lunedì 21 luglio 2014

Chiare, fresche e dolci acque







Chiare, fresche et dolci acque è la canzone numero CXXVI (126) del Canzoniere di Francesco Petrarca. Fu scritta tra il 1344 e il 1345 e il poeta venne ispirato, molto probabilmente, dal fiume Sorgue che scorre nei pressi dell'attuale comune francese di Fontaine-de-Vaucluse (Fonte di Valchiusa).



La canzone, da molti ritenuta il capolavoro del poeta aretino, è divisa in 5 stanze di 13 versi ciascuna (4 endecasillabi e 9 settenari). Ogni stanza è divisa in fronte (contenente due piedi) esirma (indivisa). Il componimento termina con un congedo di tre versi (2 endecasillabi e 1 settenario).
Lo schema delle rime è: abCabCcdeeDfF (DfF per il congedo).
La canzone ha la forma di un dialogo rivolto al luogo, Valchiusa, che ha visto gli incontri del poeta con Laura e nel quale egli si augura di potere un giorno essere sepolto.
I vari elementi della natura (acque, erbe, fiori e così via) sembrano recare ancora l'impronta della donna e la evocano con intensità alla memoria (v.41). L'animo del poeta oscilla tra il ricordo dolce di giorni passati e l'anticipazione dolce-amara di quando sarà già morto: allora forse Laura tornerà in questo luogo, lo cercherà invano e, scoprendone la tomba, implorerà dal Cielo pietà verso di lui.
Nella canzone perciò si alternano il passato (strofe 1,4,5) e il futuro (2,3). Alle strofe, come è consuetudine nella canzone, segue un "congedo" o "commiato" di tre versi, con cui l'autore saluta la sua poesia nel momento in cui l'affida alla lettura del pubblico ("la gente").
Il poeta si rivolge ai luoghi che hanno accolto in passato la presenza di Laura. È questa una canzone celeberrima del Canzoniere, composta probabilmente tra il 1340 e il 1341. Al centro dell'attenzione sta il paesaggio intimamente legato e segnato dalla presenza di Laura e dall'abbandono del poeta, il quale, proprio nel paesaggio trova il corrispettivo più adeguato del proprio mondo interiore. Sia il paesaggio sia la figura di Laura sono visti nella prospettiva del ricordo, altro elemento decisivo della lirica petrarchesca.

Chiare, fresche et dolci acque, 
ove le belle membra 
pose colei che sola a me par donna; 
gentil ramo ove piacque 
(con sospir mi rimembra) 
a lei di fare al bel fianco colonna; 
erba e fior che la gonna 
leggiadra ricoverse 
co l'angelico seno; 
aere sacro, sereno, 
ove Amor co' begli occhi il cor m'aperse: 
date udienza insieme 
a le dolenti mie parole estreme.
S'egli è pur mio destino, 
e 'l cielo in ciò s'adopra, 
ch'Amor quest'occhi lagrimando chiuda, 
qualche grazia il meschino 
corpo fra voi ricopra, 
e torni l'alma al proprio albergo ignuda. 
La morte fia men cruda 
se questa spene porto 
a quel dubbioso passo; 
ché lo spirito lasso 
non poria mai in più riposato porto 
né in più tranquilla fossa 
fuggir la carne travagliata e l'ossa.
Tempo verrà ancor forse 
ch'a l'usato soggiorno 
torni la fera bella e mansueta, 
et là ' ov' ella mi scorse 
nel benedetto giorno 
volga la vista disiosa et lieta, 
cercandomi: et, o pieta!, 
già terra infra le pietre 
vedendo, Amor l'inspiri 
in guisa che sospiri 
sì dolcemente che mercé m'impetre, 
et faccia forza al cielo, 
asciugandosi gli occhi col bel velo.
Da' be' rami scendea 
(dolce ne la memoria) 
una pioggia di fior sovra 'l suo grembo; 
et ella si sedea 
umile in tanta gloria, 
coverta già de l'amoroso nembo. 
Qual fior cadea sul lembo, 
qual su le trecce bionde, 
ch'oro forbito et perle 
eran quel dì, a vederle; 
qual si posava in terra, e qual su l'onde; 
qual, con un vago errore 
girando, parea dir: Qui regna Amore
Quante volte diss'io 
allor pien di spavento: 
Costei per fermo nacque in paradiso. 
Così carco d'oblio
il divin portamento 
e 'l volto e le parole e 'l dolce riso 
m'aveano, et sì diviso 
da l'imagine vera, 
ch'i' dicea sospirando: 
Qui come venn'io, o quando?; 
credendo esser in ciel, non là dov'era. 
Da indi in qua mi piace 
questa erba sì, ch'altrove non ho pace.
Se tu avessi ornamenti quant' hai voglia, 
poresti arditamente 
uscir del bosco e gir in fra la gente.

