Blog di letteratura, storia, arte e critica cinematografica e televisiva. I racconti e i romanzi contenuti in questo blog sono opere di fantasia o di fanfiction. Gli eventi narrati e i personaggi descritti, esclusi quelli di rilevanza storica, sono del tutto immaginari. Ogni riferimento o somiglianza a persone o cose esistenti o esistite, o a fatti realmente accaduti, è da considerarsi puramente casuale. Gli elementi di fanfiction riguardano narrazioni di autori molto noti e ampiamente citati.
sabato 25 novembre 2017
Vite quasi parallele. Capitolo 89. L'uomo nell'alto castello: fortuna e misteri di Lorenzo Monterovere, Cavaliere di Malta e Iniziato agli Arcani Supremi
Tutti i Monterovere, specie quelli più giovani, provavano un timore reverenziale (e spesso anche un vero e proprio terrore) nei confronti dello zio Lorenzo, soprannominato "il Barone", sia per il successo professionale e accademico in qualità di Ordinario di Storia delle Religioni presso il dipartimento di Filologia Classica dell'Università di Bologna, sia per la sua affiliazione a ordini prestigiosi, tra cui i Cavalieri di Malta, sia, infine, per il fatto che era riuscito a diventare talmente ricco da ricomprare il castello di Monterovere Boica, da cui la "dinastia" era stata scacciata per debiti ai tempi del trisavolo Ferdinando.
Dunque occorre accostarsi a questo delicato argomento "con timore e tremore", come ci ammonisce severamente San Paolo nella Lettera ai Filippesi riguardo allo stato d'animo con cui il credente deve "attendere alla salvezza della propria anima".
Ma Lorenzo Monterovere non era sempre stato un vincente, al contrario.
Per anni suo padre Romano, suo fratello Francesco e sua sorella Enrichetta lo avevano sottovalutato. Lo consideravano un topo di biblioteca, che al di fuori dello studio non era in grado di far niente.
Solo sua madre Giulia aveva creduto in lui, ma non era vissuta abbastanza per vederlo realizzato.
La prima ad accorgersi che Lorenzo non era un pulcino bagnato fu sua zia Anita, durante una delle solite prediche.
<<Lorenzo, tu sei molto bravo a scuola, e questa è una cosa buona, però... come dire... tu sei troppo bravo, il che non è necessariamente un bene, anzi, per dirla tutta, è un grosso problema. Vedi, alla tua età dovresti dedicare più tempo agli amici, alle ragazze...>>
Lorenzo aveva sogghignato con aria di sfida:
<<E me lo vieni a dire proprio tu, che in cinquant'anni non sei riuscita a salvare un'amicizia o un fidanzamento? Fatti una vita, cara zia, e poi ne riparliamo!>>
Anita non gli perdonò mai quella stoccata: come sappiamo era una donna irascibile e permalosa, e capace di serbare rancore nei secoli dei secoli:
<<Non osare mai più parlarmi in quel modo! Io sono vissuta in tempi di guerra e di miseria! Sono una figlia dell'inverno! Era tutto più difficile ai miei tempi. Ma tu sei cresciuto nella pace e nella ricchezza e come diceva Seneca: "fragiles sunt arbores quae in aprica valle creverunt">>
Lorenzo ascoltava quelle parole, ponderandole nel suo cuore.
<<Perché credi che io sia fragile?>>
<<Perché i Monterovere sono come una grande catena, ed ogni catena ha un anello debole>>
<<Non sono io, e te lo dimostrerò>>
Anita riferì quella conversazione a Romano, il quale fece una ramanzina al figlio minore:
<<Condivido le preoccupazioni di tua zia ed esigo una spiegazione sul tuo comportamento>>
<<La zia è invadente>>
<<E tu sei troppo evasivo! Te ne stai sempre zitto con aria di sufficienza, come se ci considerassi tutti degli idioti. Io non amo le persone taciturne: penso che abbiano qualcosa da nascondere>>
Lorenzo non si scompose:
<<Io invece amo le persone che scelgono con cura le parole da non dire>>
Romano scosse il capo:
<<Prima o poi dovrai darmi delle risposte! E in ogni caso dovrai seguire i miei consigli>>
Lorenzo non si lasciò intimidire dallo sguardo severo del padre:
<<Ho letto da qualche parte che i due peccati più grandi sono quelli di dare consigli non richiesti e offrire conforto per un dolore che non si prova e non si comprende>>
Romano fu sul punto di schiaffeggiare quel figlio impertinente, ma qualcosa lo trattenne e forse si trattava già di un senso, seppur vago, di paura.
Il terzo a capire che Lorenzo faceva sul serio fu suo fratello maggiore Francesco, quando già era sposato con Silvia Ricci-Orsini e quindi caduto in disgrazia anche lui presso il padre Romano e la zia Anita.
Si erano incontrati a Bologna, negli anni Settanta.
Francesco aveva preso il discorso alla lontana:
<<Il mondo sta cambiando>>
Lorenzo lo aveva guardato con l'aria di chi la sa lunga:
<<Solo in superficie. Niente è ciò che sembra. Ci sono ombre del male dovunque. Basta seguire gli indizi>>
Francesco rimase perlpesso:
<<Che tipo di indizi?>>
Lorenzo:<<Cose insolite che si ripetono. Una non significa niente. Due può essere una coincidenza. Tre... è diverso...>>
Francesco: <<In che senso?>>
L: <<Nel senso che se tre cose insolite si ripetono, abbiamo un'anomalia. Un fenomeno che sfugge alla scienza>>
F: <<Io sono un uomo di scienza, ma mi considero aperto ai pensieri alternativi. Però non sono disposto a credere a cose come la magia>>
L: <<Magia? E' un termine con una connotazione troppo pesante, ma se proprio vogliamo usarlo, dirò che, secondo la mia non modesta opinione, le parole sono la nostra fonte più potente di magia>>
F: <<Quindi anche tu non credi alla magia intesa come fenomeno paranormale o incantesimo?>>
L: <<Messa così, sembra un'impostura. In realtà il tema è più complesso, e lo dico da studioso di antropologia e storia delle religioni. Bisogna inquadrare il discorso nell'ambito del concetto di "rito" e di "sacrificio">>
F: <<Sacrificio?>>
L: <<Ogni rituale, in ogni religione, prevede un sacrificio. Persino la Messa cattolica, dove l'Ostia è il corpo di Cristo>>
F: <<E nei riti di esorcismo, qual è il sacrificio?>>
L: <<Hai visto il film o hai letto il libro?>>
F:<<Tutte e due le cose, e poi sto leggendo anche i romanzi di Castaneda>>
L: <<Molto bene, allora saprai che il sacrificio può essere costituito da una esposizione al rischio o anche da un grande dispendio del nostro bene più prezioso, il tempo. Ma se si parla di magia nera, allora il sacrificio deve riguardare una cosa o un essere vivente che ci è profondamente caro>>
F: <<E' terribile! Chi mai farebbe una cosa del genere?>>
L: <<Stiamo parlando a livello teorico. Pura accademia. Come oggetto di studio, la magia elementare è neutra, non è né buona, né malvagia. Ma chi la pratica a volte è disposto a tutto, pur di eliminare i propri nemici>>
F: <<In ogni caso si tratterebbe di un imbroglio. Io preferisco vincere senza imbrogliare>>
L: <<Naturalmente! Ma alcuni potrebbero risponderti dicendo: "non è imbrogliare, se a vincere è il buono>>
F: <<Ah sì? E chi giudica?>>
L: <<Gli stessi che ora devono giudicare cosa è vero e cosa è falso. Anche i più saggi possono sbagliare. In fondo aveva ragione Pilato quando formulò la madre di tutte le domande: "Quid est veritas?". Che cos'è la verità? Nemmeno uno scienziato come te può dire di conoscerla>>
Francesco capì che era difficile vincere un dibattito con Lorenzo, ma la cosa non lo turbò più di tanto, perché in fondo non gli importava affatto di avere l'ultima parola.
