sabato 6 dicembre 2014

Il muro tra Israele e Palestina





La barriera di separazione israeliana (in ebraicoגדר ההפרדה, o חומת ההפרדה, od anche גדר הביטחון, rispettivamente "barriera di sicurezza""muro di separazione"; in in araboجدار إسرائيلي عازل"barriera di separazione israeliana") è un sistema di barriere fisiche costruito da Israele in Cisgiordania a partire dalla primavera del 2002[1] sotto il nome di chiusura di sicurezza (o security fence in inglese), allo scopo -ora raggiunto- d'impedire fisicamente l'intrusione dei terroristi palestinesi nel territorio nazionale. Questa barriera, il cui tracciato di circa 700 km è controverso ed è stato ridisegnato più volte particolarmente a causa delle pressioni internazionali, consiste per tutta la sua lunghezza in una successione di muri, trincee e porteelettroniche.
Il progetto ha suscitato una grande controversia fra la maggioranza degli israeliani che desiderano semplicemente una protezione supplementare comportata da questa barriera dopo l'avvio della seconda intifada e i detrattori della barriera, da loro soprannominata "muro della vergogna", che denunciano quello che ai loro occhi appare come un "attentato perpetrato ai diritti umani" e vedono il manufatto "solo come un tentativo d'annessione" di parte della Cisgiordania, territorio occupato, a "prescindere dal bisogno di sicurezza" degli israeliani dal terrorismo.
Definizioni
Questa barriera è chiamata muro della vergogna o muro dell'annessione da chi è ostile al progetto. Alcuni di questi parlano anche di muro dell'Apartheid. I palestinesi (fra cui i loro media) si riferiscono spesso a questa barriera usando l'espressione araba jidār al-faṣl al-ʿunṣūrī, che può significare tanto muro di separazione razziale, quanto muro di separazione razzista.
I favorevoli alla barriera usano invece il nome (ufficiale) di chiusura di sicurezza israeliana o la chiamano barriera anti-terrorista o, ancora, muraglia di protezione.
L'ONU e la comunità internazionale utilizzano più frequentemente il termine muro, ma sono usate talora anche altre espressioni: chiusura/muro/barriera di separazione/sicurezza.

Struttura della barriera e sua costruzione


Immagine del Muro
Lunga 730 km, la barriera ingloba la maggior parte delle colonie israeliane e la quasi-totalità dei pozzi d'acqua. Essa si discosta in certi posti a più di 28 chilometri dalla linea verde. Il suo tracciato fu modificato decine di volte nel 2004 e nel 2005, su domanda dei palestinesi, degli Europei e della Corte Suprema di Giustizia israeliana. Le locali comunità cristiane si sono espresse apertamente e hanno manifestato più volte contro la costruzione del muro[2][3][4]. È equipaggiata sulla sua parte più lunga di barriere elettroniche, come la barriera che separa il Messico dagli Stati Uniti d'America. I sostenitori del muro sottolineano il numero di vite salvate e il netto decremento di attentati anti-israeliani dopo la sua costruzione, mentre i suoi detrattori (principalmente palestinesi o appartenenti alla sinistra politica israeliana) sottolineavano i problemi e la mancanza di libertà di movimento che essa comporta, la perdita dell'accesso alle terre coltivate da parte degli agricoltori, l'isolamento di certi villaggi, il sentimento d'imprigionamento, e la paura delle persone coinvolte che essa rappresenti di fatto una futura frontiera di cui rifiutano il tracciato.

Tracciato geografico

A nord di Tulkarem

A nord di Tulkarem, la barriera si estende fino al fiume Giordano, al di sotto della frontiera con la Giordania. Lungo la parte orientale essa segue all'incirca la Linea Verde. All'altezza della colonia di Rehan, la barriera penetra per circa 5 km all'interno della Cisgiordania.

Il muro di separazione di Tulkarem

La cittadina di Tulkarem è isolata dal suo circondario da due barriere. Da un lato la presenza di un muro di separazione (alto 8 metri) e dall'altro una barriera, detta «barriera d'isolamento», che costituisce un'estensione del muro, col risultato di creare un'estensione del muro che genera un isolamento quasi totale della cittadina.

