lunedì 21 luglio 2014

Immagini dalla Terra di Mezzo



Tower Hills, Emyn Beraid, Colli Torrioni, nei pressi dei Porti Grigi

La città di Dale



I colli ferrosi



La tomba di Balin a Moria



Cerin Amroth



Tol Brandir



Osgiliath



La battaglia dei Campi di Pelennor

La tolleranza repressiva del pensiero unico buonista, nuovista e facilone (e di chi c'è dietro)



Quando Marcuse coniò il termine di "tolleranza repressiva", in Eros e civiltà, non credo che avrebbe mai immaginato che la più evidente realizzazione di quel concetto nella politica italiana avrebbe avuto il faccione fintamente rassicurante di Matteo Renzi, l'idolo delle casalinghe, il nipote che tutte le nonne vorrebbero avere, il Grand'Uomo destinato a prendere il posto che, prima di lui, fu di Berlusconi, di Craxi, di Andreotti, di Mussolini, di Giolitti e di Depretis.
Ognuno dei potenti primi ministri citati qui sopra aveva una sua ideologia di fondo, ma qual è l'ideologia di fondo di Renzi? E' il "buonismo" veltroniano di rito obamiano, condito in salsa bergogliana e confindustriale, cioè un qualcosa che finge di essere buono, ma che in realtà, dietro, nasconde gli interessi di ben precisi poteri forti di cui parlerò con chiarezza.



Intanto cosa significa esattamente "buonismo"? Significa ostentare, soprattutto a parole, un atteggiamento di altruismo oltranzista, di paternalismo pietistico e sentimentale, e di  totale favoritismo verso determinate categorie sociali (fatte apparire come integralmente buone e degne di essere amate sopra ogni cosa), volto a creare per se stessi una reputazione di persona buona e impegnata a far del bene.
Il buonismo attuale si accompagna anche alla faciloneria, cioè un ottimismo ingiustificato, esagerato e pernicioso che, basandosi sull'idea che "volere è potere", crede che tutto sia possibile, e che sia raggiungibile "presto e bene". E' un "yes we can" o una formula da hashtag del tipo  #lavoltabuona o #lasvoltabuona che poi si arenano regolarmente in un pantano, in un Vietnam in cui tutto il sistema, avendo perduto le colonne portanti (abbattute perché considerate simbolo della passata oppressione), sprofonda nelle sabbie modibili, portando con sé soprattutto i ceti più deboli, perché per i potenti, specie per queli buonisti, ci sono sempre le scialuppe di salvataggio.
E' altamente diseducativo far credere che le cose siano facili.
Il politico che fa credere che si possa fare tutto presto e bene ha la stessa credibilità di Vanna Marchi.
La storia però viene da lontano e unisce tre tradizioni: quella della sinistra politica (il cui obiettivo è l'eguaglianza assoluta), quella del liberalismo progressista basato sull'idea che il nuovo sia meglio del vecchio e che l'uomo allo stato di natura sia buono e per questo goda di alcuni diritti naturali, e quella del cattolicesimo democratico e pauperista, il cui sogno è che tutti siano poveri.



