Santa Cecilia, John William Waterhouse, 1895, olio su tela, 123,2 x 200,7 cm, Montreal (Canada), The Montreal Museum of Fine Arts .
Il dipinto si ispira alla poesia di Tennyson “Il palazzo dell’arte” ed è uno dei quadri più famosi di Waterhouse, accolto alla Royal Accademy con enorme successo. Alcuni versi di Tennyson accompagnano il dipinto: “In una chiara città fortificata sul mare, vicino a canne d’organo dorate, dormiva Santa Cecilia.” Cecilia, il cui onomastico ricorre il 22 novembre, è una ragazza cristiana che vive a Roma nel 2 °/3 ° secolo d.C. e che fa voto di castità nonostante sia costretta a sposare un nobile romano di nome Valerio di Trastevere; egli accetta la condizione di astinenza sessuale a patto che gli sia concesso di vedere il suo angelo custode, che prontamente scende dal cielo e mette sul suo capo ghirlande di rose e gigli facendolo convertire. Valerio e il fratello Tiburzio decidono di farsi battezzare ma verranno così processati insieme a Cecilia per la loro fede. La santa è anche patrona della musica poiché entrando per la prima volta nella casa del fidanzato rifiutò il suono di strumenti musicali per poter sentire “la musica celestiale”, e durante il matrimonio "mentre si udì la musica profana, Cecilia cantava nel suo cuore un inno di amore per Gesù, il suo vero sposo. " Waterhouse raffigura Cecilia in un momento di riposo nel giardino con vista sul mare, seduta su una poltrona di marmo, mentre ascolta due angeli suonare una musica celestiale. Il sole sta affondando oltre l’orizzonte montuoso gettando flebili riflessi sui cipressi; gli unici rumori naturali sono lo scorrere dell’acqua nella fontana e lo sciabordio delle onde provocato dai triremi, ma note sublimi si dipanano dai violini degli angeli accanto all’organo, che donano dolcezza ai sogni di Cecilia. Nel giardino crescono rose che si riferiscono alla ghirlanda dell’angelo custode, ma Waterhouse aggiunge anche papaveri, emblemi di sonno e di morte, a ricordare che Cecilia è una martire. Le sue reliquie sono conservate ancora oggi nella basilica paleocristiana di S. Cecilia in Trastevere.
Il santuario, John William Waterhouse, 1895, olio su tela, 88 x 42 cm, collezione privata.
Una ragazza attraversa un cortile dove è posto un santuario domestico, e non resistendo alla tentazione affonda il naso tra i petali delle rose per sentirne il profumo. Questi fiori sono spesso presenti nei quadri di Waterhouse, e sono simbolo di fascino sensuale. A differenza de “L’anima della rosa” dove la donna che le sta voracemente annusando, suggerisce forti passioni, qui la ragazza vestita di bianco con il suo soccombere improvviso al piacere allude alla giovanile curiosità sessuale e alla perdita dell'innocenza. Il quadro ha suscitato delle critiche all’interno dell’Ateneo che sottolineava l’inadeguato comportamento femminile e che la giovane appare seducente e non così pura come dovrebbe essere. Poiché la scena è intima e privata, e lo spettatore assume il ruolo di “guardone”, la ragazza dovrebbe esserne disturbata ma appare invece disponibile per essere colta in flagrante. Anche il punto di vista dell’angolo in basso pare suggerirlo: infatti se l’avessimo dall’alto in basso da sopra la scalinata avremmo percepito una superiorità morale. I critici inoltre trovavano inconciliabile violare un santuario con la volgare e primordiale attrazione per un odore.
Primavera (La raccoglitrice di fiori), John William Waterhouse, 1900, acquerello su carta, 46,2 x 29,2 cm, collezione privata .
Fa parte di una serie di dipinti che rappresentano ragazze che raccolgono fiori in paesaggi all’aperto, tipici di questo periodo. Esistono due versioni ad acquerello sullo stesso soggetto leggermente modificato, e numerosi studi preparatori.
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