Il muro di separazione di Qalqiliya


Il muro tra Gerusalemme e Betlemme visto dalla parte palestinese

Il muro di separazione di Gerusalemme

All'altezza dell'agglomerato urbano di Gerusalemme, la barriera è costituita da un muro alto 8 metri. Questo muro serpeggia nei quartieri arabi di Gerusalemme e all'altezza del confine fra gli agglomerati di Gerusalemme e di Betlemme. Su tali porzioni il muro è situato fino a 5 km al di là della Linea Verde, all'interno della Cisgiordania. Attraversa in particolare i quartieri di Abū Dis e di Azariyye a sud, fino alla strada che permette di accedere a Betlemme. A nord, il muro costeggia in parte i limiti del comune di Gerusalemme, sulla parte annessa da Israele del territorio cisgiordano.

A sud di Gerusalemme

A sud di Gerusalemme e di Betlemme, la barriera, dapprima al livello del blocco di colonie di Gush Etzion, penetra fino a quasi 10 km in Cisgiordania. Essa si prolunga poi approssimativamente lungo la Linea Verde, ma non si prolunga fino al Mar Morto, fermandosi a circa 20 km da esso.

Conseguenze

Sulla sicurezza degli israeliani

Uno studio statistico[5] fornito dal Ministero degli Affari esteri israeliano, il quale afferma che la costruzione della barriera di separazione ha permesso di ridurre il numero delle infiltrazioni di attentatori palestinesi in territorio israeliano.
Dal nord della Cisgiordania, le statistiche mostrano che:
  • Fra aprile e dicembre 2002, prima della costruzione della barriera, 17 attacchi suicidi sono stati commessi da terroristi infiltrati.
  • Nel 2003, quando la barriera è stata completata, 5 attacchi suicidi sono stati commessi da terroristi infiltrati.
Al contrario, i dati provenienti dal sud della Cisgiordania, dove non sono state adottate queste misure, indicano che:
  • Fra aprile e dicembre 2002, 10 attacchi suicidi sono stati commessi da terroristi infiltrati.
  • Nel 2003 11 attacchi suicidi sono stati commessi da terroristi infiltrati.
Secondo questo rapporto, le conclusioni sono innegabili: la costruzione della barriera di sicurezza permette di ridurre fortemente il numero d'infiltrazioni e di ridurre di conseguenza il numero degli attentati terroristici.
I responsabili palestinesi spiegano queste cifre col cambiamento di strategia dei movimenti palestinesi, negoziato con l'Autorità Nazionale Palestinese per mettere fine agli attentati.
In realtà nel 2003 il muro non era (non lo è tuttora) stato completato. Il periodo da considerare è quello tra il 2002 e il 2008, nel quale la curva degli attentati da parte di palestinesi in Israele e in Cisgiordania ha lo stesso andamento, sia pure con numeri diversi dalle due parti del muro.