Ma tra la generazione successiva dei Monterovere, fu proprio il figlio di Francesco, Riccardo, il più disposto a confrontarsi con l'ormai potente zio Lorenzo.
Fu anche l'unico a porgli domande scomode riguardo alle società esoteriche di cui, secondo molti, era adepto: alcuni dicevano la Massoneria, altri l'Aristocrazia Nera o il Serpente Rosso.
Si diceva persino, e questa era l'ipotesi ritenuta più probabile, che fosse un Iniziato agli Arcani Supremi e un Custode del Fuoco Segreto e reggitore della Fiamma di Atar.
Lorenzo:<<Se vuoi risposte parli con l'uomo sbagliato, io ho solo segreti>>
Riccardo: <<Rivelami almeno il segreto del tuo successo!>>
Lorenzo: <<Non esiste una formula valida per tutti. Il successo è una conseguenza di tante cose tra cui le doti innate (per esempio l'intuito, la creatività, la perseveranza e la resistenza), l'impegno, il sacrificio e sicuramente la fortuna. Ma stai attento. Ottenere quello che vuoi è pericoloso, specie se non ci sei abituato>>
Riccardo: <<Tu volevi ricomprare il Castello di Monterovere, ed ora che ci sei riuscito, ne sarai ben felice>>
Lorenzo: <<Lo sono, sebbene l'abbia acquisito al prezzo di molti sacrifici e mi sia estremamente oneroso da mantenere, affinché non subisca danno>>
Riccardo avrebbe desiderato diventare l'erede dello zio Lorenzo, ma sapeva che c'erano molti altri
in lizza prima di lui: gli Iniziati, i Cavalieri di Malta, ma soprattutto i suoi giovani protetti, studenti di bell'aspetto che Lorenzo cooptava come discepoli, "scudieri", valletti e, secondo i soliti ben informati, come suoi amanti, secondo la tradizione greca della paideia.
Il castello ne era pieno, come se si trattasse di un esercito o di un pretorio o una guardia reale.
Ed era pieno anche di biblioteche.
L'altra grande passione dello zio Lorenzo era quella di collezionare libri antichi: era un bibliofilo convinto, scettico verso le nuove tecnologie, tanto che una volta, dopo aver schiacciato una zanzara con un libro, dichiarò: <<Provate a farlo con un i-Pad!>>
The Man in the High Castle
Situazione in Siria e Iraq dopo la disgregazione dell'Isis e la conferenza di pace di Sochi
Controlled by the Syrian opposition
Controlled by the Ba'athist Syrian government
Controlled by the Iraqi Government
Controlled by the Lebanese Government
Controlled by Hezbollah in Lebanon
Controlled by the Islamic State of Iraq and the Levant (ISIL)
Controlled by Tahrir al-Sham (HTS)
Controlled by the Democratic Federation of Northern Syria
Controlled by Sinjar Resistance Units and PKK forces in Sinjar
Controlled by the Kurdistan Region
venerdì 24 novembre 2017
Ethnic Nationalist Europe with german imperial leadership
Al centro vi è l'Impero Tedesco, con gli stati satelliti in grigio. Intorno vi sono gli alleati, alcuni dei quali si sono costituiti in seguito ad una secessione: Catalogna, Occitania, Padania
. L'impianto dell'area balcanica riprende quello del 1942.
E' presente una Grande Grecia che controlla anche parti del territorio albanese, macedone e turco.
Sotto, le origini delle differenziazioni linguistiche e genetice tra le popolazioni europee
giovedì 23 novembre 2017
mercoledì 22 novembre 2017
martedì 21 novembre 2017
lunedì 20 novembre 2017
Miti e leggende celtiche scozzesi
Mitologia nazionale
Leggende di origini diverse sono state create in Scozia durante il tempo, destinate a scopi diversi.
Il desiderio di mantenere una connessione con l'Irlanda, una comune origine nel regno dei Dál Riata, è stato affermato per molti secoli. Reclamare l'indipendenza della corona scozzese contro l'aggressivo espansionismo di quella inglese durante le Guerre d'indipendenza scozzesi è stato l'incentivo per la creazione di altre leggende più creative.
Una leggenda di origine scozzese, o racconto pseudo-storico sulla fondazione del popolo scozzese, appare in forma adattata, in latino del X secolo, come Life di San Cathróe di Metz. Racconta che i coloni greci dell'Asia Minore navigarono i mari e arrivarono a Cruachan Feli "la montagna d'Irlanda", probabilmente a Cruachan Eli (Croagh Patrick, Contea di Mayo), un noto luogo nell'agiografia hiberno-latina dalla Collectanea di Tírechán. Mentre vagavano attraverso l'Irlanda, da Clonmacnoise, Armagh e Kildare a Cork, e, infine, a Bangor, erano continuamente impegnati in guerra con i Pictanei (pitti). Dopo qualche tempo, attraversarono il Mare d'Irlanda per invadere la Caledonia a nord della Britannia Romana, per successivamente catturare Iona e le città di Rigmhonath e Bellathor. Questi ultimi luoghi sono eco della comparsa di Cinnrígmonaid e Cinnbelathoir nelle Cronaca dei re di Alba. Il territorio così conquistato venne poi chiamato Scozia da Scota, la moglie egiziana del comandante spartano Nel o Niul, e San Patrizio convertì la gente al cristianesimo.[1]
Dopo che i pitti adottarono la cultura gaelica e le loro caratteristiche peculiari sbiadirono nella memoria, elementi folkloristici colmarono le lacune della storia. La loro "improvvisa scomparsa" è stata spiegata con un massacro avvenuto ad un banchetto dato da Kenneth MacAlpin (un motivo di folklore internazionale) e sono stati loro attribuiti poteri simili a quelli delle fate, come produrre birra dall'erica ed essi vivevano in case sotterranee. Nel XVIII secolo i pitti vennero cooptati come una razza "germanica".