PARAFRASI

Limpide, fresche e dolci acque
dove immerse le sue belle membra
colei che unica per me merita il nome di donna
delicato ramo al quale le piacque
di appoggiare il suo bel corpo
( me ne ricordo sospirando )
erba, fiori che ricoprirono
il suo leggiadro vestito ed il suo corpo,
atmosfera limpida, fatta sacra dalla sua presenza
dove Amore attraverso i suoi begli occhi mi trafisse l'animo
ascoltate voi tutti insieme
le mie tristi ultime parole.
Se è mio destino dunque,
ed in ciò si adopera il volere del cielo,
che Amore chiuda questi occhi piangenti,
qualche favore divino faccia sì
che il mio corpo sia sepolto tra voi,
e l'anima ritorni sciolta dal corpo al cielo.
La morte sarà meno dolorosa
se reco questa speranza in vista di quel pauroso momento:
poiché l'anima stanca
non potrebbe in più riposata quiete
né in più tranquillo sepolcro
abbandonare il corpo travagliato da mille angosce.
Verrà forse un giorno
in cui all'abituale meta
ritornerà la donna bella e crudele,
e a quel luogo dove ella mi vide
nel benedetto giorno dell'incontro
volga i suoi occhi pieni di desiderio e di letizia,
cercando di me, e, divenuta pietosa,
vedendomi polvere tra le pietre del sepolcro,
venga ispirata da Amore
così da sospirare
tanto dolcemente e ottenere la misericordia divina
piegando la giustizia celeste,
asciugandosi gli occhi con il suo bel velo.
Dai rami scendeva ( dolce nel ricordo )
una pioggia di fiori sul suo grembo;
ella sedeva umile in tanta festa della natura,
coperta da quella pioggia di fiori, ispiratrice d'amore.
Un fiore cadeva sull'orlo della veste,
un altro sulle bionde trecce,
che quel giorno a vederle.
parevano oro fino e perle 
Un altro si posava in terra ed un altro ancora sull'acqua;
infine un fiore 
volteggiando nell'aria
pareva suggerire: "Qui regna Amore "
Quante volte dissi,
preso da grande stupore:
costei certo è nata in Paradiso.
Il suo modo di procedere quasi divino; 
il suo volto, la sua voce e il suo sorriso
mi avevano fatto dimenticare a tal punto dove mi trovavo
e fatto allontanare talmente dalla realtà,
che  mi chiedevo sospirando come
fossi potuto pervenire in un luogo simile e quando vi ero giunto.
Perché credevo di essere giunto in Paradiso
non in Terra dove mi trovavo
Da quel momento in poi amo questo luogo
così che non ho pace in nessun altro.
Se tu, mia canzone, fossi bella e ornata, quanto desideri,
potresti coraggiosamente
uscire dal bosco e andare tra gli uomini


The River Brue originates in the parish of Brewham in Somerset, England, and reaches the sea some 50 km west at Burnham-on-Sea. It originally took a different route fromGlastonbury to the sea, but this was changed by the monastery in the twelfth century.
The Brue Valley Living Landscape is a conservation project based on the Somerset Levels and Moors and managed by the Somerset Wildlife Trust. The project commenced in January 2009 and aims to restore, recreate and reconnect habitat. It aims to ensure that wildlife is enhanced and capable of sustaining itself in the face of climate change[1] while guaranteeing farmers and other landowners can continue to use their land profitably. It is one of an increasing number of landscape scale conservation projects in the UK.