Sui palestinesi

Sono stati denunciati effetti estremamente negativi della barriera sulla vita dei palestinesi.
Nel suo ultimo rapporto in proposito, l'ONU indica:
(EN)
« ...it is difficult to overstate the humanitarian impact of the Barrier. The route inside the West Bank severs communities, people's access to services, livelihoods and religious and cultural amenities. In addition, plans for the Barrier's exact route and crossing points through it are often not fully revealed until days before construction commences. This has led to considerable anxiety amongst Palestinians about how their future lives will be impacted...The land between the Barrier and the Green Line constitutes some of the most fertile in the West Bank. It is currently the home for 49,400 West Bank Palestinians living in 38 villages and towns[6] »
(IT)
« È difficile esagerare l'impatto umanitario della Barriera. Il percorso dentro la Cisgiordania separa comunità, l'accesso delle persone ai servizi, mezzi di sostentamento e amenità religiose e culturali. In più, i piani per il percorso esatto della barriera e i punti di attraversamento attraverso di essa spesso non sono completamente rivelati fino a pochi giorni prima che cominci la costruzione. Questo ha portato a considerevole ansia fra i Palestinesi riguardo a come le loro vite future saranno influenzate... Il territorio tra la Barriera e la Linea Verde costituisce parte di quelli più fertili della Cisgiordania. È attualmente la dimora di 49 400 Palestinesi della Cisgiordania che vivono in trentotto villaggi e cittadine »
(The Humanitarian Impact of the West Bank Barrier on Palestinian Communities, rapporto ONU del 2005)
La barriera segue la Linea Verde, ma penetra profondamente all'interno della Cisgiordania per integrare le colonie israeliane.[7] A causa del complesso tragitto seguito, la maggior parte della barriera è situata in Cisgiordania[8], mentre il 20% di essa è posizionata esattamente sulla Linea Verde.[9] Sezioni della barriera sono costruite su terre confiscate a palestinesi.[10][11]. In un rendiconto recente, l'ONU ha precisato che il tracciato più recente della barriera prevede più segmenti costruiti sulla Linea Verde stessa rispetto alle precedenti variazioni di tracciato.[12]
Un esempio frequentemente offerto degli effetti della barriera è la città palestinese di Qalqiliya, un agglomerato di circa 45.000 abitanti, in cui un pannello del muro in cemento, di 8 metri d'altezza, è eretto sulla Linea Verde fra la città e la vicina autostrada trans-israeliana. Il muro in questo punto è descritto da Israele stesso come il "muro-cecchino", a causa della possibilità che da esso si portino attacchi armati contro gli automobilisti israeliani o contro la città israeliana di Kfar Saba.
La barriera penetra in particolare al livello di Qalqilya nelle sezioni settentrionali e meridionali, con un andamento seghettato e scanalato. La città è accessibile da una strada a est, come pure da un tunnel costruito nel settembre 2004 che la collega al villaggio di Habla, anch'esso isolato da un altro muro.
Secondo il Dipartimento Palestinese per gli Affari Negoziali e altre fonti, il 45% delle terre coltivate palestinesi (compresa una parte fra le più fertili)[13][14], e un terzo dei pozzi d'acqua della cittadina, si ritrovano all'esterno della barriera, e i contadini devono ormai chiedere permessi alle autorità israeliane per accedere alle loro terre situate dall'altra parte della barriera. (La Corte Suprema israeliana prende atto delle dichiarazioni del governo che respinge le accuse di annessione di fatto di questi pozzi, affermando: «the construction of the fence does not affect the implementation of the water agreements determined in the (interim) agreement » ("la costruzione della barriera non influenza l'implementazione degli accordi sull'acqua determinati nell'accordo (ad interim)"[15]). Esistono tre punti transito di questa parte di barriera destinati a consentire ai contadini di accedere ai loro terreni, passaggi aperti 3 volte al giorno per un totale di 50 minuti[16], malgrado secondo il Dipartimento Palestinese per gli Affari Negoziali essi siano chiusi frequentemente per lunghi periodi, arrecando la perdita dei raccolti per i contadini. Uno di questi passaggi è chiuso dall'agosto del 2004 dopo un attentato suicida perpetrato presso il luogo di transito.
