerevoli scissioni



Partiti principali

Vengono considerati principali quei partiti che sono attualmente presenti con un proprio gruppo parlamentare in almeno una delle due Camere o che hanno ottenuto almeno il 4% dei voti nell'ultima competizione elettorale di carattere nazionale.

Partiti minori

Vengono considerati minori quei partiti che nel corso della loro storia abbiano eletto con il proprio simbolo almeno un parlamentare nazionale o europeo, che siano stati rappresentati in Parlamento da almeno 5 parlamentari, che abbiano ottenuto almeno l'1% dei voti in una competizione elettorale di carattere nazionale o che abbiano eletto consiglieri regionali in almeno 5 consigli regionali diversi.

Composizione etnica e religiosa della Siria, dell'Iraq e del Levante

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La battaglia di Mosul

Battle of Mosul (2016–2017).svg

Mosul, nel nord dell'Iraq, è la città più importante che l'Isis abbia mai conquistato e che ora sta per perdere. Di fatto i tre quarti della città sono tornati sotto il controllo del governo iracheno.
L'Isis prese Mosul nel giugno del 2014: prima di quell'evento clamoroso quasi nessuno (nemmeno il sottoscritto, aveva mai sentito parlare dello Stato Islamico dell'Iraq e della Siria, che poi si autoproclamò Califfato Islamico, sotto la guida di un certo Alì Al-Baghdadi, grazie al supporto dell'Arabia Saudita e della Turchia, che credevano di poterlo controllare per rovesciare i governi sciiti della Siria e dell'Iraq).
A distanza di tre anni, la città sta per essere liberata.
La battaglia per la liberazione di Mosul è iniziata il 17 ottobre 2016 e potrebbe concludersi tra poco.
Legenda: in rosso le zone controllate dal governo iracheno, in grigio scuro quelle controllate dall'Isis e in giallo quelle controllate dai Curdi dell'Iraq.

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giovedì 2 marzo 2017

La liberazione di Palmyra







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Battle of Tadmur.svg

L'offensiva dell'esercito siriano per liberare la città di Palmyra dall'Isis, dopo anni di scontri che hanno visto la città passare di mano più volte, è iniziata il 13 gennaio 2017 e si è conclusa trionfalmente il 2 marzo successivo, con un successo che potremmo considerare definitivo.
In questo stesso momento, le truppe corazzate del presidente Assad stanno prendendo il controllo del centro cittadini, mentre i miliziani dell'Isis sono in fuga.
Lo Stato Islamico è ormai al collasso: assediato persino nelle sue roccaforti di Raqqa e Mosul, schiacciato tra l'alleanza filo-russa di Assad e l'alleanza filo-americana dei Curdi del Rojava.
Grandi sconfitti, in questo scenario, sono la Turchia e l'Arabia Saudita, i due paesi che hanno supportato i fondamentalisti islamici sunniti in Siria, appoggiando in maniera aperta il Fronte Islamico di Al-Nusra e Al-Qaeda, che attualmente controlla l'Emirato di Idlib, e in maniera segreta il Califfato Islamico dell'Isis, fino a quando la nuova amministrazione americana di Donald Trump ha apertamente costretto Erdogan a prendere posizione contro il Daesh.
Resta comunque l'interrogativo su cosa succederà adesso nel bollente fronte nord della guerra, dove i Turchi hanno attaccato i Curdi siriani del Rojava, che hanno subito stretto un patto con Assad e Putin.
L'amministrazione americana sta facendo pressioni su Erdogan affinché eviti un massacro inutile , ma si sa che il Sultano turco, al pari dell'Emiro di Idlib e del Califfo dell'Isis è diventato una sorta di cane sciolto, che ha bisogno di tenere impegnato l'esercito per evitare altri colpi di stato.
Una cosa è certa: i prossimi giorni saranno incandescenti, perché ormai il fronte sunnita e quello sciita sono pronti per la battaglia finale, dopo 1200 anni di scontri per il controllo del Medio Oriente.