Perché il buonismo è da considerare una forma di tolleranza repressiva?
La risposta è che il buonismo è tollerante verso determinate categorie ben precise, a cui viene data sempre ragione, mentre è repressivo verso altre categorie particolari che sono considerate colpevoli a priori e quindi diventano i capri espiatori di tutti i mali della società.
Va inoltre aggiunto l'aspetto più cinico: spesso le categorie favorite sono "utili" perché portano voti o si possono impiegare con salari più bassi, facendogli fare i famosi lavori che nessuno vuole fare, cioè di fatto trattandoli come schiavi, senza per questo voler loro meno bene, anzi più sono schiavi e più sono favoriti.
Facciamo subito un esempio per capire chi sono, nel mondo buonista, i "buoni e i cattivi" per definizione.
Gli immigrati, le donne, i minorenni, i gay, i palestinesi, gli ucraini, i lavoratori dipendenti, i sindacati, i centri sociali, i rom, i no global, la sinistra, i giovani, gli inquilini non proprietari di immobili: tutti questi gruppi sono buoni per definizione e possono fare quel che vogliono, escluso il caso in cui una di queste categorie colpisca una delle altre. Se avviene, ci sono alcune categorie ancor più amate: sicuramente gli immigrati stanno al vertice dell'amore buonista, insieme ai rom, alle donne e ai minori, che "hanno sempre ragione e sono sempre buoni e innocenti".
E' allora facile delineare l'identikit del Cattivo secondo i buonisti:
Maschio, italiano, eterosessuale, maggiorenne, ultra 35enne, proprietario di uno o più immobili, non lavoratore dipendente, di destra. Ecco: costui, per i buonisti, è il Nemico da distruggere.
I Lager del Buonismo sono le Custodie Cautelari interminabili per questi presunti colpevoli di qualsiasi cosa, soprattutto se hanno osato dire una parola contro le categorie amate dai Buonisti.
Le SS del Buonismo sono i politici di centro-sinistra (una volta si diceva i "cattocomunisti"), i burocrati, i sindacalisti, i cattolici progressisti, gli intellettuali radical-chic, i giornalisti, gran parte del mondo dello spettacolo, quasi tutti gli insegnanti e infine, come esecutori materiali, una buona parte dei magistrati.



Abiti e costumi dell'Ottocento e del primo Novecento.





























Ritratto di signora














Molly, duchessa di Nona, Frank Cadogan Cowper, 1905, acquerello e biacca su carta, 23 x 33,5 cm, collezione privata .


Il soggetto del dipinto è tratto da “Little Novel of Italy” di Maurice Hewlett (che potete legger qui in inglese:http://www.gutenberg.org/files/20929/20929-h/20929-h.htm#THE_DUCHESS_OF_NONA); Molly Lovel era una bellissima fanciulla adorata da tutti per la sua semplicità e timidezza, per le guance rosse e il suo carattere onesto e gentile. Morirà insieme al marito duca di Nona per mano del loro nemico Cesare Borgia.

Sotto, Vanità, Frank Cadogan Cowper, 1907, olio su tavola, 57,1 x 38,1 cm. Royal Academy of Arts, Londra.


E’ il primo dipinto che l’artista espone alla Royal Accademy; la composizione deriva dai dipinti del rinascimento italiano e la giovane donna ritratta indossa vesti colorate riccamente decorate. Il quadro è la manifestazione della bellezza femminile, suggerita dai preziosi gioielli e dallo specchio che rappresenta la vanità. La fanciulla è posta davanti ad un albero di vite, colmo di uva matura, che richiama l'abbondanza e il piacere; in mezzo alla fronte ha un opale, simbolo di passioni ambigue e sfuggenti. La sua posa contro il parapetto suggerisce romanticismo verso il passato e allude all’amor cortese e cavalleresco

Sotto, Raperonzolo canta dalla torre, Frank Cadogan Cowper, 1908, matita ed acquerello con gomma arabica, lumeggiature con tocchi di biacca, 67,3 x 42 cm, collezione privata.



Cowper illustra la famosissima fiaba dei fratelli Grimm a 31 anni; Raperonzolo (Rapunzel) è una splendida fanciulla rinchiusa da una strega in una torre senza porte né scale, raggiungibile soltanto arrampicandosi con i lunghi capelli dorati della ragazza. L’artista volta le spalle alla modernità e cerca di mantenere un clima preraffaellita quando la maggior parte delle figure di spicco del movimento sono ormai morte. (Solo Holman Hunt sopravvive fino al 1910). Cowper si rivolge allo stile veneziano di Rossetti e utilizza ricchi broccati per creare decorazioni fastose ed opulente. L’acquerello è realizzato un anno dopo a “Vanità” e ha molto in comune: entrambe le donne sono a mezzo busto e avvolte in stoffe elaborate, il cui motivo principale è rosso e oro; la modella è probabilmente la stessa, anche se l’atteggiamento è diverso, altezzoso e distaccato in “Vanità”, sensuale e provocante in “Raperonzolo”, che con i capelli sembra suonare una cetra come in moltissimi dipinti rossettiani.

sotto, Portrait of a Lady, 1460.
Rogier van der Weyden (1399 - 1464), Belgian

Throughout the history of art, many standards of idealization have come and gone. Most people may be familiar with the canon of proportions established by Vitruvius and immortalized by Leonardo da Vinci in his drawing of the Vitruvian Man. While Da Vinci's drawing came about thirty years after this painting, the teachings of Vitruvius had existed for well over a thousand years. Weyden painted in an idealized manner that beautified his models, though his form of idealism deviated from the accepted canon at the time. It is believed that this successful deviation was the main cause of his great popularity.