Recentemente la Corte Suprema israeliana ha ordinato al governo di modificare il tracciato della barriera in questa zona, al fine di facilitare gli spostamenti dei palestinesi fra Qalqilya e i 5 villaggi confinanti. In questo stesso deliberato, la Corte ha rigettato l'argomento affermando che la barriera doveva seguire precisamente la Linea Verde, col pretesto della tipologia del terreno, rispettando le sezioni 43 e 52 della Convenzione dell'Aia del 1907, come pure dell'articolo 53 della IV Convenzione di Ginevra.
All'inizio del 2003, il comando centrale delle forze armate dichiara la zona fra la barriera di separazione e la Linea Verde sulla sezione settentrionale «zona militare interdetta» per un periodo di tempo indefinito. Le nuove direttive indicano che tutti i palestinesi di più di 12 anni che vivono in questa zona interdetta possono ottenere un'attestazione di «residenza permanente» da parte dell'amministrazione civile, che permetterà loro di continuare a vivere nelle proprie case. Gli altri residenti della Cisgiordania dovranno ottenere un permesso speciale per entrare in questa zona[8].
Nel maggio 2004, la costruzione di muri e passaggi obbligati della barriera ha condotto ormai allo sradicamento di 102.320 olivi e piante d'agrumi, demolito 75 acri di serre e 37 km di condotte d'irrigazione. Fino ad oggi la barriera incombe su 15.000 dunum (15 km²) di terre confiscate, a qualche metro soltanto da piccoli villaggi o frazioni. All'inizio del 2003, allo scopo di piazzare una sezione della barriera verso la Linea Verde, un mercato di 63 negozi è stato demolito dall'esercito israeliano nel villaggio di Nazlat Isa (Nazlat ʿĪsā), dopo che i proprietari ebbero ricevuto un preavviso di soli 30 minuti:[17],[18],[19]. Nell'agosto di quello stesso anno, 115 negozi supplementari che costituivano un'importante fonte di reddito per numerose comunità, furono demoliti sul luogo, insieme a 5-7 case[20][21].
Le Nazioni Unite hanno organizzato un registro per ospitarvi i reclami relativi al danneggiamento di proprietà causati dalla barriera di separazione. Kofi Annan, Segretario generale dell'ONU, ha detto: "stiamo organizzando un registro che possa col tempo aiutare a risolvere questi reclami"(... we are establishing that register to be able in time to help those with claims)[22]. Il Governo israeliano ha promesso che gli alberi danneggiati dalla costruzione sarebbero stati reimpiantati[23]. Secondo la United Nations Relief and Works Agency for Palestine Refugees in the Near East (un tempo semplicemente UNRWA), 15 comunità sono state direttamente danneggiate, per un numero di persone ammontante a 138.593 unità, incluse 13.450 famiglie di rifugiati palestinesi per un totale di 67.250 persone.
Nel giugno 2004, il quotidiano statunitense Washington Times[24] ha riferito che le ridotte necessità dell'apparato militare israeliano a Jenin hanno avuto l'immediato effetto di far ricostruire le strade danneggiate e hanno consentito il graduale ritorno a una parvenza di normalità, e infine in una lettera datata 25 ottobre 2004[25], inviata dalla missione israeliana all'ONU e indirizzata a Kofi Annan, il governo d'Israele ha sottolineato che un numero di restrizioni imposte nella parte orientale della barriera erano state eliminate, come risultato conseguito dall'innalzamento della barriera, compresa la riduzione dei checkpoints da 71 a 47 e dei blocchi stradali da 197 a 111. Il giornale israeliano Jerusalem Post riporta che, per alcuni palestinesi che sono cittadini israeliani e che vivono nella città araba israeliana di Umm al-Fahm (di 42.000 abitanti) presso Jenin, la barriera ha "significativamente migliorato le loro vite" perché, da un lato, previene ladri e terroristi dall'entrare nelle loro città e, d'altro lato, ha accresciuto il flusso di clienti dalle altre parti d'Israele che sarebbero normalmente andati verso la Cisgiordania col risultato di un apprezzabile aumento d'affari per loro. La relazione stabilisce che d'altronde l'aspetto negativo è che la barriera ha diviso le famiglie a metà e "ha danneggiato la solidarietà degli Arabi israeliani nei confronti dei palestinesi che vivono dall'altra parte della Linea Verde"[26]
Un rapporto dell'ONU reso pubblico nell'agosto 2005 osserva che con l'esistenza della barriera "il movimento all'interno della parte settentrionale della Cisgiordania è meno restrittivo di quando la barriera non esisteva. Ostacoli fisici sono stati rimossi nei governatorati di Ramallah e Gerusalemme, in cui la barriera è ancora in fase di costruzione". Il rapporto nota che maggior libertà di movimento nelle aree rurali può aiutare l'accesso dei palestinesi agli ospedali e alle scuole ma nota altresì che le restrizioni dei movimenti fra la popolazione dei centri urbani non sono significativamente cambiate[27].