Ciclo dell'Ulster
A causa dello spostamento di masse di persone dall'Ulster all'ovest della Scozia, che portarono stretti legami linguistici tra l'Ulster e l'Occidente della Scozia, gran parte della mitologia gaelica venne importata in Scozia e, probabilmente, alcune di queste storie vennero scritte in Scozia. Il Ciclo dell'Ulster, impostato intorno all'inizio dell'era cristiana, è costituito da un gruppo di storie eroiche sulla vita di Conchobar mac Nessa, re dell'Ulster, del grande eroe Cúchulainn e dei loro amici, amanti, e nemici. Questi erano gli Ulaid, o gente del nord-est d'Irlanda e l'azione di queste storie è incentrata intorno alla corte reale di Emain Macha, vicino alla moderna città di Armagh. Gli Ulaid avevano stretti legami con la Scozia gaelica, dove si dice Cúchulainn abbia appreso le arti della guerra.
ll ciclo è composto di storie di nascite, vite precoci e in formazione, corteggiamenti, battaglie, festeggiamenti e morti degli eroi e riflette una società guerriera, in cui la guerra consiste principalmente in combattimenti singoli e la ricchezza si misura soprattutto nel numero di bovini posseduti. Queste storie sono scritte per la maggior parte in prosa. Il fulcro del Ciclo dell'Ulster è il Táin Bó Cúailnge. Altri importanti storie del ciclo dell'Ulster sono la tragica morte del figlio unigenito di Aife, la fuga di Bricrenn la "festa di Bricriu", e Togail Bruidne Da Derga "La distruzione della locanda di da Derga". Questo ciclo è, per certi aspetti, vicino al ciclo mitologico del resto del mondo di lingua gaelica. Alcuni dei personaggi di quest'ultimo riappaiono, e lo stesso tipo di mutazioni magiche è molto in evidenza, fianco a fianco con un severo, quasi spietato realismo. Anche se si può supporre che alcuni personaggi, come Medb o Cú Roí, sono delle divinità e Cúchulainn mostra particolari abilità sovrumane, i personaggi sono mortali e ben radicati in un tempo specifico ed un determinato luogo. Adattamenti gaelico scozzesi, di racconti del ciclo dell'Ulster, appaiono nel manoscritto Glenmasan.
Finn e Fianna
Le storie di Finn (in lingua irlandese Fionn) mac Cumhaill e la sua banda di soldati di Fianna, sembrano essere inserite intorno al III secolo nelle gaeliche Irlanda e Scozia. Esse differiscono dagli altri cicli mitologici gaelici nella forza dei loro legami con la comunità di lingua gaelica in Scozia e ci sono molti testi esistenti provenienti da quel paese. Essi differiscono anche dal Ciclo dell'Ulster in quanto le storie sono raccontate soprattutto in versi e nei toni sono più vicine alla tradizione del romanticismo che a quella epica. La fonte più importante per il Ciclo feniano è l'Acallam na Senórach (Colloquio dei vecchi), che si trova in due manoscritti del XV secolo, il libro di Lismore e Laud 610, così come in un manoscritto del XVII secolo da Killiney, Contea di Dublino. Il testo è datato, secondo le evidenze linguistiche, al XII secolo e registra le conversazioni tra gli ultimi membri superstiti dei Fianna e San Patrizio ed è costituito da circa 8.000 versi. Le date tarde dei manoscritti possono far riflettere su una più lunga tradizione orale per le storie Feniane, la stessa tradizione orale che è stata tradotta dal gaelico all'inglese da James MacPherson nelle storie di Ossian.
I Fianna della storia sono suddivisi nel Clan Baiscne, guidato da Fionnghall, ed il Morna, guidato dal suo nemico, Goll mac Morna. Goll uccise in battaglia il padre di Fionnghall, Cumhall, e il ragazzo venne cresciuto in segreto. Da giovane, mentre veniva educato nell'arte della poesia, si bruciò accidentalmente il pollice mentre cuoceva il Salmone della Conoscenza, cosa che gli consentì di succhiarsi o mordersi il pollice al fine di ricevere raffiche di stupenda saggezza. Prese quindi il posto di Goll a capo della sua banda e numerosi racconti narrano delle loro avventure. Due dei più grandi racconti gaelici, Tóraigheacht Dhiarmada agus Ghráinne (La ricerca di Diarmuid e Grainne) e Oisin in Tír na nÓg costituiscono parte del ciclo. La storia di Diarmuid e Grainne, che è uno dei pochi racconti Fenian in prosa, costituisce una fonte probabile del Tristano e Isotta.
Il mondo del Ciclo Feniano è quello in cui i guerrieri professionisti passano il loro tempo a cacciare, combattere, e ad impegnarsi in avventure nel mondo degli spiriti. I nuovi arrivati nella banda dovrebbero conoscere la poesia e sottoporsi ad una serie di test fisici o prove. Non vi è alcun elemento religioso in questi racconti a meno che non sia un'idolatria.
Miti e leggende delle isole Ebridi
- The Blue Men of the Minch (noti anche come tempeste kelpie), che occupavano lo specchio d'acqua tra Lewis e la Scozia continentale, in cerca di marinai da affogare e barche da affondare.
- Kelpie che parla dell'occupazione di laghi, tra cui uno a Leurbost.
- Seonaidh - uno spirito delle acque al quale doveva essere offerta birra.
- Changelings - discendenti malaticci di Faeries, che venivano scambiati segretamente con un bambino umano.
Folklore delle isole Shetland
- Wulver erano buone creature, simili a lupi mannari. Si dice che lasciassero il cibo per le famiglie povere.
Mitologia religiosa
Il mito è a volte un aspetto del folklore, ma non tutti i miti sono folklore, né tutto il folklore è mito o mitologia. Le persone che esprimono un interesse per la mitologia sono spesso più concentrati sugli esseri non-umani (a volte indicati come "soprannaturali"). Ci sono stati numerosi gruppi di tali esseri nella cultura scozzese, alcuni dei quali specifici di particolari gruppi etnici (gaelico, norvegese, tedesco, ecc), mentre altri probabilmente evolutisi dalle circostanze uniche della Scozia.
Le Aos-Sidhe, Sìdhichean, o "Fate" erano in origine divinità gaeliche della Scozia pre-cristiana. Esse iniziarono a "convivere" in maniera concettuale e spirituale con il cristianesimo, diminuendo il loro potere e importanza nel corso dei secoli. I letterati medievali gaelici li raggruppano insieme ai Túatha Dé Danann, che condividono alcune caratteristiche con altri personaggi della letteratura celtica. Credenze popolari circa i Banshee riflettono anche gli aspetti di questi esseri. Ci sono altri esseri soprannaturali, le cui caratteristiche rispecchiano i modelli folcloristici provenienti da tutto il mondo. Spiriti ancestrali, e giganti che aiutano a formare il paesaggio e rappresentano le forze della natura, sono ubiqui e puntano a registri non elitari della mitologia.
