martedì 18 marzo 2014

Le bassezze dell'Alta società. Capitolo 3. La signorina De Toschi.


Ospite fissa agli eventi mondani dell’Alta società ferrarese, la signorina Carlotta Luisa De Toschi, detta la Grande Mademoiselle, era un’anziana nubile di buona famiglia e di ostentate origini fiorentine (anche se tutti sapevano che era nata e cresciuta a Ferrara), unica figlia ed erede del glorioso e compianto generale Ardito De Toschi e della nobildonna Violetta Ozzani di Fossalta, la sorella del defunto Conte Vittorio.
Di Violetta Ozzani poco si sapeva, essendo morta poco dopo la nascita di Carlotta.
Del compianto generale De Toschi,  fiorentino spirito bizzarro, invece, erano note tutte le gesta compiute nella sua lunghissima vita, decantate dalla moltitudine di attendenti che si erano succeduti al suo servizio per poi elevarsi in luminose carriere nei più svariati ambiti dell’Alta società.


Ardito De Toschi, nato a Firenze nel 1895, era stato in gioventù allievo ufficiale all’Accademia di Modena, poi tenente nella Guerra di Libia e, durante la Grande Guerra, Cavaliere di Vittorio Veneto (medaglia d’oro, secondo le leggende più accreditate)
Era stato tra i più fedeli sostenitori di D'Annunzio durante l'impresa di Fiume.
Nazionalista, monarchico e fascista, il milite De Toschi fece rapida carriera.
Eroe della spedizione spagnola a fianco dei sostenitori franchisti (“fu anche grazie al babbo che la Spagna fu salvata dai comunisti” soleva rammentare sua figlia Carlotta), ottenne il grado di maggiore nella guerra d’Abissinia. Colonnello nella conquista dell’Albania, fu promosso generale durante la campagna di Grecia nella Seconda Guerra Mondiale.
Si distinse poi in modo particolare ad El Alamein, anche se pochi ricordavano che cosa avesse fatto esattamente e taluni osavano persino insinuare di non averlo mai visto nei paraggi.
Monarchico fedele e devoto, dopo l’8 settembre aveva raggiunto, con la famiglia,  il Re e Badoglio a Brindisi e poi a Salerno, dove fu decorato nuovamente al valor militare.


Membro dello Stato Maggiore sotto i governi Badoglio e Bonomi, si dimise sdegnato quando si formò il governo Parri (“mai con i comunisti!” soleva ripetere la signorina Carlotta).
Da allora si congedò dal servizio alla Patria, amareggiato per la vittoria della vituperata Repubblica, e prese dimora a Ferrara, la città della sua defunta moglie, dove la figlia Carlotta, laureata summa cum laude in Lettere Classiche aveva ottenuto l’incarico di docente di Latino e Greco presso il Liceo Ginnasio.


A tal proposito, nella città della bassa emiliana si narra ancora questo simpatico aneddoto.
Laureatasi a 23 anni in Lettere Classiche a Bologna nel 1940, la signorina Carlotta aveva sostenuto a Roma il concorso per la docenza superiore: in tale occasione, agli orali, ella sarebbe stata accompagnata “dal babbo” in alta uniforme e decorazioni militari, che con aria cupa e vagamente minacciosa avrebbe così apostrofato (con spiccato accento toscano) la commissione d’esame:
  «Chodesta è la mi’ unicha figliola! Che Dio la benedicha! Trattatemela bene o chonoscerete la lealtà degl’atthendhenti del scenerale De Toschi!»
Inutile dire che la “cara figliola” passò l’esame col massimo dei voti.


I suoi primi studenti giuravano che la signorina Carlotta all’inizio della carriera fosse bellissima: si elogiavano i suoi lunghi boccoli biondi, gli occhi color acquamarina, e il fisico fin troppo prosperoso.
Eppure l'allora quindicenne Giulia Federici, che andava a ripetizione di latino e greco da lei, insieme all’amica Virginia Ozzani di Fossalta, (nipote della Signorina) nei tardi anni Cinquanta, ne aveva un ricordo meno idealizzato.
La ricordava piuttosto gonfia, con occhi bovini, doppio mento, naso lungo, voce catarrosa, afflitta da raffreddori perenni e da una bronchite cronica dovuta alla sua passione per il fumo (“con una mano teneva la sigaretta e con l’altra il fazzoletto da naso”).


Che fosse una mangiatrice da competizione era cosa nota: in particolare era ghiotta di salumi e insaccati, e tra i regali più graditi che potesse ricevere vi erano prosciutti, mortadelle, cotechini, zamponi e salsicce, o, come lei diceva: “salcicce”.
Giulia l’aveva imparato a sue spese. Una volta infatti, pensando di farle cosa gradita, le aveva regalato per Natale alcuni libri di cultura letteraria e classica. La signorina Carlotta, gelida e quasi offesa, non li aveva neppure scartati. Il Natale successivo alcuni giurarono di avere ricevuto gli stessi libri in regalo dalla signorina.
Per Pasqua, tenendo conto dell'abitudine della signorina ad agghindarsi con gioielli come se fosse una dama di Versailles, (si narrava che avesse una collezione di perle e di diamanti di valore incalcolabile, per lo più depositata nella Bancaccia dove lavorava suo cugino Carlo Ozzani di Fossalta) Giulia le aveva regalato una spilla: questa volta la signorina aveva mostrato un qualche segno di apprezzamento, ma subito, quasi in lacrime, aveva dichiarato che, onde evitare che il regalo portasse sfortuna, c’erano solo due soluzioni: o lei stessa avrebbe dovuto dare 50 lire a Giulia, oppure avrebbe dovuto farsi pungere dalla spilla.
Preferì farsi pungere.


