sabato 14 giugno 2025

Una con tutte stelle nella vita. Capitolo 3. In amore vince chi...



Dal giorno in cui Vittoria aveva incominciato a frequentare, come mia compagna di banco e di studi, il corso di storia dell'arte contemporanea, la mia vita era cambiata radicalmente.
Ogni lezione era come un "appuntamento", anche se io continuavo a non farmi illusioni immotivate e a mantenere un certo distacco, perché in fondo il mio ruolo era solo quello di un follower divenuto per caso conoscente utile, dal punto di vista di lei, come "tutor" da sfruttare per riuscire a passare l'esame con un buon voto senza faticare troppo. 
Però sarebbe riduttivo vedere le cose soltanto da quel punto di vista, perché Vittoria mostrava di gradire la mia compagnia, come amico s'intende, e mi trovava divertente, ed io a mia volta, apprezzavo il suo senso dell'umorismo e la sua allegria contagiosa, che tutto sommato smorzava la punta di malinconia che sentivo ogni volta che pensavo che quella meravigliosa ed ironica ragazza stava insieme ad un altro ed io non avevo speranze dal punto di vista sentimentale.

Dopo circa due settimane dal nostro primo colloquio, lei mi chiese se quel pomeriggio fossi libero per studiare con lei, cosa che in realtà significava farle lezione o "ripetizione" gratis.
L'idea di trascorrere un pomeriggio con lei, anche solo per studiare, mi emozionava e mi allettava, ma sapevo che alla fine avrebbe solo aumentato la mia sofferenza per il fatto che lei amava un altro e io mi sentivo una nullità in confronto a quell'altro.

Mi chiedevo quanto potesse essere grande l'autostima di un giovane uomo che si fosse guadagnato l'amore di una ragazza come lei, Vittoria Elena Lucrezia Prinsivalli.







Io non sapevo quasi niente del suo ragazzo e non ero ancora in grado di capire bene quali fossero le qualità che gli avevano permesso di conquistare l'amore di Vittoria.
Sapevo solo che lui si chiamava Michele e che lei lo chiamava Micky. Studiava ingegneria al Politecnico di Milano. Era alto e giocava anche a basket. Era un tipo sicuro di sé, forse un po' troppo. Per il resto c'erano stati solo alcuni accenni, su di lui, ma le informazioni che ne avevo ricavato erano comunque poche e contrastanti dal momento che Vittoria alcuni giorni sembrava arrabbiata con lui, mentre altri giorni mostrava un'adorazione sconfinata nei suoi confronti.

Una cosa era certa: stavano attraversando un momento di crisi perché lei aveva cancellato da Instagram e Tik Tok alcuni post che li ritraevano insieme in momenti molto romantici, in particolare uno che doveva aver richiesto molta tecnica per essere realizzato. Mai mi sarei aspettato una sua cancellazione. E poi lei aveva tolto anche la frase, che persino a me era parsa una vanteria, in cui diceva di sembrare più giovane della sua età.