Mostro di Loch Ness
Il primo riferimento al mostro di Loch Ness si ebbe sulle rive del fiume Ness, nel 565, da parte del monaco irlandese santo Columba che era nelle terre dei pitti con i suoi confratelli, quando incontrò la gente del posto che seppelliva un uomo presso il fiume. Essi spiegarono che l'uomo stava nuotando nel fiume quando venne attaccato da un "animale d'acqua" che lo aveva sbranato e trascinato sott'acqua. Cercarono di salvarlo con una barca, ma riuscirono soltanto a trascinare il suo cadavere. Sentendo questo, Columba sbalordì i pitti invitando il suo seguace Luigne moccu Min ad attraversare a nuoto il fiume. La bestia si avvicinò a lui, ma Columba fece il segno della croce e ordinò: "Vai via. Non toccare l'uomo. Torna indietro." Così la bestia si fermò immediatamente, come se fosse stato "tirato indietro con delle corde" e fuggì in preda al terrore, mentre gli uomini di Columba ed i pitti pagani lodavano Dio per il miracolo.
Leggenda arturiana (Re Artù)
Note
- ^ Dumville, "St Cathróe of Metz." 174-6; Reimann or Ousmann, De S. Cadroe abbate §§ II-V.
Bibliografia
- Reimann or Ousmann, De S. Cadroe abbate, ed. John Colgan, Acta Sanctorum Hiberniae, Vol. 1. pp. 494 ff; in part reprinted by W.F. Skene, Chronicles of the Picts, Chronicles of the Scots. pp. 106–116; ed. the Bollandists, Acta Sanctorum. 1865. March 1, 473-80 (incomplete); ed. and tr. A.O. Anderson, Early Sources of Scottish History, A.D. 500 to 1286. (from Colgan's edition, pp. 495–7). No full translation has appeared to this date.
- Dumville, D.N. "St Cathróe of Metz and the hagiography of exoticism." In Studies in Irish Hagiography. Saints and scholars, ed. John Carey, Máire Herbert and Pádraig Ó Riain. Dublin, 2001. 172-88.
- Lizanne Henderson and Edward J. Cowan, Scottish Fairy Belief: A History (Edinburgh, 2001; 2007)
- Robert Chambers (1842) Popular Rhymes, Fireside Stories, & Amusements of Scotland.
Voci correlate
Simboli, personaggi e creature leggendarie della mitologia norrena
Secondo la mitologia norrena il mondo sensibile è "Miðgarðr" (lett. "Terra di Mezzo"). Circondata dalle acque, alla sua sommità si trova Asgarðr, la dimora degli dei, raggiungibile unicamente tramite Bifrǫst, il ponte dell'arcobaleno. I Giganti vivono all'esterno del mondo, al Nord, in un luogo chiamato Jǫtunheimr ("Terra dei Giganti"). La dea Hel governa il sotterraneo regno "Helheim" ("Dimora di Hel"), luogo predestinato ai defunti. Nel Sud vi è l'infuocato e misterioso reame di Muspell, il Múspellsheimr dimora dei giganti del fuoco. Ulteriori regioni dell'immaginario norreno sono Álfheimr dimora degli "elfi chiari" (ljósálfar), Svartálfaheimr dimora degli elfi oscuri (ma questa divisione tra elfi è fatta unicamente da Snorri), Niðavellir le miniere dei Nani.
Divinità
Le divinità sono divise in due classi: gli Æsir (Asi) e i Vanir (Vani). La distinzione non è tuttavia netta: nel passato remoto le due fazioni si fronteggiarono in guerra, ma in seguito raggiunsero la pace, si scambiarono ostaggi e alcuni membri si unirono in matrimonio. Di determinate divinità non è chiara l'appartenenza a una delle due classi.
Alcuni studiosi hanno visto in questo racconto di successione divina una trasposizione dell'invasione delle tribù indoeuropee, che soppiantarono coi loro culti guerrieri le precedenti divinità agricole. Altri studiosi (come Georges Dumézilo Mircea Eliade) considerano la divisione tra Æsir e Vanir come l'espressione di una divisione strutturale delle diverse funzioni (divinità sovrane, guerriere e agricole) tipica delle religioni di supposta derivazione indoeuropea, e interamente spiegabile in tal senso.
Gli Æsir e i Vanir sono generalmente nemici degli Jǫtnar (singolare Jǫtunn). Paragonabili ai Titani della mitologia greca, vengono chiamati Giganti, anche se alcuni suggeriscono, come alternativa, "demoni". Da notare comunque che gli Æsir discendono dagli Jǫtnar, e sia Æsir che Vanir possono unirsi con loro per generare figli, quando non sono dei mostri. Esistono due classi generali di giganti: Hrímþursar, i "giganti di brina", e i Múspellsmegir o "giganti di fuoco" anche detti "Figli di Muspell".
Celebri tra gli altri enti divini sono Fenrir il lupo e il Miðgarðsormr, il grande serpente che cinge il mondo, entrambi figli che il dio Loki ha avuto da una gigantessa. Altre creature spesso citate sono Huginn e Muninn ("pensiero" e "memoria"), i due corvi che mantengono informato Odino di tutto ciò che avviene nel mondo. Sleipnir, il cavallo a otto zampe di Odino, anch'esso figlio di Loki. Ratatosk, lo scoiattolo che scorrazza tra i rami di Yggdrasill, l'albero del mondo.
Come per molte altre religioni indoeuropee, la mitologia germanica presenta una debole opposizione tra bene e male, tipica invece delle tradizioni abramitiche mediorientali. Loki, principio del disordine, in molte occasioni aiuta gli dei con la sua astuzia (per preservare l'ordine cosmico), e in altrettante li insulta e ne causa i lutti. I Giganti, non tanto fondamentalmente malvagi, sono piuttosto rudi, vanagloriosi e incivili. L'opposizione è più dunque tra un Ordine e un Caos non impermeabili l'uno all'altro.
sabato 18 novembre 2017
Vite quasi parallele. Capitolo 88. La farfalla non volerà più
Qualcuno ha scritto che la farfalla non conta i mesi, ma i momenti, eppure ha tempo a sufficienza.
Altri dicono: "non toccare le ali a una farfalla, altrimenti non volerà più. Lasciala appoggiare sulla tua mano e seguine il volo".
Altri ancora hanno affermato: "se un essere umano aiuta la farfalla a uscire dal bozzolo, la farfalla non volerà mai".
Queste metafore ritornavano spesso nei pensieri e nei discorsi di Diana Orsini, specialmente negli anni seguenti al 1996, quando trovò un'interlocutrice attenta e sensibile nella fidanzata di suo nipote Alessio, Rebecca.