La madre di Giulia, che aveva capito l’antifona, il Natale successivo le regalò un cesto pieno di salumi e formaggi, e la signorina la baciò e l’abbracciò più volte, piangendo a dirotto per la gioia.
A scuola era il terrore dei suoi studenti, mentre con quelli di ripetizione privata soleva mostrarsi materna, specialmente se erano figli di medici, avvocati, notai, dentisti, ma anche, non si sapeva mai, di idraulici, elettricisti, muratori e altri professionisti di comprovata utilità.
Teneva le ripetizioni tutto il pomeriggio in uno stanzino a piano terra della sua villa, freddissimo e scomodo.
Nessuno mai ebbe accesso al piano nobile, il “sancta sanctorum”, dove l’anziano generale-padre trascorreva la sua dignitosa vecchiaia.


Alle 5 in punto del pomeriggio la governante, signora Gelsomina, madre del parroco locale, le portava il tè e le sigarette.
Ogni mattina la signorina Carlotta e la signora Gelsomina si recavano a messa alle 6, con l’automobile di proprietà dei Conti Ozzani, mandata apposta quotidianamente dalla loro Villa di campagna, con tanto di autista, poiché la signorina, pur avendo la patente, non possedeva mezzi né guidava mai, adducendo un gravissimo e indefinibile problema alla vista, di cui peraltro non si aveva nessun riscontro.
Dopo la Santa Messa, le due pie donne si recavano al cimitero, a portare fiori sulla tomba della defunta madre della signorina, la povera signora Violetta Ozzani di Fossalta.
Poi, con l’anima monda dai peccati, la signorina si recava a terrorizzare i malcapitati studenti.
Se prendeva in antipatia uno di questi, per lui era finita. Tartassato, rimandato, bocciato, costretto a cambiare istituto, quasi sempre lo sventurato finiva per abbandonare gli studi.
Se al contrario prendeva uno studente in simpatia, costui si diplomava a pieni voti, e gli si apriva un avvenire florido, sostenuto dai vari “attendenti del babbo” infiltrati in ogni angolo dell’Alta Società.
Esempio di tale simpatia era l’Onorevole Avvocato Gian Matteo Carlini, democristiano, eterno e onnipotente Sottosegretario alla Difesa.
In verità la signorina De Toschi, pur essendo in grande amicizia con i politici democristiani (ai quali faceva capire strizzando l’occhiolino che era dalla loro parte), aveva confidato ad un imprecisato “attendente del babbo” di aver continuato a votare lealmente il Partito Monarchico.



Ma non era tanto il voto politico a costituire il grande mistero della signorina De Toschi, quanto la sua vita sentimentale.
Su questa materia si favoleggiavano le più disparate leggende.
Carlotta De Toschi infatti non era solo una mangiatrice di salumi, ma anche una divoratrice di uomini.
Innanzi tutto era assodato che la signorina aveva una speciale attrazione per gli uomini più giovani di lei, molto forzuti e robusti, in genere lavoratori manuali, meglio se poco istruiti.
Ai tempi dell’università aveva preso una sbandata per un aitante giovanotto, che ella presentò al padre prima come studente di ingegneria, poi come diplomato geometra, infine, quando la nuda verità non poteva essere più nascosta, come muratore.
Di costui non si seppe più niente, anche se molti dicono che una sera fu preso a bastonate da alcuni individui non identificati.
Il secondo grande amore della signorina fu, manco a dirlo, un altro muratore, che era marito di una collega di italiano con gli stessi gusti “ruspanti”, che divenne la sua migliore amica.
Costei si chiamava Liliana e il marito Primo o Priamo o Priapo…non è dato sapere con esattezza, comunque si diceva che fosse un nome ben rappresentativo del personaggio.
La signora Liliana era donna di buon cuore e spesso invitava a pranzi luculliani la vorace signorina De Toschi, la quale, non paga di ingozzarsi di tortellini e piadine al salame, si mangiava con gli occhi pure il carissimo Priamo o Priapo.
Accadde poi che la signora Liliana morisse di una leucemia fulminante.
Da quel momento la signorina De Toschi fu in prima fila a consolare l’inconsolabile vedovo.
Dopo alcuni mesi la si vide indossare la pelliccia che era stata della signora Liliana, e poi la collana di turchese, sempre della defunta, e gli orecchini di corallo, e il collier d’oro bianco e via dicendo.
Quando l’intera eredità della compianta Liliana fu incamerata in casa De Toschi, escluso il vedovo, la grande storia d’amore finì, ufficialmente perché “il babbo non voleva”, ma secondo altri perché le doti priapiche del suddetto Priapo non soddisfacevano più la pia signorina.



Il terzo grande amore fu per un operaio dei Conti Ozzani, tale Sergio Bruni: il futuro marito di Giulia Federici, quello che doveva servire da copertura allo "scandalo" della relazione tra Giulia e Alessio Ozzani di Fossalta, e al frutto che ne era stato concepito.
Ma nonostante i numerosi amanti, la signorina Carlotta soleva ripetere che "l'unico uomo della mia vita resterà sempre il Babbo".



Per tale ragione, si faceva sempre ritrarre con a fianco un'immagine del marziale genitore, specie quando, alla tenera età di 103 anni, si era finalmente deciso a togliere le tende da questa valle di lacrime.
La signorina Carlotta, inconsolabile, e già anziana di suo, aveva accentuato la venerazione per il defunto padre, idealizzandone le doti di militare e di stratega.
<<Ricordo come se fosse ieri il giorno in cui ricevette i complimenti di Rommel! Ah, quelli sì che erano tempi!>>
Lei stessa aveva modi piuttosto marziali.
Una volta, quando le fu offerto un bicchiere di rosolio, lo rifiutò sdegnata, proclamando a gran voce: <<Questa è una bevanda da collegiali! Portatemi subito della grappa!>>




                                  Ippolito Ozzani di Fossalta   +   Valeria Serbelloni  
                                                                                 |
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                                                |                                                          |
                              