<<Molto volentieri! Mi fa piacere l'idea di studiare insieme a te. Prima però dobbiamo mangiare qualcosa in un bar, io non cucino e spesso mi prendo anche una pizza al taglio, con una coca, ma non so i tuoi gusti, quindi dimmi tu...>>
Lei annuì:
<<Una pizza al taglio va benissimo, con una coca light. E spero di non sembrarti troppo sfacciata a chiederti se possiamo studiare da te, visto che so che disponi di un monolocale qui vicino>>
In effetti era vero: avevo potuto acquistare quel monolocale grazie all'eredità che mi aveva lasciato la mia adorata nonna materna.
<<Ma certo, è proprio qui a due passi. Ho anche un cortiletto interno, minuscolo, ma è comunque meglio di niente. Ho solo due domande. Ti fidi ad andare a casa di uno sconosciuto? E... come hai fatto a sapere del mio monolocale?>>
Lei rise:
<<Sono un'esperta di arti marziali, tra le altre cose. E riguardo alla seconda domanda: i tuoi due compari, Fabio e Nicola, approfittano di ogni opportunità per tessere le tue lodi e per mettere in risalto le tue qualità anche... come dire... materiali. Da dove deriva tutta questa loro adorazione per te?>>
Io risi a mia volta:
<<Non è adorazione, è compassione! Sai, io sono single e per loro questo è intollerabile e penoso. Per cui, con qualsiasi ragazza, mi descrivono come se fossi un principe azzurro, creando solo dei problemi perché poi queste fanciulle restano inevitabilmente deluse dalla mia triste realtà>>
Lei mi fissò con uno sguardo di rimprovero:
<<Perché ti svaluti così? Non mi era mai capitato di conoscere un ragazzo che parlasse male di se stesso. Non capisco perché senti l'esigenza di sminuirti>>
Era un discorso delicato, troppo difficile da affrontare mentre stavamo camminando verso il chiosco delle pizzette al taglio, ma qualcosa dovevo comunque dire:
<<Perché non voglio deludere nessuno>>
Vittoria mi osservò con stupore:
<<Ma è normale che le persone ci deludano! Però non bisogna farne una tragedia! Siamo esseri umani, possiamo sbagliare, possiamo avere tanti difetti, è una cosa naturale. L'importante è che non si facciano cose gravi, ma non mi sembra il tuo caso>>
Io pensai che dipendeva da cosa si intendesse per cose gravi, ma preferii essere più specifico:
<<Be', io ogni tanto mi arrabbio in maniera eccessiva rispetto alla causa, e durante quei momenti alzo la voce e dico parole crudeli con l'intento di ferire la persona che mi ha ferito. A parole, naturalmente, ma le parole che dico quando mi arrabbio sono difficili da dimenticare e ancor più  difficili da perdonare>>
Lei mi fissò:
<<Preferisco chi si sfoga con le parole piuttosto che in altri modi. I maschi di oggi sono violenti, a volte, oppure vendicativi, rancorosi. Preferisco uno che si arrabbia e sbotta per cinque minuti e poi, una volta che si è sfogato a parole, torna normale. In fondo vale la regola: "can che abbaia non morde!">>
Io risi:
<<Sì, be', diciamo che io rientro nella categoria dei cani che abbaiano, ma non mordono>>
Vittoria rise a sua volta:
<<Ma io non volevo paragonarti a un cane! E' che il proverbio dice così>>
Io annuii sorridendo:
<<Lo so, lo so... c'è molta saggezza nei proverbi. Ma scommetto che il tuo fidanzato non si arrabbia mai>>
Lei scosse il capo:
<<Si arrabbia anche lui, non è certo un santo! E dice anche lui cose sgradevoli, ma io so che non le pensa>>
Io ero molto curioso riguardo a quell'argomento, ma bisognava essere delicati:
<<Immagino che sia molto orgoglioso del fatto che una persona con le tue qualità abbia scelto lui>>
Vittoria apparve pensierosa:
<<All'inizio lo era, eccome! Ma col tempo, sai com'è, si incomincia a dare le cose per scontate. Insomma, ci si abitua e forse ci si stanca anche. Le relazioni, al giorno d'oggi, possono finire per ragioni difficili da descrivere... forse la parola adatta potrebbe essere "noia". Ciò che era travolgente diventa noioso: le coppie di una volta lo accettavano. Adesso è più difficile. Non dico che il mio fidanzato si annoi a stare con me, ma di certo è meno entusiasta di prima. Insomma, non bisogna mai dare nulla per scontato. E visto che siamo in vena di proverbi, l'amore è eterno finché dura>>




