sabato 4 febbraio 2017

Mappa della situazione in Nigeria. Le basi del movimento terrorista islamico Boko Haram

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Boko Haram (da una locuzione hausa che letteralmente significa «l'istruzione occidentale è proibita») è un'organizzazione terroristica jihadista sunnita diffusa nel nord della Nigeria.[1] È anche nota come Gruppo della Gente della Sunna per la propaganda religiosa e il Jihad[2] (in araboجماعة اهل السنة للدعوة والجهاد‎, Jamāʿat Ahl al-Sunna li-daʿwa wa l-Jihād). Nel 2015 si è alleata con lo Stato Islamico.
L'organizzazione ha adottato il nome ufficiale di "Gruppo della Gente della Sunna per la propaganda religiosa e per il Jihād" (in araboجماعة أهل السنة للدعوة والجهاد‎, Jamāʿat Ahl al-Sunna li-daʿwa wa l-Jihād), ma nella città di Maiduguri, dove essa si era formata, le fu dato il soprannome di Boko Haram. Il nome "Boko Haram" deriva dalla parola hausa boko, che è liberamente traducibile come "educazione occidentale", e dalla parola araba harām, che indica un divieto legale, metaforicamente il "peccato".[3][4][5][6] Il nome significa quindi "l'educazione occidentale è sacrilega"[7] o "vietata" o "peccato"[8]. Il nome è dovuto alla dura opposizione all'Occidente, inteso come corruttore dell'Islam.[9]


Rapimento di 276 studentesse

Nell'aprile 2014, Boko Haram ha rapito 276 ragazze a Chibok in Borno. Oltre cinquanta di esse sono presto riuscite a scappare, ma le rimanenti non sono state rilasciate. Shekau ha annunciato che intendeva venderle come schiave. L'evento ha portato Boko Haram all'attenzione dei media globali.

Attività in Camerun

Boko Haram ha continuato a rafforzare la propria presenza nel Camerun settentrionale. In un attacco contro una società di costruzioni a Waza, vicino al confine con la Nigeria, sono stati rapiti dieci lavoratori cinesi e un soldato del Camerun è stato ucciso. Le forze antiterroriste del Camerun hanno provato a intervenire ma si sono rapidamente trovate in inferiorità numerica.[71] A luglio, il villaggio natale del vice primo ministro è stato assalito da circa 200 miliziani: la moglie del vicepremier è stata rapita insieme al Sultano di Kolofata e alla sua famiglia. Nel corso del raid sono state uccise quindici persone, compresi membri della polizia e dell'esercito. La moglie del vicepremier è stata rilasciata a Ottobre, insieme ad altri ventisei prigionieri (inclusi i dieci lavoratori cinesi rapiti durante l'attacco a Waza). Le autorità non hanno fatto accenno ad alcun riscatto e il governo del Camerun ha annunciato di non aver mai pagato.[72] In una serie di attacchi separati, Boko Haram ha provocato la morte di nove passeggeri di un autobus, ha ucciso un militare e ha rapito il figlio di un amministratore locale. Ad agosto, la città nigeriana di Gwoza, vicina al confine con il Camerun, è stata conquistata dal gruppo. In risposta alla crescente attività militare, il presidente del Camerun ha licenziato due alti ufficiali militari e ha inviato nella regione settentrionale un generale di sua fiducia, insieme a rinforzi militari per un totale di mille uomini.[73][74][75]
Tra maggio e luglio del 2014, arrivano in Camerun circa ottomila rifugiati nigeriani, e oltre il 25% di essi soffre di una forma acuta di malnutrizione.[76] Altri undicimila rifugiati nigeriani hanno attraversato i confini con il Camerun e il Ciad ad agosto.[77]

Acquisizioni territoriali e creazione di un califfato islamico

La presa di Gwoza segnala un cambiamento nella strategia di Boko Haram da un orientamento prettamente terrorista e clandestino a un modello organizzativo paramilitare e parastatale di conquista e controllo del territorio. Il gruppo comincia a conquistare territori nella parte orientale del Borno e anche negli stati di Adamawa e Yobe. Gli attacchi sul confine sono respinti dalle forze militari del Camerun.[78] L'esercito nigeriano ha ufficialmente smentito che Boko Haram avesse conquistato parti del proprio territorio. In un video divulgato dall'AFP ad agosto 2014, Shekau ha dichiarato che Gwoza era ora parte di un califfato islamico.[79]. All'inizio di settembre è stata conquistata la città di Bama, a settanta chilometri di distanza dalla capitale del Borno, Maiduguri. Ci sono state molte fughe dai territori catturati verso Maiduguri, ma molti dei residenti della stessa capitale hanno cominciato ad allontanarsi. .[80] L'esercito ha continuato a negare le acquisizioni territoriali da parte di Boko Haram, anche se sono state confermate dai locali in fuga. I guerriglieri di Boko Haram avrebbero cominciato a uccidere uomini e adolescenti nelle zone occupate. I soldati nigeriani hanno rifiutato l'ordine di avanzare nelle città occupate e a centinaia sono fuggiti oltre il confine con il Camerun, ma prontamente rimpatriati. Cinquantaquattro disertori sono stati successivamente uccisi mediante fucilazione.[81][82]
Il 17 ottobre, il capo di stato maggiore della difesa nigeriano ha annunciato che si era giunti a un accordo per un "cessate il fuoco" e ha affermato di essersi messo in contatto con i capi locali dell'esercito per assicurare che l'ordine venisse rispettato. Nonostante l'informazione non fosse stata confermata da Boko Haram, i media di tutto il mondo hanno diffuso la notizia. Due giorni dopo però è giunta l'informazione che gli attacchi di Boko Haram sarebbero proseguiti senza interruzioni.[83][84][85]
Il 29 ottobre, Mubi, una città di 200.000 abitanti nello stato di Adamawa, è stata conquistata da Boko Haram, minando ulteriormente la fiducia sulla possibilità di un qualsiasi accordo di pace con i miliziani. Nel frattempo, migliaia di persone sono fuggite a sud, verso Yola, la capitale di Adamawa.[86] Il 31 ottobre, a rafforzare la congettura dei media che voleva che l'annuncio del raggiungimento di un accordo fosse una trovata del presidente Jonathan in vista delle elezioni, giunge un video rilasciato da Boko Haram mediante l'AFP, in cui viene affermato che non era avvenuta alcuna negoziazione.[87][88] Il 13 novembre venne annunciata la ricattura di Mubi da parte dell'esercito regolare. Lo stesso giorno, Boko Haram raggiunse Chibok, che venne riconquistata dall'esercito due giorni dopo, però in stato di abbandono. Il 16 novembre si stimò che i miliziani controllassero venti tra città e villaggi.[89][90]Venerdì 28 novembre, Boko Haram lancia un attacco terroristico alla moschea centrale di Kano, uccidendo 120 persone. Nel corso del mese, il gruppo aveva lanciato 27 attacchi, per un totale di 786 vittime.[91][92]
Il 3 dicembre, è stato riportato che diverse città dell'Adamawa sono state recuperate dall'esercito nigeriano con il sostegno di guerriglieri locali. Bala Nggilari, il governatore dell'Adamawa, ha affermato che l'esercito mirava ad arruolare 4000 guerriglieri.[93] Il 13 dello stesso mese, Boko Haram ha attaccato il villaggio di Gumsuri nel Borno, uccidendo più di trenta persone e rapendo oltre centro tra donne e bambini.