Alessio era il "nipote intermedio" per età, figlio di Isabella Ricci-Orsini e di Saverio Zanetti Protonotari Campi. Fu anche l'unico che si sposò e che proseguì la stirpe.
Spesso Alessio e Rebecca facevano visita a nonna Diana e si intrattenevano con lei nel Salotto Liberty.
L'anziana matriarca della famiglia era in vena di ricordi:
<<Da bambina ero felice e volevo che le cose non cambiassero mai, che restassero sempre così com'erano, perché era tutto perfetto. Quella fu la mia età dell'oro e tutto ciò che è avvenuto dopo è stato soltanto una lunga, estenuante, umiliante ritirata. Una fuga da una realtà che non ero in grado di sopportare>>
Aveva ricevuto amore dalla sua famiglia, e ne era stata consapevole: quando questo avviene, succede qualcosa che ci cambia e ci spinge, prima o poi nella vita, a restituire quell'amore. Lei lo aveva fatto con i suoi nipoti, in particolare con quello più giovane, perché era stato il più ricettivo, il più affezionato a lei e al suo mondo.
Ora che lui era lontano, si era creato un vuoto che rendeva più difficile l'inevitabile declino della vecchiaia.
Fortunatamente, Rebecca era riuscita a colmare quel vuoto e Diana sentiva di potesi confidare, e anche di leggere poesie e brani letterari come era solita fare con Riccardo.
"1 Ricordati della tua fortuna
nei giorni della tua giovinezza,
prima che vengano i giorni tristi
e giungano gli anni di cui dovrai dire:
«Non ci provo più alcun gusto»,
2 prima che si oscuri il sole,
la luce, la luna e le stelle
e ritornino le nubi dopo la pioggia;
3 quando tremeranno i custodi della casa
e si curveranno i gagliardi
e cesseranno di lavorare le donne che macinano,
perché rimaste in poche,
e si offuscheranno quelle che guardano dalle finestre
4 e si chiuderanno le porte sulla strada;
quando si abbasserà il rumore della mola
e si attenuerà il cinguettio degli uccelli
e si affievoliranno tutti i toni del canto;
5 quando si avrà paura delle alture
e dei pericoli della strada;
quando sfiorirà il mandorlo
e la farfalla non volerà più,
6 prima che si rompa il cordone d'argento
e la lucerna d'oro s'infranga
e si rompa l'anfora alla fonte
e la carrucola cada nel pozzo
7 e ritorni la polvere alla terra, com'era prima,
e lo spirito torni da dove è venuto,
allora ti ricorderai della fortuna
che hai avuto e perduto, senza saperlo.
8 Vanità delle vanità, dice l'Ecclesiaste,
e tutto è vanità."
A dire il vero il passo biblico dell'Ecclesiaste 12,5 era un po' differente e il versetto chiave recitava "la cavalletta non si alzerà più", ma questa modifica era dovuta al fatto che Riccardo le aveva fatto leggere "L'uomo nell'alto castello" di Philip Dick e a Diana quella storia della cavalletta era risultata piuttosto ostica, soprattutto quando aveva saputo che nella versione della Bibbia di Monsignor Ravasi era spiegato che la famosa cavalletta non più in grado di saltare era un'allegoria dell'artrosi senile.
Una volta si addentrò in tematiche funebri e spinose allo stesso tempo:
<<"She did it the hard way" è l'epitaffio che Bette Davis ha voluto scritto sulla sua tomba. "Ha fatto tutto nella maniera più difficile / nella maniera più dura". Ecco, queste erano le donne della mia generazione. Donne che sono sopravvissute a testa alta alle grandi tragedie della storia e che oggi avrebbero incenerito con un solo sguardo questa generazione di fighette che crede che il mondo sia un giardino di rose (senza spine, naturalmente)>>
giovedì 16 novembre 2017
Lo smembramento e la spartizione della Russia secondo i progetti della Nato
The dismemberment and division of Russian Federation according to Nato's projects.
mercoledì 15 novembre 2017
Il sogno del prigioniero
Il sogno del prigioniero
Albe e notti qui variano per pochi segni.
Il zigzag degli storni sui battifredi
nei giorni di battaglia, mie sole ali,
un filo d'aria polare,
l'occhio del capoguardia dello spioncino,
crac di noci schiacciate, un oleoso
sfrigolio dalle cave, girarrosti
veri o supposti - ma la paglia é oro,
la lanterna vinosa é focolare
se dormendo mi credo ai tuoi piedi.
La purga dura da sempre, senza un perché.
Dicono che chi abiura e sottoscrive
puo salvarsi da questo sterminio d'oche ;
che chi obiurga se stesso, ma tradisce
e vende carne d'altri, affera il mestolo
anzi che terminare nel patée
destinato agl'Iddii pestilenziali.
Tardo di mente, piagato
dal pungente giaciglio mi sono fuso
col volo della tarma che la mia suola
sfarina sull'impiantito,
coi kimoni cangianti delle luci
scironate all'aurora dai torrioni,
ho annusato nel vento il bruciaticcio
dei buccellati dai forni,
mi son guardato attorno, ho suscitato
iridi su orizzonti di ragnateli
e petali sui tralicci delle inferriate,
mi sono alzato, sono ricaduto
nel fondo dove il secolo è il minuto -
e i colpi si ripetono ed i passi,
e ancora ignoro se saro al festino
farcitore o farcito. L'attesa é lunga,
il mio sogno di te non e finito.
(Eugenio Montale, La Bufera e altro, 1956)
lunedì 13 novembre 2017
Feeria (o Faerie) : il Regno delle Fate
Faerie, il Regno delle Fate è una delle due terre dimensionali immaginarie per gli esseri fatati, secondo la tradizione popolare celtica (le Faeries della Gallia, i Tylwyth Teg del Galles, i Sidhe e i Tuatha dè Danaan dell'Irlanda). Il reame di Faerie in cui sono ambientati i racconti della Vertigo Comics è un misto dei mitologici reami di Alfheimr, Otherworld, le Isole Fortunate, Tír na nÓg e Avalon. Il mix è stato fortemente influenzato dalla storia Sogno di una notte di mezza estate di William Shakespeare, ed è la casa delle fate e di altre creature mitologiche, nonché governata dalla Corte delle Seelie (le fate "buone"), da Re Auberon e la Regina Titania. Shakespeare aveva tratto ispirazione, oltre che dal folklore celtico e gallo-romanzo (si pensi al ciclo bretone arturiano), anche dal Faerie Queene di Spenser, poema allegorico dedicato alla regina Elisabetta I.
Il Regno di Feeria divenne il luogo di principale ambientazione delle fiabe inglesi, le Fairytales.
Nel famoso saggio Sulle fiabe, pubblicato da J.R.R. Tolkien nel 1964, il grande filologo e scrittore inglese sostiene la tesi che il genere fiabesco, ambientato nel magico mondo di Feeria, debba essere considerato parte integrante del genere mitologico e dunque non relegato alla letteratura per bambini.