Io rimasi meravigliato per il fatto che lei si fosse confidata con me su questo argomento:
<<Sì, c'è molta saggezza nelle tue parole. Forse potrei aggiungere che è la passione quella che col tempo si affievolisce, e anche l'innamoramento, che viene sostituito da un profondo affetto, almeno così mi sembra sia accaduto per molte coppie che ho conosciuto. Non posso parlare in prima persona perché non ho mai avuto la gioia di un grande amore ricambiato, e questo per colpa mia, perché pretendo più di quel che posso dare>>
Lei mi ascoltò con interesse, mentre camminavamo, avvicinandoci al bar-pizzeria:
<<Sei tu il più saggio e il più sincero. Sei la prima persona di genere maschile che ammette i suoi difetti in maniera onesta, anche se eccessivamente severa. Credo che tu possa dare molto a una donna, perché noi donne apprezziamo gli uomini sinceri, che fanno autocritica, che ammettono i propri limiti, che sanno pensare in maniera profonda e parlare con efficacia>>
Riflettei sulle sue parole, mentre ordinavamo le nostre pizzette, e poi le risposi:
<<A costo di cadere in un luogo comune, credo che le donne apprezzino queste doti in un amico, ma poi si innamorano di uomini molto diversi, sicuri di sé, che parlano poco e agiscono molto>>
Vittoria si accigliò:
<<In parte è un luogo comune, anche se devo ammettere che all'inizio molte di noi si innamorano dei cosiddetti "maschi alpha". Ma dopo un po' il maschio alpha diventa insopportabile, almeno per le donne di oggi, che non sono disposte a farsi calpestare da questi personaggi narcisisti e manipolatori. Io credo che la dote dell'autocritica sia fondamentale sia nei rapporti di amicizia che nelle relazioni sentimentali.
Io mi sento una femmina alpha e forse voglio un maschio beta...>>
Mi chiesi se io corrispondessi all'idea che lei aveva del cosiddetto "maschio beta", ma il mio timore era di essere molto peggio, un "maschio omega", ultima lettera dell'alfabeto greco e ultima ruota del carro.
Mentre ci consegnavano le pizzette al taglio, io continuavo a riflettere su quelle parole e non sapevo se credere a ciò che aveva detto:
<<Forse le conquiste del femminismo e l'orrore dei femminicidi e delle molestie hanno fatto perdere molti punti al maschio alpha, agli occhi delle donne, ma temo che questo sia un discorso basato più sulla razionalità che sui sentimenti, sulle emozioni e sulle pulsioni. Io temo che alla fine l'uomo forte sia quello che risulta più desiderato>>
Lei aveva già la risposta pronta:
<<Il punto è che il concetto di forza è cambiato. Forse le ragazzine potranno ancora innamorarsi di un bullo che comanda una baby gang, ma una donna maggiorenne sa già che la vera forza richiede l'autocontrollo e l'autocritica, e anche l'intelligenza, il senso dell'umorismo, la cultura, l'eleganza, la capacità di esprimersi in maniera tale da affascinare l'uditorio>>
A questo punto, visto che ormai ci stavamo avvicinando al mio monolocale, trovai il coraggio di chiederle:
<<E quindi il tuo fidanzato possiede le doti che hai elencato adesso, immagino...>>
Gli occhi blu di Vittoria mi fissarono con aria malinconica:
<<Non proprio tutte e non al livello di cui in questo periodo sento l'esigenza. Ti ho già accennato altre volte che ultimamente abbiamo molte divergenze. Lui riesce sempre a stemperare la tensione e a riconquistare la mia fiducia, perché comunque la nostra relazione dura da molto tempo e abbiamo trascorso momenti bellissimi insieme. Ma non mi accontento più di vivere di ricordi e lui non è più quello di una volta. A essere sinceri, non lo sono più neanch'io>>
Il discorso si faceva interessante:
<<In che senso?>>
Lei apparve un po' titubante ed io mi ripromisi di non correre troppo:
<<Prima entriamo nella mia umile dimora, ci sediamo, mangiamo con calma, e poi continuiamo il discorso>>
 Vittoria annuì e apparve comunque un po' nervosa:
<<Ok, d'accordo, anche perché...>>
Incominciò ad aggiustarsi la cravatta della sua personale uniforme scolastica anglosassone così strana all'Università. Divenne all'improvviso molto agitata e continuava a tormentarsi la cravatta allora le chiesi se c'erano dei problemi e lei all'iniziò negò, poi si mise le mani sul cavallo della gonna e senza alcuna remora dichiarò quasi brutalmente: 
<<Scusa Roberto ma mi sto facendo la pipì addosso, è da stamattina alle 8 che non la faccio ed ho bevuto almeno due tazze di tè, due di caffè e tre bottigliette d'acqua. Adesso sono le 14, sono passate sei ore e ho la vescica che mi scoppia, mi sembra di avere le contrazioni da partoriente, se non arriviamo subito al tuo bagno c'è il rischio concreto che me la faccia addosso per strada... non sarebbe la prima volta, perché io ho paura dei bagni pubblici, mi fanno schifo e non li uso mai, e ogni tanto succede che non riesco a trattenere la pipì e tutto questo fa infuriare il mio fidanzato, che come vedi non è molto comprensivo, specie dopo che gli ho bagnato il sedile della sua preziosissima macchina...>>