Belligerents
 Russia
 Iran[1]
Allied militias:
 Liwa Fatemiyoun[1]
 Liwa Zainebiyoun[1][2]
Kata'ib al-Imam Ali[1]
 Hezbollah[3]
Islamic State of Iraq and the Levant Islamic State of Iraq and the Levant
Commanders and leaders
 Maj. Gen. Suheil al-Hassan[25]
(leading operations commander)
 General Hassan Daboul [26]
(Homs Chief of Provincial Military Security Unit)
Islamic State of Iraq and the Levant Shaher al-Hassan [27]
(ISIL emir)
Units involved
 Liwa Fatemiyoun
  • Hazrat-e Abolfazl Brigade[1]
 Hezbollah
  • Radwan Forces[36]
  • Syrian Hezbollah units
    • al-Ridha Forces[36]
    • al-Ghalibun[28]
    • Imam Mahdi Brigade[28]
Military of ISIL
Strength
4,000+ soldiers[34][35]
  • 1,000 reinforcements from Latakia[35] (since 11 February)
  • 900+ Military Shield reinforcements[33] (since 23 February)
4,000–5,000 militants[37]
Casualties and losses
Syria Unknown
Russia 4 killed[38]
Unknown

Syrian troops have pushed into Palmyra as they battle to retake the iconic city from the Islamic State group, but their advance was slowed Thursday by landmines laid by retreating jihadists.
Bolstered by Russian air strikes and ground troops, Syrian government forces have been battling through the desert of central Syria for weeks to reach Palmyra.
The city has traded hands several times during Syria's civil war and become a symbol of IS's wanton destruction of cultural heritage in areas under its control.
The jihadist group first seized Palmyra in May 2015 and began to systematically destroy and loot the UNESCO world heritage site's monuments and temples. IS fighters were driven out in March 2016 but recaptured the town last December.
The latest offensive to retake the city saw government forces break through its western limits late Wednesday, forcing IS fighters to retreat into eastern districts, according to the Syrian Observatory for Human Rights.
"IS withdrew from most of Palmyra after laying mines across the city. There are still suicide bombers left in the eastern neighbourhoods," Observatory head Rami Abdel Rahman told AFP on Thursday.
"Government forces have not yet been able to enter the heart of the city or the eastern parts," he added.
They have also not yet entered the celebrated ruins that make up the southwestern part of the city.
"There are no IS fighters left in most of the Old City, but it is heavily mined," Abdel Rahman said.
The Syrian Armed Forces, backed by Russian airstrikes, managed today to fully recapture the ancient city of Palmyra following weeks of fierce battles with the Islamic State terror group, the Kremlin just announced.
Russia’s President, Vladimir Putin, was briefed about the good news from Syria from Russian Defense Minister Sergey Shoigu.
The historical city was re-taken by the Syrian Army in last March. However, the ISIS terror group re-entered the city in December 2016.
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La situazione nel nord della Siria è esplosiva: la Turchia ormai è in guerra contro tutti