Attacchi nel Camerun a dicembre

Nella seconda metà di dicembre, il gruppo focalizza le proprie attività nella regione dell'Estremo Nord in Camerun, a partire da un'imboscata del 17 a un convoglio militare vicino alla città di confine Amchide a sessanta chilometri da Maroua, la capitale della regione. Un soldato è rimasto ucciso, mentre sarebbero morti 116 miliziani di Boko Haram. A questo attacco, nella notte dello stesso giorno, ne ha fatto seguito un altro con un numero sconosciuto di vittime.[94] Il 22 dicembre, il Rapid Intervention Battalion delle forze armate camerunensi, ha reagito attaccando un campo di addestramento di Boko Haram vicino Guirdiving e, secondo le stime del Ministro della Difesa, arrestando 45 miliziani e prendendo in custodia 84 bambini tra i sette e i quindici anni che erano sottoposti all'addestramento. I miliziani superstiti sono fuggiti a bordo di pick-up, trasportando con sé anche i propri caduti e non è stata rilasciata alcuna informazione sul numero delle vittime dell'esercito a seguito dell'operazione.[95] Tra il 27 e il 28 dicembre il gruppo attacca contemporaneamente cinque villaggi. Durante l'attacco, l'esercito del Camerun lancia un attacco aereo contro una caserma occupata dai miliziani. Il numero di vittime non è stato divulgato. Il Ministro dell'Informazione Issa Tchiroma ha commentato: "Gli uomini del gruppo hanno attaccato Makari, Amchide, Limani e Achigachia, segnalando un cambiamento nella strategia che consiste nel tenere impegnate le truppe camerunensi su più fronti rendendole più vulnerabili di fronte alla mobilità e all'imprevedibilità dei loro attacchi."[96]

2015

Massacro di Baga

Exquisite-kfind.pngLo stesso argomento in dettaglio: Massacro di Baga (2015).
Massima estensione del territorio controllato da Boko Haram, nel gennaio 2015 (grigio scuro)
La città di Baga era la sede del Multinational Joint Task Force, organizzazione che stava combattendo Boko Haram. Il 3 gennaio, i miliziani attaccano la città e la danno alle fiamme, massacrando molti degli abitanti. Alcuni ufficiali locali hanno stimato che il numero di morti era superiore ai 2000[97], ma il Ministro della Difesa nigeriano ha affermato che tale stima era "una speculazione e una congettura" e "esagerata". Il governo nigeriano ha ridimensionato il numero a circa 150 vittime. È da notare, comunque, che la Nigeria è stata spesso accusata di sottostimare il numero di caduti nel tentativo di minimizzare la minaccia di Boko Haram.[98] Alcuni residenti di Baga sono fuggiti in Ciad.[99] Se le stime più alte dovessero essere veritiere, si tratterebbe dell'attacco di Boko Haram con il maggior numero di vittime.

Nuove incursioni in Camerun[modifica | modifica wikitesto]

Il 12 gennaio, Boko Haram ha attaccato una caserma camerunense a Kolofata. Le forze governative hanno dichiarato di aver ucciso 143 miliziani al prezzo di un solo uomo.[100] Il 18 gennaio, Boko Haram ha assalito due villaggi nell'area di Tourou in Camerun e ha incendiato case, ucciso alcuni residenti e rapito dalle 60 alle 80 persone, tra cui circa 50 giovani tra i 10 ed i 15 anni.[101]

Operazioni contro Boko Haram e l'alleanza con lo Stato Islamico[modifica | modifica wikitesto]

Estensione del territorio controllato da Boko Haram al 10 aprile 2015 (grigio scuro)
Al partire dalla fine di gennaio 2015, una coalizione delle forze militari della Nigeria, del Ciad, del Camerun e del Niger ha cominciato una controffensiva all'insurrezione di Boko Haram.[102]Il 4 febbraio, l'esercito del Ciad ha ucciso oltre duecento miliziani.[103] Per rappresaglia, Boko Haram ha lanciato un attacco nella città di Fotokol, uccidendo 81 civili, 13 soldati del Ciad e 6 del Camerun.[104]
Il 7 marzo 2015, Abubakar Shekau, leader di Boko Haram, ha inviato, sull'account Twitter dell'organizzazione, un messaggio in cui ha promesso fedeltà allo Stato Islamico.[105][106] Il portavoce dell'esercito nigeriano Sami Usman Kukasheka ha detto che il messaggio era un segno di debolezza e ha descritto Shekau come "un uomo che sta annegando".[107] Il 12 marzo, Abu Mohammad al-Adnani, portavoce dell'IS, ha rilasciato un messaggio audio in cui ha accolto con favore il pegno di fedeltà e lo ha descritto come un ampliamento del califfato nell'Africa occidentale.[108]
Nello stesso mese, i residenti di Damasak, una città nigeriana liberata, hanno testimoniato che Boko Haram ha rapito oltre 400 donne e bambini dalla città durante la ritirata davanti alle forze della coalizione.[109] Il 27, l'esercito nigeriano ha riconquistato Gwoza, che si credeva essere la sede del quartier generale di Boko Haram.[110][111] Il giorno successivo, giorno delle elezioni, Boko Haram ha ucciso quarantuno persone per dissuadere la popolazione dall'andare a votare.[112]
Sempre nello stesso mese, è stata liberata Bama.[113] Le autorità nigeriane hanno affermato di aver riconquistato 11 dei 14 distretti precedentemente controllati da Boko Haram. Ad aprile, i militari nigeriani hanno catturato quattro campi di Boko Haram nella foresta di Sambisa, liberando circa trecento donne.[114] Si crede che i miliziani di Boko Haram si siano ritirati sui Monti Mandara, lungo il confine tra Nigeria e Camerun.[115]
In ottobre gli Stati Uniti hanno ufficializzato l'invio di armi e di un piccolo contingente di militari (circa 90) in Camerun, con l'obiettivo di supportare lo stato africano nella lotta contro Boko Haram.[116]

