Tredicimila caffè al giorno, i frac per i commessi, centinaia di litri di Coca-Cola. La Presidenza del Consiglio non bada a spese... tanto paghiamo noi!
Devono avere paura che gli cali la palpebra mentre discutono sulle sorti del Paese. Sarà per questo che a Palazzo Chigi consumano tanto caffè: 13.400 cialde nel 2013, tra ristretto professional, aroma, decaffeinato intenso e orzo, a cui vanno pure aggiunti 60 chili di pregiata miscela Hausbrandt. Per una spesa totale di 6.156 euro, destinati non ai dipendenti (che hanno a disposizione tre punti bar e distributori automatici a pagamento) ma alle «esigenze delle autorità politiche presso la presidenza del Consiglio dei ministri», come si può leggere nella sezione «trasparenza» del sito di Palazzo Chigi.
È qui, tra i contratti per «l’acquisizione di lavori, beni e servizi», che deve mettere le mani Carlo Cottarelli per la sua spending review. Toccherà anche alle spese di Palazzo Chigi: da quelle per l’acqua minerale e altri generi alimentari al noleggio dei pianoforti, dai Blackberry alle bandiere, alle targhe in ottone, ai detersivi e ai servizi di facchiaggio. Oltre ai dispendiosi contratti con le società di servizi (come quello da 250 mila euro per il monitoraggio sulla contrattazione collettiva dato al Formez).
Il tutto con una spiccata tendenza a largheggiare, che contribuisce all’aumento dei costi per il funzionamento della cabina di pilotaggio della politica italiana: dai 411 milioni di euro del 2012 ai 458 del 2013 secondo i risultati di un fresco studio della Uil.
Le voci più cospicue sono altre natural- mente. Solo il personale vale 224 milioni di euro. E anche qui c’è parecchio da dire. A palazzo Chigi il numero dei direttori generali cresce in barba a qualunque progetto di risparmio e lo stesso avviene con l’am- montare degli stipendi: risulta dal sito della presidenza del Consiglio che decine di suoi dirigenti hanno avuto nel periodo fra il 2011 e il 2013 aumenti variabili dal 10 al 30 per cento. Come mai?
A palazzo Chigi rispondono che si tratta di un errore nella pubblicazione dei dati e che le retribuzioni di partenza non si riferiscono al 2011 ma al 2005. Spiegazione che non vale però per alcuni incrementi molto significativi dovuti alle promozioni dei diretti interessati. Almeno queste non si potevano evitare, insieme con la moltiplicazione dei dirigenti, viste le difficoltà economiche del momento?
Domanda che viene spontanea anche a proposito del numero dei prefetti, che il Consiglio dei ministri ha deciso a fine anno di incrementare di ben 22 unità, portandolo al record storico di 207, quasi il doppio delle prefetture.
Sui conti pesa comunque in modo non trascurabile anche lo shopping necessario al funzionamento degli uffici di Enrico Letta e compagnia, che nel 2013, sempre secondo l’indagine della Uil, si è fatto sentire per ben 1,8 milioni. Il governo delle larghe intese, è vero, è stato più sobrio dei suoi predecessori con le agendine del 2014. Considerando anche i libretti con i numeri utili del governo, ha speso 28.478 euro contro i 48 mila del 2012. E nel bilancio di previsione promette che nel 2014 risparmierà 15 milioni di euro. Ma intanto le dispense di Palazzo Chigi traboccano di cialde, succhi di frutta, tè classico e deteinato, bitter, biscotti, buste di latte a lunga conservazione (cui si aggiunge anche una fornitura di 3 litri di latte fresco al giorno).
Un posto speciale spetta poi alle bottigliette di Coca-Cola: per stare tranquilli ne hanno ordinate 2.400 da consegnare su richiesta. Da aprile ne sono state consumate 429. Saranno il presidente del Consiglio, i ministri, i sottosegretari e i loro collaboratori a spazzolare tutti questi «generi di conforto»? Da Palazzo Chigi fanno sapere che vengono offerti «agli ospiti nazionali e internazionali che ogni giorno partecipano a riunioni e vertici che si svolgono in presidenza».
Decoro e bon ton, insomma, vengono prima della spending review. Per realizzare due bandiere della Thailandia e della Croazia, per esempio, a settembre sono stati spesi 1.597 euro. Vessilli a parte, chi arriva a Palazzo Chigi deve anche essere accolto con una certa eleganza dai commessi in impeccabili frac cuciti su misura. Per vestirne 29 nel luglio scorso sono stati spesi 19.806 euro, cifra con cui un operaio della Fiat vive più di anno. La fornitura comprende giacche, panciotti, camicie, calze e calzature. Un costoso look che Palazzo Chigi sta meditando di tagliare.
L’ospitalità non giustifica invece i 168 permessi auto per l’accesso alla zona a traffico limitato (e la relativa spesa di 99.264 euro) elargiti nel febbraio scorso dall’ex premier Mario Monti, altro paladino della spending review. Ottantotto di questi, tra l’altro, sono finiti sulle auto private di dirigenti e funzionari già dotati di auto di servizio. Pare che Letta si sia scandalizzato quando l’ha scoperto, tanto da decidere di rinnovarli solo ai disabili e a quelli con orari di lavoro disagiati. Vedremo quest’anno quanti saranno.
Le spese pubblicate sul sito governativo in nome della trasparenza sono centinaia, al- cune difficilmente contestabili, come la campagna di comunicazione sulle agevolazioni fiscali o gli interpreti per le riunioni internazionali. Altre sono lodevoli, come i progetti contro il razzismo e l’omofobia, sebbene le spese sembrino talvolta sproporzionate: è il caso dei 39 mila euro per il progetto su «La partecipazione delle donne e dei giovani rom e sinti ai processi decisionali».
Sono congrui poi i quasi 12 mila euro che sono stati spesi a fine dicembre dal dipartimento per le politiche europee per i «gadget nazionali»? E i 228 mila all’Automobile club d’Italia per gestire il sito dell’osservatorio sul turismo
www.ontit.it ? Non mancano altre voci curiose, come i 5.667 euro spesi per quattro mesi di manutenzione di «due vasche da 100 centimetri contenenti ciascuna una pianta arbustiva» o i 1.900 euro per il detersivo e il brillantante della lavastoviglie dell’anticamera del vicepresidente.
E poi, anche se la cifra non è così esorbitante (453 euro), in tempi di sobrietà imperante c’era proprio bisogno di quattro cartelle in pelle «foderate internamente con seta moiré e con stampa in oro»? Tre sono andate al ministro per le Riforme costituzionali e una al vicesegretario generale.
Niente agenda di lusso per il presidente del Consiglio Enrico Letta, ma un regalo di Natale ben più costoso: un sondaggio. Per conoscere il parere di una community di appena 50 persone che dal 28 settembre al 13 dicembre scorso ha discusso online dei provvedimenti e dell’operato del governo, la presidenza del Consiglio ha infatti pagato ben 47.500 euro. A chi? Alla Ipsos di Nando Pagnoncelli. Chissà se tra le opinioni sondate nella community c’era anche quella relativa alla capacità di risparmiare i soldi dei contribuenti.