Io ero incredulo:
<<Dopo sei ore in cui hai bevuto così tante sostanze diuretiche direi che al contrario hai dimostrato di avere una vescica di ferro: le accuse del tuo ragazzo sono ingiuste.
Comunque non preoccuparti: siamo arrivati, io sono al piano terra, la stanza è una sola e la porta del bagno è aperta, quindi hai via libera!>>
Aprii il portone esterno mentre lei mi avvertiva che stava incominciando ad avere delle perdite, poi aprii la porta del mio monolocale e lei si fiondò in bagno urlando "me la sto facendo letteralmente addosso" come se fosse con un amico di vecchia data.
Una cosa che mi colpì fu il fatto che, a differenza delle altre ragazze che avevano usato il mio bagno per la stessa ragione, lei non fece nulla per deviare la traiettoria del getto di urina per cui incominciai a sentire subito uno scroscio potente e torrenziale che durò senza pause per un minuto e mezzo senza e poi a fasi alterne fino a due minuti.

















Visto che lei non aveva fatto nulla per nascondere l'entità biblica del diluvio con cui aveva inondato il mio bagno, mi sentii libero di commentare ironicamente ironicamente:
<< Che record! Ma quanta ne avevi?>>
Lei, tutta sollevata e sorridente come una scolaretta, rispose, con grande naturalezza:
<<Secondo me almeno un litro e mezzo. La prossima volta compra un misuratore graduato, potresti rimanere stupefatto!>>
Io lo ero già nel vedere l'amore platonico della mia vita collidere con una minzione degna di un cavallo da corsa.
Eppure non per questo apparve meno perfetta ai miei occhi, anzi, in un certo senso questa sua spontaneità aveva creato una situazione di intimità che trovavo molto piacevole.

Lei fece un gran sospiro, si ricompose, si risistemò la cravatta e fu pronta per esprimere i suoi commenti sul mio monolocale.







Si sedette a tavola e accavallò le gambe in modo divino: erano davvero perfette. Sarei rimasto lì a contemplarle per l'eternità.



      
Come il silenzio, 
noi scenderemo ognuno
per le proprie scale,
non penseremo più
al tuo bene ed al mio male,
senza guardare in giù,
e tutto il resto vada poi
come gli pare.
Come il deserto,
che avanza dentro me
veloce come il suono,
la nostra storia brucerà
un'ultima volta
e finalmente poi sarà
soltanto fumo.
Che ne faremo 
di questa farsa
che si ferma e poi riparte,
di questa vita
che non nasce e che non muore?
Dal grande fiume
svogliatamente
ci faremo trascinare
dalla sorgente alla foce, 
fino al mare, 
dalla corrente alla deriva
e non nuotare.
Dentro l'abisso,
che si spalanca sotto noi
come una fauce,
potremo infine
dolcemente sprofondare
e tutto il male 
ora e per sempre svanirà, 
svanirà, 
svanirà.







 

domenica 1 giugno 2025

Una con tutte stelle della vita. Capitolo II.



<<Tu hai la faccia di uno che ne sa a pacchi>>: queste furono le stravaganti parole che Vittoria mi disse al termine di quella famosa lezione di storia dell'arte contemporanea in cui per la prima volta la vidi di persona, all'università.
Non era il tipo di complimento che avrei sperato di sentire, perché io sapevo già di essere, modestia a parte, una persona molto colta e uno studente modello. Diciamo pure un secchione, ma non un nerd, perché almeno i nerd sono bravi in informatica, io invece ero negato per la tecnologia: ero un letterato, uno storico, forse anche un filosofo, un umanista, insomma, ma scientificamente non ero un gran che e a livello pratico ero una nullità completa.
Avrei preferito un complimento sul mio aspetto fisico, in fondo, quando avevo 22 anni, ero abbastanza carino, non bello, questo sarebbe dire troppo, ma avevo un mio fascino.
Non che nutrissi speranze riguardo a Vittoria: sapevo che lei era fidanzata con un bocconiano molto portato per la finanza e con grandi prospettive di carriera. Non era bellissimo, ma aveva l'aspetto del tipo molto sicuro di sé e molto, se mi passate il termine, "fighetto".