Lo Stato Islamico è ormai al collasso: assediato persino nelle sue roccaforti di Raqqa e Mosul, schiacciato tra l'alleanza filo-russa di Assad, che sta nuovamente riprendendo il controllo di Palmyra e l'alleanza filo-americana e filo-europea dei Curdi del Rojava.
Grandi sconfitti, in questo scenario, sono la Turchia e l'Arabia Saudita, i due paesi che hanno supportato i fondamentalisti islamici sunniti in Siria, appoggiando in maniera aperta il Fronte Islamico di Al-Nusra e Al-Qaeda, che attualmente controlla l'Emirato di Idlib, e in maniera segreta il Califfato Islamico dell'Isis, fino a quando la nuova amministrazione americana di Donald Trump ha apertamente costretto Erdogan a prendere posizione contro il Daesh.
Resta comunque l'interrogativo su cosa succederà adesso nel bollente fronte nord della guerra, dove i Turchi hanno attaccato i Curdi siriani del Rojava, che hanno subito stretto un patto con Assad e Putin, mantenendo nello stesso tempo buoni rapporti con Trump e l'Europa?
L'amministrazione americana sta facendo pressioni su Erdogan affinché eviti un massacro inutile , ma si sa che il Sultano turco, al pari dell'Emiro di Idlib e del Califfo dell'Isis è diventato una sorta di cane sciolto, che ha bisogno di tenere impegnato l'esercito per evitare altri colpi di stato.
Una cosa è certa: i prossimi giorni saranno incandescenti, perché ormai il fronte sunnita e quello sciita sono pronti per la battaglia finale, dopo 1200 anni di scontri per il controllo del Medio Oriente.
La Turchia è pronta a combattere contro tutti, pur di creare uno stato cuscinetto che la separi dalle varie componenti di quella che sarà la nuova Siria.
Tale impegno bellico turco, se dovesse sfidare apertamente sia la Russia che gli Usa, potrebbe portare ad una escalation senza precedenti, costringendo tutte le amministrazioni coinvolte a prendere una posizione netta a favore di Erdogan o contro di lui.

Legenda: in verde la zona turca (con l'appoggio dei miliziani islamisti di Al-Nusra), in rosa la zona siriana di Assad e del Syrian Arab Army, in arancione la zona contesa, in giallo la zona curda dell'Ydp e in grigio scuro la zona dell'Isis.

The Kurdish-led Syrian Democratic Forces (SDF) are to hand over a massive section of their territory west of Manbij to the Syrian Arab Army in order to create a buffer zone against the Turkish Army and Turkey-led forces in northern Syria. The map above is an initial estimate of the area which will be handed over to pro-government forces and not official.

In recent days the Euphrates Shield operations room (a coalition of Turkey-led armed Islamist groups, backed by the Turkish Armed Forces) has launched an offensive against the the SDF in order to capture the strategic crossroads city of Manbij.


The ferocity of the new Euphrates Shield offensive against the SDF has incited the Manbij Military Council (MMC) to consider a local military cooperation agreement with the Syrian Arab Army (SAA) which includes pro-government access to SDF territories in northern Syria.

“To reach these objectives [the defense of Manbij] we have transferred, after reaching a new alliance with Russia, the defence of the line to the west of Manbij – where the villages between us and the gang groups [FSA, Ahrar al-Sham] affiliated to the Turkish army are – to Syrian state forces.”

The area being handed over to the Syrian Arab Army will serve just as much as a political buffer zone as a military one. The true nature of the Erdogan regime’s ambitions in Syria will soon be revealed to the world based on whether it chooses to attack government-held areas or not. By choosing to commit to an offensive against pro-government forces, the Erdogan regime will demonstrate that it pursues an imperialist agenda in Syria in direct violation of the territorial sovereignty of that country and against the wishes of its legitimate government.

Vite quasi parallele. Capitolo 39. Le ossessioni di Romano Monterovere e la contestazione di Francesco