Il saggio di Tolkien, tratto da una sua conferenza del 1944 tenuta all'Università di Oxford in occasione del centenario della nascita di Andrew Lang (Selkirk, 31 marzo 1844 – Banchory, 20 luglio 1912) , scrittore e poeta scozzese, oggi maggiormente conosciuto quale uno dei più importanti narratori folkloristici e di racconti di fate, può essere stato ispirato anche dalla lettura delle opere di Edward John Moreton Drax Plunkett, XVIII barone Dunsany (Londra, 24 luglio 1878 – Dublino, 25 ottobre 1957), uno scrittore e drammaturgo irlandese, famoso per le sue opere fantastiche e dell'orrore pubblicate col nome di Lord Dunsany che possono aver contribuito alla fusione fra la tradizione celtica delle Fairies e quella germanica degli Elfi, permettendo così a Tolkien di creare un popolo elfico che avesse tratti appartenenti ad entrambe le mitologie.
Come giustamente è stato scritto su "Il '900 letterario" nell'articolo Fantasy: il tempo immobile del regno dei Faerie, consultabile al seguente indirizzo http://www.900letterario.it/focus-letteratura/fantasy-il-tempo-immobile-del-regno-dei-faerie/
"Leggenda e storia seguono confini sottili e si amalgamano nel racconto dell’arrivo di questo popolo, esperto in arti druidiche, presso i territori irlandesi. I Danann discendono dai Figli di Nemed, antichi invasori dell’Irlanda, costretti ad abbandonare l’isola dopo essere stati decimati dai Fomori.
In seguito alla sconfitta si rifugiano in Scandinavia, per poi riuscire a fare ritorno sul suolo irlandese e a imporre il proprio dominio per molti secoli.
Dal punto di vista del mythos, l’elfo, appartenente alla tradizione scandinava, è una figura ctonia, sotterranea, crepuscolare che spesso si relaziona nei confronti dell’uomo come un’ombra, una presenza inquietante. Vi sono infatti, molte fiabe scandinave che testimoniano come agli elfi piaccia scambiare i bambini umani con i propri, o altre ancora che narrano di tremende maledizioni o impareggiabili doni.
E’ innegabile che la letteratura sia sempre stata affascinata da questo universo fatato, si pensi a Sogno di una Notte di Mezza Estate di W. Shakespeare, nitida dimostrazione del legame indissolubile tra l’umano e il divino. Tuttavia all’inizio del ventesimo secolo comincia una lenta e inesorabile separazione tra il mondo terreno e quello deiFaerie. Quest’ultimo comincia a essere considerato dalla produzione letteraria come un regno “altro”, avulso da una dimensione iper – incantata e iper – distante. Le ragioni di tale allontanamento sono chiare: il reame fatato si configura come un rifugio per l’uomo moderno dalla caotica e stridente era industriale. Gli elfi vivono in armonia con la natura, a dispetto dell’essere umano che, a causa della tecnologia, si è alienato da essa. Questo modo di intendere tali spazi alla stregua di realtà allegoriche in cui trovare riparo da un sistema sociale squallido e annichilente, costituirà un principio fondante, seguito da diversi autori fantasy contemporanei, come ad esempio Ursula K. Le Guinn, che con il romanzo La Soglia (1980), rievoca e celebra la riscoperta da parte dell’uomo di tali luoghi incontaminati.
Dunsany, quindi, recupera il mito dei Danann celtici, e attraverso di esso Tolkien plasmerà quella creatura immobile e cristallizzata tanto nota nel fantasy moderno: l’elfo.
Da Lord Dunsany in poi la terra degli elfi rappresenterà non solo la bellezza assoluta, ma anche la debole capacità degli esseri umani nel percepirla, quell’attimo talmente perfetto ma fugace che alla fine si finisce con il dubitare di esso e della sua stessa esistenza.
L’elfland possiede un tempo immobile, raffigura il perenne passaggio tra la notte e il giorno, ed è lì che si cristallizza, si trasforma in un momento inesauribile. Questa dimensione del tempo deriva dalle tradizioni del nord Europa, nelle quali una notte nel mondo dei Faerie equivale a cent’anni del tempo mortale.
Da Dunsany in poi, tale considerazione declinerà in una doppia osservazione da parte della letteratura nell’affrontare questo universo: se da un lato la terra degli elfi è un mundus immoto in cui il bello è eterno e la natura incontaminata, dall’altro la stessa natura guarda con superiorità e distacco le vicende e le tribolazioni degli uomini; le emozioni delle creature che popolano tale regno non evolvono e il libero arbitrio si congela.
Il tempo degli elfi è il tempo degli alberi e della roccia, che osserva con pacato distacco l’illusoria arroganza della razza umana, che pensa di essere sovrana vanesia e immortale di un mondo caduco ed effimero.
L’impegno della produzione letteraria fantasy di cogliere e illustrare un magico luogo dove l’indefinito è perenne, ha generato la figura dell’elfo come la conosciamo oggi, e cioè quella creatura a ridosso dell’umana esperienza, che vive in un gelo emotivo in cui le passioni non fluiscono, ma rimangono immobili."
http://www.900letterario.it/focus-letteratura/fantasy-il-tempo-immobile-del-regno-dei-faerie/Un esempio di fantasy contemporaneo che mette in scena il Regno di Faerie nel mondo dei fumetti è quello pubblicato dalla DC Comics.
Come parte del fumetto The Sandman, lo scrittore Neil Gaiman pianificò una piccola storia coinvolgente William Shakespeare che stringe un accordo con il Re dei Sogni al fine di scrivere le commedie che gli sarebbero sopravvissute. Avendo introdotto Shakespeare[1], Gaiman decise di raccontare la storia della prima commedia che lo scrittore creò per il Re in pagamento dell'accordo. Si rivelò essere il preferito delle opere di Shakespeare, Sogno di una notte di mezza estate[2], creando analogie dei personaggi della storia originale e inventando la finzione secondo cui Shakespeare avesse scritto la commedia per fare sì che gli esseri umani non dimenticassero Faerie e i suoi governanti[3]. Creandola, Gaiman utilizzò la Regina Titania come personaggio ricorrente nel corso della serie, e quando gli fu chiesto in un punto intermedio della serie The Sandman di scrivere una miniserie di quattro numeri così da introdurre dei personaggi magici per un nuovo pubblico[4], le diede un ruolo da ospite anche in uno di questi numeri. La miniserie The Books of Magic mostrò Titania nel suo regno, a significare che Gaiman dovette creare il reame di Faerie molto più approfonditamente di quanto mostrò in precedenza[5][6].