Paesaggi montani e lacustri











Immagini dalla Terra di Mezzo



Tower Hills, Emyn Beraid, Colli Torrioni, nei pressi dei Porti Grigi

La città di Dale



I colli ferrosi



La tomba di Balin a Moria



Cerin Amroth



Tol Brandir



Osgiliath



La battaglia dei Campi di Pelennor

La tolleranza repressiva del pensiero unico buonista, nuovista e facilone (e di chi c'è dietro)



Quando Marcuse coniò il termine di "tolleranza repressiva", in Eros e civiltà, non credo che avrebbe mai immaginato che la più evidente realizzazione di quel concetto nella politica italiana avrebbe avuto il faccione fintamente rassicurante di Matteo Renzi, l'idolo delle casalinghe, il nipote che tutte le nonne vorrebbero avere, il Grand'Uomo destinato a prendere il posto che, prima di lui, fu di Berlusconi, di Craxi, di Andreotti, di Mussolini, di Giolitti e di Depretis.
Ognuno dei potenti primi ministri citati qui sopra aveva una sua ideologia di fondo, ma qual è l'ideologia di fondo di Renzi? E' il "buonismo" veltroniano di rito obamiano, condito in salsa bergogliana e confindustriale, cioè un qualcosa che finge di essere buono, ma che in realtà, dietro, nasconde gli interessi di ben precisi poteri forti di cui parlerò con chiarezza.



Intanto cosa significa esattamente "buonismo"? Significa ostentare, soprattutto a parole, un atteggiamento di altruismo oltranzista, di paternalismo pietistico e sentimentale, e di  totale favoritismo verso determinate categorie sociali (fatte apparire come integralmente buone e degne di essere amate sopra ogni cosa), volto a creare per se stessi una reputazione di persona buona e impegnata a far del bene.
Il buonismo attuale si accompagna anche alla faciloneria, cioè un ottimismo ingiustificato, esagerato e pernicioso che, basandosi sull'idea che "volere è potere", crede che tutto sia possibile, e che sia raggiungibile "presto e bene". E' un "yes we can" o una formula da hashtag del tipo  #lavoltabuona o #lasvoltabuona che poi si arenano regolarmente in un pantano, in un Vietnam in cui tutto il sistema, avendo perduto le colonne portanti (abbattute perché considerate simbolo della passata oppressione), sprofonda nelle sabbie modibili, portando con sé soprattutto i ceti più deboli, perché per i potenti, specie per queli buonisti, ci sono sempre le scialuppe di salvataggio.
E' altamente diseducativo far credere che le cose siano facili.
Il politico che fa credere che si possa fare tutto presto e bene ha la stessa credibilità di Vanna Marchi.
La storia però viene da lontano e unisce tre tradizioni: quella della sinistra politica (il cui obiettivo è l'eguaglianza assoluta), quella del liberalismo progressista basato sull'idea che il nuovo sia meglio del vecchio e che l'uomo allo stato di natura sia buono e per questo goda di alcuni diritti naturali, e quella del cattolicesimo democratico e pauperista, il cui sogno è che tutti siano poveri.



Perché il buonismo è da considerare una forma di tolleranza repressiva?
La risposta è che il buonismo è tollerante verso determinate categorie ben precise, a cui viene data sempre ragione, mentre è repressivo verso altre categorie particolari che sono considerate colpevoli a priori e quindi diventano i capri espiatori di tutti i mali della società.
Va inoltre aggiunto l'aspetto più cinico: spesso le categorie favorite sono "utili" perché portano voti o si possono impiegare con salari più bassi, facendogli fare i famosi lavori che nessuno vuole fare, cioè di fatto trattandoli come schiavi, senza per questo voler loro meno bene, anzi più sono schiavi e più sono favoriti.
Facciamo subito un esempio per capire chi sono, nel mondo buonista, i "buoni e i cattivi" per definizione.
Gli immigrati, le donne, i minorenni, i gay, i palestinesi, gli ucraini, i lavoratori dipendenti, i sindacati, i centri sociali, i rom, i no global, la sinistra, i giovani, gli inquilini non proprietari di immobili: tutti questi gruppi sono buoni per definizione e possono fare quel che vogliono, escluso il caso in cui una di queste categorie colpisca una delle altre. Se avviene, ci sono alcune categorie ancor più amate: sicuramente gli immigrati stanno al vertice dell'amore buonista, insieme ai rom, alle donne e ai minori, che "hanno sempre ragione e sono sempre buoni e innocenti".
E' allora facile delineare l'identikit del Cattivo secondo i buonisti:
Maschio, italiano, eterosessuale, maggiorenne, ultra 35enne, proprietario di uno o più immobili, non lavoratore dipendente, di destra. Ecco: costui, per i buonisti, è il Nemico da distruggere.
I Lager del Buonismo sono le Custodie Cautelari interminabili per questi presunti colpevoli di qualsiasi cosa, soprattutto se hanno osato dire una parola contro le categorie amate dai Buonisti.
Le SS del Buonismo sono i politici di centro-sinistra (una volta si diceva i "cattocomunisti"), i burocrati, i sindacalisti, i cattolici progressisti, gli intellettuali radical-chic, i giornalisti, gran parte del mondo dello spettacolo, quasi tutti gli insegnanti e infine, come esecutori materiali, una buona parte dei magistrati.