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Romano Monterovere compì 50 anni nel 1961. Da quel momento in avanti, nella sua lunga vita, rimase più o meno uguale. Era di quei tipi molto alti, magri, dai capelli chiari, che più che invecchiare tendono a rinsecchirsi, quasi a mummificarsi, senza però altri segni particolari di cedimento.
Il suo aspetto severo e austero, con l'età divenne vagamente arcigno, pur mantenendo un'imponenza che oggi si potrebbe ritrovare in attori come Charles Dance, noto al grande pubblico per la sua interpretazione del personaggio di lord Tywin Lannister.
Ma un cambiamento interiore significativo era avvenuto in lui dopo la morte del fratello Ferdinando, Romano era diventato ipocondriaco.
Per prevenire le malattie, aveva adottato uno stile di vita ancora più spartano.
Mangiava poco, prediligeva le verdure, camminava spedito almeno due ore tutti i giorni, non beveva alcolici, non fumava, andava a letto presto e dormiva regolarmente almeno otto ore.
Ciononostante viveva nel terrore di poter contrarre qualche malattia, in particolare la tubercolosi, di cui erano morti due sorelle e un fratello, oppure l'ipertensione, per la quale andava tutti i giorni dal farmacista a farsi misurare la pressione.
Ogni volta che entrava in farmacia, ne usciva con medicinali generici e autoprescritti di tutti i generi: aspirina in compresse effervescenti, caramelle balsamiche e antisettiche (che consumava con gusto, come se fossero cioccolatini), vitamine, tachipirina, citrosodina, sali minerali, supposte, colliri, spray nasali, microclismi, digestivi, soluzione Schoum, colluttori, pomate di ogni genere e per ogni evenienza, acqua ossigenata, disinfettanti vari, cerotti, garze, bende, cotone idrofilo ed emostatico. tappi per le orecchie, lozioni per i capelli, amaro medicinale Giuliani, gocce di valeriana e altre pozioni che lo attraevano anche solo per il colore o per il gusto.
E quello fu solo l'inizio della sua esperienza di "impasticcato", che lo portò col tempo a disporre di un vero e proprio laboratorio chimico-farmaceutico finalizzato alla creazione dell'Elisir di lunga vita.
Era preciso e puntiglioso in ogni cosa che facesse, in particolare sul lavoro.
Da quando era diventato direttore dell'Azienda Fratelli Monterovere (il presidente era suo suocero, l'ingegner Lanni), aveva imposto ai dipendenti un regime quasi militare ed un'efficienza svizzera, o meglio ancora teutonica e prussiana, da far invidia a Federico il Grande e a tutta la dinastia degli Hohenzollern.
Il suo perfezionismo, così come la sua abitudinarietà, assunsero i contorni di un disturbo ossessivo-compulsivo: rispettava gli orari con tale precisione che la gente metteva a punto l'orologio ogni volta che lo vedeva passare: era più affidabile del meridiano di Greenwitch.
Naturalmente sua moglie e i suoi figli erano tenuti a rispettare la stessa vita da caserma, il che non era affatto facile.
Giulia fumava, come anche la figlia Enrichetta. Il figlio Francesco aveva orari opposti a quelli del padre. Il terzogenito Lorenzo, di carattere timidissimo e remissivo, subiva ramanzine continue per la sua goffaggine,"mollezza" e pigrizia.