Punti di vista giuridici

Diritto internazionale e diritti umani

Nell'ottobre 2003, alcuni paesi arabi hanno deciso di sottoporre la questione della barriera di separazione all'Assemblea generale delle Nazioni Unite. Essa ha adottato il 21 ottobre 2003 la risoluzione ES-10/13 che condanna la costruzione di una "Barriera" gravante sul «territorio palestinese occupato».[28] Questa decisione non è vincolante ed è stata respinta dallo Stato di Israele. Il ministro israeliano del Commercio e dell'Industria ha dichiarato: «La chiusura di sicurezza continuerà a essere costruita».
L'8 dicembre 2003, l'Assemblea generale delle Nazioni Unite ha approvato la risoluzione ES-10/14 che domandava alla Corte Internazionale di Giustizia di emettere un parere consultivo sulla seguente questione:[29] «Quali sono in via di diritto le conseguenze della costruzione del Muro che Israele, potenza occupante, è in procinto di costruire nel territorio palestinese occupato, al suo interno e intorno a Gerusalemme Est, secondo quanto esposto nel rapporto del Segretario generale, tenendo conto delle regole e dei principi del diritto internazionale, in particolar modo della quarta Convenzione di Ginevra del 1949 e delle risoluzioni consacrate all'argomento da parte del Consiglio di Sicurezza e dell'Assemblea generale?».
Il 9 luglio 2004, la Corte Internazionale di Giustizia dell'Aia ha emesso il suo parere sulla questione che gli era stata sottoposta dall'Assemblea generale dell'ONU. Essa ha affermato nella sua risposta[30] che: « L'edificazione del Muro che Israele, potenza occupante, è in procinto di costruire nel territorio palestinese occupato, ivi compreso l'interno e intorno a Gerusalemme Est, e il regime che gli è associato, sono contrari al diritto internazionale».
Il 20 luglio 2004, l'Assemblea generale dell'ONU ha adottato la risoluzione ES-10/15, dopo aver preso atto del parere consultivo della Corte Internazionale di Giustizia. La risoluzione « esige che Israele, potenza occupante, rispetti i suoi obblighi giuridici come essi sono enunciati nel parere consultivo».[31]

Decisioni della giustizia israeliana

Il 30 giugno 2004, la Corte Suprema d'Israele non ha rimesso in discussione l'esistenza della barriera di separazione ma ha ordinato che il suo tracciato sia modificato là dove edificata in territorio occupato.[32].
Il 15 settembre 2005, la Corte Suprema d'Israele ha giudicato all'unanimità che una parte della barriera di separazione sia illegale riferendosi a quella parte edificata in territorio occupato. Ha chiesto al governo di Ariel Sharon di riesaminare il tracciato prossimo alla colonia di Alfei Menashe.[33]
Il governo israeliano di Ariel Sharon, che ha impegnato risorse considerevoli per realizzare questo progetto (che era stato proposto a suo tempo dal governo laburista di Ehud Barak), ha dichiarato che questa barriera non pregiudicherà in nulla il tracciato frontaliero fra Israele e il costituendo Stato indipendente di Palestina che dovrà essere negoziato dalle parti.

Il muro e l'arte impegnata

  • Nel 2004, la cineasta marocchina Simone Bitton ha realizzato un film-documentario sulla barriera intitolato "Mur"[34].
  • Nel 2006 è stato realizzato il documentario "[The Iron Wall]" (Il Muro di Ferro) [35].
  • Nel giugno 2006, il musicista Roger Waters, in occasione di una sua visita in Israele, dove ha tenuto un concerto a Nevè-Shalom, ha scritto "Tear down the wall" sul muro, una frase contenuta nel doppio CD The Wall dei Pink Floydband di cui Waters fu storico leader fino al 1983[36].
  • Il graffitaro iconoclasta Banksy, a partire dal settembre 2006, ha eseguito sul muro molti disegni e stencil a sfondo provocatorio e di protesta. Inoltre, durante le festività del Natale 2007, una galleria d'arte di Betlemme - città fortemente interessata dalla costruzione del muro - ha esposto le sue opere[37].