Organizzazione

Ideologia

Boko Haram è un movimento sunnita salafita, influenzato dal wahhabismo, una corrente integralista che persegue l'applicazione letterale della Shari'a. Nel 2009, il gruppo ha aumentato la sua attività jihadista. Il gruppo comprende anche elementi che non seguano la dottrina salafita. Lo scopo del gruppo è quello d'instaurare uno stato islamico in Nigeria, con la Shari'ha come base del sistema legale.[1][12][117][118][119] Inoltre si oppone all'occidentalizzazione della società nigeriana e alla diseguaglianza economica tra il settentrione islamico e la parte meridionale del paese a maggioranza cristiana.[120][121] L'imposizione della Shari'a nel nord del paese, cominciata con lo stato di Zamfara e diffusa, nel 2002, a 12 stati nigeriani, potrebbe essere collegata a un legame tra Boko Haram e le autorità locali.[122][123][124]
Una delle possibili ispirazioni sul piano ideologico per il gruppo potrebbe essere l'autoproclamato profeta Mohammed Marwa, soprannominato "Maitatsine" (letteralmente colui che maledice gli altri), un predicatore nato nel Cameroon settentrionale che ha condannato la lettura di altri libri all'infuori del Corano.[125][126][127] In un'intervista per la BBC nel 2009, Yusuf ha riaffermato le sue posizioni antioccidentali e ha negato teorie scientifiche quali l'evoluzione, la forma a geoide della Terra (più comunemente detta sfericità della Terra) e l'esistenza del ciclo dell'acqua.[128]

Struttura

La struttura di Boko Haram è gerarchica e al suo vertice vi è un capo globale; ciò nonostante, talvolta il gruppo sembra agire come un insieme a rete di cellule indipendenti.[129] È quindi difficile stabilire quali siano i confini dell'organizzazione e quanti attacchi siano ordinati dal vertice centrale e in quanti invece la leadership sia servita solo come ispiratrice per gruppi indipendenti. Il nucleo centrale opera come una forza di guerriglia, con battaglioni che vanno dai 300 ai 500 uomini.[130] Il numero totale di miliziani è stimato tra 5000 e 9000 unità.[131] La maggior parte di essi proviene dal gruppo etnico Kanuri.[132]
Dal 2002 al 2009, il gruppo è stato diretto dal suo fondatore, Mohammed Yusuf e dopo l'uccisione di questi, che ha causato la sollevazione del gruppo e l'inizio della guerra civile, la leadership è passata ad Abubakar Shekau, il braccio destro di Yusuf, che la detiene tuttora. Shekau è nato a Yobe, in Nigeria tra il 1965 e il 1975 ed è di etnia Kanuri, attualmente è sposato con una delle quattro mogli di Yusuf.[133] Parla arabofulahausa e la lingua kanuri. Shekau, oltre a essere il leader politico e militare dell'organizzazione, ne è anche la guida spirituale e tiene regolarmente sermoni religiosi ai suoi seguaci. Sotto la sua egida, il gruppo si è espanso.[133]

Crimini

Mappa degli stati nigeriani dove è applicata la Shari'a (in verde).
Il gruppo è anche noto per numerosi attacchi a chiese cristiane[137] e moschee[138][139][140], oltre che per aver attaccato luoghi di raduno in occasione del Ramadan[141] e per le violenze religiose in Nigeria del 2009, che hanno reso il gruppo noto a livello internazionale. Nel 2011 è stato ritenuto responsabile di oltre 450 omicidi in Nigeria.[7]
Cronologia degli scontri
7 settembre 2010Evasione di Bauchi.[142]
31 dicembre 2010Attacco ad Abuja del dicembre 2010.[143]
22 aprile 2011Boko Haram libera 14 prigionieri nel corso di un'azione a Yola, in Adamawa.[144]
29 maggio 2011Attentati in Nigeria settentrionale del maggio 2011.[145]
16 giugno 2011Il gruppo rivendica la responsabilità degli attentati ad Abuja del 2011.[146][147]
26 giugno 2011Esplosione di una bomba in una birreria a Maiduguri.[148]
10 luglio 2011Esplosione di una bomba alla Chiesa Battista di Suleja, in Niger.[149]
11 luglio 2011L'Università di Maiduguri viene chiusa temporaneamente per alcuni timori sulla sicurezza del campus.[150]
12 agosto 2011Il religioso musulmano Liman Bana viene ucciso da un colpo di pistola.
26 agosto 2011Attentanti ad Abuja del 2011.[151]
4 novembre 2011Attacchi a Damaturu del 2011.[147][152][153]
25 dicembre 2011Attentati in Nigeria del dicembre 2011.[154]
5–6 gennaio 2012Attentati in Nigeria del gennaio 2012.[155]
20 gennaio 2012Attentati a Kano del gennaio 2012.[156]
28 gennaio 2012L'esercito nigeriano afferma di aver ucciso 11 affiliati a Boko Haram.[157]
8 febbraio 2012Boko Haram rivendica un attentato suicida nella base dell'esercito a Kaduna.[158]
16 febbraio 2012Un'altra evasione in Nigeria centrale; 119 prigionieri fuggono e una guardia viene uccisa.
8 marzo 2012Durante un tentativo britannico di liberare gli ostaggi, l'ingegnere italiano Franco Lamolinara e il britannico Christopher McManus, rapiti nel 2011 da un gruppo scissionista di Boko Haram, sono stati uccisi.[159]
3-7 gennaio 2015Boko Haram fa strage nei villaggi. Carneficina nella città nordorientale di Baqa, 200-2000 morti
10 gennaio 2015Boko Haram imbottisce di esplosivo una bambina di 10 anni: 19 morti e 18 feriti al mercato di Maiduguri, capitale dello Stato di Borno
11 gennaio 2015Boko Haram imbottisce di esplosivo altre due bambine: 3 morti e decine di feriti al mercato della cittadina di Potiskum, nello stato nord-orientale di Yobe