Romano distribuiva equamente rimproveri e scappellotti, ma l'effetto che otteneva era il contrario di ciò che si era prefisso.
In particolare lo preoccupava il primogenito Francesco, ribelle per natura e studente presso la Facoltà di Matematica e Fisica dell'Università Bologna. 
Ovviamente Francesco non aveva avuto il permesso di prendere alloggio nella città universitaria, per cui faceva su e giù da Faenza, in treno, tutti i giorni.
Non era una cosa particolarmente piacevole, e non era nemmeno l'unico motivo di attrito tra padre e figlio, opposti quasi in tutto.
Un grande scandalo avvenne quando, Francesco. precorrendo i tempi e le mode della Contestazione,  si face crescere i capelli lunghi fino alle spalle.
Romano non si dava pace:
<<E' questo che ti insegnano all'università? A diventare un capellone e uno scansafatiche? Io alla tua età...>> ed elencava una serie di lavori mai svolti.
Francesco il più delle volte non si degnava nemmeno di rispondere.
Allora Romano mandava avanti il figlio minore, Lorenzo, in avanscoperta.
Francesco riconosceva i famigliari dal modo in cui bussavano alla porta.
Mentre Enrichetta era come un treno in corsa, Lorenzo si limitava ad una timida grattatina.
<<Il babbo è molto preoccupato per te>>
<<Ma dai? Non me n'ero accorto!>>
<<Se solo accettassi di tagliarteli almeno un po'...>>
<<Non se ne parla>>
<<Però almeno potresti evitare di andare in giro con le mollette e la coda di cavallo>>
<<Lorenzo, perché non ti fai gli affari tuoi? Ti ha promesso qualcosa, il vecchio?>
<<Io non so come hanno fatto a sopportarti i Salesiani per sette anni>>
<<E' per colpa loro che sono un ribelle>>
<<Ma ribelle contro cosa?>>
<<Contro tutto, contro la società, contro il sistema...>>
<<Ma quale sistema? Io non capisco proprio di cosa tu stia parlando>>
<<Perché sei un patacca, Lorenzo, scusami tanto!>>
<<Sì sì, vedremo. Ci rivediamo tra trent'anni, e poi mi saprai dire chi è il patacca>>
<<Non illuderti Lorenzo, tu sei nato così, non ci puoi far niente. Ma se ti allei con me, potremmo fare grandi cose. Va' a dire al babbo che se mi trova una stanza a Bologna, mi taglio i capelli subito>>
<<Allora tanto vale che te li faccia arrivare fino ai piedi. Il babbo non sgancerà un centesimo>>
<<Ecco, ora capisci cosa intendo per "il sistema". Il babbo rappresenta il prototiopo dell'autorità borghese reazionaria, nonché seguace del Capitalismo>>
<<Mi sembra di sentir parlare il nonno Enrico, pace all'anima sua>>
<<Enrico era un grande, e anche zio Tommaso è un grande. Faremo la rivoluzione un giorno!>>
Quando Romano venne a sapere di quella frase, si infuriò come un leone:
<<Vuoi fare la rivoluzione? Te la do io la rivoluzione! Io faccio la rivoluzione tutti i giorni lavorando! Mica come mio fratello Tommaso, che fa il comunista con i soldi degli altri. Ma se ti metti nei guai, Francesco, non bussare alla mia porta. 
Che tempi! Che cosa mi tocca vedere!>>
Francesco era galvanizzato da quelle prediche: gli sembrava di essere già una specie di Che Guevara:
<<E questo è solo l'inizio babbo... aspetta qualche anno e succederà di tutto! Gli Anni Sessanta resteranno nella storia. Aspetta e vedrai!>>