Quando Vittoria si era seduta nel posto a fianco a me, seppure a una certa distanza, io mi ero imposto un assoluto autocontrollo, senza dare alcuna impressione di riconoscerla e persino cercando di non guardarla. I miei amici, Fabio e Nicola, che l'avevano riconosciuta, mi avevano fatto cenni verso di lei, ma io, dopo averli zittiti con un'occhiataccia, ero rimasto completamente imperturbabile. 
Loro non avevano mai approvato questo mio atteggiamento, che consideravano rinunciatario.
Mi dicevano: "Se fai così ti autoescludi in partenza".
Io rispondevo: "Quando non c'è speranza, tutto ciò che resta è la dignità. Io scelgo un comportamento dignitoso".
E mi attenni a questo motto.
Il fatto che, durante quella lezione, io avessi mostrato la massima indifferenza nei confronti di Vittoria, poteva non essere stato da lei notato o comunque poteva essere interpretato  in tanti modi, tra cui quello, falso, che non mi piacessero le donne (al massimo si poteva dire che non mi piacessero gli esseri umani, ma si trattava di una delle mie raggelanti battute misantrope), ma venni a sapere in seguito, da lei stessa, che invece era rimasta colpita dal fatto che fossi estremamente concentrato e attento alla lezione e prendessi appunti con la velocità del fulmine, riuscendo comunque a scrivere in calligrafia leggibile. 

Questo le poteva tornare utile, e fu per questo che al termine di quella fatale lezione, mi disse la frase gergale che ho riferito all'inizio e che ripeto, perché fu l'inizio del nostro primo colloquio.
<<Tu hai la faccia di uno che ne sa a pacchi>>
Io la guardai dritto negli occhi, che in quel momento erano di un blu così scuro non si sarebbe trovato nemmeno in una fossa oceanica, e le risposi, asciutto:
<<Di cosa?>>
E lei, con un lieve sorriso canzonatorio:
<<Di questa materia. Arte contemporanea>>
Io intuivo dove lei volesse arrivare: molte volte mi era stato chiesto in prestito il quaderno degli appunti, che lei non aveva preso quasi per niente.
<<Io so solo quello che dice che la prof. Non è il mio settore e devo dire che non mi piace nemmeno gran che, soprattutto dopo le avanguardie>>
Lei scrollò le spalle, come a dire che quello non contava niente:
<<Eh, ma a me interessa più che altro sapere informazioni sull'esame, su quello che avete fatto nelle prime lezioni, se vale la pena dare l'esame da frequentante...>>
Dopo quelle parole, i miei amici si scambiarono uno sguardo d'intesa e mi dissero che loro andavano in biblioteca, mentre io rimasi lì, davanti alla ragazza di cui ero tremendamente innamorato e a cui dovevo dare una risposta che avrebbe determinato la possibilità di rivederla ancora, con tutti i rischi connessi alla mia serenità mentale.
Sapevo che la prospettiva che lei frequentasse sarebbe stata per me come l'avere davanti una torta deliziosa che però non mi era concesso di assaggiare. E così scelsi, onestamente, la sincerità:
<<La prof. segue il libro. Tra l'altro l'autore del libro è suo marito. Per i non frequentanti c'è da portare in più un libricino di estetica, che dicono sia breve e interessante, per cui non so se valga la pena frequentare. Io frequento solo nella speranza che si ricordi di me all'esame... con i frequentanti forse è più tenera, ma chi può dirlo?>>
Lei parve sorpresa dal mio tono distaccato e poco incoraggiante.
<<Ma spiega bene? Aiuta a capire e memorizzare quel che c'è scritto nel libro. Perché io ho letto qualche riga e mi sembra assurdo. Usa parole senza senso, tipo biomorfismo o meccanomorfismo, che roba è?>>
A quel punto ammetto che mi diedi un po' di arie da grande sapiente:
<<Be', è l'etimologia che suggerisce il significato. Il biomorfismo c'è quando le figure rappresentate ricordano esseri viventi, anche piante, come nello stile floreale o art nuveau, mentre il meccanomorfismo si ha quando le figure ricordano oggetti meccanici, come nel cubismo, o nell'art deco>>
Lei annuì:
<<Lo sapevo che eri uno che ne sapeva a pacchi. Io da sola non riesco a studiare, mi perdo e mi distraggo, ho altre cose per la testa, sai sono un'influencer di moda...>>
Io annuii a mia volta:
<<Lo so, io sono uno dei tuoi follower>>
Vittoria rimase di sasso:
<<Ah... e me lo dici solo adesso? E con questo tono distaccato?! Di solito i miei follower appena mi vedono si mettono a fare salti di gioia. Insomma, nel mio piccolo sono famosa...>>
Io provai un sottile piacere nel mostrarmi più distaccato rispetto al "follower medio":
<<Be', io immagino che una persona... famosa...>> e la pausa valse più di mille parole <<preferisca, nella vita privata, vivere le cose in maniera normale, non come una star, dico bene?>>

