sabato 7 gennaio 2017

Mappa della guerra civile in Somalia

Somali Civil War (2009-present).svg

   Under control of the Government and Allies 

   Under control of neutral forces (Khatumo State)

   Under control of the Al-Shabaab and Allies 

   Under control of Somaliland Government


 Hizbul Islam (2009–2010)

 Islamic State of Iraq and the Levant (from 2015)[1][2]
Regional:
Non-combat support:
 European Union[7]
Commanders and leaders

Islamic State of Iraq and the Levant Abdul Qadir Mumin
Somalia Hassan Sheikh Mohamud
(President of Somalia)
Somalia Omar Abdirashid Ali Sharmarke
(Prime Minister of Somalia)
Somalia Mohamed Sheikh Hassan
(Minister of Defense)
Somalia Abdullahi Anod
(Chief of the Army)
Somalia Omar Hashi Aden  
(Former Minister of Security)
Djibouti Osman Noor Soubagleh
(Force Commander of AMISOM)[12]
Ethiopia Abreha Tesfay
(Deputy Force Commander of AMISOM)
Burundi Cyprien Ndikuriyo
(AMISOM Chief of Staff)
 Ahmed Mohamed Islam
(President of Jubaland, Chairman of the Raskamboni Movement)
 Sheikh Ibrahim Sheikh Hassan
(Chairman of Ahlu Sunna Waljama'a)
Puntland Abdiweli Mohamed Ali
(President of Puntland)
Galmudug Abdi Hasan Awale Qeybdiid
(President of Galmudug)
 Sharif Hassan Sheikh Aden
(President of Southwestern Somalia)
Strength
 5,000–7,000[13]
 Unknown

Islamic State of Iraq and the Levant 200–300[15]
Somalia 18,000–36,000[16]
 ~20,000[17]
United States 200–300[5]
 ~2,000[18]
 <1,000 (2010)[19]
Casualties and losses
 8,016 killed (by 2012)[20]
 5 killed[21][22][23]
Somalia 756 killed, 367 wounded (by October 2012)[24]
 3,000+ killed[25][26][27][28]
 3 killed, 3 wounded
 66+ killed
Puntland 17+ killed, 40 wounded
Ethiopia 8 killed (before joining AMISOM)
La guerra civile somala è un conflitto scoppiato nel 1991 e tuttora in corso.
Il conflitto nacque dalla resistenza nei confronti del regime di Siad Barre, portata avanti durante gli anni '80. Nel 1988-90 le forze armate somale ingaggiarono scontri con diversi gruppi ribelli, tra i quali il Congresso della Somalia Unita, il Movimento Nazionale Somalo (nel Somaliland) e il Fronte Democratico di Salvezza Somalo (nel Puntland).
Nel 1991, i clan ed i gruppi armati ribelli rovesciarono il regime di Barre; il successivo vuoto di potere portò ad una lotta tra le varie fazioni, specie tra quella di Ali Mahdi e quella guidata da Aidid. Il conflitto indusse le Nazioni Unite ad organizzare una missione di peace-keeping a metà anni '90. Il periodo di decentralizzazione del potere che ne seguì si caratterizzò, in molte aree, per un ritorno ai costumi e alle leggi religiose e dall'insediamento di governi locali nel nord dello Stato. Tale situazione portò ad un relativo affievolimento dell'intensità degli scontri, tanto che il SIPRI rimosse la Somalia dalla lista dei maggiori conflitti in corso nel 1997 e nel 1998.
Nel 2000 venne insediato il Governo nazionale di transizione (GNT), seguito dal Governo federale di transizione nel 2004 (GFT). Il GFT nel 2006, con l'aiuto dell'Etiopia, riuscì a conquistare la maggior parte del territorio a sud controllato dall'Unione delle Corti Islamiche (UCI). Le UCI si trasformarono in un gruppo ancora più radicale che prese il nome di Al-Shabaab, il quale, a sua volta, ha ingaggiato uno scontro con il governo federale e la missione AMISOM dell'Unione Africana, nata per controllare lo Stato.
Nel gennaio 2013, in seguito alla Risoluzione ONU 2093, il mandato dell'AMISOM era stato esteso per un altro anno. I 15 membri del Consiglio di Sicurezza ONU, votarono all'unanimità per la sospensione dell'embargo sulle armi leggere per il periodo di un anno. Inoltre, il Consiglio di Sicurezza invitò il governo federale ad accelerare lo sviluppo di una nuova strategia di sicurezza nazionale, sollecitando le autorità centrali a velocizzare il piano con l'individuazione della composizione delle forze di sicurezza e delle relative lacune. Così da permettere ai partner internazionali di affrontarle al meglio
In seguito alla Risoluzione ONU 2124, la quale ha autorizzato il dispiegamento di altri 4.000 soldati per aumentare il contingente AMISOM, le truppe etiopi hanno formalizzato, nel gennaio 2014, il loro ingresso nella missione. Il loro compito è quello di operare insieme all'Esercito nazionale somalo, con la responsabilità per le operazioni nelle zone a sud di GhedoBakool e nella regione di Bay. Le truppe etiopi rappresentano il sesto contingente AMISOM, dopo quelli di GibutiBurundiSierra LeoneKenya e Uganda.
Nel gennaio 2014, al Summit dell'Unione Africana tenutosi ad Addis Abeba, il Presidente Hassan Sheikh Mohamud chiese un prolungamento del mandato per l'acquisto di armi stabilito dalle Nazioni Unite, in scadenza per marzo dello stesso anno. Il presidente affermò che le forze di difesa somale avessero la necessità di armi ed equipaggiamento migliori per combattere efficacemente i miliziani.
 Il mese successivo il Gruppo di monitoraggio ONU su Somalia ed Eritrea rilasciò un rapporto dal quale emersero gli abusi sistematici degli ufficiali all'interno del governo somalo, i quali permisero la distrazione delle armi dalle forze di sicurezza somale per consegnarle nelle mani di capi fazione e miliziani Al-Shabaab. Il gruppo dichiarò di aver osservato diversi problemi e manifestò molte preoccupazioni per ciò che concerneva la gestione delle scorte di armi e munizioni, tra queste vi era anche la difficoltà per gli osservatori di accedere ai locali, nei quali erano immagazzinate le armi, e ottenere informazioni. Pur riconoscendo l'impossibilità di quantificare il numero di armi dirottate, a causa dei vari limiti, gli osservatori affermarono come uno dei consiglieri chiave del presidente fosse coinvolto nella consegna di armi agli Al-Shabaab e come le spedizioni di armi da Djibouti a dall'Uganda non sarebbero state quantificabili. Il Capo di Stato maggiore dell'esercito Dahir Adan Elmi negò le accuse, dichiarando come nessun ufficiale avesse venduto o dirottato armi e che queste erano conservate in luoghi sicuri. Egli affermò anche come una squadra di monitoraggio ONU avesse per due volte visitato i siti di stoccaggio di armi e munizioni del governo a Mogadiscio; durante la visita vennero mostrate le scorte di armi e i funzionari si mostrarono soddisfatti[118]. Inoltre il comando dichiarò che il governo aveva per due volte acquistato armamenti da quando l'embargo sulle armi applicato alla Somalia era stato parzialmente cancellato. Il generale Elmi sostenne anche che gli Al-Shabaab già possedevano forniture di armi, utilizzando soprattutto ordigni esplosivi e bombe modificate; allo stesso tempo sostenne che il Gruppo di monitoraggio avesse creato le accuse con lo scopo di impedire il funzionamento del governo somalo e delle forze armate, mentre tentava di raccogliere fondi per le sue attività mantenendo la minaccia degli Al-Shabaab costante.