       Vittorio Ozzani di Fossalta + Adelaide Aldrovandi      Violetta + Gen. DeToschi                                              
                1892- 1948                |    1899-1994                   1909-1929     1895-1978  
                                                  |                                                         |          
                                                  |                                              Carlotta De Toschi
                                                  |                                                      1929
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        |                           |                      |                              |                     |
  Umberto              Carlo                 Grazia                 Laura                   Margherita
1915-1986       1917-1995           1919-1997            1921-1998         1923 -2000
       +                                                                                +                    +
 Claudia                                                         Adriano Trombadore   Giuseppe Papisco
Protonotari                                                         1912 – 1987                1916-1998
Bonaccorsi                                                                                              |        divorzio 1975               |                                                                                                              |         risposatosi poi con 
1919-2000                                               --------------------------------------------------
       |                                                     |                      |               |                
----------------------------                Piergiuseppe      Benedetta      Goffredo                 +
|                          |                           1944               1947              1949          Serena Sarpi
Alessio          Virginia                                         +                                              1937
1940-1999     1942                                Massimo Piccioni                                        | 
+                                                           1940        |                                             Bramante
Esther                                  ----------------------------------------------                                1967
Rubini                                  |                                     |
1943-1999                     Alberto Piccioni              Cristina Piccioni

(+ Giulia                        1970                                     1975                                            
      Federici
       1942)
   |
Roberto
1962

“L’Erede”

Un po' di buonismo... ma senza esagerare!



Premesso che io sono contrario al buonismo e scettico nei confronti del "think positive", tuttavia credo che possa essere utile a volte cercare di vedere "mezzo pieno" il maledettissimo bicchiere.



Misura umore e calorie: il braccialetto smart diventa moda



Questo 2014 potrebbe essere l’anno del braccialetto

Smart e interconnesso: per monitorare le condizioni di salute, l’umore, il consumo di calorie e molto altro.  
Come lo SmartBand di Sony, presentato al Ces di Las Vegas, che arriverà in Italia all’inizio di aprile: tiene conto dell’attività fisica, del sonno e dei parametri vitali, ma anche delle canzoni ascoltate, dei programmi tv seguiti, dell’attività sui social network.  

Un diario virtuale di tutta la propria vita, registrato da un’app sullo smartphone (si chiama Lifelog). Un po’ Google Now, un po’ Facebook, un po’ Moves, l’applicazione mostra sullo schermo dello smartphone ogni istante della giornata in una specie di fumetto. Divertente forse, inquietante certamente.  


Al Mobile World Congress di Barcellona si sono viste parecchi braccialetti intelligenti. Ad esempio il TalkBand B1 di Huawei che è un auricolare bluetooth nascosto in una fascia di plastica da mettere al polso: monitora i chilometri percorsi e le calorie bruciate in allenamento, ma si può usare anche per rispondere alle chiamate. Dovrebbe costare meno di cento euro ed essere compatibile sia con Android che iPhone. Impermeabile, resistente alla polvere, sullo schemo mostra sms e chiamate e ha una batteria che dura fino a sei giorni.  

Sempre a Barcellona, Samsung ha presentato i due smartwatch Gear 2 e Gear 2 Neo, con sensore per il battito cardiaco, presente pure sul braccialetto Gear Fit, un fitness band che registra ore di sonno, attività fisica, calorie, poi trasmette i dati al cellulare. Disegnato con cura, dotato un bellissimo schermo Amoled curvo per mostrare tutte le informazioni, il Gear Fit dovrebbe arrivare nei negozi a metà aprile, con un prezzo che non dovrebbe superare i 150 euro. Al momento è il più convincente dei braccialetti intelligenti che stanno per invadere il mercato, ma ha un grande difetto: è compatibile solo con alcuni smartphone Samsung, chi ha un altro modello Android, iPhone o Windows Phone è tagliato fuori.  

Già, perché, per quanto smart, la maggior parte dei braccialetti elettronici non nasce per funzionare da sola, ma per interfacciarsi con altri apparecchi. Di solito smartphone, tablet o computer, dove i dati vengono scaricati per essere processati direttamente o trasferiti a siti web che li trasformano in grafici e andamenti.  


Il Lifeband di LG, visto in anteprima al Ces di Las Vegas, può dialogare via bluetooth con degli auricolari che integrano un sensore di battito cardiaco molto preciso. I dati vengono trasmessi al telefono o al pc, e per fortuna la casa coreana non ha inventato l’ennesima app proprietaria, ma ha scelto di appoggiarsi ad altre già esistenti e molto diffuse, come Runkeeper. Dovrebbe arrivare nei negozi in estate; peccato per il design non del tutto indovinato: il braccialetto è aperto in alto e sul polso si muove parecchio.  

Il Fuelband di Nike fu lanciato due anni fa, presto seguito da apparecchi simili come Jawbone e Fitbit. Ma i braccialetti fitness che stanno per arrivare sono più evoluti e versatili, un po’ accessori di moda, un po’ smartwatch. 
E quando debutterà, l’iWatch Apple dovrà tenerne conto. Intanto, una certezza: i gadget non sostituiscono il medico, ma usati con intelligenza possono far bene. 

(da La Stampa)

lunedì 17 marzo 2014

Quali sono i rischi dell'uscita dall'Euro in termini di inflazione, debito e speculazione?