Sondaggi sui principali partiti politici tedeschi


Grafico che mostra l'attuale situazione istituzionale in Europa

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venerdì 3 febbraio 2017

Perché i nobili hanno molti cognomi

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Nell'immaginario collettivo, il prototipo del cognome dei nobili è e rimarrà sempre quello della contessa Serbelloni Mazzanti Vien dal Mare, reso immortale da Il secondo, tragico Fantozzi, forse il film più memorabile di Paolo Villaggio (è anche quello, per intenderci, della Corazzata Potionkin).
Per quanto possa sembrare comico il cognome della maldestra contessa fantozziana, non si discosta poi tanto dalla realtà.
Pensiamo ai cognomi di aristocratici noti e scegliamone uno che può essere esemplare: la contessina Beatrice Borromeo Arese Taverna Casiraghi Grimaldi.

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Innanzi tutto bisogna separare i cognomi di nascita da quelli del marito, Pierre Casiraghi Grimaldi, il quale porta sia il cognome del padre, Stefano Casiraghi, sia quello, ben più nobile, della madre, la principessa Carolina Grimaldi di Monaco e Hannover.
E' infatti di uso comune, nel caso la madre abbia un cognome aristocratico, di aggiungere il cognome materno a quello paterno.
Ma torniamo a Beatrice Borromeo Arese Taverna.
Per quanto nata al di fuori del matrimonio, da una relazione tra Paola Marzotto e Carlo Ferdinando Borromeo Arese Taverna, Beatrice è stata riconosciuta e legittimata dal padre, ed essendo nobile anche per parte di madre, anch'ella figlia di un conte, si è ritenuto opportuno, negli articoli di cronaca mondana, attribuirle il titolo di "contessina", che spetta di diritto alle figlie di un conte.
Il suo cognome più importante e principale è naturalmente Borromeo.
La famiglia Borromeo è di antica ed elevata nobiltà. vantando tra l'altro anche numerosi cardinali e un santo, tra i suoi esponenti più noti.
Il cognome Arese si è aggiunto nel Seicento, quando Renato Borromeo sposò Giulia Arese.
In questo caso il figlio di Renato e Giulia, Carlo Borromeo Arese, ereditò anche il cognome della madre, poiché la discendenza maschile degli Arese stava per estinguersi, e dunque, come spesso accadeva per evitare la scomparsa di un cognome nobile, era consuetudine renderlo trasmissibile anche per via femminile.
Quest'ultima ragione, e cioè la trasmissione del cognome nobile della madre nel caso ella sia l'ultima erede di tale cognome, è la principale ragione dell'accumularsi dei cognomi aristocratici.
C'è però un'altra ragione che tende ad allungare notevolmente il cognome dei nobili e cioè la presenza della località di cui questi aristocratici sono feudatari.
Luca Cordero di Montezemolo è così chiamato in quanto discendente dei Marchesi di Montezemolo.
Carlo Ripa di Meana è un caso analogo.
Altri esempi sono Marella Caracciolo di Castagneto, vedova di Gianni Agnelli, il quale a sua volta era figlio di Virginia Bourbon del Monte di San Faustino.
Un caso ancor più complesso fu quello della prima moglie di Umberto Agnelli, e cioè Antonella Bechi Piaggio Visconti di Modrone, la quale era nata Bechi, adottata da un Piaggio (quelli dei motorini) e sposata in seconde nozze a un Visconti di Modrone.
Ma il caso più eclatante in assoluto è stato quello dell'indimenticabile ed eccentica Doña María del Rosario Cayetana Alfonsa Victoria Eugenia Francisca Fitz-James Stuart de Tormes y de Silva Falcó Gurtubay, diciottesima Duchessa d'Alba, Grande di Spagna (Madrid, 28 marzo 1926 – Siviglia, 20 novembre 2014).