Lei non ne era affatto convinta:
<<No, sinceramente a me piace essere trattata come una star, anche se ancora non ho abbastanza follower. Ma è solo questione di tempo: sarò io a sottrarre la corona alla Ferragni, ora che lei è caduta in disgrazia dopo la questione del pandoro. E comunque qui, in questo dipartimento, sono, come dire...>>
Io colsi l'occasione per sfoggiare il mio latino, perché dovete sapere che una bella citazione latina fa sempre colpo:
<<...in partibus infidelium>>
Lei fu colta di sorpresa:
<<Ehm, io ho fatto il classico, il Parini, quindi in teoria dovrei capire tutte le citazioni, ma questa mi manca...>>
Io, sorridendo con aria da saggio "sensei" che guarda un allieva che ha "ancora molto da imparare", risposi:
<<Oh, è una frase ecclesiastica, che ho appreso studiando storia: si riferisce ai prelati la cui diocesi è caduta nelle mani degli infedeli e che quindi si trovano fuori dal loro ambiente>>
Vittoria afferrò il concetto e approvò:
<<Esatto! Qui siete tutti così seriosi! Nel mio corso di laurea invece mi conoscono tutti, e sono più divertenti, ad essere sinceri... qui siete un po' snob... i letterati, gli storici, i filosofi... quelli che non abbassano a seguire la moda... eppure tu sei un mio follower, anche se non credo che tu mi segua perché ti interessano i vestiti che indosso>>
Non era del tutto vero:
<<In realtà io sono affascinato dall'eleganza. I letterati sono degli esteti, ma più che la moda si interessano allo stile. La moda va e viene, ma lo stile è ciò che contraddistingue una persona, in tutto, compreso l'abbigliamento>>
Lei colse una specie di rimprovero:
<<E secondo te io seguo la moda, oppure ho un mio stile?>>
Mi meravigliò il fatto che le interessasse il mio parere, perché non pensavo che avesse bisogno di conferme, e di certo non da uno studioso come me:
<<Entrambe le cose. Il tuo stile valorizza il tuo aspetto fisico. Certo è uno stile forse troppo sportivo per i miei gusti, ma oggi, per esempio, sei molto elegante>>
Lei mi fissò con gli occhi socchiusi e le pupille leggermente dilatate da un disappunto incipiente:
<<Davvero? Non mi hai degnata di uno sguardo durante tutta la lezione. E da come parli, lo dico senza pregiudizi, sembrerebbe che tu sia gay...>>
Io risi:
<<Ah, ah... no, mi dispiace deluderti, ma sono etero! Credevo che il non sbirciare solo fosse un gesto di buona educazione. Del resto, al giorno d'oggi, persino uno sguardo può essere percepito come un forma di molestia>>
Vittoria non era d'accordo:
<<Solo se è uno sguardo indiscreto e insistente. Tu invece proprio non mi hai, scusa il francesismo, "cagato" neanche di striscio. Ma comunque, ora che abbiamo chiarito l'equivoco, apprezzo il fatto che tu abbia promosso il mio outfit di oggi: temevo di aver osato troppo>>
Era l'inizio del secondo semestre, nel febbraio del 2023: l'inverno era stato mite, per fortuna, considerando il costo del gas dovuto alla guerra, e quella era una giornata soleggiata.
Vittoria aveva scelto un look da scuola privata, con una uniforme con camicia bianca attillata, cravatta e gonna plissettata, calze a rete, molto sexy.
Io non ero abituato a fare troppi complimenti alle ragazze per le quali nutrivo un amore impossibile.
Cercai di mantenere una certa obiettività:
<<Il fascino della divisa vale anche per le donne. E confesso che uniformi scolastiche incontrano il mio gusto un po' feticistico>>
Come elogio non era abbastanza, per lei:
<<Capisco i tuoi gusti, ma vorrei un giudizio più preciso, che tenga conto del mio look nella sua totalità. Voglio dire, ci sono delle haters che mi hanno criticata perché ho i seni troppo grandi per portare camicie attillate, specialmente a lezione>>
In effetti era vero, ma non volevo certo dare ragione a coloro che la odiavano:
<<Non bisogna dare importanza a cosa dicono gli haters! Comunque io trovo che sia un outfit molto sexy e nel contempo molto accademico. Mette in risalto la tua indiscutibile bellezza, ma non occorre certo che sia io a confermarti quello che è evidente di per sé, non credi?>>
Lei sembrava un po' incerta, come se pensasse che nelle mie parole ci fosse qualche nota stonata, qualche critica implicita:
<<A me importa il giudizio di tutti i miei follower. Purtroppo non posso rispondere ai vostri commenti perché se rispondo a uno, gli altri si offendono e se rispondessi a tutti non avrei tempo nemmeno per respirare. Ma non mi pare di aver mai visto tuoi commenti, o mi sbaglio?>>
Era l'ora della pausa pranzo, ma lei sembrava molto presa da questa conversazione, con mia grande meraviglia, per cui cercai di rispondere in una maniera onesta:
<<In effetti è vero, non ho mai commentato, ma più che altro per non essere invadente. E del resto non credo che tu abbia bisogno di aumentare il... come si chiama il tasso di interazione... ah, sì, l'engagement!>>
Lei parve divertita:
<<Vedo che ne sai a pacchi anche riguardo a questioni meno culturali. Comunque d'ora in avanti ti autorizzo, anzi ti invito a commentare, a esprimere la tua ammirazione senza timidezza. L'engagement non è mai abbastanza alto! Ma non è solo per quello: mi fanno piacere i commenti positivi, anche gli apprezzamenti, se espressi in maniera educata>>
Percepivo un certo narcisismo, dietro quelle parole e quell'invito in apparenza cortese.
<<Il tuo fidanzato non è geloso?>>

