lunedì 1 dicembre 2014

Il gatto quotidiano







"Arrivano i nostri a cavallo d'un caval, arrivano i nostri con in testa il general"





















Arathorn e Gilraen, genitori di Aragorn, nel film "Born of Hope", rendono omaggio a lord Arador di Arnor



Il firm "Born of Hope" è un prequel amatoriale de "Il Signore degli Anelli" e racconta le vicende dei genitori di Aragorn, e cioè Arathorn e Gilraen. Nell'immagine qui sopra i due sposi rendono omaggio al padre di Arathorn, il vecchio lord Arador, signore dei Dunedain e dei Raminghi del Nord, erede di Isildur.

Sotto, il link al film, sottotitolato in italiano

https://www.youtube.com/watch?v=XmlRg76Ccyo

Sotto l'anello di Barahir



Born of Hope, conosciuto anche come Born of Hope: The Ring of Barahir, è un fan film basato sulle note in Appendice de Il Signore degli Anelli, romanzo di J.R.R. Tolkien. Le riprese del film si sono svolte in Suffolk, nella Foresta di Epping[1] e in Snowdonia. Il budget del film è stato di £25,000[2], mentre le comparse sono state circa 400.[3]
Può considerarsi un prequel dei fatti narrati nella trilogia di Peter Jackson.

Trama

La trama del film racconta la storia d'amore di Arathorn e di sua moglie Gilraen durante l'attacco degli orchi di Sauron alle varie comunità della Terra di Mezzo.[4]

Attori

Come accaduto nel fan film La caccia a Gollum, anche in questo film sono stati selezionati attori quasi del tutto sconosciuti.[5]

In Italia

Il film è stato doppiato in italiano dal gruppo di doppiatori-ricercatori della "Khàrisma Cineproduzioni per il doppiaggio" - Bari (The Hunt for Gollum Italian Dubbed Version), condotto e diretto da Maria Teresa Vassalli.

Accoglienza

The Times ha dato al film una recensione positiva, gli ha assegnato 4 stelle su 5 e ha lodato particolarmente gli attori.[2]

Note

  1. ^ Nicole Martin, Orcs are back in Lord of the Rings-inspired Born of Hope in The Daily Telegraph, 27 ottobre 2008. URL consultato il 31 gennaio 2010.
  2. ^ a b Wendy Ide, Born of Hope in Times Online, Times Newspapers Limited, 12 febbraio 2010. URL consultato il 13 febbraio 2010.
  3. ^ "Movies Editor", Lord of the Rings prequel for just £25,000 in Yahoo! Movies, 11 febbraio 2010. URL consultato il 13 febbraio 2010.
  4. ^ Robin Anne Reid, The Hunt for Gollum: Tracking issues of fandom cultures in Transformative Works and Cultures, vol. 3, 2009, DOI:10.3983/twc.2009.0162.
  5. ^ Born of Hope - Cast

Cartina delle linee della metropolitana della Terra di Mezzo

Fantasy ed archetipi junghiani


Briggs-Myers Personality Type.


La parola archetipo deriva dal greco antico ὰρχέτυπος col significato di immaginearché ("originale"), tipos ("modello", "marchio", "esemplare"); è utilizzata per la prima volta da Filone di Alessandria e, successivamente, daDionigi di Alicarnasso e Luciano di Samosata.
Il termine viene usato, attualmente, per indicare, in ambito filosofico, la forma preesistente e primitiva di un pensiero (ad esempio l'idea platonica); in psicoanalisi da Jung ed altri autori, per indicare le idee innate e predeterminate dell'inconscio umano; per derivazione in mitologia, le forme primitive alla base delle espressioni mitico-religiose dell'uomo e, in narratologia, i metaconcetti di un'opera letteraria espressi nei suoi personaggi e nella struttura della narrazione; in linguistica da Jacques Derrida per il concetto di «archiscrittura»: la forma ideale della scrittura preesistente nell'uomo prima della creazione del linguaggio e da cui si origina quest'ultimo. L'archetipo è inoltre utilizzato in filologia per indicare la copia non conservata di un manoscritto (l'originale) alla quale risale tutta la tradizione (le copie del manoscritto originale).

In psicoanalisi

In psicoanalisi potrebbe essere definito come una forma universale del pensiero dotato di un certo contenuto affettivo per il soggetto, dunque un simbolo, e che potrebbe a sua volta autodefinirsi come una sorta di valore etico-sociale cui il soggetto crede, si appoggia o è condizionato, consciamente o inconsciamente, nell'arco della sua esistenza o parte di essa, nella realizzazione dei suoi progetti di vita o semplicemente nel suo modo di essere ocomportarsi.