Vite quasi parallele. Capitolo 16. Il secondo, tragico appuntamento



Per porre rimedio all'esito increscioso del primo appuntamento, i Conti Orsini Balducci di Casemurate, con un' "astuta mossa padronale", decisero di invitare Ettore Ricci ad una cena di gala servita, per l'occasione, nella Grande Sala Rococò.
Ettore Ricci, consapevole di dover rimediare a una notevole serie di gaffes, cercò di sfoderare il meglio del suo repertorio.
Si presentò a Villa Orsini agghindato come per un ricevimento a Balmoral ai tempi della Regina Vittoria.
Indossava un frac che gli andava leggermente stretto in vita, per sembrare più snello, senza però riuscire ad evitare l' "effetto pinguino".
Come nella famosa canzone, portava "un cilindro per cappello, due diamanti per gemelli".
Il cilindro era di seta nera con interno foderato in viola.
Completavano il quadro i seguenti capi: papillon bianco inamidato, camicia con accenni di volant e colletto alto che gli impediva una corretta respirazione.
Questa volta, onde evitare gli spiacevoli inconvenienti dell'incontro precedente, era stato ben istruito da Ida Braghiri, la governante, su cosa dovesse fare e soprattutto evitare di fare.
All'inizio le cose sembrarono andare meglio.
In fondo Ettore Ricci non era uno stupido ed era consapevole di essere irrimediabilmente rude, tozzo, eccessivamente comico se si rilassava troppo, e sapeva quindi che, in mancanza di fascino e di attrattiva, avrebbe dovuto tirar fuori le unghie e i denti, e barare, per ottenere tutto quello (e non era poco) che desiderava dalla vita.
Il problema non erano tanto i Conti Orsini, due vecchi relitti il cui orologio si era fermato ai tempi della Belle Epoque, quanto piuttosto Diana, perché Ettore era ossessionato da lei e la trovava così perfetta e carismatica da fargli perdere il controllo della situazione.
Ad aprirgli la porta, quella sera, fu il Conte Achille in persona, un onore che era riservato soltanto ai creditori più insistenti.
Ettore mantenne un contegno formale, ingessato.
Arrivò persino, come gli era stato suggerito dalla governante, a lusingare il Conte Achille lodando il ritratto di un suo antenato.
Il Conte si illuminò:
<<Quel cavaliere che vedete nel ritratto è il fondatore del ramo casemuratense della famiglia Orsini, il Conte Bernardo, nipote di papa Niccolò III>>
In quel momento, come colto da un accesso di sindrome di Stendhal, Ettore Ricci si sentì quasi risucchiare dentro il ritratto di quel cavaliere feroce, intuendo immediatamente che tutti quei guerrieri, tutti quei Papi, si sarebbero sempre intromessi tra lui e Diana, vanificando ogni suo sforzo di apparire degno di lei.
Forse fu per questo che, invece di rispondere come la governante gli aveva suggerito, si ritrovò di nuovo senza parole e l'unica esclamazione che uscì dalla sua bocca fu un alquanto inopportuno:
<<Ostia!>>
Il Conte Achille perse ogni speranza e si limitò a fare strada al suo incorreggibile ospite, nonché creditore, sentendosi come un fallito, costretto a servire come maggiordomo i nuovi padroni di casa sua.
Nella Grande Sala Rococò, il lungo tavolo in stile Luigi XV era stato strategicamente apparecchiato in modo tale che Ettore si trovasse esattamente di fronte a Diana, mentre ai due capi, a una certa distanza, sedevano il Conte e la Contessa.
Nessun altro era stato invitato.
<<I vostri fratelli non si uniscono a noi, contessina Diana?>> chiese Ettore, perdendosi nell'intensità degli occhioni neri della donna che amava.
<<Questa è una cena di gala, e i miei fratelli devono ancora fare il loro debutto in società>>
E questo era, tra l'altro, uno dei tanti motivi per cui Diana si stava prestando a quella sceneggiata.
<<Oh, capisco. Ma quanti fratelli siete?>>
Si complimentò con se stesso per essere riuscito a intavolare un discorso con Diana senza aver fatto nessuna figuraccia.
<<Ho un fratello e due sorelle>>
Ettore si rilassò troppo presto.
<<Ah, pensavo foste di più>>
Diana sbiancò.
<<Un fratello e una sorella sono morti>>
Lui si sentì subito sprofondare e perse il controllo.
<<Oh, Cristo santo... spero di essere venuto al funerale!>>
Diana fece del suo meglio per rispondere in maniera garbata:
<<All'epoca la mia famiglia non aveva ancora il piacere di conoscere la vostra, signor Ricci. 
Mio fratello Ludovico morì di meningite a sei anni e mia sorella Annalisa morì di febbre spagnola, nel '19>>
Ettore assunse un'aria affranta e i suoi occhi divennero umidi:
<<Ah, che disgrazia, che perdita per la nostra comunità! Certo che il mondo è proprio bislacco: la spagnola avrebbe potuto portarsi via anche due paia dei miei fratelli, che io ne ho fin troppi!>>
<<Ma cosa dite?>>
<<Be', vedete, non tutti hanno la fortuna di avere fratelli simpatici. Insomma, in ogni famiglia c'è una pecora nera, ma nella mia ce ne sono troppe! Si dice pure: "fratelli coltelli". Ecco, due miei fratelli si stavano per prendere a coltellate, una volta, perché volevano tutti e due la stessa donna>>
Diana, che era una persona di mondo, cercò di inquadrare il tutto in un contesto letterario:
<<Un duello per amore! Del resto, come si dice in questi casi, cherchez la femme>>
Si pentì subito di aver usato una locuzione francese, ma non fece in tempo a tradurla.
<<Ma più che amore era una questione di gnocca. Lo dico francamente, perché i miei fratelli sono delle teste di ca... ehm, di cavolo>>
Diana notò che sua madre aveva già scolato mezza bottiglia del suo inseparabile Cabernet-Sauvignon, mentre suo padre era completamente immerso nel sezionare la sua pietanza.
Cercò di fare un ulteriore sforzo per risollevare le sorti della serata:
<<E le vostre sorelle, spero che almeno loro siano di vostro gradimento>>
Ettore si fece serio:
<<Mia cara contessina, io le rispondo col cuore in mano. Tanto vale essere sinceri, dico io. Perché poi le bugie hanno il naso lungo>> e meccanicamente fissò la Contessa Emilia, il cui naso era inguardabile <<o le gambe corte, come me, ah ah! Ma è meglio che stia zitto, perché è peggio il tacon del buso!>>
Diana stava per scoppiare a ridere, ma riuscì a bloccarsi:
<<Temo di non avere capito>>
Ettore Ricci era diventato viola come la fodera del suo cilindro:
<<Come dice mio padre, non valgono la corda per impiccarle. Eh, sì... è una croce! La vita è fatta così. Lei crede in Dio?>>
Non era un argomento da trattare a tavola.
<<Io ho ricevuto un'educazione religiosa>> rispose lei <<ma ultimamente la mia fede è stata messa a dura prova>>
<<Ah, ma voi siete una santa! Io ci credo in Dio, ai Santi e a tutte quelle balle lì. Solo che, devo essere sincero, mi scoccia andare alla Messa. Oltre tutto la chiesa è stretta, ci sono poche panche. D'inverno fa un freddo cane. E poi come si fa, con tutti quei vecchi scoreggioni...>>
Diana fu colta dalle convulsioni.
Non era epilessia, fortunatamente. Era solo che le risate trattenute troppo a lungo, si erano manifestate all'improvviso, come un singhiozzo.
E in mezzo a quel tripudio di comicità, Diana si rese conto che l'unica consolazione concessale dal destino, era che, nonostante tutto, il suo futuro marito l'avrebbe fatta ridere.

