Blog di letteratura, storia, arte e critica cinematografica e televisiva. I racconti e i romanzi contenuti in questo blog sono opere di fantasia o di fanfiction. Gli eventi narrati e i personaggi descritti, esclusi quelli di rilevanza storica, sono del tutto immaginari. Ogni riferimento o somiglianza a persone o cose esistenti o esistite, o a fatti realmente accaduti, è da considerarsi puramente casuale. Gli elementi di fanfiction riguardano narrazioni di autori molto noti e ampiamente citati.
mercoledì 25 giugno 2014
Storia del giardinaggio: il Medioevo, la Curtis, il monastero e l'Hortus conclusus
Dopo la Caduta dell'Impero d'Occidente (467 d.C.) le città romanizzate dell'Europa occidentale si spopolarono e il centro della vita tornò ad essere la campagna, come ai tempi della villa rustica nella repubblica romana delle origini. Il baricentro economico si fece rurale, basato sulla villa rustica e sulla curtis.
La corte (in latino curtis) viene definita, nell'ambito del sistema vassallatico-beneficiario medievale, come quell'insieme di ville ed edifici dove il signore soggiornava ed espletava le sue funzioni di controllo sul territorio. La cosiddetta '"economia curtense"', tipica dell'alto medioevo, fu una fase di passaggio nel mondo rurale tra l'economia della Villa romana e quella della signoria fondiaria del feudalesimo. L'esempio di economia curtense più spesso studiato, per ragioni relative alla sua migliore documentazione, è quello che si affermò nel regno dei Franchi in particolare tra la Loira e la Senna, che con alcune varianti si radicò un po' in tutta l'Europa cristiana.
Nell'immagine sopra si vede la corte del palazzo di Aquisgrana, soggiorno preferito dell'imperatore Carlo Magno. Qui sotto sono specificate le funzioni dei vari edifici.
Sotto, la sala del trono di Carlo Magno nella Cappella Palatina di Aquisgrana
La tomba di Carlo Magno e il reliquiario.
Le guerre che sconvolsero l'Europa dopo l'estinzione della dinastia dei Carolingi e le invasioni da parte di Normanni, Saraceni, Slavi e Ungari fecero sì che la sicurezza fosse sempre più legata alla possibilità di vivere in luoghi fortificati. Ho già trattato in precedenza il fenomeno dell'incastellamento e la nascita dei feudalesimo. In questa sede intendo concentrarmi maggiormente sull'aspetto della storia dell'agricoltura e del giardinaggio nell'ambito del periodo feudale.
È soprattutto nelle corti signorili e nei conventi monastici occidentali che si riallaccia il filo della storia dei giardini, sfilacciatosi durante le invasioni barbariche. In oriente si tendeva infatti all'eremitaggio, ed era difficile che si sviluppasse una regolare cura dei giardini. In Occidente -al contrario- i monaci si aggregano in fortilizi protetti, adibiti al culto, alla produzione di cibo e alla salvaguardia della cultura.
Dunque il castello, la corte e il monastero sono i luoghi dove è possibile mantenere viva la tradizione dell'hortus latino e del perystilium della domus romana.
Non avendo altri modelli a cui riferirsi, i monaci attingono per la costruzione di chiostri a quello romano o tardo-romano. Usando un colonnato a portici, chiudono uno spazio a pianta quadra o rettangolare, entro cui coltivare piante per uso medicinale ed erboristico.
In questo modo l'hortus diventa il claustrum, il chiostro.
Il chiostro è una parte costitutiva di un convento o di una abbazia, consistente in un'area centrale scoperta circondata da corridoi coperti, da cui si accede ai principali locali conventuali. I primi esempi di chiostri si trovano in edifici usati da monaci benedettini o loro derivazioni. Anche altri ordini religiosi monastici o non monastici possono costruire o usare chiostri; in alcuni casi possono assumere forme e collocazioni inusuali a seconda delle necessità della comunità che lo usa.
Al centro del chiostro c'era solitamente un pozzo.