Abiti e costumi dell'Ottocento e del primo Novecento.





























Ritratto di signora














Molly, duchessa di Nona, Frank Cadogan Cowper, 1905, acquerello e biacca su carta, 23 x 33,5 cm, collezione privata .


Il soggetto del dipinto è tratto da “Little Novel of Italy” di Maurice Hewlett (che potete legger qui in inglese:http://www.gutenberg.org/files/20929/20929-h/20929-h.htm#THE_DUCHESS_OF_NONA); Molly Lovel era una bellissima fanciulla adorata da tutti per la sua semplicità e timidezza, per le guance rosse e il suo carattere onesto e gentile. Morirà insieme al marito duca di Nona per mano del loro nemico Cesare Borgia.

Sotto, Vanità, Frank Cadogan Cowper, 1907, olio su tavola, 57,1 x 38,1 cm. Royal Academy of Arts, Londra.


E’ il primo dipinto che l’artista espone alla Royal Accademy; la composizione deriva dai dipinti del rinascimento italiano e la giovane donna ritratta indossa vesti colorate riccamente decorate. Il quadro è la manifestazione della bellezza femminile, suggerita dai preziosi gioielli e dallo specchio che rappresenta la vanità. La fanciulla è posta davanti ad un albero di vite, colmo di uva matura, che richiama l'abbondanza e il piacere; in mezzo alla fronte ha un opale, simbolo di passioni ambigue e sfuggenti. La sua posa contro il parapetto suggerisce romanticismo verso il passato e allude all’amor cortese e cavalleresco

Sotto, Raperonzolo canta dalla torre, Frank Cadogan Cowper, 1908, matita ed acquerello con gomma arabica, lumeggiature con tocchi di biacca, 67,3 x 42 cm, collezione privata.



Cowper illustra la famosissima fiaba dei fratelli Grimm a 31 anni; Raperonzolo (Rapunzel) è una splendida fanciulla rinchiusa da una strega in una torre senza porte né scale, raggiungibile soltanto arrampicandosi con i lunghi capelli dorati della ragazza. L’artista volta le spalle alla modernità e cerca di mantenere un clima preraffaellita quando la maggior parte delle figure di spicco del movimento sono ormai morte. (Solo Holman Hunt sopravvive fino al 1910). Cowper si rivolge allo stile veneziano di Rossetti e utilizza ricchi broccati per creare decorazioni fastose ed opulente. L’acquerello è realizzato un anno dopo a “Vanità” e ha molto in comune: entrambe le donne sono a mezzo busto e avvolte in stoffe elaborate, il cui motivo principale è rosso e oro; la modella è probabilmente la stessa, anche se l’atteggiamento è diverso, altezzoso e distaccato in “Vanità”, sensuale e provocante in “Raperonzolo”, che con i capelli sembra suonare una cetra come in moltissimi dipinti rossettiani.

sotto, Portrait of a Lady, 1460.
Rogier van der Weyden (1399 - 1464), Belgian

Throughout the history of art, many standards of idealization have come and gone. Most people may be familiar with the canon of proportions established by Vitruvius and immortalized by Leonardo da Vinci in his drawing of the Vitruvian Man. While Da Vinci's drawing came about thirty years after this painting, the teachings of Vitruvius had existed for well over a thousand years. Weyden painted in an idealized manner that beautified his models, though his form of idealism deviated from the accepted canon at the time. It is believed that this successful deviation was the main cause of his great popularity.





Margaret (sola con la sua ruota per filare), Frank Cadogan Cowper, 1907, olio su tela, 43 x 33 cm, collezione privata.