Margaret (sola con la sua ruota per filare), Frank Cadogan Cowper, 1907, olio su tela, 43 x 33 cm, collezione privata.







domenica 20 luglio 2014

Eleonora d'Aquitania e Rosamund Clifford



La bella Rosamund e la regina Eleonora, Frank Cadogan Cowper, 1920, olio su tela, 127 x 101,6 cm, collezione privata.

F.C. Cowper, l'ultimo dei Preraffaelliti, rappresenta il momento in cui la regina Eleonora d'Aquitania, moglie di Enrico II d'Inghilterra, raggiunge il castello che il marito ha costruito per mettere al sicuro la sua giovanissima amante, con l’intenzione di ucciderla. La loro storia, che affascina la società del XIX secolo tra un misto di fatto storico e leggenda, viene ancora una volta rappresentata da un artista che si può definire l’ultimo dei preraffaelliti. La regina afferra il filo che l’ha condotta dalla rivale attraverso il labirinto e lo tira con violenza come se fosse d’intralcio per eliminare l’ultimo ostacolo che la tiene lontana dalla debole fanciulla.Secondo la leggenda la regina avvelena la sua vittima, ma Cowper decide di rappresentarla mentre stringe un pugnale dal manico d’oro che riflette i riflessi cangianti del suo abito di broccato.



Rosamund Clifford (ante 1150 – 1176 circa) è stata una nobile inglese. Conosciuta anche come Fair Rosamund ("Bionda, bella Rosamund") e Rose of the World ("Rosa del Mondo"), è una figura celebre del folclore inglese, ricordata per la sua bellezza ed il suo rapporto con re Enrico II Plantageneto.

Eleonora d'Aquitania (Bordeaux1122 – Fontevrault1º aprile 1204) fu duchessa d'Aquitania e Guascogna e contessa di Poitiers, dal 1137 alla sua morte, e fu regina consorte di Francia dal 1137 al 1152 e poi regina d'Inghilterra dal 1154 al 1189. Fu anche una mecenate dei trovatori, nella sua fastosa corte aquitana. La sua bellezza era considerata eccezionale, tanto quanto la sua cultura e raffinatezza, ma i rapporti col marito furono pessimi e i continui tradimenti di lui la portarono più volte a cospirare con i figli per deporre il re. Dopo la morte di Enrico, fu reggente per il figlio Riccardo I e cercò di ridurre i danni dell'altro figlio che divenne re, Giovanni Senzaterra.
Qui sotto vediamo un quadro rappresentante Eleonora d'Aquitania a caccia col falcone.


La vita di Rosamund Clifford

Rosamund nacque prima del 1150 dal cavaliere normanno Walter de Clifford (1113-1190) e da Margaret Isobel Tosny. Walter era originariamente conosciuto come Walter FitzRichard, ma il suo nome gradualmente cambiò grazie al luogo di cui fu prima intendente e poi signore il Castello di Clifford situato lungo il Wye. Rosamund aveva due sorelle, Amice e Lucy e tre fratelli, Walter II de Clifford (1160circa-17 gennaio 1221), Richard e Gilbert.
L'incontro di Rosamund con Enrico II d'Inghilterra, all'epoca sposato con Eleonora d'Aquitania, avvenne probabilmente attorno al 1166 quando egli passò presso la sua dimora paterna mentre tornava dal Galles dove aveva combattuto contro Rhys ap Gruffydd. Egli non temette di ospitarla nella residenza reale di Woodstock, mentre la regina da quell'anno tornò nei suoi possedimenti aquitani. Nonostante la sua storia quasi decennale con il re non è noto o certo se abbia avuto figli con lui. Rosamund morì attorno al 1176. La regina Eleonora, invece, le sopravvisse per quasi trent'anni, morendo nel 1204 in tarda età.