Le elezioni europee si avvicinano e alcuni partiti hanno apertamente proposto l'uscita dell'Italia dall'Eurozona. Questi partiti o movimenti sono: la Lista Tsipras (che comprende SEL, IDV, RC e altri partiti della sinistra radicale), il Movimento 5 Stelle, la Lega Nord, Fratelli d'Italia e altre formazioni della destra identitaria. La permanenza dell'Italia nell'Euro è invece sostenuta da PD, Forza Italia, NCD, UDC e SC.
L'esito delle elezioni europee del 25 maggio sarà dunque una sorta di referendum pro o contro l'Euro. I sondaggi per ora indicano esiti che si aggirano su queste cifre:

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Ma si può uscire davvero dall’euro? E' tecnicamente possibile? Quali sarebbero le conseguenze e i rischi?
 Dal dopoguerra a oggi, sono stati contati almeno settanta casi, dal Bangladesh alla Cecoslovacchia, in cui c’è stata la dissoluzione di un’Unione monetaria o in cui le monete nazionali sono state cambiate con operazioni lampo, ad esempio il Brasile – una federazione di ventisei Stati con 200 milioni di abitanti -, che il 1° luglio 1994 sostituì il vecchio cruzeiro con il real. 

 

Sì, però ci sarà la svalutazione, cioè la nuova lira, in rapporto con le altre valute, perderebbe valore. Quali sarebbero le conseguenze della svalutazione? Guardando la storia dagli anni Novanta a oggi si possono riscontrare alcuni dati. Nella maggior parte dei casi, nei trentasei mesi successivi alla svalutazione, il prodotto interno lordo del Paese in questione è cresciuto a causa dell'aumento delle esportazioni: del 6 per cento in Messico (1994), addirittura del 17 per cento in Argentina (2001), del 2 per cento in Cile e dell’1 per cento in Italia nel 1992, quando uscì per alcuni anni dal Sistema Monetario Europeo. 
Aosta, milionario a sua insaputa
Eredità scoperta grazie al fisco

La grande paura è l’iperinflazioneSe si svaluta, salgono i prezzi delle importazioni e questo provoca un aumento dei prezzi dei prodotti finiti e quindi una diminuzione del valore dei redditi e dei patrimoni espressi in valuta. Anche su questo punto si dipingono scenari apocalittici: «con una svalutazione del 50 per cento, i nostri stipendi varranno immediatamente la metà». Il  professor Bagnai la pensa diversamente:
a) la svalutazione, secondo i principali studiosi, non sarà del 50 per cento ma oscillerà tra il 10 e il 20 per cento;
b) l’inflazione sarà inferiore perché, come è noto, non tutta la svalutazione si trasforma in inflazione: stando ai medesimi studiosi dovrebbe aggirarsi fra il 3,5 e il 7 per cento in più dell’attuale, dunque fra il 5,5 e il 9 per cento.

 

Ci sono molti modi per contenere l’inflazione, in effetti, anche di fronte a una svalutazione molto forte. Alcuni sono naturali: laddove è possibile, per esempio, si può aumentare la domanda di beni interni, che al contrario di quelli stranieri non costeranno di più nemmeno dopo la svalutazione. Nel dicembre 2013 la Coldiretti ha bloccato le frontiere denunciando la forte importazione di prodotti alimentari dall’estero: se anziché consumare latte polacco, patate tedesche, salumi olandesi e formaggi di Baviera comprassimo prodotti locali non sarebbe meglio?
 

 Ma ci sono alcuni beni, come l’energia per i quali dipendiamo totalmente dall’estero. Per quella via un po’ di inflazione ce la porteremmo sicuramente in casa. 
Ma lo Stato potrebbe intervenire tagliando le accise, per esempio, o tagliando l’Iva e andando così a compensare gli aumenti di prezzi, almeno nei settori strategici. L’esperienza del passato ci conforta: nel 1992, con una svalutazione del 20 per cento, l’inflazione restò sotto il 5 per cento. 

 L’altra obiezione è che alla lira non si può ritornare perché andremmo immediatamente in default: la nostra moneta, infatti, verrebbe svalutata mentre il debito pubblico resterebbe espresso in euro, facendo così saltare il banco

Minori problemi ci sarebbero, naturalmente, sul fronte dei debiti interni. I mutui verranno riconvertiti in lire, come gli stipendi: se il cambio sarà di 1 a 1, come suggerisce ancora Bagnai, chi prendeva 1500 euro prenderà 1500 lire, e chi pagava 500 euro di mutuo pagherà 500 lire. Non cambierà nulla, o quasi, a parte i rialzi (quelli sì, inevitabili) dei mutui a tasso variabile. Ma non è vero che gli stipendi passeranno in lire e i mutui resteranno in euro. Sarà tutto riconvertito nella nuova valuta, a parte, ovviamente, i debiti accesi all’estero. Quello è sicuramente un problema per i conti pubblici. E per le banche, che comunque lo potrebbero sopportare accadde dopo la svalutazione del 1992.


Di sicuro, se si cominciasse ad annunciare l’uscita dall’euro con mesi di anticipo, l’ondata di panico si impadronirebbe dei piccoli risparmiatori
Ma il rischio più grande sarebbe un altro e cioè la vendetta dell'Eurozona, attuata tramite manovre speculative, da parte delle grandi banche d'affari, oltre che dalla Bce, tali da affossare i mercati finanziari italiani e far crollare il valore delle azioni e delle obbligazioni, come punizione esemplare nel caso ad altri paesi dovesse venire l'idea di uscire dalla moneta unica.



Come sarebbero i personaggi Disney senza la barba

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I personaggi Disney hanno una barba molto distintiva. Ma cosa succede se gliela si toglie? Perdono completamente il loro carattere! Guardate voi stessi;)

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Da  http://misscrafty.altervista.org/come-sarebbero-i-personaggi-disney-senza-la-barba/

Il gatto quotidiano



Ecco alcune buffe foto di gatti, per una delle rubriche preferite di questo blog.

Le bassezze dell'Alta società. Capitolo 2. Giulia e Virginia.