I quattro angoli ai lati erano separati tramite varie suddivisioni, e vi si coltivavano i fiori per l'altare, tra questi soprattutto gigli. Molto spesso, secondo il canone romano, l'intero giardino era perimetrato da basse siepi di bosso. Al centro del giardino vi era una fontana, simbolo di fertilità e omaggio alla purezza della Madonna.
L'intero giardino, o hortus conclusus era diviso in quattro quadranti da due assi perpendicolari, secondo il modello già visto nei "paradisi" persiani.
Una fonti più importanti per comprendere che tipo di piante e fiori si coltivassero negli orti monastici è il "Capitulare de villis vel curtis imperii", detto semplicemente Capitulare de villis (in italiano: "Decreto sulle città") emesso da Carlo Magno, circa nel 795, in cui vengono nominate 73 erbe e 16 alberi che Carlo Magno voleva fossero coltivate nelle sue terre. Nel "Capitulare" veniva anche richiesto un rapporto annuale, da presentare a Natale, sui raccolti ottenuti, non solo di piante eduli, ma anche ornamentali. Un altro testo importantissimo è l'Hortulus di Walafrid Strabo. Il titolo latino completo dell'opera è: Liber de cultura horturm. In questo importantissimo testo le tecniche di giardinaggio e orticoltura sono esposte in maniera semplice, pratica e moderna. vengono descritte sia specie utili che ornamentali.
Si fa un ulteriore passo avanti con le regole dell'ordine dei cistercensi, per i quali doveva esistere non solo il giardino con erbe e fiori, ma anche il giardino per gli infermi e i convalescenti, in cui ci fosse una vasca per i pesci con bordi alti, in modo da potervisi sedere, recinti con alberi da frutto, passeggiate. In definitiva un luogo in cui il piacere dell'anima si fondeva in maniera spirituale alle necessità di ordine quotidiano. Al di là dell'aspetto religioso, in epoca moderna, molti terapisti consigliano la garden-therapy come pratica coadiuvante negli stati di patologie, specie di ordine psicologico. Il rapporto tra i giardini e la sacralità cattolica sarà molto stretto durante il Medioevo, e il giardino simbolo della purezza di Maria. Nel campo dell'arte sacra europea infatti l'hortus conclusus divenne simbolo della verginità di Maria e si trova spesso raffigurato, anche tramite pochi accenni simbolici, in dipinti quali le Annunciazioni ed altre scene della vita della Vergine. Dopotutto l'immagine dell' hortus conclusus è ripresa da un passo biblico del Cantico dei Cantici (4, 12): "Hortus conclusus soror mea, sponsa, hortus conclusus, fons signatus" («Giardino chiuso tu sei, sorella mia, sposa, giardino chiuso, fontana sigillata»)
Questo schema fu indicativo per molto tempo a venire, tanto che Bacone lo esaltò per la creazione dei giardini inglesi della sua epoca, alla fine dell'Età elisabettiana. Non solo, ma l'idea del giardino medievale, chiuso, fu ispiratrice dello stile dei giardini Arts&Crafts, come ben si può evincere dall'opera di pittori preraffaeliti come John William Waterhouse.
L'hortus conclusus (latino, traducibile in italiano come "giardino recintato") è la forma tipica di giardino medievale, legato soprattutto a monasteri e conventi, ma anche alle corti signorili dei signori feudali.
Dopo l'anno Mille, e ancora più avanti, dall'XII secolo in in poi, il giardino migliora la qualità della tecnica, con parcelle ben divise e viali lastricati in cotto o pietra locale, l'esposizione sempre studiata per avere la migliore insolazione e al centro elementi simbolici ricorrenti, quali l'acqua, il ginepro, gigli, rose, iris.
Le testimonianze di giardini all'interno di castelli derivano quasi esclusivamente dai romanzi cavallereschi. Da opere letterarie come Roman de Tristan, Roman de Erec ed Enide o La Chanson de Roland, si deduce una forma ricorrente di giardino nobile: un giardino recinto, diviso da graticci, alberi da frutto e la presenza di un ruscello o una fontana.
