sabato 25 novembre 2017

Vite quasi parallele. Capitolo 89. L'uomo nell'alto castello: fortuna e misteri di Lorenzo Monterovere, Cavaliere di Malta e Iniziato agli Arcani Supremi

Risultati immagini per castello di montecuccolo

Tutti i Monterovere, specie quelli più giovani, provavano un timore reverenziale (e spesso anche un vero e proprio terrore) nei confronti dello zio Lorenzo, soprannominato "il Barone", sia per il successo professionale e accademico in qualità di Ordinario di Storia delle Religioni presso il dipartimento di Filologia Classica dell'Università di Bologna, sia per la sua affiliazione a ordini prestigiosi, tra cui i Cavalieri di Malta, sia, infine, per il fatto che era riuscito a diventare talmente ricco da ricomprare il castello di Monterovere Boica, da cui la "dinastia" era stata scacciata per debiti ai tempi del trisavolo Ferdinando.
Dunque occorre accostarsi a questo delicato argomento "con timore e tremore", come ci ammonisce severamente San Paolo nella Lettera ai Filippesi riguardo allo stato d'animo con cui il credente deve "attendere alla salvezza della propria anima".
Ma Lorenzo Monterovere non era sempre stato un vincente, al contrario.
Per anni suo padre Romano, suo fratello Francesco e sua sorella Enrichetta lo avevano sottovalutato. Lo consideravano un topo di biblioteca, che al di fuori dello studio non era in grado di far niente.
Solo sua madre Giulia aveva creduto in lui, ma non era vissuta abbastanza per vederlo realizzato.
La prima ad accorgersi che Lorenzo non era un pulcino bagnato fu sua zia Anita, durante una delle solite prediche.
<<Lorenzo, tu sei molto bravo a scuola, e questa è una cosa buona, però... come dire... tu sei troppo bravo, il che non è necessariamente un bene, anzi, per dirla tutta, è un grosso problema. Vedi, alla tua età dovresti dedicare più tempo agli amici, alle ragazze...>>
Lorenzo aveva sogghignato con aria di sfida:
<<E me lo vieni a dire proprio tu, che in cinquant'anni non sei riuscita a salvare un'amicizia o un fidanzamento? Fatti una vita, cara zia, e poi ne riparliamo!>>
Anita non gli perdonò mai quella stoccata: come sappiamo era una donna irascibile e permalosa, e capace di serbare rancore nei secoli dei secoli:
<<Non osare mai più parlarmi in quel modo! Io sono vissuta in tempi di guerra e di miseria! Sono una figlia dell'inverno! Era tutto più difficile ai miei tempi. Ma tu sei cresciuto nella pace e nella ricchezza e come diceva Seneca: "fragiles sunt arbores quae in aprica valle creverunt">>
Lorenzo ascoltava quelle parole, ponderandole nel suo cuore.
<<Perché credi che io sia fragile?>>
<<Perché i Monterovere sono come una grande catena, ed ogni catena ha un anello debole>>
<<Non sono io, e te lo dimostrerò>>
Anita riferì quella conversazione a Romano, il quale fece una ramanzina al figlio minore:
<<Condivido le preoccupazioni di tua zia ed esigo una spiegazione sul tuo comportamento>>
<<La zia è invadente>>
<<E tu sei troppo evasivo! Te ne stai sempre zitto con aria di sufficienza, come se ci considerassi tutti degli idioti. Io non amo le persone taciturne: penso che abbiano qualcosa da nascondere>>
Lorenzo non si scompose:
<<Io invece amo le persone che scelgono con cura le parole da non dire>>
Romano scosse il capo:
<<Prima o poi dovrai darmi delle risposte! E in ogni caso dovrai seguire i miei consigli>>
Lorenzo non si lasciò intimidire dallo sguardo severo del padre:
<<Ho letto da qualche parte che i due peccati più grandi sono quelli di dare consigli non richiesti e offrire conforto per un dolore che non si prova e non si comprende>>
Romano fu sul punto di schiaffeggiare quel figlio impertinente, ma qualcosa lo trattenne e forse si trattava già di un senso, seppur vago, di paura.
Il terzo a capire che Lorenzo faceva sul serio fu suo fratello maggiore Francesco, quando già era sposato con Silvia Ricci-Orsini e quindi caduto in disgrazia anche lui presso il padre Romano e la zia Anita.
Si erano incontrati a Bologna, negli anni Settanta.
Francesco aveva preso il discorso alla lontana:
<<Il mondo sta cambiando>>
Lorenzo lo aveva guardato con l'aria di chi la sa lunga:
<<Solo in superficie. Niente è ciò che sembra. Ci sono ombre del male dovunque. Basta seguire gli indizi>>
Francesco rimase perlpesso:
<<Che tipo di indizi?>>
Lorenzo:<<Cose insolite che si ripetono. Una non significa niente. Due può essere una coincidenza. Tre... è diverso...>>
Francesco: <<In  che senso?>>