Ferrara, marzo 2001

Era stato un inverno mite, tutto sommato, ma non abbastanza da farle sentire il disagio che l'accompagnava ad ogni cambio di stagione.
La primavera stava per tornare, ma Giulia non ne traeva alcun beneficio, per quanto le piacessero i fiori e tutto il resto.
Si fece aria con la posta appena ritirata, mentre rientrava a passi lenti nell’atrio dell'anonimo condominio dove abitava ormai da molti anni.
Nell’attesa dell’ascensore, non poté fare a meno di chiedersi dove fosse stato suo figlio la notte prima.
Era tornato come al solito che era già mattina, con i postumi evidenti di una sbornia.
 Almeno si fosse degnato di ritirare tutta questa posta! E questo assurdo mazzo di fiori senza neanche un biglietto! Come se bastasse questo per farsi perdonare una vita intera di follie...
Al pianerottolo notò che i vasi delle piante sembravano secchi…doveva ricordarsi di innaffiarli, anche se ormai non le importava più nulla di nulla.
Rientrare in casa, comunque, era un sollievo, come se fosse stata fuori un’eternità.
E’ incredibile come invecchiando si diventi estranei al mondo. Eccomi qui... io e il mio rifugio, e tutto il resto è frontiera…



Nella penombra della cucina, a persiane socchiuse, buttò la posta sul tavolo, dopo aver spazzato via con un gesto stizzoso le briciole del pasto consumato dal figlio prima di mettersi a letto, mise il mazzo di fiori in un vaso e finalmente poté lasciarsi sprofondare nella sua poltrona preferita.
Meritato riposo!
Inforcati gli occhiali, aggrottò le sopracciglia, nel rivolgere l’attenzione alle buste e ai depliants.
Reclame di supermercati, pizzerie, palestre, corsi di nuoto, buoni sconto fasulli, vincite di improbabili vacanze ai Caraibi divennero nelle sue mani ossute un cartoccio che prese maldestramente la direzione del cestino, mancandolo per poco. In compenso colpì senza volerlo il gatto che si aggirava da quelle parti attirato dagli aromi residui della colazione.
L’anziana (ma poi non così anziana! Ho appena compiuto 65 anni!) si avventurò poi con animo più timoroso nell’esame di alcune minacciose buste bianche con scritte azzurrine o verdemare e vi riconobbe sigle tristemente note: “Agenzia per le entrate – Ministero delle Finanze” , “Telecom”,  “Consorzio di bonifica”, “Geom. De Marchi – Studio Amministrazione di Condominio” …
Il suo sospiro risuonò vigorosamente, tanto da stupire il felino domestico, che mise indietro le orecchie.
Questa volta non ce la facciamo ad arrivare alla fine del mese…
C’era però una busta diversa, che si imponeva tra le altre per un non so che di ufficiale, di pomposo…pareva quasi una partecipazione di matrimonio o un invito al gran ballo delle debuttanti…ricordi di altri tempi…(arcana felicità fingendo al viver mio).
L’indirizzo era scritto a mano, in una calligrafia all’antica, tutta svolazzi e ghirigori, ma con qualche esitazione, qualche tremolio, come se l’avesse vergata una mano debole, malferma.
“Gent.ma Signora Giulia Federici Ved. Bruni, Via dei Martiri 17, Ferrara”.
L'indirizzo era corretto.
Fin troppo... via dei Martiri... mai nome fu più azzeccato... e per giunta al numero diciassette!
Era comunque incuriosita, perché forse quella lettera era collegata al mazzo di fiori.
Ma certo! Questa lettera era insieme ai fiori!



Chi si prende più la briga di  mandare fiori e scrivere una lettera a mano a una signora della mia età? Forse qualcuno che si ricorda ancora che in un tempo remoto ero una donna piacente ed ho persino frequentato quella che si faceva chiamare la "creme"... l'elite... l'alta società...
Il solo pensiero le provocava un senso di disgusto.
Guardò di nuovo l'indirizzo, perché aveva colto in esso una nota stonata.
Le pareva di riconoscere la grafia: le suscitava un ricordo antico, rimosso, perduto nella nebbia.
La curiosità prevalse comunque sul timore.
Afferrò il tagliacarte d’argento, quello buono, che avevano regalato al suo defunto marito quando era andato in pensione…anche se poi non se l'era potuto godere per molto, pace all'anima sua.
Recisa con un gesto secco e quasi rabbioso la busta, ne estrasse un foglio giallognolo zigrinato che pareva carta da parati.
Era piegato e sigillato con ceralacca rossa, come si usava una volta.
Un sigillo? Ma chi li usa più... 
Fu allora che il ricordo rimosso tornò inesorabilmente a galla.
Oh mio Dio! 
Distolse lo sguardo come se avesse visto qualcosa di orribile, e per un po' i suoi occhi fissarono il vuoto, e tutta la sua vita parve contrarsi e galleggiare in un limbo da cui non avrebbe voluto riscuotersi.



Ma non si poteva fuggire in eterno dal proprio passato.
Sapeva che prima o poi il passato si sarebbe ricordato di lei.
Inutile girarci attorno: aveva riconosciuto il marchio del sigillo, un simbolo che aveva amato intensamente, e poi odiato ancora di più: lo stemma dei conti Ozzani di Fossalta.
Le mancò il respiro e le si serrò lo stomaco.
E' lei... è Virginia...
In un tempo molto, molto lontano, quella donna era stata parte della sua vita.
Prima che succedesse tutto il male... prima che tutto andasse a rotoli...
Sospirò.
Guardò la lettera di sbieco, con un misto di paura e di rabbia e, facendo appello alle poche forze residue, si costrinse a leggere qualcosa che sicuramente avrebbe sconvolto quella parvenza di equilibrio che era riuscita, nonostante tutto, a ricostruirsi nell'arco dei decenni.

Mia carissima Giulia, 

sono passati tanti anni dall’ultima volta che ci siamo viste, ma posso immaginare che per te, come per me, non sia stato possibile dimenticare il legame che ci ha unite quando eravamo giovani e tutto ciò che avvenne all’epoca dei fatti che hanno segnato i nostri destini. 
Ammetto fin d’ora, completamente, le mie colpe, per come sono andate a finire le cose.
Colpe per le quali provo rimorso e vergogna, e so di non meritare il tuo perdono, ma ti prego, anzi, ti supplico di leggere fino in fondo questo mio importantissimo messaggio
Giulia rimase per qualche istante incerta, col cuore che le pulsava veloce.
Virginia, perché vuoi tornare a tormentarmi?