Nel febbraio 2014, una delegazione guidata dal Primo ministro somalo Abdiweli Sheikh Ahmed ebbe un incontro ad Addis Abeba con il Primo ministro etiope Hailemariam Desalegn, per discutere di un rafforzamento delle relazioni tra i due paesi. Ahmed elogiò il ruolo dell'Etiopia del processo di pace e stabilizzazione della Somalia, come il suo supporto nella lotta agli Al-Shabaab, e diede il benvenuto alla decisione dei militari etiopi di entrare nell'AMISOMHailemariam Desalegn, in risposta, promise di continuare negli sforzi di pacificazione e stabilizzazione della Somalia, come quelli per sostenere la crescita delle forze di sicurezza somale, attraverso esperienza, partecipazione e addestramento[120].
All'inizio di marzo 2014 le forze di sicurezza somale e l'AMISOM hanno lanciato un'intensa operazione militare volta a cacciare gli Al-Shabab dalle zone meridionali dello Stato ancora sotto il loro controllo. Secondo il primo ministro Abdiweli Sheikh Ahmed, il governo ha successivamente compiuto degli sforzi per stabilizzare le aree appena liberate, tra le quali Rab DhureHudurWajid e Burdhbo. Il Ministro della Difesa forniva rassicurazioni alla popolazione locale e supporto logistico. Inoltre il Ministro dell'Interno venne preparato ad inserire nei programmi azioni di supporto all'amministrazione locale e alla sicurezza. Un vice ministro e diversi studenti religiosi furono dislocati in tutte e quattro le città per coordinare e supervisionare le iniziative del governo sulla stabilizzazione[121]. Il 26 marzo le forze alleate avevano liberato dieci città nel giro di un mese, tra le quali Qoryoley ed El Buur
Nell'agosto 2014, il governo somalo ha dato il via all'Operazione Oceano Indiano con l'obiettivo di rimuovere dal paese gli ultimi nuclei di resistenza. Il 1º settembre 2014, un drone statunitense, nel contesto di una missione più estesa, uccise il leader di Al-Shabaab Moktar Ali Zubeyr. Le autorità americane indicarono il raid come una delle maggiori perdite per gli Al-Shabaab, da un punto di vista simbolico e operativo e il governo somalo offrì per 45 giorni l'amnistia per tutti i membri moderati del gruppo terroristico. Analisti politici suggerirono che la morte del leader degli Al-Shabaab porterà alla frammentazione e alla eventuale dissoluzione del gruppo.
In data 9 giugno 2015, il Primo ministro della Somalia Omar Abdirashid Ali Sharmarke ha dichiarato che prevede la fine del gruppo terroristico entro il termine dell'anno, aggiungendo però che per affrontare le cause profonde del conflitto, quelle che portano molti giovani ad arruolarsi, servirà molto più tempo.