L'iniziativa «Scrivi sul muro»

Grazie ad una ONG dei Paesi Bassi di ispirazione cristiana (ICCO), il 9 dicembre 2007 è nata l'iniziativa "Send a message", tramite la quale, attraverso internet, si poteva inviare un proprio messaggio che alcuni incaricati palestinesi avrebbero scritto, con la vernice spray, sul muro, scattando delle foto che venivano poi inviate - come testimonianza - al richiedente. L'iniziativa, nata in sordina, ha attratto subito l'attenzione dei media[38][39], conquistando rapidamente l'interesse generale. Sul website ufficiale era possibile inviare il testo che si voleva trascrivere sul muro. Questa operazione, che aveva il benestare sia dell'ANP che del Governo israeliano, mirava a raccogliere fondi per finanziare attività sociali in Cisgiordania.

Note

  1. ^ FactsOfIsrael.com: CBS correspondent Bob Simon shows clear bias on Israel's security fence
  2. ^ Intervista con il nuovo custode di terra santa, da OFM - Notizie francescane
  3. ^ Appello contro il muro ad Aoud, petizione dell'associazione Comunità Papa Giovanni XXIII, giugno 2005
  4. ^ Non dimenticare la Terra Santa. L'appello ai vescovi del mondo, articolo del portale cattolico korazym
  5. ^ Vedere il documento sul sito http://securityfence.mfa.gov.il
  6. ^ (ENThe Humanitarian Impact of the West Bank Barrier on Palestinian Communities in humanitarianinfo.org,ONU, marzo 2005. URL consultato il 14 ottobre 2014 (archiviato dall'url originale il 23 marzo 2009).
  7. ^ Fonte: Cnn.com
  8. ^ a b Vedere il documento su btselem.org
  9. ^ Vedere il documento su domino.un.org
  10. ^ Fonte: Cnn.com
  11. ^ Fonte: Bbc
  12. ^ Vedere il documento su humanitarianinfo.org (in formato PDF)
  13. ^ Vedere il documento su miftah.org
  14. ^ Vedere il documento su nad-plo.org (in formato PDF)
  15. ^ Israel High Court Ruling Docket H.C.J. 7957/04 International Legality of the Security Fence and Sections near Alfei Menashe September 15, 2005 Section 67d
  16. ^ Vedere il documento su ahram.org.eg
  17. ^ Vedere il documento (su humanitarianinfo.org (in formato PDF
  18. ^ Vedere il documento su nytimes.com
  19. ^ Vedere il documento su unitedjerusalem.org
  20. ^ vedere: miftah.org
  21. ^ vedere palestinemonitor.org
  22. ^ tratto da Cnn.com
  23. ^ fonte: mfa.gov.il
  24. ^ Leggi l'articolo
  25. ^ Il testo completo della lettera
  26. ^ L'articolo sul Jerusalem Post.
  27. ^ Il rapporto di humanitarianinfo.org (in formato PDF)
  28. ^ Risoluzione ES-10/13
  29. ^ Risoluzione ES-10/14
  30. ^ http://www.icj-cij.org/cijwww/cpresscom/cpresscom2004/cpresscom2004-2_resume_mwp_20040709.htm[collegamento interrotto] Il testo della risposta
  31. ^ Risoluzione ES-10/15
  32. ^ Vedere i documenti su imra.org.il prima parte seconda parte terza parte
  33. ^ Vedi la notizia su lemonde.fr
  34. ^ La scheda del fil su filmsduparadoxe.com
  35. ^ Il documentario sottotitolato in Italiano su Youtube [1]
  36. ^ BBC NEWS | Entertainment | Waters writes on West Bank wall
  37. ^ Banksy - Outdoors
  38. ^ Globo Tv (Brasile): Jovens se expressam em muro isolante
  39. ^ Dal Corriere della Sera del 18 aprile 2009: Cisgiordania, il muro innalzato per separare adesso unisce

Voci correlate

Le principali sfide che il mondo dovrà affrontare nel 2015



Eventi previsti

Gennaio

Febbraio

Marzo

Aprile

Maggio

  • 1º maggio: Inizia la manifestazione dell'Expo 2015 nella città di Milano. Si concluderà il successivo 31 ottobre.
  • 12-16 maggio, 60ª edizione dell'Eurovision Song Contest, in Austria
  • 15-17 maggio, 88ª Adunata Nazionale Alpini a L’Aquila.