 Si fece forza:
Spero che il tempo sia riuscito a rimarginare almeno in parte le ferite del passato, ma se così non fosse, questa potrebbe essere l’ultima occasione che ci è concessa per chiarire tutto ciò che è rimasto per troppo tempo in sospeso. Tu penserai che sia tardi per rimediare agli errori miei e della mia famiglia, ma le circostanze sono molto cambiate, per tutti. Se c’è anche una sola possibilità che quegli antichi torti possano essere riparati, questo va fatto ora, perché sono malata, gravemente malata…
Giulia corrugò le sopracciglia.
…e mi resta ormai poco tempo per fare tutto ciò che posso e che devo, per risarcire il danno causato a te e alla tua famiglia.
Le mie decisioni e il mio comportamento di allora furono gravi, ed io non ho scuse. Certo non posso restituirti la vita che avresti potuto avere con Alessio…»



Un profondo sospiro di Giulia irritò nuovamente il gatto, che questa volta si limitò a muovere all’indietro una sola orecchia.
«… e questo dolore mi tormenta più della mia malattia, ma ci sono alcune cose della massima importanza che devi sapere. Anche se non ci crederai, io non ho mai smesso di provare per te lo stesso affetto che nacque quando ci conoscemmo sui banchi del ginnasio, e per quanto possa sembrare assurdo, è stato anche per questo che ho fatto ciò che non mai avrei dovuto fare



Giulia provò un senso di nausea che la costrinse a sospendere per alcuni minuti la lettura, mentre cercava invano di scacciare l'ombra di un sospetto che l'aveva tormentata per tutta la vita.
Certe cose non andavano dette! Era meglio tacere, meglio far finta di non aver capito.
Perché Virginia voleva riesumare qualcosa che avrebbe dovuto rimanere sepolto per sempre?
Ma poiché chi semina vento raccoglie tempesta, ciò che ho fatto ha generato solo infelicità per per me, per lui, per sua moglie e per tutta la nostra famiglia. Come avrai saputo, tra lui ed Esther le cose non hanno mai funzionato. Per ironia della sorte, o forse per una giusta punizione divina, colei era stata prescelta come salvatrice e continuatrice della nostra nobile stirpe non è stata in grado di portare a termine neanche una gravidanza. E così anche la sua unica vera dote, e cioè quel maledetto denaro che doveva salvare l’onore degli Ozzani di Fossalta dall’onta del fallimento, si è rivelato alla fine del tutto inutile. Esther ha portato con sé solo problemi e un dolore che tu non puoi neanche immaginare, perché certe scomode verità sono rimaste sempre nascosta nel privato di queste mura…



Ma che sta dicendo?
Esther non aveva avuto figli, ma ufficialmente era apparsa una moglie irreprensibile per Alessio.
“…e tutto per una questione di “decoro” che ora mi appare così futile. Quanti errori! Ma lo sa il Cielo se li ho scontati tutti, in termini di dolore e di sacrificio, perché anche io, in fondo, ho dovuto rinunciare a tutto…»
Quella era un'esagerazione insopportabile, eppure, se si voleva leggere tra le righe,  poteva esserci qualcosa di vero.
«…e per tutta la vita, ogni giorno, ogni singolo istante, ho scontato la condanna per le decisioni sbagliate prese nell’età dell’incoscienza…»
Giulia annuì.
L’età dell’incoscienza! Anche per me…



 «…e sempre, negli anni successivi, avrei desiderato cambiare gli eventi che ci hanno diviso. 
Spero almeno che la tua vita sia stata felice e che il tuo matrimonio ti abbia procurato le gioie…»
Un sorriso amaro le fece sentire il sale di una lacrima scesa sulla guancia sinistra, infossandosi tra le pieghe della pelle avvizzita.
Le gioie!
Scosse il capo.
«…che meritavi, dopo aver tanto sofferto per causa nostra. So che hai un figlio adulto e che vivi con lui: sapessi quanto ti invidio! Il mio rimpianto più grande è di non aver avuto figli…»
Il sorriso di Giulia divenne una smorfia.
La mano le tremò lievemente.
I figli…
Che ne sai tu dei figli? Di cosa si prova quando ti accusano di tutto ciò che è andato storto nella loro vita, e ti rinfacciano persino il fatto averli messi al mondo!



«…e questo senso profondo di mancanza e solitudine si è fatto sentire maggiormente quando Alessio ed Esther sono morti in quel terribile incidente. La gloriosa famiglia dei conti Ozzani di Fossalta si è quasi estinta…”
Giulia ebbe un brivido.
Quasi.
Una parola piena di implicazioni tali da schiacciare una vita umana.
… ed io sono rimasta sola. Mi pare di risentire nella memoria l'eco di una delle tue citazioni preferite, a scuola, (come andavi bene in letteratura!) quando scherzavi sulle mie origini aristocratiche : “Tu della rea progenie degli oppressor discesa…” e poi non mi ricordo più, ma so ch non era uno sfoggio di cultura: tu volevi dirmi che la famiglia conta per l’amore che sa dare, non per il suo sangue blu, e tanto meno per il suo “buon nome”. Ed ora, mentre io non ho più nessuno, tu hai l’amore e il calore che solo un figlio…»
Questo era troppo!
Basta!
Scagliò la lettera per terra, furiosa.
Si tolse gli occhiali, scattò in piedi, ma subito barcollò e si appoggiò in un angolo, in preda all'angoscia.