Il Natale delle chiese Ortodosse

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Per le Chiese ortodosse orientali, che seguono il calendario giuliano, il Natale cade il 6 gennaio e il 7 gennaio per le Chiese ortodosse slave.

La Chiesa ortodossa bizantina o calcedonese è l'erede della cristianità dell'antico Impero romano d'Oriente, chiamato poi Impero bizantino, e in seguito Ottomano, allora suddivisa negli antichi quattro Patriarcati storici di GerusalemmeAntiochia, Alessandria e Costantinopoli, senza il quinto, d'Occidente. Essa ritiene che solo al proprio interno, quindi in via esclusiva, sussista la continuità della Chiesa universale fondata da Gesù Cristo (come lo ritiene da parte sua la Chiesa cattolica romana).
Tale Comunità riconosce un primato d'onore alla sede patriarcale di Costantinopoli (autodefinitasi "ecumenica" in un sinodo tenuto a Costantinopoli nel 587,[7][8] dopo l'autopromozione gerarchica nel Concilio di Calcedonia del 451, nonostante le proteste degli altri Patriarcati), dal momento che la principale sede patriarcale, quella di Roma o d'Occidente, alla quale, in base alla tradizione e ai Concili ecumenici tale primato spettava e spetterebbe, dal 1054 non è più in comunione con le 4 antiche sedi patriarcali e le loro affiliazioni orientali.
Le Chiese ortodosse più conosciute sono la Chiesa ortodossa greca e la Chiesa ortodossa russa, riconosciute dal patriarcato ecumenico di Costantinopoli rispettivamente nel 1850 e nel 988. Di queste la seconda è numericamente maggiore. Nel suo complesso, la Chiesa ortodossa, sia euro-orientale sia medio-orientale, ecc., è per dimensioni la terza maggiore confessione cristiana: contando 250 milioni di fedeli in tutto il mondo, anche se in larga prevalenza nei paesi dell'Europa orientale, ora per opera dei fenomeni di immigrazione anche diffusa in Europa e in tutto l'Occidente.

Le Chiese ortodosse orientali sono quelle che, pur riconoscendo i primi tre concili ecumenici, non accettano il quarto (il Concilio di Calcedonia del 451) e seguenti. Alcune sono sorte in territori appartenenti, fino alle conquiste degli arabi nel VII secolo, all'Impero romano: la Chiesa copta (le cui Chiese figlie in Etiopia e Eritrea sono diventate autonome solo nel XX secolo) e la Chiesa siriaca. La Chiesa Armena è sorta invece fuori dell'Impero.

Lista della Chiese ortodosse orientali

Pur essendo legate ad un singolo popolo o a una determinata lingua liturgica, le Chiese ortodosse orientali sono in comunione tra loro. Esse sono:
ChiesaPopoloLingua liturgicaCristologia
Chiesa ortodossa siriacaArea siro-libanese [5]SiriacoMonofisismo
Chiesa apostolica armenaArmenia [6]ArmenoMiafisismo
Chiesa ortodossa coptaEgittoCoptoMiafisismo
Chiesa ortodossa etiopeEtiopiaGheezMiafisismo
Chiesa ortodossa eritreaEritreaGheezMiafisismo

La Chiesa assira d'Oriente, diffusa in Mesopotamia e Persia, non è in comunione con le Chiese ortodosse orientali. Essa riconosce validi solo i primi due concili ecumenici e professa il Nestorianesimo. Ad essa fa capo una chiesa nestoriana indiana, la Chiesa ortodossa siro-malabarese. Dalla Chiesa assira d'Oriente sono nate due chiese cattoliche: la Chiesa cattolica caldea in Medio Oriente e la Chiesa cattolica siro-malabarese in India.

Il numero dei terroristi stranieri (foreign fighter) che cercano di rovesciare il governo della Siria

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