giovedì 2 febbraio 2017

Vite quasi parallele. Capitolo 15. Le trame della famiglia Braghiri

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<<E Diana cos'ha detto, dopo che Ettore è andato via?>> chiese Michele Braghiri, il marito della governante, mentre lei gli serviva la cena a base di patate lesse.
<<Ha riso come una matta per due ore. Non l'avevo mai vista così. Poi è andata dai suoi e ha detto: "Siete proprio sicuri di volerlo come genero? Perché lui si insedierà qui a Villa Orsini come un padrone, e a quel punto farà meno ridere". E allora il Conte ha risposto: "Sono disposto a sopportarlo. Del resto, non abbiamo altra scelta". E Diana "C'è sempre un'altra scelta", e lui "Dobbiamo pensare anche alle tue sorelle, a tuo fratello. La famiglia viene prima di tutto. In ogni dubbio, in ogni conflitto interiore, la famiglia deve vincere. Deve sempre vincere">>
Michele Braghiri annuì:
<<Sono d'accordo. La famiglia deve vincere. Anche la nostra famiglia. La nostra fortuna è legata a quel matrimonio. Ettore Ricci mi farà diventare il suo braccio destro, e tu, come governante, avrai al tuo servizio un esercito di domestici. Diventeremo ricchi anche noi e non dovremo più mangiare patate lesse al lume di una lampada ad olio in un seminterrato umido>>
Da quando gli Orsini erano finiti sull'orlo del fallimento, tutto il vecchio personale era stato licenziato e il peso dell'amministrazione (senza però gli onori corrispondenti) era caduto su Michele Braghiri e sua moglie Ida.
Il loro stipendio era basso, anche contando gli "anticipi" della famiglia Ricci.
E siccome tenere aperti gli alloggi della servitù costava troppo, Michele e Ida erano rimasti nella Cameraccia, come tutti chiamavano il seminterrato che dava sull'interno.
<<Mah, era meglio non confondersi con quella gente>> lo rimproverò Ida <<Ettore Ricci mi mette le monete d'argento in tasca come se mi facesse la carità. Non mi piace>>
Michele era un uomo magro, dagli zigomi pronunciati e dalla pelle cotta dal sole.
Guardò la moglie con severità, e i suoi occhi grigi s fissarono su quelli marroni di lei:
<<La boria dei Ricci non piace a nessuno, ma non saremo noi a fare il sacrificio più grande. Sarà Diana Orsini a doverselo portare a letto. Saranno gli Orsini il bersaglio dei suoi scherzi. Noi possiamo anche sopportare che ci metta i soldi in tasca. Siamo venuti dal niente, ma un giorno, io te lo giuro, questa Villa e questo Feudo diventeranno nostri!>>
Ida scosse il capo:
<<Nostri? I Ricci e gli Orsini sono molto più numerosi di noi, e molto più potenti>>
Lui continuò a fissarla, e nei suoi occhi grigi c'era una un luccichio particolare:
<<Per ora... ma se io divento l'amministratore del Feudo, e vengo a conoscenza di tutti i loro segreti, allora vedrai che le cose cambieranno. Ti dico che i nostri figli, o almeno i nostri nipoti, diventeranno i veri Signori di questa casa e di questa terra, e noi lo vedremo, quando saremo vecchi. Perché noi siamo forti. Noi sopravvivremo a tutti loro. Me lo sento. Li seppelliremo uno dopo l'altro>>
Ida intuiva che dietro a quelle parole c'era un disegno criminale, e proprio per questo preferì non chiedere nient'altro.
Aveva imparato che a questo mondo ci sono cose che è meglio non sapere.




N.d.A.
In copertina, il quadro I mangiatori di patate di Vincent Van Gogh

Ora sappiamo chi cavalcherà Viserion

L'immagine può contenere: una o più persone, persone in piedi e spazio all'aperto

Drogon (il nero) è per Daenerys, Rhaegal (il verde) è per Jon e Viserion (il rosso) è per Tyrion, figlio di Joanna Lannister e di Aerys Targaryen.

Situazione della guerra civile in Ucraina a inizio febbraio 2016

Nessun testo alternativo automatico disponibile.

Il 28 gennaio il governo di Kiev ha dato inizio a un massiccio bombardamento aereo sulla città di Donetsk, causando numerosi morti tra la popolazione civile. E' seguita una vasta offensiva ai confini di Donetsk, a cui ha fatto seguito una controffensiva delle forze secessioniste.
Tutto questo sta avvenendo nel quasi totale silenzio dei media, dal momento che il governo di Kiev è sostenuto dalla Germania e dalla Commissione Europea.

Mappa della guerra (24 febbraio 2015)

mercoledì 1 febbraio 2017

Vite quasi parallele. Capitolo 14. Ettore e Diana: il più catastrofico primo appuntamento della Storia.