Lei si rabbuiò come se avessi nominato uno stalker. Ebbi la netta impressione che avessero litigato di recente e che lei avesse un gran bisogno di sfogarsi. E le sue parole me lo confermarono:
<<Lui non è entusiasta del fatto che io faccia l'influencer, è un po' all'antica, forse un po' geloso e invece dovrebbe essere fiero che io abbia tanti ammiratori e che, tra i tanti, io scelga di stare con lui>>
Io non mi ero mai accorto che ci fosse quel tipo di problema, tra loro:
<<Dalle vostre foto e dai vostri filmati mi sembrate una coppia perfetta. State insieme da tanto tempo, e si vede chiaramente che vi amate. E poi gli scrivi sempre parole molto commoventi... insomma, sono convinto che siate anime gemelle, ed è una gran fortuna per voi>>
Vittoria scosse il capo:
<<Una volta lo credevo anch'io, ma non ne sono più così sicura. Tu mi sembri una brava persona, per cui credo di potermi confidare sperando nella tua discrezione. Vedi, lui è un po' troppo, come dire, "precisino"... non so se mi spiego... un po' troppo fighetto... poi, sai, è un ingegnere... un tipo quadrato come la sua testa...>>
Io non potei fare a meno di dire:
<<In effetti ha la testa un po' quadrata, o per meglio dire, rettangolare...>>
Lei rise:
<<Ah ah, lo dicono tutti... a me all'inizio piaceva molto la sua mascella squadrata, ma adesso meno... è come se rispecchiasse il suo carattere: un tipo dalle solide certezze, uno che non ha dubbi, che non cambia mai idea, che non comprende i miei sbalzi d'umore... insomma, lui ha poca sensibilità>>
Io l'avevo capito da molto tempo, e mi erano bastate le immagini e i filmati:
<<Ma in genere le donne cercano un uomo forte, un maschio alpha, una roccia a cui appoggiarsi durante le tempeste, uno che le faccia sentire al sicuro>>
Vittoria scosse vigorosamente il capo:
<<Questo lo cercano le ragazzine, oppure le donne deboli che hanno bisogno di attaccarsi a quella roccia che dici tu come se fossero delle cozze! Io sono una donna emancipata e lui mi fa sentire in gabbia. Non mi prende sul serio. Viene da una famiglia patriarcale, molto conservatrice...>>
Io avevo intuito anche quello, ma non pensavo che a lei dispiacesse così tanto.
In ogni caso, pur essendo io segretamente innamorato di lei, non mi compiacevo certo del ruolo che in quel momento lei mi attribuiva, ossia quello di spalla su cui piangere, una delle caratteristiche di coloro che finiscono nella friendzone: la zona degli amici che non saranno mai amanti.
Non era certo una bella condizione, e lo sapevo per esperienza, a causa della mia malaugurata tendenza a innamorarmi sempre di donne fuori dalla mia portata. Era una tremenda maledizione che mi aveva portato inizialmente ad avere relazioni con donne di cui non ero innamorato, giusto per "fare esperienza", come mi consigliavano gli altri, ma purtroppo non sono mai stato capace di accontentarmi, cosa che invece fa la maggior parte delle persone.
Di conseguenza, i miei innamoramenti, di cui non facevo mistero con gli amici più fidati, rimanevano però, almeno da parte mia, non manifestati alle troppo perfette ragazze di cui ero infatuato. 
Certo era una cosa frustrante e dolorosa, ma c'era un modo per sublimare quel sentimento e quella pulsione insoddisfatta, e quel modo era la poesia. Ero consapevole del fatto che tutte le poesie d'amore corrono il rischio di essere patetiche, ma oso affermare che le mie non lo erano: io emulavo lo stile di Montalemisterioso e dignitoso, nel trattare il tema della mancanza e quello della disarmonia rispetto all'universo, senza mai cedere alle lamentazioni esplicite, perché il dolore può essere espresso, ma non spiattellato. Per questo bisognava essere criptici, soprattutto nella poesia.