Da numerose miniature medievali abbiamo una visione molto definita del giardino cortese medievale.
Le miniature considerate maggiormente dalla storiografia dei giardini sono quella "dell'unicorno" (in realtà un particolare di un arazzo francese del XV sec. conservato a New York), che derivano dal modello dell'Annunciazione.
Dal modello religioso si passa, nel Duecento, al modello laico della lode alla Signora del Castello
Il modello della "Dama e l'unicorno" divenne un vero topos dell'arte medievale.
Abbiamo numerosi esempi di miniature al riguardo, tra cui una miniatura di un codice redatto per Francesco I, una miniatura di Missel per Renaud de Montauban, una miniatura olandese della Cité des dames, la splendida miniatura contenuta nel De Sphaera, alcune illustrazioni per la terza giornata del Decamerone, che ispirò,come già detto, anche il prerafaellita Waterhouse,
Abbiamo inoltre le miniature per il Roman de la Rose, e molte altre ricavate da Tacuinum sanitatis.
Da tali illustrazioni si possono ricavare degli elementi ricorrenti nel giardino cortese:
-la ripartizione in "stanze" differenti, dove ci si potesse riunire ed amoreggiare,
-la presenza di muri e archi, di graticci, di tonneau, di fontane, a volte molto elaborate, di sedili ricavati da un basso terrapieno ricoperto di prato, circondato da un basso muretto a mo' di schienale.
- I fiori erano disposti sul perimetro delle mura, dispersi nei prati, o coltivati in parcelle rettangolari o quadrate allineate, spesso sopraelevate e circondate da un graticcio di legno morbido intrecciato (a questo scopo veniva di solito destinato il salice).
Nel Medioevo il giardino fu anche un luogo di piaceri e delizie, nonché un luogo dove amoreggiare. Il giardino italiano già acquistava la caratteristica di luogo di piacere e di "locus amoenus", di carattere sempre più laico rispetto alla tradizione misticheggiante provenzale.
Architettura postmoderna
L'architettura postmoderna definisce alcune esperienze che iniziarono a manifestarsi dagli anni cinquanta del XX secolo, e che divennero un movimento solo nella seconda metà deglianni settanta. Il Postmoderno in architettura si caratterizza per il ritorno dell'ornamento e per il citazionismo ed è considerata una risposta al formalismo dell'International Style e del modernismo. Per il fatto che siano riapparse le citazioni e gli ornamenti questa architettura è stata anche definita neoeclettica.
(Sopra Castle Post in Versailles, Kentucky, USA)
Il movimento nacque soprattutto nei paesi anglosassoni ed in special modo nell'America Settentrionale, dove i post-moderni si schierarono contro la rigidità degli assiomi del Movimento Moderno, cercando un superamento di quell'”ordine” architettonico internazionale visto da taluni come disumano.
L'artista pop inglese Peter Blake scrive un libro nel 1977 dal titolo provocatorio: "La forma segue il fiasco", che parafrasa la celebre frase "La forma segua la funzione" ("form follows function") attribuita a Louis Sullivan, che voleva la forma degli edifici fosse la diretta conseguenza della funzione che essi dovevano svolgere. Fu poi la volta di un architetto considerato pioniere del post-moderno Robert Venturi, che insieme con Denise Scott Brown pubblica nel 1972 Imparare da Las Vegas (Learning from Las Vegas) dove specifica un'alterazione del linguaggio della Pop Art con l'assunzione di elementi classici. In aperta disputa con le regole dell'International Style conia il motto: “Meno è una noia” "Less is a bore", polemicamente ripreso dal celebre detto di Ludwig Mies van der Rohe: “ Meno è più” ("Less is more"). Dice in uno scritto "l'architettura dovrebbe accordarsi con allusioni e simbolismi ed i suoi riferimenti dovrebbero derivare da relazioni con il contesto sociale e storico degli edifici (...) io amo la complessità e la contraddizione in architettura". Cade quindi anche un altro postulato modernista coniato da Adolf Loos: “ornamento è delitto”, che focalizzava la bellezza degli edifici nella loro forma strutturale e volumetrica e non nelle decorazioni che vi si applicavano.