Carl Gustav Jung

Carl Gustav Jung teorizza che l'inconscio alla nascita contenga delle impostazioni psichiche innate, quasi sicuramente dovuto al tipo di sistema nervoso caratteristico del genere umano, trasmesse in modo ereditario. Tali impostazioni e immagini mentali sono quindi collettive, cioè appartenenti a tutti; Jung chiama questo sistema psichico inconscio collettivo, distinguendolo dall'inconscio personale che deriva direttamente dall'esperienza personale dell'individuo. La formulazione dell'archetipo è più volte ridefinita, precisata, approfondita da Jung.
L'inconscio collettivo, per Jung, è costituito sostanzialmente da schemi di base universali, impersonali, innate, ereditarie che lui chiama archetipi. Di questi i più importanti sono: il «Sé» (il risultato del processo di formazione dell'individuo), l'«ombra» (la parte istintiva e irrazionale contenente anche i pensieri repressi dalla coscienza), l'«anima» (la personalità femminile così come l'uomo se la rappresenta nel suo inconscio) e l'«animus» (la controparte maschile dell'anima nella donna). Particolarmente rilevante è l'archetipo femminile che chiama anima o animus (nella sua controparte maschile). In sostanza Jung sposta sul piano inconscio alcuni condizionamenti culturali (religiosi e artistici) e ambientali, comuni a tutti gli individui di un certo gruppo, che Freud riteneva presenti invece nel Super-io della psiche umana.
Da un punto di vista psicodinamico Jung postula, poi, quattro funzioni fondamentali: pensierosentimentosensazione e intuizione. Ciascuna di queste funzioni è variamente dominante in ogni individuo [1] e ogni individuo si rapporta con l'archetipo femminile (o maschile, Animus, per la donna) che risiede nel suo inconscio. Questa relazione ha, per Jung, un ruolo nell'equilibrio delle funzioni psicodinamiche. Le funzioni meno dominanti in un individuo vengono sommerse nell'attività dell'inconscio e assumono la forma di funzioni psicodinamiche della sua anima come se questa fosse in qualche misura separata e in grado di intrattenere una certa forma di dialogo interiore.
L'archetipo, conseguentemente, viene a essere un sorta di prototipo universale per le idee attraverso il quale l'individuo interpreta ciò che osserva e esperimenta. È, per Jung, l'immagine primordiale (urtümliches Bild) dell'inconscio collettivo.
Gli archetipi integrandosi con la coscienza, vengono rielaborati continuamente dalle società umane, si manifestano «contemporaneamente anche in veste di fantasie e spesso rivelano la loro presenza solo per mezzo di immagini simboliche»[2], si rafforzano, si indeboliscono e possono anche morire. L'indebolirsi degli archetipi nell'epoca moderna ha reso, per Jung, possibile e utile la psicologia[3]. La sopravvivenza degli archetipi, in epoca moderna, è legata anche agli esiti della comunicazione di massa. Un film di successo, un libro, una trasmissione televisiva molto seguita possono giocare un ruolo nel ravvivarli o indebolirli.
Di archetipi in psicologia si sono occupati, oltre a Jung, anche Jacques Lacan e James Hillman.

Archetipo e multiculturalità

Gli esponenti dell'Umanesimo Normativo in sociologia attinsero al lavoro di Jung l'idea che gli archetipi mitici possano essere rintracciabili al di là dei confini tra le culture, facendo leva sull'aspetto universale inteso come umanodel concetto.
Erich Fromm utilizzò questo strumento per dimostrare l'esistenza di bisogni umani fondamentali che è possibile definire positivamente e che tramite gli archetipi dimostrano di travalicare ogni differenza culturale.

In mitologia

Exquisite-kfind.pngPer approfondire, vedi mitopsicologia.
Gli archetipi formulati da Jung sono stati comparati da diversi autori, in particolare Joseph Campbell, con le strutture dei miti e delle religioni umane, della cultura orale e delle fiabe popolari, riscontrando una certa convergenza di significato fra le espressioni mitiche-religiose delle varie società umane verso alcuni motivi fondamentali che sono, a loro volta, considerabili come degli archetipi. «I principali motivi mitologici d'ogni tempo e d'ogni razza sono probabilmente di questo tipo», afferma Jung in Psychologische Typen[4] del 1921.
A questo approccio prevalentemente psicologico nello studio della mitologia tramite gli archetipi si affianca un approccio prevalentemente etnologico risalente a Alfred Radcliffe-Brown in cui, invece, «il clima, la geografia, le strutture sociali come forze modellatrici delle idee, degli ideali delle fantasie e delle emozioni [sono considerati] più importanti delle strutture innate e delle capacità della psiche»[5]

In letteratura

Il concetto di archetipo si può incontrare frequentemente in letteratura, nell'ambito della narratologia. Per esempio l'archetipo dell'eroe è considerato generalmente un concetto chiave nella redazione di una sceneggiatura cinematografica.

In linguistica

Il fenomeno per cui gli archetipi vengono iscritti nell'inconscio fu tra gli argomenti usati da Derrida in uno dei saggi fondamentali del Decostruzionismo La scrittura e la differenza (qualcuno potrebbe pensare di tradurre differanzarifacendosi alle sue parole) per concludere che la scrittura (in un senso un po' più ampio dell'accezione comune) preesiste alla parola. L'archetipo sarebbe un esempio di qualcosa che si scrive (nel nostro inconscio) prima che venga detto con le caratteristiche di permanenza e differimento temporale della codifica/decodifica che ha la scrittura nel linguaggio comune.