L: <<Nel senso che se tre cose insolite si ripetono, abbiamo un'anomalia. Un fenomeno che sfugge alla scienza>>
F: <<Io sono un uomo di scienza, ma mi considero aperto ai pensieri alternativi. Però non sono disposto a credere a cose come la magia>>
L: <<Magia? E' un termine con una connotazione troppo pesante, ma se proprio vogliamo usarlo, dirò che, secondo la mia non modesta opinione, le parole sono la nostra fonte più potente di magia>>
F: <<Quindi anche tu non credi alla magia intesa come fenomeno paranormale o incantesimo?>>
L: <<Messa così, sembra un'impostura. In realtà il tema è più complesso, e lo dico da studioso di antropologia e storia delle religioni. Bisogna inquadrare il discorso nell'ambito del concetto di "rito" e di "sacrificio">>
F: <<Sacrificio?>>
L: <<Ogni rituale, in ogni religione, prevede un sacrificio. Persino la Messa cattolica, dove l'Ostia è il corpo di Cristo>>
F: <<E nei riti di esorcismo, qual è il sacrificio?>>
L: <<Hai visto il film o hai letto il libro?>>
F:<<Tutte e due le cose, e poi sto leggendo anche i romanzi di Castaneda>>
L: <<Molto bene, allora saprai che il sacrificio può essere costituito da una esposizione al rischio o anche da un grande dispendio del nostro bene più prezioso, il tempo. Ma se si parla di magia nera, allora il sacrificio deve riguardare una cosa o un essere vivente che ci è profondamente caro>>
F: <<E' terribile! Chi mai farebbe una cosa del genere?>>
L: <<Stiamo parlando a livello teorico. Pura accademia. Come oggetto di studio, la magia elementare è neutra, non è né buona, né malvagia. Ma chi la pratica a volte è disposto a tutto, pur di eliminare i propri nemici>>
F: <<In ogni caso si tratterebbe di un imbroglio. Io preferisco vincere senza imbrogliare>>
L: <<Naturalmente! Ma alcuni potrebbero risponderti dicendo: "non è imbrogliare, se a vincere è il buono>>
F: <<Ah sì? E chi giudica?>>
L: <<Gli stessi che ora devono giudicare cosa è vero e cosa è falso. Anche i più saggi possono sbagliare. In fondo aveva ragione Pilato quando formulò la madre di tutte le domande: "Quid est veritas?". Che cos'è la verità? Nemmeno uno scienziato come te può dire di conoscerla>>
Francesco capì che era difficile vincere un dibattito con Lorenzo, ma la cosa non lo turbò più di tanto, perché in fondo non gli importava affatto di avere l'ultima parola.
Ma tra la generazione successiva dei Monterovere, fu proprio il figlio di Francesco, Riccardo, il più disposto a confrontarsi con l'ormai potente zio Lorenzo.
Fu anche l'unico a porgli domande scomode riguardo alle società esoteriche di cui, secondo molti, era adepto: alcuni dicevano la Massoneria, altri l'Aristocrazia Nera o il Serpente Rosso.
Si diceva persino, e questa era l'ipotesi ritenuta più probabile, che fosse un Iniziato agli Arcani Supremi e un Custode del Fuoco Segreto e reggitore della Fiamma di Atar.
Lorenzo:<<Se vuoi risposte parli con l'uomo sbagliato, io ho solo segreti>>
Riccardo: <<Rivelami almeno il segreto del tuo successo!>>
Lorenzo: <<Non esiste una formula valida per tutti. Il successo è una conseguenza di tante cose tra cui le doti innate (per esempio l'intuito, la creatività, la perseveranza e la resistenza), l'impegno, il sacrificio e sicuramente la fortuna. Ma stai attento. Ottenere quello che vuoi è pericoloso, specie se non ci sei abituato>>
Riccardo: <<Tu volevi ricomprare il Castello di Monterovere, ed ora che ci sei riuscito, ne sarai ben felice>>
Lorenzo: <<Lo sono, sebbene l'abbia acquisito al prezzo di molti sacrifici e mi sia estremamente oneroso da mantenere, affinché non subisca danno>>
Riccardo avrebbe desiderato diventare l'erede dello zio Lorenzo, ma sapeva che c'erano molti altri
in lizza prima di lui: gli Iniziati, i Cavalieri di Malta, ma soprattutto i suoi giovani protetti, studenti di bell'aspetto che Lorenzo cooptava come discepoli, "scudieri", valletti e, secondo i soliti ben informati, come suoi amanti, secondo la tradizione greca della paideia.
Il castello ne era pieno, come se si trattasse di un esercito o di un pretorio o una guardia reale.
Ed era pieno anche di biblioteche.
L'altra grande passione dello zio Lorenzo era quella di collezionare libri antichi: era un bibliofilo convinto, scettico verso le nuove tecnologie, tanto che una volta, dopo aver schiacciato una zanzara con un libro, dichiarò: <<Provate a farlo con un i-Pad!>>



The Man in the High Castle

Nessun commento:

Posta un commento