Giugno

Luglio

Agosto

Settembre

Ottobre

Il 2015 nella fantascienza

Mappa globale della corruzione percepita nel 2014



L'indice di percezione della corruzione (in inglese Corruption Perception Index (CPI)) è un indicatore pubblicato annualmente a partire dal 1995 da Transparency International ordinando i paesi del mondo sulla base del "livello secondo il quale l'esistenza della corruzione è percepita tra pubblici uffici e politici". L'organizzazione definisce la Corruzione come "l'abuso di pubblici uffici per il guadagno privato".
Nel 2003 il sondaggio includeva 133 paesi; nel 2007, 180. Un punteggio più alto significa una minore corruzione (percepita). I risultati mostrano che sette paesi su dieci (e nove su dieci tra i paesi in via di sviluppo) hanno un indice di meno di 5 punti su 10.
Grazie all'utilizzo di strumenti statistici molto sofisticati, il CPI è una stima di grande rilievo per le scienze economiche e sociali.

Mappa fornitori gas e petrolio a italia



Ad oggi la dipendenza dalla Russia nel settore del gas è molto più alta rispetto a un paio di anni fa: la Russia contribuisce al 49% dei consumi totali italiani contro il 31% del 2012, quando l'Algeria era il primo fornitore italiano. Questo perchè Gazprom nel 2013 ha concesso grossi sconti a Eni sul prezzo del gas, cosa che la società algerina Sonatrach ha rifiutato di fare". A livello europeo, invece, dalla Russia viene importato circa un terzo del gas di cui la regione ha bisogno, dal Maghreb il 15 per cento.
Secondo Sartori, Libia (petrolio) e Algeria (gas) sono i due paesi attorno ai quali ruota lo sviluppo energetico di tutto il Nord Africa. "La Libia ha riserve molto simili a quelle della Nigeria, ma produce (a pieno regime, non tenendo conto del conflitto) circa un terzo in meno. L'Algeria, invece, potrebbe rafforzarsi molto nel campo dello sviluppo di risorse non-convenzionali. Secondo stime della Energy Information Administration, l'agenzia statunitense specializzata nelle questioni energetiche, potrebbe diventare la terza potnza mondiale in questo settore".
Gli attori chiave di questa regione sono quindi Libia e Algeria. Anche il Marocco sta cercando di farsi strada nel mondo degli idrocarburi, ma con risultati incerti, mentre l'Egitto, ex esportatore, si è trasformato in un importatore a causa di una domanda interna incontrollabile. Resta aperto il problema dell'affidabilità. "In teoria sia Algeria che Libia, in condizioni normali, si sono dimostrati partner affidabili", conclude Sartori, ricordando come questi paesi abbiano bisogno di vendere risorse per rimanere a galla, e che l'Italia rappresenta per loro il principale, se non l'unico, come nel caso della Libia, mercato di sbocco. "Però ci sono situazioni imponderabili, come la guerra in Libia o la futura tenuta del regime post-Bouteflika che rischiano di mettere a repentaglio (in Libia è effettivamente successo) la sicurezza degli approvvigionamenti verso l'Europa".
Secondo Marco Massoni, Direttore editoriale della RivistaPolitica Africana, "un nuovo approccio strategico verso l'Africa Mediterranea deve farsi strada, tenendo conto dell'accelerazione dei consumi interni delle regioni in cui si estraggono idrocarburi, e anziché spaventare, dovrebbe essere accolto con favore, così da inserirsi in dinamiche virtuose disviluppo economico coordinate da partner integrati". Secondo Massoni bisognerebbe seguire questa linea non solo nel Maghreb, ma anche nel resto dell'Africa, specialmente in quei Paesi dove la crescita, in virtù delle recenti scoperte di petrolio e gas, sembra oggi promettente, come Ghana, Mozambico e Kenya, e dove le politiche pubbliche sono più aperte alla liberalizzazione del mercato.