In filologia

Exquisite-kfind.pngPer approfondire, vedi Archetipo (filologia).
Il termine "archetipo" ha un'accezione tecnica nel campo del metodo di Lachmann (1850) in critica testuale: è infatti il più antico esemplare da cui discendono tutti i testimoni posseduti di un testo, distinto dall'originale. Nellostemma codicum si indica con x oppure ω.

Note

  1. ^ concetti questi poi sviluppati e resi popolari dal test della personalità creato da Isabel Briggs Myers assieme alla madre.
  2. ^ L'uomo e i suoi simboli, cit., p. 52
  3. ^ Gli archetipi dell'inconscio collettivo, opera citata - pp. 28 e seguenti
  4. ^ Tipi psicologici, cit., p. 598
  5. ^ Mitologia primitiva, cit., p. 49

Bibliografia

Voci correlate


Fairy tales. Wonderland






















































domenica 30 novembre 2014

Calenmir, la madre di Legolas



Calenmir (o Calenvir), regina degli Elfi Silvani, era la moglie di Thranduil e la madre di Legolas, secondo uno scritto incompiuto di Tolkien, aggregato ad una antologia tolkieniana degli anni '90 ormai fuori catalogo, e soltanto in una delle sue edizioni, poiché Christopher Tolkien, curatore delle pubblicazione postume dei romanzi e racconti del padre, giudicò lo scritto "non canonico" rispetto al Legendarium paterno.



Apparteneva alla stirpe degli Avari, gli Elfi che non videro mai Valinor, e preferirono fermarsi presso i grandi boschi dell'est.



Era coetanea ed intima amica di Celebrian, moglie di Elrond e cugina di Thranduil.
Il padre di Thranduil, Oropher, era infatti un Sindar parente stretto di Celeborn.



Il padre di Thranduil, Oropher, era infatti un Sindar parente stretto di Celeborn.

Successivamente la storia di Calenvir fu ripresa da alcuni scritti "apocrifi" all'interno delle pubblicazioni di David Day.
Così dunque procede per sommi capi la vicenda di questo personaggio evanescente.

Per lei Thranduil fece creare, dai Nani di Erebor, una meravigliosa collana di gemme "di Pura Luce Stellare".

Quando la collana fu pronta, Thranduil si recò di persona ad Erebor, portando preziosi doni come pagamento.

Tuttavia Re Thror alzò il prezzo e non si accontentò del baule di diamanti che Thranduil gli aveva portato. 
Ciò che portò alla lite tra i due sovrani fu l'avidità di Thror, che non solo si tenne la collana, ma prese anche il baule con i diamanti come "caparra".

Questa fu la ragione per cui Thranduil, successivamente, si rifiutò di soccorrere Thror quando Erebor fu conquistata da Smaug.

Incerte sono le ragioni della "scomparsa" di Calenmir.

Non essendoci riferimenti ufficiali nei romanzi editi, si sono fatte delle ipotesi, basate sugli scritti incompiuti e anche sulla versione cinematografica.

Nel film si sostiene la tesi che Calenmir sia morta durante la Battaglia di Gundabad, uccisa dagli Orchi, ai tempi della guerra contro il Re Stregone di Angmar, il primo dei Nove Spettri dell'Anello.

Secondo altre versioni Calenmir sarebbe stata solo ferita, a Gundabad, e si sarebbe recata a Gran Burrone, per la convalescenza, rimanendo poi presso Celebrian, in seguito alla separazione dal marito.

Le ipotesi riguardo alle cause della separazione sono varie.
Tra esse si parla di divergenze con Thranduil riguardo al governo del Reame Boscoso.La regina era infatti contraria alla politica isolazionista del marito.

Calenmir avrebbe voluto una forte alleanza con Elrond e Galadriel, ma Thranduil si rifiutò, fino a quando Sauron non tornò a manifestarsi dopo la Battaglia delle Cinque Armate.

Secondo quest'ultima versione, Calenmir sarebbe poi partita per Valinor insieme a Celebrian, quando quest'ultima fu gravemente ferita da una freccia avvelenata.

Calenmir andò a vivere a Gran Burrone diventando prima dama di corte presso Celebrian, in seguito alla separazione dal marito.

Un ulteriore motivo della separazione fu dovuto alle divergenze riguardo all'educazione di Legolas.
Calenmir era estremamente apprensiva e non approvava il fatto che il suo unico figlio venisse cresciuto come un guerriero e sviluppasse l'amore per le armi e le battaglie.

Questa divergenza di idee riguardo al ruolo di Legolas come capitano della guardia reale di Mirkwood fu alla base del progressivo deterioramento dei rapporti tra madre e figlio.
Legolas era vissuto a lungo con la madre a Gran Burrone, dove aveva conosciuto Aragorn ed Arwen, ma alla fine aveva deciso di tornare al fianco di suo padre e a diventarne il braccio destro.