L’amore e il calore! Se bastasse l’amore di una madre per rendere felice un figlio!
L’amore!
Questa parola di cui tutti si riempivano la bocca senza chiedersi cosa fosse realmente... questo vocabolo ambiguo, che voleva dire tutto e niente, che saturava i teleromanzi più dozzinali come le prediche più seriose…questo passepartout col quale si credeva di poter accedere ad una scorciatoia per la felicità o acquistare crediti per il Paradiso, come se la vita, terrena o eterna, fosse una “partita doppia” in cui tutto l’amore che tu dai poi ti torna indietro…mentre l’amore è soprattutto sacrificio, rinuncia…senza chiedere nulla in cambio, mai…
L’amore e il calore! Come se le due cose si equivalessero!
Ma ci sono delle volte in cui l’amore è freddo, è angoscia…
Come un tempo le notti in bianco ad attendere che il marito tornasse dopo esser stato con l’amante di turno, e come ora, quando il figlio tornava ubriaco da chissà dove, dopo aver gozzovigliato con chissà chi, e se lei osava dire qualcosa, sbraitava e la insultava e poi, dopo…le mattine passate a cercare di consolarlo perché si sentiva in colpa…anche questo era amore!
Ma non era abbastanza.
L'amore può essere molto, a volte persino troppo, ma da solo non è sufficiente per far funzionare una relazione, di qualsiasi tipo essa sia. Non è sufficiente...
Certe volte si chiedeva se fosse umanamente possibile sopportare tanta sofferenza, trascinare la vita così, ancora, alla sua età, con tutto il peso sulle spalle di una situazione come quella…
I suoi occhi verdi, un tempo tanto brillanti e ora irrimediabilmente opachi, fissarono con disgusto la lettera, che giaceva sul pavimento. 



Il gatto la stava annusando con meticolosa attenzione.
Fu tentata di strapparla in mille pezzi, e aveva già teso la mano con uno scatto nervoso, quando un impulso proveniente dal profondo la indusse a trattenersi.
Rimase per un po’ come inebetita ad osservare il micio che si sdraiava e si rotolava sulla lettera e le venne persino da sorridere, controvoglia, di fronte all’assurdità di quella scena.
Alla fine raccolse il foglio…pareva pesasse come piombo…era la debolezza dei vecchi tendini…quelli dell’anima
«…il calore che solo un figlio può dare, soprattutto alla nostra età. Sono sola,  



ma non nel senso fisico: ci sono qui in casa mia fin troppi “avvoltoi” che mi girano intorno aspettando che passi a miglior vita per mettere le grinfie sulla mia eredità, che è poi tutto ciò che si è salvato della maledetta dote di Esther, causa di tutti i nostri guai.
No, la mia solitudine è morale: ho capito troppo tardi che se anteponi astratti principi, per quanto nobili e legittimi tu li consideri, al calore umano e all’amore, alla fine avrai intorno a te solo il deserto. Me lo merito, lo so, ed ora non posso pretendere che qualcuno mi dia affetto, che riscaldi il gelo che sento intorno al cuore. Avevi ragione tu quando dicevi che un grande amore ricambiato è la cosa più bella e più importante della vita…»
Giulia scosse il capo.
Davvero ho detto tutte queste sciocchezze?
Sentì il bisogno di accarezzare il micio, che si era accoccolato nella cesta dei giornali vecchi.
«…e che non lo si può comprare con il denaro o con il prestigio di un cognome, fosse anche quello dei conti Ozzani di Fossalta!
 Ma non è questo il punto, non lo è più, o meglio: non lo è mai stato. Se tu sapessi che altro c’era dietro, quali segreti nascosti nella mia famiglia e nella mia coscienza!
Se solo io avessi avuto la forza di dirtelo, forse avrei evitato a te, a me stessa e ai nostri cari una sofferenza indicibile. Ma ormai è troppo tardi. Ho raccolto le mie ultime forze per scriverti il messaggio che adesso hai tra le mani ed ho incaricato una persona della massima fiducia affinché lo portasse personalmente al tuo indirizzo…»
In effetti la lettera non era timbrata dall’ufficio postale, per quanto fosse affrancata.
Mah…
Era tutto così assurdo.
Virginia, perché lo hai fatto? Proprio ora che mi illudevo di aver dimenticato...


«…e di imbucarlo questa sera stessa. Se, come sono certa, la tua forza d’animo e il tuo grande cuore ti hanno permesso di arrivare a questo punto della lettura, adesso sai come stanno le cose. 
E siccome sono certa che sei rimasta la persona di valore che ho conosciuto, confido nel fatto che tu comprenda che sarebbe per me un sollievo immenso poterti rivedere un’ultima volta e poter avere l’opportunità di rimediare per quanto mi è possibile e con ogni mezzo, anche economico, al male che ti ho fatto.
Con tutto il cuore ti porgo i miei più cari saluti e ti abbraccio.
Per sempre tua
Virginia »



La nobile Virginia Ozzani, Contessa di Fossalta! La cara Virginia, amica del cuore!
La perfida Virginia…
Con che coraggio, dopo una vita di arroganza, di ipocrisia e di intrighi, credeva che bastasse pentirsi sul letto di morte per ottenere il perdono e la compagnia delle persone a cui si era fatto tanto male.
Ma c'erano anche stati momenti belli.
La loro era stata davvero una grande amicizia, intensa, di quelle così forti e appassionate come solo nell’adolescenza possono nascere.



Rivide come in una sequenza di fotogrammi le immagini di due ragazze che si rincorrevano su un prato, nel giardino di una antica villa, e poi di due giovani donne che passeggiavano a braccetto nel corso, salutando i conoscenti, ammiccando maliziosamente ai sorrisi degli spasimanti.
Una dolcezza incredibile per un attimo la trasportò nella parte più radiosa del suo passato: se chiudeva gli occhi poteva rivedere lo sguardo intenso di Virginia, il suo profilo aquilino e aristocratico, i suoi lunghi capelli raccolti sulla nuca candida.
Virginia Ozzani di Fossalta.
Così bella, così fredda, come un mattino di pallida primavera ancora legato al gelo dell'inverno.