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Ettore Ricci si presentò a Villa Orsini, come convenuto, all'ora del tè.
Era vestito in modo eccessivamente elegante e vistoso, come spesso accade ai figli degli arricchiti.
Indossava un abito scuro gessato a tre pezzi, camicia bianca con gemelli, cravatta bianca a righe nere, fiore all'occhiello, sempre bianco, fazzoletto a pochette nel taschino, ancora bianco, orologio d'oro da con catenella legata al panciotto, enorme anello da mafioso al mignolo, cappello bianco con tesa rialzata sul di dietro e a punta sul davanti, scarpe laccate, ghette bianche.
Sembrava Al Capone.
Identico.
Aveva persino un enorme e pestilenziale sigaro acceso in bocca.
Oltre tutto la ricercatezza del vestire strideva con il carattere schietto e i modi ruvidi che contraddistinguevano i membri della famiglia Ricci.
Quando la signora Ida Braghiri, la governante, gli aprì la porta, lui subito tirò fuori qualche moneta e gliela infilò in tasca come se fosse una mancia per i camerieri al ristorante.
Appena fu ammesso nel Salotto Liberty, lo squadrò con lo sguardo dell'acquirente che valuta la convenienza del suo investimento.
I suoi occhi infuocati bramavano di possedere ogni cosa all'interno di quella stanza.
Quando il Conte Achille Orsini gli porse la mano bianca, dalle dita affusolate, Ettore Ricci la stritolò in una morsa d'acciaio.
Poi gli diede una pacca sulla spalla come se si trattasse di un compagno di bevute all'osteria e disse:
<<Come va, vecchio mio?>>
Senza attendere risposta si avvicinò alla Contessa Emilia e le baciò la mano premendo le labbra umide e colando saliva, per poi dichiarare:
<<Cara Contessa Emilia, ma lo sa che lei è proprio una bella donna? No, dico sul serio! Non li dimostra mica i suoi cinquant'anni!>>
Non attese risposta nemmeno questa volta.
Il suo sguardo si appuntò sull'oggetto del desiderio: Diana Orsini Balducci di Casemurate.
E qui si impappinò:
<<Ahhhh.... Contessina... io... io sono sbalordito... sì, sbalordito dalla vostra evenienza... no come si dice... la vostra... la vostra... oh Cristo santo... non mi viene la parola...>>
<<Avvenenza?>> suggerì Diana.
<<Sì, quella lì... mi ero preparato un così bel discorsetto, ma sapete com'è, l'emozione...>>
<<Non si preoccupi, signor Ricci, si accomodi pure>>
Ettore individuò una poltrona che faceva al caso suo e ci si sedette a peso morto, lasciandosi sfuggire un leggero peto. 
Seguì un attimo di silenzio.
Gli Orsini non sapevano cosa dire, cosa fare, dove guardare...
Fortunatamente, a distrarre i presenti dall'imbarazzo, comparve la governante con la teiera.
Ettore Ricci si fece versare una tazza abbondante con latte e tre cucchiaini di zucchero, e poi si avventò sui pasticcini, tenendo comunque acceso il sigaro, e facendo cadere la cenere dappertutto.
Con la bocca piena, tornò a rivolgersi a Diana:
<<Stavo dicendo che siete bellissima. Proprio un bel bocconcino, sì... sì... del resto, come si suol dire, tale madre, tale figlia, eh? Dico bene? Dico giusto? Ah ah>> e strizzò l'occhio alla Contessa Emilia, che si era versata di nascosto un primo calice di Cabernet-Sauvignon.
Diana lo osservava come si farebbe con uno strano animale selvatico.
<<Signor Ricci, la vostra gentilezza mi lascia senza parole>>
Lui sorbì il tè in maniera rumorosa e poi, con la bocca impastata, bofonchiò:
<<Ah, non importa, mia cara, ci sono io che parlo per due, anche per tre! Per esempio, lo sa perché i miei mi hanno chiamato Ettore?>>
<<Perché era uno degli eroi dell'Iliade>>
<<No, noi non siamo parenti con l'Iride, è una Ricci povera che non conta un... insomma, niente... mi hanno chiamato Ettore come il mio povero zio che è morto sparato>>
<<Gli hanno sparato, e perché?>>
<<Ah, cosa vuole, è sempre così, una questione di gnocca... solo che era la gnocca sbagliata e i suoi fratelli lo hanno sparato>>
E addentò un altro pasticcino, sempre tenendo il sigaro acceso.
<<Forse sareste più comodo se appoggiaste il sigaro sul portacenere, mentre mangiate>>
Lui aggrottò le sopracciglia irsute e osservò il sigaro, a bocca aperta:
<<Oh, non preoccupatevi, mia bella Diana, io sono un presti... prestidi... un pres... oh, cacchio! Oggi non mi vengono le parole!>>
Diana non riuscì a trattenersi dal ridere:
<<Prestigiatore?>>
Lui si illuminò:
<<Proprio quello! Eh, si vede subito che noi due ci intendiamo alla perfezione!>>
Diana non riusciva a smettere di ridere.
Non ricordava di aver mai visto niente di più ridicolo in vita sua.
<<Perdonatemi se rido, signor Ricci, ma la vostra verve è davvero singolare>>
Anche lui incominciò a ridere, con la bocca piena di pasticcini, sputacchiando a destra e a manca.
<<Ah ah, con me ci si diverte! Sicuro come la merd... ehm, come l'oro, volevo dire.
Ma voi, signor Conte, perché fate quella faccia da funerale, siete pallido come un morto! 
E voi, Signora Contessa, date da bere un po' di quel vinello a vostro marito! Perché come si dice a casa mia: "vinassa vinassa e fiaschi de vin"... dico bene?>>
La Contessa Emilia, il cui alcolismo era uno dei tabù più impronunciabili a Villa Orsini, si sentì come quando viene nominata la corda in casa dell'impiccato.
Diana non ricordava di aver mai riso tanto in vita sua:
<<E' un Cabernet-Sauvignon del 1862, un'ottima annata>>
<<Socc'mel! Però io preferisco la Cagnina>>
Ci fu un attimo di assoluto silenzio.
Poi Ettore ruttò.
Diana si piegò in due in dal ridere.
Lui si rese conto di aver esagerato, ma il rimedio fu peggiore del male:
<<Oh, oh, pardon! Cara mia, ma io dico che un vero uomo si deve comportare da uomo, eh! 
Io non mi fiderei di quei damerini con la puzza sotto al naso. L'uomo deve avere la puzza sotto le ascelle, un onesto lavoratore, dico bene?>>
Diana colse l'occasione per lanciare una stilettata:
<<E voi che lavoro fate, signor Ricci?>>
Ettore rimase a bocca aperta per un po', tanto che i Conti Orsini temettero che avrebbe eruttato una seconda volta, ma non fu così.
<<Mah, grosso modo... gli affari di famiglia... non ho mica paura di sporcarmi le mani, sa?
Se c'è da ammazzare il porco, io non mi tiro mica indietro. Perché poi, non bisogna mica dar retta a quel che dice la gente. Ho fatto anch'io la mia gavetta, sa... da bambino, quando mio padre non era ancora ricco sfondo, io tutte le mattine andavo nella stalla a munger le vacche! 
A spalare la mer... eh, volevo dire il letame. Perché poi il letame non puzza mica come la pollina... voglio dire, puzza di meno...>>
La governante scosse la testa e gli fece cenno di star zitto.
Lui cercò di darsi un contegno:
<<Chiedo scusa, a volte mi lascio trasportare dall'entusiasmo. Il fatto è che, di fronte a una bellezza come la contessina Diana, io perdo il controllo, porco Giuda! Lo capite anche voi, insomma, è una croce!>>
Diana non era sicura di aver capito:
<<Una?>>
Lui si fece serio e sbottò:
<<Una croce!>> Poi si commosse <<Sì, mia bella Diana, io da quando vi ho vista per la prima volta, sono diventato come un brodo di giuggiole. 
Lo capite anche voi... vedete come sono ridotto, porco cane... non mangio più, non dormo più, non trombo più... 
Io, io... Contessina, lasciate che vi esprima i miei sentimenti con una canzone... sapete, ho una certa dote di cantante, in osteria me lo riconoscono tutti... io vi faccio la mia dichiarazione con una canzonetta che ho sentito alla radio>> poi si portò la mano al cuore e intonò <<"Tuuuuuuuuu che m'hai preso il coooooooooor">>
E a quel punto partì il secondo rutto.
Diana incominciò a ridere in maniera quasi isterica.
La Contessa Emilia fissava il pavimento.
Il Conte Achille era immobile, una statua di sale.
La governante fece cenno a Ricci, toccandosi l'orologio.
Lui capì:
<<Oh, ma ridendo e scherzando si è fatto tardi>>
Nessuno replicò.
Lui si alzò, si stiracchiò, riprese in mano quel che restava del sigaro, si scrollò le briciole di dosso, fece un mezzo inchino
<<Be', ci vediamo domani alla solita ora! E buonanotte ai suonatori!>>
Con questa frase memorabile lasciò il Salotto Liberty.
Prima di uscire, tirò fuori alcune monete d'argento e le infilò nella tasca della governante, insistendo, con aria da benefattore.