Gaiman mostrò una terra nota come Terre delle Fate, Avalon, Elvenhome, Dom-daniel, la Terra del Crepuscolo d'Estate o Faerie, basato molto sulle classiche rappresentazioni dei reami delle fate: le fate tentavano i bambini perché vivessero con loro nel Paese del Crepuscolo, dove Titania era attesa dal figlio di Shakespeare, Hamnett[5] avendolo convinto ad andare con lei al loro primo incontro[3]; il reame è governato da regole severe sul baratto, in cui un donatore di un regalo avrebbe dovuto ricevere un dono di eguale valore o abbandonare la propria proprietà o la vita al donatore; le buone maniere erano la supremazia, niente sarebbe invecchiato o morto, ma neanche sarebbe durato in eterno; il cibo reperibile nel regno è estremamente pericolo per gli incauti [7] e una volta consumato non sarebbe stato mai più possibile per il mangiatore mangiare cibo normale, costringendolo a rimanere a Faerie per sempre[8]. Ma Gaiman riconobbe che la sua Faerie era una finzione, una terra dove la metafora era reale anche se rimaneva una metafora: quando Timothy Hunter fu portato in quella terra dal Dottor Occult, il mistico ammise che in qualche modo i due era ancora seduti in un campo esplorando solo i loro paesaggi più interiori. Gaiman mostrò anche una sezione ambigua che fu interpretata da alcuni come per suggerire che la Regina Titania era la madre del protagonista del fumetto, Timothy Hunter, che assicurò che il regno di Faerie era stato esplorato più a fondo quando la miniserie divenne una serie corrente[9].
Quando fu scelto per rimpiazzare Gaiman come scrittore della serie corrente The Books of Magic, John Ney Rieber scoprì che un gioco guida dell'Universo DC aveva inserito Titania come madre di Hunter: sapeva anche che una parte fondamentale dell'attrazione del personaggio, tuttavia, era che il giovane era un normale adolescente. Invece di negare semplicemente la possibilità di Tim di essere parte di Faerie, Rieber decise di utilizzare l'idea di una delle sue storie in corso che gentilmente ridimensionò[10]. Questo significò l'utilizzo di Titania e il suo marito cuckoldiano Auberon come personaggi di supporto per la maggior parte delle sue storie nel fumetto[11], cosa che in cambio significò la continua visita ed esplorazione di Faerie: la prima storia vide Timothy visitare un angolo dimenticato del reame e introdurre l'idea che la terra stava lentamente morendo dato che fu tagliata dalla Terra[12], e le storie successive scavarono più a fondo nel passato e nel presente di Faerie per costruire un'immagine più chiara del Regno del Crepuscolo[8][13]. Altrettanto fu l'importanza di Faerie per la versione di Rieber di The Books of Magic che, quando la sua popolarità causò la pubblicazione di una miniserie spin-off, decisero che una miniserie di tre numeri a proposito della storia del regno (e della salita al potere di Titania) sarebbe stata più adatta[14]. Tre volumi di The Books of Fearie furono infine pubblicati, ognuno con una descrizione più dettagliata e colorata della Faerie DC Comics, e ad un certo punto ci furono anche dei piani per una serie da ambientare proprio lì[15]. Tuttavia, la serie non fu mai pubblicata, e la comparsa di Faerie nell'Universo DC fu breve da allora.
La razza delle fate nacque e visse nel mondo per molti secoli finché le relazioni divennero fredde con l'aumentare della razza dell'uomo, facendo loro abbandonare il mondo per sempre poco prima del XVI secolo[3]. Dopo aver lasciato il reame della loro nascita, i nove regnanti delle fate le guidarono alla ricerca di un nuovo mondo: il gruppo di rifugiati incontrò Lucifero, che offrì loro un angolo dell'Inferno in cambio del pagamento di una decima. Affermò anche di aver agito per simpatia verso di loro, poiché anche lui fu costretto a lasciare il suo luogo d'origine, ma quando le fate accettarono l'accordo si rivelò la vera natura della decima: otto dei nove regnanti delle fate furono portati all'Inferno e torturati, lasciando l'ultimo - Houn il Piccolo - come Re di Faerie[16]. Al fine di mantenere la loro terra, a Faerie fu richiesto di inviare nove dei suoi migliori soggetti all'Inferno ogni sette anni[17], o avrebbero rischiato un attacco da parte delle armate dell'Inferno[8].
Le fate, ignare del vero prezzo, si insediarono nella loro nuova casa: la terra fu trasformata in un lussureggiante luogo di felicità e natura, e le fate mantennero connessioni con il Mondo esterno e i mortali spesso in visita al Regno del Crepuscolo. Re Magnus salì al trono, istigando un periodo oscuro per lo spensierato reame: credette nell'innata superiorità delle fate di sangue puro e ciò portò alla persecuzione delle altre razze, dove per esempio i Brownies divennero poco più che schiavi nella casa reale. Magnus scoprì anche un problema preoccupante: un disordine nel sangue delle fate di razza pura significava che era estremamente difficile per queste di produrre figli naturalmente. Cominciò così un esperimento segreto, tentando di rinfrescare la linea di sangue facendo accoppiare le fare con l'umanità[18].
Ironicamente, le schermaglie amorose di Magnus con le altre fate portarono ad una nascita - un figlio illegittimo e non riconosciuto di nome Amadan[19] che crebbe fino a diventare Ingannatore della Corte delle Seelie e la mente di un migliaio di intrighi e manipolazioni. Magnus utilizzò Amadan per fornire contestanti nei giochi di gladiatori tra le razze, e fu ucciso tentando di dimostrare la superiorità delle fate in un combattimento contro un troll. Questo portò ad un vuoto di potere nella Corte che fu infine colmato quando Lord Obrey cercò il legittimo erede al trono, una giovane fata maschio di nome Auberon che sorvegliato da sua cugina Dymphna e dalla tata Brownie Bridie[20].
Obrey aiutò Oberon a superare le sfide dei Lords rivali e a succedere al trono, ma crebbe infelice nel suo ruolo in quanto le manipolazioni di Amadan portarono ad un cuneo tra lui e il trono[21]. Conscio del pericolo imminente[19], il giovane re fuggì dalla Corte alla ricerca della sorella scomparsa, lasciando Obrey in sua vece come Reggente perché sorvegliasse Fearie e i suoi sudditi. Obrey finì con l'adeguarsi al titolo di re incondizionato, e la sua posizione fu resa più solida dal matrimonio con la cugina di Auberon Dymphna[22], e i due regnarono per molti anni, riversando alcune delle pratiche più pregiudizievoli di Magnus per unire tutte le razze di Fearie[23].
Tuttavia, Obrey fu messo al corrente della scoperta di Magnus da Amadan, e divenne sempre più preoccupato per la sopravvivenza della razza delle fate. Così adottò la stessa soluzione di Magnus, tentando di promuovere l'accoppiamento con gli esseri umani incoraggiando i bambini umani a restare a Faerie: una di questi bambini fu la giovane Maryrose, che subito dopo essere stata intrappolata a Faerie divenne la preferita della Regina Dymphna. Assicurato da Amadan che Maryrose le avrebbe dato un figlio, Obrey tramutò Dymphna in un albero e fece di Maryrose la sua nuova sposa: utilizzando un gioiello rubato alla precedente regina, Maryrose assunse l'aspetto di un essere puro sangue di Faerie e prese il nome di Titania durante la sua incoronazione[24].