mercoledì 1 marzo 2017

Vite quasi parallele. Capitolo 38. La famiglia Ricci-Orsini all'inizio degli Anni Sessanta.


Diana Orsini compì cinquant'anni nel 1963. Dopo la morte di suo padre Achille, ultimo dei Conti di Casemurate, era riuscita ad ottenere, tramite l'ennesima raccomandazione della Signorina De Toschi e del giudice Papisco, che le sue figlie, così come i figli di sua sorella Ginevra, potessero aggiungere il cognome Orsini a quello dei loro padri.
Per questo anche Silvia Ricci, figlia di Ettore e Diana, divenne all'anagrafe, ufficialmente, Silvia Ricci-Orsini.
Non si poté far nulla riguardo al titolo comitale, dal momento che la Repubblica aveva abolito i titoli nobiliari ereditari.
In ogni caso, Diana Orsini fu riconosciuta informalmente, ma unanimemente, dagli abitanti del Feudo come Contessa di Casemurate
Era chiaro, comunque, che lei sarebbe stata l'ultima della famiglia a vedersi riconosciuto quel particolare segno di rispetto.
Le sue figlie erano irrimediabilmente "meticce", considerando il contributo non trascurabile di Ettore Ricci nel loro concepimento. 
Le tre sorelle Ricci-Orsini avevano i tratti aristocratici della madre, e il fenotipo "celtico" della famiglia paterna, che si manifestò nei capelli ramati e negli occhi verdi.
In ogni caso, a loro importava ben poco delle fumisterie araldiche che ancora persistevano nell'atmosfera della Villa e della Contea.
Margherita, la primogenita, era già fidanzata.
La secondogenita Silvia si era distinta come una delle più brillanti studentesse del Liceo Classico.
La sua fama era arrivata ben presto a Casemurate, anche in seguito ad un curioso aneddoto accaduto alcuni anni prima.
La sua insegnante di latino e greco, la professoressa Veronica Ottobrini, aveva incontrato per puro caso, in treno, una "personalità" del mondo casemuratense e cioè una certa Lucia Biasoni, titolare del negozio di alimentari, e nota, oltre che per essere una vera e propria centrale del pettegolezzo, anche per il fatto di sfoggiare dei folti baffi castani.
La signora Biasoni apparteneva alla temibile categoria di coloro che in treno attaccano bottone con tutti, in particolare con chiunque si trovino di fianco o davanti.
In quel memorabile viaggio sull'Accelerato delle 15.25 della Romagna Centrale, lungo la famigerata tratta Lugo-Bagnacavallo, la prof. Ottobrini fu vittima della logorroica attenzione della signora Biasoni. 
Quando, in quel fiume di parole, in mezzo a quella cacofonia di suoni, la Ottobrini distinse il nome di Casemurate, le venne subito in mente la sua studentessa preferita e non appena fece il nome di Silvia Ricci, fu come se fossero state aperte le cateratte del Nilo.
La Biasoni raccontò nei minimi particolari le imprese degli Orsini di Casemurate dalla fondazione della Contea fino al matrimonio di Diana Orsini con Ettore Ricci.
La Ottobrini, impressionata da quelle vicende che sembravano appartenenre ai tempi dei Borgia, ebbe modo di tessere le lodi di Silvia a tal punto che la Biasoni dimenticò di scendere alla fermata di Godo, e finì poi per perdersi nell'hinterland ravennate.
Chi non è di Ravenna deve sapere che è una città in cui è facile entrare, ma quasi impossibile uscire, a causa di un ginepraio di tangenziali, autostrade, antiche vie romane, paludi e sobborghi che dai tempi dell'imperatore Onorio l'avevano resa di fatto inespugnabile.
Quando infine la vecchia Lucia riuscì a tornare a Casemurate, grazie a una cigolante corriera del Dismano, la prima cosa che fece fu di telefonare a tutti i suoi conoscenti per raccontare ogni dettaglio dell'accaduto, non senza preconizzare, per la giovane Silvia Ricci-Orsini, un futuro a tal punto luminoso che <<presto la vedremo in televisione>>