L'architetto americano Charles Jencks constata nel citato "Linguaggio dell'Architettura Postmoderna" la ricomparsa di un'architettura antropomorfica, che nasce dalla combinazione di classico e vernacolare. Quindi individua, addirittura, una data precisa di fine del Movimento Moderno: il 15 luglio 1972, coincidente con la demolizione, per le sue condizioni di inabitabilità, di un quartiere costruito negli anni cinquanta nella città di Saint Louis, nel rispetto degli indirizzi dei CIAM dall'architetto nippoamericano Minoru Yamasaki. Nel 1978 venne realizzata una delle opere più significative del post moderno: "Piazza d'Italia" di Charles Moore (1925-1993), incaricato dalla comunità italo-americana di New Orleans di progettare uno spazio comunitario, che ricordasse le origini del gruppo sociale. Nell'opera v'è la citazione, il frammento storico, attraverso rielaborazione della ”fontana”, struttura architettonica tipica dell'architettura italiana, dove alcuni hanno voluto anche rivedere una rienterpretazione della Fontana di Trevi. Appare poi il richiamo al particolare architettonico e ad un elemento storico, come il colonnato. La fontana infatti si svolge in altezza con una serie di cinque colonnati curvilinei ed autonomi, che costruiscono portici e nicchie seguendo la circolarità della piazza: ognuno di essi, posto ad altezza diversa rispetto agli altri, ridisegna un particolare e diverso ordine architettonico (Dorico, Tuscanico, Ionico, Corinzio e Composito) quasi un cammino dentro la storia. C'è infine il riferimento simbolico al tema: l'Italia, il cui stivale geografico forma una gradinata all'interno della fontana e diviene parte integrante e centrale della piazza.
Alcuni non riconoscono pienamente Moore come architetto post moderno; certo è comunque che quest'opera, pur riportando elementi tipici moderni come l'articolazione spaziale della piazza (due semicerchi sfalsati), rappresenta un superamento dei rigidi schemi dell'International Style.
Un'altra opera importante del movimento Post è il Portland Public Service Building di Michael Graves a Portland (1982), dove però le citazioni ed i riferimenti del passato sono stilizzati e setacciati, riletti in chiave moderna, con riagganci al classicismo nel collocato alla base ed una rielaborazione del grattacielo in chiave postmoderna. V'è in questo edificio la critica più chiara al tipico grattacielo del Movimento Moderno, tutto acciaio e vetro con condizioni invivibili all'interno. Graves propone il ritorno alla costruzione dell'edificio in cemento, frammista ad elementi storici e classici, che esprimano quel bisogno di continuità storica che è per lui insito nell'architettura.
L'architettura postmoderna non nasce in Italia, anche se aveva avuto alcune anticipazioni in Guido Canella e Michele Achilli nel Municipio di Segrate (1963), dove echeggia una certa rotondità "romana" e monumentale e in Paolo Portoghesi (Casa Baldi, 1960). Quest'ultimo riuscirà più di altri ad inquadrare le teorie postmoderne in Italia, lavorando parallelamente sia come progettista che come saggista. La sua posizione non è di rifiuto totale del Movimento Moderno, quanto delle sue posizioni più rigide, con un'attenzione costante alla rielaborazione della memoria storica, attraverso l'unione di elementi contrapposti classico e moderno, interrelati con il luogo. In un suo saggio così si esprime: ”L'architettura postmoderna propone la fine del proibizionismo, l'opposizione al funzionalismo, la riconsiderazione dell'architettura quale processo estetico, non esclusivamente utilitario; il ritorno all'ornamento, l'affermarsi di un diffuso edonismo”.