Quando Auberon ritornò da uomo, Obrey rifiutò di concedergli il trono e cominciò così la Guerra di Successione: poco dopo il matrimonio, Obrey fu ucciso in battaglia e - cercando di riunire il regno in guerra - Auberon prese Titania in moglie e reclamò il trono. Per motivi politici, Auberon si aspettava che la moglie gli desse un figlio appena possibile: tuttavia, quando questa rimase incinta, fu il risultato di un incontro con un falconiere umano di nome Tamlin. Quando nacque il piccolo, era chiaramente un umano puro sangue, e Titania e la sua tata cospirarono per convincere Auberon che il neonato era nato morto, mentre la tata lo avrebbe portato nel mondo esterno perché crescesse come un umano fino all'età adulta[25].
Insieme, Titania e Auberon regnarono su Faerie attraverso tempi turbolenti: recisero per sempre la connessione tra il loro mondo e quello degli umani[26] e proibirono ai loro sudditi di viaggiare negli altri reami senza il loro permesso diretto[27]. Questo portò a dei problemi nel reame quando cominciò ad appassire e morire, costringendo Titania e la Corte a nascondere il loro vero stato dietro potenti fascinazioni. Infine, l'intervento di Tamlin portò un Apertore (Timothy Hunter, probabilmente il figlio abbandonato di Titania) al regno il cui sangue versato ne ricostituì il vigore[28]. Resistettero anche alla ribellione dei flitling, guidata da Briar Rose che per punizione fu trasformato e bandito[29]. Quando Lucifero decise di abbandonare il suo regno, Titania e Auberon sperarono di poter convincere i nuovi proprietari ad annullare la decima dovuta[17] - il loro unico figlio ed erede il Principe Taik fu chiesto come pagamento - ma ciò non fu a buon fine. Comunque la decima fu annullata, quando Huon il Piccolo ritornò nel regno per giudicare il suo diritto a sopravvivere: grazie alla credenza e alla lealtà di un flitling di nome Yarrow che fu scelto come "Livellatore", il regno fu ricreato dal nulla e riprese le sembianze del paradiso felice e lussureggiante che sempre fu ma senza alcuna connessione con l'Inferno[30].
Faerie affrontò pericoli successivi quando il demone Barbatos utilizzò una magica pietra chiamata Crepuscolo per trasformare una rana da giardino in un gigante. Barbatos schiavizzò le fate, costringendole a lavorare a morte per costruire un gigantesco stagno per il suo "maestro" demone. L'intervento di Molly O'Reilly (ex ragazza di Timothy Hunter) rilasciò le fate e bandì Barbatos in un angolo oscuro del Sogno, e in cambio la gemma Crepuscolo scelse lei come nuova proprietaria e di diventare il nuovo protettore di Faerie e la sua gente[31].
La natura di Faerie
Il tempo si muove in maniera diversa a Faerie dal mondo reale, e qualcuno che passa un'ora lì magari scopre che nel mondo reale sono passate settimane[8]. Un esempio di ciò fu quando il figlio di Titania fu portato nel mondo reale poco dopo il suo matrimonio[32], un'imprecisata quantità di tempo prima, Auberon e Titania guardarono la prima rappresentazione di Sogno di una notte di mezza estate sulla Terra più o meno negli anni cinquanta[3]. Tim Hunter nacque nel 1983[33] e tuttavia Titania fece fatica a riconoscere che quello fosse lo stesso bambino[34].
Abitanti di Faeire
Faerie è la casa di un numero enorme di razze e creature diverse, alcune nate sulla Terra e fuggite su Faerie con la crescita dell'influenza dell'uomo, altri venuti da altrove e che furono ingannati e costretti a restare, o che decisero di rimanere di loro volontà.
Residenti noti
Brownies
I Brownies appaiono come piccoli umani con la pelle scura e che godono nell'aiutare con le faccende domestiche. Furono particolarmente abusati durante il regno di Re Magnus, il cui pregiudizio verso di loro lo portò a trattarli a poco più che schiavi domestici[35].
Flitlings
I Flitlings sono piccole fate alate che altrimenti sembrerebbero umani, simili nell'aspetto alle Fate di Cottingley. I Flitlings sono generalmente miti e senza pretese, contenti di adulare e lusingare la Corte delle Seelie: la Regina Titania aveva un gruppo di seguaci Flitlings, e reagiva gelosamente a qualcos'altro che poteva attirare la loro attenzione lontano da lei[8]. Tuttavia, questo ruolo potrebbe essere considerato sociale più che innato, poiché i Flitlings mostrarono anche un grande coraggio e una grande forza: fu il FLitling Yarrow che fermò la rivolta dopo gli attacchi delle "Ragazze in Fiamme", e misero anche fine alla decima di Faerie verso l'Inferno[36], mentre il Flitling Briar Rose guidò la sua razza nella ribellione contro la condiscendenza della Corte delle Seelie[31].
Le Seelie
La razza dominante di Faerie, alche nota come la Theena Sidhe, sembrano essere normali esseri umani salvo per alcune differenze cosmetiche - corna, pelle di colore diversa, o altre differenze minori[3]. Possono controllare le loro sembianze attraverso l'uso di gioielli magici, e hanno una naturale dimestichezza con alcune magie: possono evadere di prigione, e alcuni di loro hanno il dono della profezia. Tuttavia, i loro poteri possono essere negati attraverso l'utilizzo del ferro freddo[37], e il metallo infatti non è benvenuto nel regno[5]. I Seelie trovano particolarmente difficile sopportare i bambini tra loro, e gli aborti spontanei e i figli nati morti sono tipici. Tuttavia, sono abili nell'accoppiarsi con le altre razze, come gli umani. La Corte delle Seelie regna su tutte le altre razze di Faerie, modellate nell'aspetto dei tradizionali reali Europei[38].
I Non-Seelie
Le prime e selvagge fate dell'oscurità, i Non-Seelie sono avvistate raramente ma sono impegnate in una guerra senza sosta contro la Corte delle Seelie[39].
Troll
I Troll sono creature enormi, eccezionalmente forti e solitamente senza zanne. Sono utilizzati in battaglia e per i lavori pesanti, e non sono eccezionalmente intelligenti[40].
Note
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- ^ Intervista con John Ney Rieber, 1º dicembre 1995, ritrovato il 28 aprile 2008
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- ^ Irvine, Alex (2008), "The Books of Faerie", in Dougall, Alastair, The Vertigo Encyclopedia, New York: Dorling Kindersley, pp. 36–37, ISBN 0-7566-4122-5, OCLC 213309015
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