La notizia fece il giro della Contea, passò di bocca in bocca in tutto il Feudo, fino ad arrivare al suo nucleo operativo, la Villa.
Fu l'anziana maestra Clara Ricci, madre di Ettore, a comunicare tutto alla governante della Villa, la signora Ida Braghiri, la quale si era fatta verde in faccia dall'invidia, arrivando persino a dire che, comunque, <<la mia Oriana non è da meno!>>
La conversazione fu udita dalla vecchia Contessa Madre Emilia, che per l'occasione si scolò una bottiglia di Nero d'Avola del 1860, un vino talmente pesante che avrebbe corroso migliaia di stomaci e fegati meno robusti e allenati del suo.
Emilia riferì quanto udito alla figlia Diana, la quale telefonò subito al collegio dove alloggiava Silvia.
L'unico che paradossalmente non si rallegrò in alcun modo della cosa fu Ettore Ricci:
<<Mia figlia va bene a scuola? E' il minimo, con tutto quello che pago per mantenerla!>>
Al momento in cui Diana chiamò, Silvia non era ancora tornata dalla biblioteca.
Quando ritornò, le suore riferirono che aveva ricevuto una telefonata da casa.
Considerata la rarità dell'evento, Silvia richiamò subito.
Purtroppo rispose il padre:
<<Qui Ettore Ricci, chi parla?>>
Il tono era ancora più burbero del solito.
<<Ciao papà, come stai?>>
E lui:
<<Brutte notizie! Non sono ancora schiattato!>>
Era una delle sue risposte più frequenti, ma Silvia non riusciva ad abituarsi:
<<Dai, non fare così. E comunque ho telefonato solo perché mi avete cercato voi>>
E lui, ironico:
<<Ho avuto onori più grandi, ai miei tempi>>
Silvia non poté fare a meno di sorridere:
<<Va be', immagino che non sia stato tu a chiamarmi, nel qual caso sarebbe davvero un evento storico>>
Ettore in fondo si divertiva a punzecchiare le figlie:
<<No, ho da lavorare io! Ci dovrà pur essere qualcuno che tira avanti la baracca mentre tutti gli altri oziano! Ovviamente ti ha chiamato tua madre>>
Ettore e Diana non si parlavano più dai tempi della morte di Augusto Orsini.
<<Me la puoi passare, allora?>>
A quel punto avvenne una cosa piuttosto insolita, dovuta ai dissapori tra i coniugi Ricci.
Marito e moglie, non si rivolgendosi più la parola, comunicavano attraverso il cane.
Ettore, a voce altissima, si rivolse al suo fido levriero:
<<Bill, va' a dire alla tua padrona che sua figlia vuole parlare con lei>>
Silvia sospirò:
<<Papà, non ricominciare con questa storia del cane>>
Lui sbuffò:
<<Quel cane è più intelligente di tutti voi Orsini messi insieme! Ti saluto e mi raccomando, non ti montare la testa!>>
<<Ma di cosa stai parlando?>>
Si sentì il cane abbaiare e poi silenzio per un po':
<<Pronto Silvia, sono la mamma>>
<<Ciao mamma, mi avevi chiamato tu?>>
<<Sì, volevo dirti che qui a Casemurate tutti parlano di te. La Ottobrini ha incontrato in treno la Lucia Biasoni>> e le raccontò tutto quello che si erano dette.
Silvia si sentiva investita di una responsabilità eccessiva:
<<Uhm, non vorrei che si creassero aspettative troppo alte sul mio conto. Il babbo mi è sembrato più sarcastico del solito>>
Diana rise:
<<Lo sai com'è fatto, ma sono sicura che in cuor suo è orgoglioso di te. Siamo tutti orgogliosi. Di questi tempi abbiamo avuto così pochi motivi per rallegrarci. La nonna Emilia ha festeggiato con un Nero d'Avola e la nonna Clara ha girato in bicicletta fino a Cesena per spargere la notizia>>
Silvia si sentì sprofondare:
<<Immagino che Ida Braghiri si stia mangiando il fegato e stia ricordando a tutti quanto è brava la sua Oriana>>
Diana confermò:
<<Certe cose non cambiano mai>>
Silvia aveva una certa soggezione per la Governante e la sua famiglia:
<<Ida ci seppellirà tutti, prima o poi. C'è gente che vive solo assistere alle disgrazie degli altri>>
Diana abbassò la voce:
<<Ne ha già viste abbastanza, di nostre disgrazie, la "cara" Ida. 
D'ora in avanti cercheremo di non darle troppe soddisfazioni>>