Il buio calò di nuovo nei suoi pensieri.
Non poteva fare a meno di notare il fatto che Virginia avesse sottolineato una frase che era nel contempo giusta e volgare, doverosa e oscena, equa e ripugnante.
L’opportunità “di rimediare con ogni mezzo, anche economico”!
Che faccia tosta!
Come se si potesse comprare il perdono con la vaga promessa di un’eredità! Tanto più con i soldi della dote di Esther!
Scagliò di nuovo il foglio per terra.
Non voleva i suoi soldi. E neppure le sue scuse tardive. Non aveva mai voluto niente di questo da nessuno di loro.
Potevano andare tutti al diavolo, i nobili conti Ozzani di Fossalta!
E tuttavia l’odio che provava in quel momento era esattamente proporzionale all’amore che c’era stato prima, anzi, era esso stesso l'estremo segno di un amore che non aveva mai avuto fine.
E Virginia lo sapeva.
Sapeva che avrei letto fino in fondo, che non avrei stracciato subito la lettera…
E sapeva anche che Giulia aveva un disperato bisogno di denaro.
Virginia sapeva sempre tutto.
In questo era stata la più degna erede dell'antica astuzia degli Ozzani di Fossalta.
Se fosse per me potrei anche mandarla al diavolo…ma devo pensare a mio figlio... si tratta dei suoi diritti... non posso decidere per lui.
Le sue labbra si strinsero.
Maledizione a te Virginia! Dopo tanti anni riesci ancora a manovrarmi!
Raccolse il foglio, e seppe di non avere scelta.




Le città del pianeta dove si scattano più selfie



Al primo posto della ricerca condotta da Instagram c’è Makati, nelle Filippine, parte dell’area metropolitana di Manila: lo si può capire dalle 402.197 fotografie di Instagram con l’etichetta “selfie” pubblicate tra febbraio e marzo 2014. Tra Makati e Pasig, il centro vicino, ci sono 258 persone che si fanno selfie ogni 100mila abitanti. Manhattan, invece, nonostante sia uno dei centri mondiali più narcisisti, arriva solo al secondo posto, con 202 ogni 100mila. E poi New York, Miami, Anaheim (che è Disneyland), Tel Aviv, Manchester, Milano eccetera.
Avvertenza: va detto che questa ricerca non dipinge un quadro globale, ma fornisce un abbozzo. I dati dipendono dal tasso di utilizzo degli smartphone e, di conseguenza, dal reddito medio, dalla popolarità di Instagram, dall'impiego di profili pubblici e privati, dalla frequenza della parola “selfie” e così via. Questo significa che ci può essere una grande quantità di persone che si fanno selfie anche a Mosca, ma se non usano Instagram non vengono conteggiate.
(da Linkiesta)

Il grasso dei magri: essere snelli non garantisce l'essere in salute



Invidiose della collega che mangia tutti i giorni al fast food e indossa sempre la taglia 42? Curiosi di sapere come fa il vostro compagno di calcetto ad avere un fisico all'apparenza così in forma dal momento che sul campo si muove come un novantenne? I falsi magri sono fra noi, si presentano bene, ma da qui a definirli in salute ce ne passa. Lo racconta un interessante articolo di Time , che spiega come la cultura americana, completamente ossessionata dall'obesità, dimentichi di considerare l'eventualità che anche chi non è in sovrappeso possa rischiare di andare incontro agli stessi problemi:pressione alta, colesterolo alto, diabete di tipo 2, alti livelli di zucchero nel sangue.

Ma chi sono questi "magri-grassi"? Persone con un indice di massa corporea nella norma, che però si alimentano male(poche verdure, molte bistecche) e non fanno attività fisica da anni, credendo probabilmente di non averne bisogno, perché tanto riescono lo stesso ad avere una figura longilinea senza particolari sforzi né rinunce. Secondo uno studio 2013 pubblicato sull'American Journal of Cardiology, le persone anziane con IMC nella norma, per quanto si tratti di una misura notoriamente imperfetta, ma con alti livelli di grasso corporeo sono a maggior rischio di malattie cardiovascolari e di morte di quanto si sia sempre creduto. E Time cita anche un rapporto più recente, del 2014, secondo il quale le persone con "obesità normopeso" (indice di massa corporea normale, alta percentuale di grasso corporeo), hanno un rischio significativamente più elevato di problemi metabolici e di morte di queste patologie rispetto a qualsiasi altro gruppo.

Il grasso dei magri
In pratica è l'altro lato della medaglia rispetto a quanto era emerso tempo fa in due studi sugli obesi in forma: persone in sovrappeso ma fondamentalmente sane, con una condizione fisica paragonabile a quella di una persona normopeso. I grassi sani, si è scoperto allora, sono persone che, nonostante i chili di troppo, sul fronte della capacità aerobica e cardiorespiratoria non hanno nulla da invidiare altri altri, anzi, sono probabilmente più in forma di chi è magro ma non fa sport.
Una "dieta ricca di zuccheri e alimenti trasformati", spiega a Time Mark Hyman, autore di un libro su una dieta per disintossicarsi dallo zucchero, "provoca il deposito di grasso viscerale, che può portare a tutti i tipi di fattori di rischio dell'essere in sovrappeso". Quindi una persona può apparire magra, avere un peso normale, ma i suoi organi interni potrebbero essere rivestiti di una grande quantità di grasso viscerale che, si è scoperto di recente, ha origini geneticamente diverse da quello sottocutaneo (per esempio la pancetta), ed è il tipo di grasso più pericoloso.
Alimentazione corretta e movimento non rappresentano quindi soltanto il viatico per avere una silhouette più snella, ma anche per assicurarsi un organismo in salute, cioè bello anche dentro oltre che fuori.
(di Marta Buonadonna da Panorama)