martedì 31 gennaio 2017

Vite quasi parallele. Capitolo 13. Una vita per un'altra vita.

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Pochi giorni dopo la nascita del primogenito di Romano Monterovere ed Elisa Lanni, nell'ottobre 1938, le condizioni di salute della madre di Elisa si aggravarono.
La signora Giulia Lanni soffriva infatti di un'insufficienza cardiaca, dovuta alla calcificazione delle valvole, e all'epoca non vi erano possibilità di guarigione, poiché la chirurgia non aveva ancora sviluppato la tecnica del trapianto valvolare.
Elisa sapeva che a sua madre restavano solo pochi giorni di vita, per cui si fece dimettere dal reparto di maternità il prima possibile e poi, insieme al bambino, a cui era stato dato il nome di Francesco, si recò nel reparto di cardiologia, per mostrare alla madre il nipote appena nato.
La signora Giulia faceva fatica a respirare, poiché l'insufficienza cardiaca impediva al sangue di arrivare normalmente ai polmoni, i quali incominciavano a riempirsi d'acqua.
La morte, in quei casi, sopravveniva per enfisema, e quindi per asfissia.
Nonostante la debolezza, Giulia volle, almeno per pochi istanti, tenere il braccio il bambino.
Poi, con grande fatica, a voce bassa e roca, disse:
<<Una vita incomincia e una vita finisce. Forse quando questo bambino sarà grande, il mondo sarà un posto migliore, e ci sarà un grande progresso, e si potranno curare le malattie come la mia. Io dono la mia vita a questo nipotino nella speranza che la sua vita sia migliore di quella di tutti noi. Una vita per un'altra vita>>
Queste furono le sue ultime parole, perché poi entrò in un sonno profondo, e gli unici suoni che emise furono i terribili rantoli della morte, di cui soltanto chi ha accudito un moribondo può riconoscere la gravità.
Elisa non poteva sapere che un giorno anche lei, prematuramente, sarebbe andata incontro alla stessa sorte di sua madre, per la stessa malattia.
Né poteva sapere che si trattava di una malattia ereditaria, che si trasmetteva con elevata probabilità dai genitori ai figli.
Non sapeva che anche il figlio che teneva in braccio, un giorno, si sarebbe ammalato allo stesso modo, ma a differenza della madre e della nonna, si sarebbe salvato, perché c'erano le cure e gli interventi chirurgici per rimettere in sesto il cuore e i polmoni.
Una vita per un'altra vita.
Elisa ripensò spesso alle parole di sua madre.
Le ponderò con attenzione nella sua mente, meditando sul destino e sulla fragilità della condizione umana.
Meditò sul sacrificio e sul dono, ma non se ne rallegrò, perché sapeva che, almeno in parte, erano presagi di morte e di sventura.
Sentiva che un destino particolare era stato deciso per il suo primogenito, un destino molto diverso rispetto a quello degli altri figli che sarebbero nati in seguito.
La vita di Francesco era destinata a intrecciarsi con quella di altre persone segnate da una sorte difficile e nel contempo straordinaria.
Diversa e più ordinaria sarebbe stata la sorte degli altri due figli di Romano Monterovere ed Elisa Lanni, e cioè Renata e Lorenzo.
Ordinaria non significa necessariamente mediocre, anzi, entrambi fecero strada in contesti importanti.
Ma l'avventura, il romanzesco, l'elemento perturbante, degno di una narrazione speciale... tutto questo fu riservato a Francesco, perché era stato in un certo senso elevato da un dono d'amore, pronunciato su un letto di morte.
E a questo dono si mescolavano insieme le leggende di un'eredità ancestrale: il bisnonno Ferdinando disarcionato all'Orma del Diavolo, l'apparizione degli elfi dei boschi, le peregrinazioni del nonno Enrico, la sabbia del deserto portata dal padre Romano, dopo la guerra d'Africa, con gli occhi ancora pieni del blu dell'Oceano Indiano e del Golfo di Aden.
Verso dove faceva rotta una simile Odissea?
Qual era la Terra Promessa verso cui si dirigeva la nuova generazione della famiglia Monterovere?
Non molto lontano nello spazio, ma lontanissimo nella concezione della vita e del mondo.
Il romanzo era appena iniziato e già si presagivano miracoli.