martedì 28 febbraio 2017

Vite quasi parallele. Capitolo 37. Francesco Monterovere fugge dal seminario.

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Nel 1956, Francesco Monterovere aveva diciassette anni ed una sola granitica certezza: non intendeva rimanere un giorno di più in Seminario.
La decisione fu presa dopo che ebbe visionato una foto di se stesso in abito talare.
La foto incriminata, della quale furono poi fatti bruciare persino i negativi, gli era stata scattata da sua zia Anita in un'occasione del tutto particolare e cioè l''ottantacinquesimo compleanno di sua nonna Eleonora Bonaccorsi Monterovere.
Era stata una grande festa di famiglia, a cui tutti i Monterovere, i Bonaccorsi e i Bassi-Pallai avevano partecipato, con abbondanti scorpacciate e libagioni.
Francesco aveva ottenuto il permesso di unirsi alla festa a patto di indossare la tonaca. 
Quando era arrivato, prima degli altri invitati, sua zia Anita, a tradimento, gli aveva scattato la foto, poi gli aveva fornito abiti "borghesi".
La serata era stata piacevole. Francesco aveva rivisto tutti gli altri zii, ma soprattutto i suoi genitori Romano e Giulia, sua sorella Enrichetta, che lavorava già come segretaria dell'Azienda Fratelli Monterovere, e suo fratello Lorenzo, che frequentava il ginnasio.
E qui incominciò la maturazione dell'idea della fuga:
<<Se Lorenzo frequenta il Ginnasio da casa, allora anch'io voglio frequentare l'ultimo anno di Liceo Classico da laico>> aveva detto ai genitori e gli zii.
Alla sera aveva dormito dalla nonna e contava di andare con i genitori a parlare ai Salesiani della sua decisione.
Purtroppo, per una singolare applicazione della Legge di Murphy, il giorno dopo accadde un'imprevista tragedia: suo zio Ferdinando, che aveva mangiato e bevuto con particolare voracità, si sentì male e morì d'infarto a soli cinquantotto anni.
La festa si tramutò subito in lutto, e fu un lutto molto grave, anche perché Nando era il vero dirigente dell'Azienda Fratelli Monterovere, il vero uomo d'affari, e i suoi figli, che pure erano destinati a succedergli in quel ruolo, erano ancora troppo giovani.
Tocco dunque al fratello Romano, seppure di malavoglia, assumere temporaneamente la guida dell'Azienda, insieme al suocero, l'ingegner Lanni.
L'altro fratello, Tommaso, garantì come sempre la "copertura politica" da parte del PCI, specie per garantire i finanziamenti del progetto C.E.R.
Quando Romano spiegò al figlio Francesco che gli eventi di quei giorni richiedevano la sua presenza altrove e gli impedivano di recarsi subito dai salesiani, il ragazzo tornò in seminario, ma con l'intenzione di uscirvi il prima possibile e il momento della fuga fu deciso quando gli arrivò per posta la foto che sua zia Anita gli aveva scattato il giorno del compleanno della nonna.
Vedersi in abito da novizio fu troppo.
Francesco mise subito in atto il piano.
Quella notte, quando i suoi compagni di stanza si furono addormentati, prese il suo zaino e si diresse verso una zona dove l'alto cancello acuminato era affiancato da un ciliegio. Si arrampicò sul ciliegio e si trascinò con le mani lungo un ramo che andava oltre il cancello. 
Il ramo si piegò sempre di più, anche se all'epoca Francesco, pur essendo già alto più di un metro e ottanta, era talmente magro e denutrito da pesare pochissimo.
Si lasciò andare e se la cavò con qualche graffio e una sbucciatura di cui rimase la una cicatrice a forma di croce: l'ultimo ricordo del Seminario.
Si diresse subito dallo zio Tommaso, il quale, essendo comunista, odiava i preti e avrebbe fatto qualunque cosa pur di togliere il nipote dalle loro grinfie.
L'unico prezzo da pagare fu ascoltare per la milionesima volta i racconti puramente inventati da Tommaso riguardo alle sue presunte imprese eroiche durante la Resistenza.
I Salesiani, non appena si accorsero che Francesco era fuggito, si rivolsero alla sua protettrice, la contessa Zuccini, Dama di San Vincenzo, la quale subito individuò il rischio del pericolo comunista:
<<Quel suo zio è peggio di Lenin!>> dichiarò <<Sarebbe capace di tutto!>>
La delegazione andò ad affrontare il Lenin di Faenza e lo trovò particolarmente bellicoso.
<<Mio nipote non si muove di qua. Garantisco io per lui, e sapete che la mia parola pesa molto, da queste parti>>
Francesco fu irremovibile nel rifiuto di non tornare.
<<Non gli faremo superare l'anno di scuola>> minaccio il prete-vicepreside.
Ma lo zio Tommaso aveva già trovato la soluzione:
<<Darà gli esami di ammissione alla terza Liceo da privatista. E se non sarà presentato bene, sarete voi a fare una brutta figura>>
Alla fine si arrivò ad un compromesso: Francesco sarebbe stato promosso con la media del 6, molto più bassa di quella reale, ma avrebbe potuto accedere all'ultimo anno del Liceo Classico pubblico se, come prevedeva la legge per chi proveniva da scuole confessionali, avesse superato l'esame di ammissione. 
Lo superò con la media dell'otto e finalmente, alle soglie dei 18 anni, fu libero.