Nel 1980 Portoghesi, quale direttore del settore architettonico della Biennale di Venezia, incaricò Aldo Rossi della realizzazione del "Teatro del Mondo", un'architettura effimera, un teatro itinerante, che come un'imbarcazione viaggiava per i canali di Venezia e la cui costruzione era colma di riferimenti storici. Sempre nello stesso anno organizzò all'Arsenale di Venezia la mostra di architettura "Presenza del passato", dove riunì i maggiori architetti post moderni mondiali del momento (come Robert Venturi, Charles Willard Moore, Hans Hollein, Frank Gehry,Ricardo Bofill, Robert Stern, Franco Purini, Oswald Mathias Ungers e Paul Kleihues).
Qui si realizzò la "Strada Novissima" secondo l'allestimento di Costantino Dardi, dove si costruirono dieci facciate contigue, ognuna di 7 metri di larghezza, con un'altezza che poteva variare da un minimo di 7,20 metri ad un massimo di 9,50, metri, una specie di manifesto dell'architettura postmoderna (in seguito spostata e ricostruita prima a Paris Salpetière, come "Presence de l'historie" e poi oltre oceano a San Francisco come "The presence of the past").
Nella “Strada Novissima“ gli architetti postmoderni si sbizzarrirono: Frank Gehry negava il concetto di facciata creando inganni prospettici, Rem Koolhaas giocava con la visibilità della struttura del prospetto, Il Gruppo GRAU, Charles Moore e Adam Grimberg enfatizzavano la ripetizione di elementi classici, nicchie e archi trionfali, l'architetto austriaco Hollein produceva una mescolanza di ordini in diverse colonne (motivo caro al post-modern) ed infine Franco Purini ricostruiva la capanna lignea vitruviana, ripresa però da un razionalista neoclassico come Marc-Antoine Laugier, in una sorta di intellettualistica riconnessione tra "passato", "moderno" e "post-moderno".
Il linguaggio dell'architettura postmoderna si basa sull'inclusione di elementi di origine classica o neoclassica, tuttavia «le deduzioni dal "classico" [...] non valgono come un "ritorno all'ordine", né [...] a rimeditare lo spessore storico della tradizione. Esse esaltano, piuttosto, un citazionismo intrinsecamente frammentario e sconnesso [...]». L'utilizzo di elementi greco-romani, presenti in molte architetture postmoderne, non comporta un ritorno al classico dopo l'era dell'architettura moderna. Infatti il riferimento al modello storico, presente nei progetti del postmoderno, è estremamente semplificato e serve soltanto a porre in risalto l'opposizione fra il moderno e tutto ciò che lo precede. Per cui classico in questo senso vuol dire pre-moderno ed il post-moderno ne è la ripresa. Tale sequenza può essere letta in due diversi modi: secondo alcuni il postmoderno avrebbe una forte carica creativa, e ricorre all'antico per costruire un suo linguaggio. Secondo altri il citazionismo postmoderno è autoreferenziale, le citazioni si innestano sul tessuto del razionalismo modernista, senza riuscire a creare un linguaggio nuovo; le citazioni classiche sembrano avere la funzione di distinguere il linguaggio moderno da quello postmoderno.
- Charles Jencks distingue anche la categoria di "late modernism" cioè "tardo modernismo"
Tra gli architetti che in genere sono considerati appartenenti al postmoderno (anche se con qualche distinguo) possono annoverarsi: Charles Jencks, Robert Venturi, Charles Willard Moore, Michael Graves, a cui vanno aggiunti Ricardo Bofill e Paolo Portoghesi. Discorso diverso va fatto per Philip Johnson e John Burgee, che lavorano in collaborazione e che divengono Post-moderni negli ultimi lavori. Vale la pena ricordare che Philip Johnson, fu colui che negli anni trenta organizzò la mostra a New York che consacrò a livello internazionale l'International Style. Lo stesso dicasi per James Stirling, che prima attraversa in pieno l'espressione Brutalista. Aldo Rossi è considerato anche architetto postmodernista, ma più precisamente appartiene alla corrente del Neorazionalismo o Neomodernismo. Peter Eisenman e Frank Gehry infine, seppur ritenuti da alcuni legati al post-modern, sembrano andare oltre il movimento con la loro architettura decostruttivista.
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