Non pretendo di avere ragione, anche perché aver ragione non serve a niente, e di certo non è piacevole essere consapevoli del fatto che le donne che ho amato di più, tranne Vittoria, ovviamente, sapevano a malapena della mia esistenza, e non perché io fossi timido o perché mi sentissi ferito da un eventuale rifiuto, ma perché semplicemente non mi facevo illusioni e sapevo stare al mio posto. 
Avevo imparato presto, nella prima adolescenza, a conoscere i miei limiti, in particolare sapevo di essere piuttosto impacciato e imbranato per natura, e negato per gli sport, e le mie doti non in grado di compensare quei difetti, agli occhi di quelle ragazze troppo perfette di cui mi innamoravo.
Questo tipo di riflessione non c'entra niente con la teoria LMS (look, money, status) o da quella degli "incel", i celibi involontari, nel senso che io attribuisco molto valore alla personalità e alla capacità di essere disinvolti, ironici, avere la risposta pronta, la citazione giusta, efficace, e saper fare le cose con abilità, stile e naturalezza. 
Quel tipo di capacità, che io acquisii solo in parte e molti anni dopo, con l'esperienza, all'epoca erano ancora in una fase di rodaggio. Incominciavo ad essere noto per certe mie risposte basate su un umorismo disincantato e ironicamente pessimista, da film noir, con freddure del tipo: "Ho conosciuto uomini coraggiosi, alcuni di loro sono morti, gli altri vorrebbero esserlo", che spiazzavano gli interlocutori e non necessariamente in maniera positiva.
Poi però gli eventi della vita possono condurre a circostanze particolari e sorprendenti, ed è proprio questo ciò che avvenne con Vittoria.
Mi chiedevo che cosa l'avesse spinta a frequentare il corso di storia dell'arte contemporanea, quando avrebbe potuto sostenere l'esame da non frequentante.
Non mi rendevo conto, all'epoca, che la stavo sottovalutando, nel senso che, conoscendola solo tramite i social, ed esclusivamente come osservatore silenzioso, credevo che lei fosse identica all'immagine che voleva dare di sé sui social, un'immagine un po' troppo frivola, troppo allegra, ma il mio era un pregiudizio.
In quella realtà più prosaica e grigia, come spesso appare il mondo reale se confrontato con quello a cui si accede con lo smartphone (oggetto che io non ho mai amato, ma solo usato per necessità, preferendo il pc tradizionale, con i suoi ampi spazi e il suo radicamento in casa, per il tempo limitato che dedicavo alla navigazione sul web), Vittoria si stava confidando con me rivelandomi di avere una personalità più complessa, forse più tormentata, il che ai miei occhi le faceva onore.

<<Capisco. Le tue confidenze sono al sicuro con me: non ne parlerò con nessuno, finché tu non me ne darai il permesso. Comunque vadano le cose, per questo esame puoi sempre contare su di me, nel caso ti servissero gli appunti>>
Lei annuì:
<<Ti ringrazio. Ci rivediamo a lezione e poi, magari, potremmo anche studiare insieme>>
Quelle parole mi collocarono chiaramente nella friendzone, ma era pur sempre piacevole il pensiero di stare in sua compagnia.
<<Ma sì, certo, volentieri!>>
Se avessi immaginato le conseguenze di quel mio "sì", sarei fuggito a gambe levate. Ma la vita ci gioca brutti scherzi, all'improvviso e quando meno ce lo aspettiamo.