venerdì 4 dicembre 2015

Regression (2015). Recensione.



Ciò che rende questo film avvincente e direi quasi unico nel suo genere è l'incertezza, che ci accompagna fino all'ultimo, su quale sia l'elemento realmente malvagio  e "demoniaco" in questa vicenda che, fin dal principio, oscilla tra vari generi senza aderire, apparentemente, a nessuno di essi: il giallo, il poliziesco, il noir, lo psycho-thriller, l'horror e il surreale.
La particolarità sta nel fatto che il dubbio (e la conseguente rivelazione finale), non riguarda tanto il tema delle sette sataniche, a cui viene fatto esplicito riferimento fin dall'inizio, con annessa precisazione che ci assicura che la vicenda si ispira a fatti realmente accaduti, quanto piuttosto la credibilità di chi ne parla, sia in veste di testimone, sia nel ruolo di investigatore, di psicologo o di religioso.
Ogni personaggio sostiene una tesi fondata su elementi incerti, diversi e a volte opposti tra loro: la presunta verità legale delle testimonianze e delle indagini, l'ancor meno attendibile scientificità del metodo della regressione ipnotica, la ricostruzione pressapochista sull'esistenza di insospettabili sette sataniche e infine la cieca fede nella realtà della possessione demoniaca.
Sono tutti in buona fede? C'è qualcuno che mente? C'è qualcuno che crede di dire la verità, ma non la dice affatto? Ma soprattutto: esiste veramente la setta satanica di cui si parla? E in caso affermativo, si tratta solo di una associazione criminale o è qualcosa che ha un fondamento metafisico, ultraterreno?
Lo spettatore si pone questi dubbi seguendo la vicenda dal punto di vista del detective Bruce Kenner (Ethan Hawke), il quale, nel tentativo di far luce sugli eventi denunciati dalla giovane Angela Gray (Emma Watson), finisce per dubitare di tutti, compresi i colleghi, gli psicologi, i preti, la gente comune e infine persino se stesso.
La trama ci offre, in realtà, gli elementi per capire quali sono i dati concreti e quali sono invece le supposizioni, le suggestioni, gli incubi, le paure, le superstizioni e i depistaggi.
Quello che tiene viva la suspense e rende originale il modo con cui infine si giunge alla soluzione del mistero è il fatto che noi non sappiamo se la chiave di lettura dei dati che ci vengono offerti debba essere quella poliziesca, quella psicologica, quella complottista o quella sovrannaturale.
Tutti i personaggi sono ambigui, ma paradossalmente sono proprio i più stravaganti ad essere affidabili, mentre quelli che si presentano in qualche modo più lineari, in realtà stanno, più o meno consapevolmente, costruendo un teorema che incastra gli innocenti fino al punto di farli credere di essere sinceramente colpevoli.
Il film merita di essere visto non solo perché è avvincente, originale e ben realizzato, ma anche perché ci offre un importante spunto di riflessione sull'inquietante facilità con cui un atteggiamento colpevolista, che crede ciecamente nelle ipotesi di complotto o nelle presunte certezze della scienza, della fede o della legge, finisca per distruggere la vita di persone e famiglie innocenti, dando così concretezza ai peggiori elementi di malvagità che a parole vorrebbe combattere.

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