Le leggende e la verità riguardo a Rosamund ed Eleonora

Della vita in sé per sé di Rosamund si conosce molto poco, ma di lei si parla molto nei libri che trattano di Eleonora d'Aquitania, la moglie del suo amante. Le leggende fiorite intorno a lei sono innumerevoli, così si racconta che ella fu avvelenata da Eleonora spinta dalla gelosia, anche se questo è certamente falso. Altra storia poco verosimile è che Enrico costruì per lei un casino di caccia presso il palazzo di Woodstock e che l'abbia poi fatto circondare da un labirinto. Le voci che la vogliono uccisa da Eleonora ebbero particolare risonanza durante l'Età elisabettiana tuttavia la Ballata della bella Rosamund di Thomas Deloney e il Lamento di Rosamund di Samuel Daniel del1592 sono pura finzione
Si crede che ella sia entrata nella vita di Enrico attorno al 1166 quando Eleonora, già madre di nove figli, diede alla luce il suo ultimo figlio Giovanni, futuro re, che nacque a Oxford il 24 dicembre presso il Beaumont Palace. Si sa con esattezza il luogo di nascita di Giovanni, ma è solo oggetto di speculazione che la regina abbia scelto di farlo nascere lì e non a Woodstock per non imbattersi in Rosamund. Anche sul luogo di residenza di Rosamund gli storici dibattono incerti se ella aspettasse a Woodstock che il re tornasse dai suoi frequenti viaggi sul continente o se viaggiasse, discretamente, al suo seguito. Se così fosse i due avrebbero passato insieme davvero molto tempo, ma nel primo caso solo un quarto del decennio della loro relazione venne realmente condiviso insieme. Rosamund viene spesso collegata al villaggio di Frampton-on-Severn, nel Gloucestershire, un altro dei possedimenti di suo padre, Walter donò il mulino di Frampton al convento dell'abbazia di Godstow per la pace delle anime di sua figlia e di sua moglie. La zona intorno al villaggio divenne nota come Rosamund's green nel XVII secolo.

La morte e la sepoltura

La sua relazione con il re divenne di pubblico dominio nel 1174 e circa due anni dopo terminò quando Rosamund decise di ritirarsi al monastero di Godstow nell'Oxfordshire poco prima della morte avvenuta nel 1176. 
Presso la Cattedrale di Hereford la sua morte venne ricordata il 6 luglio lo stesso giorno in cui morì Enrico nel 1189. Enrico e i Clifford pagarono per lei la costruzione di una tomba collocata nel coro della chiesa di Godstow e fecero una donazione al convento perché le suore si prendessero cura della sua tomba. Il suo luogo di sepoltura divenne noto fin dal 1191, lo stesso Ugo di Lincoln Vescovo di Lincoln nell'occasione di una sua visita a Godstow osservò che era posta proprio in fronte all'altar maggiore. Essa era carica di fiori e candele a dimostrazione del fatto che i locali pregavano ancora per lei. Il Vescovo, e non c'è da sorprendersi, disse che Rosamund era stata una prostituta e ordinò che i suoi resti venissero spostati dalla chiesa, venne così dissepolta e seppellita presso il cimitero della Sala capitolare delle suore. La sua nuova tomba fu visitabile fino alla dissoluzione dei monasteri voluta da Enrico VIII d'Inghilterra. Paul Hentzner (29 gennaio 1558-1º gennaio 1623), un avvocato tedesco che viaggiò in Inghilterra, ne visitò la tomba attorno al 1599 annotò che era ancora possibile leggere qualcosa della sua iscrizione tombale:... Adorent, Utque tibi detur requies Rosamunda precamur. (lasciate che la veneriamo..e preghiamo che il riposo ti sia donato, Rosamund), seguita da un epitaffio in rima: Hic jacet in tumba Rosamundi non Rosamunda, Non redolet sed olet, quae redolere solet. (qui giace nella tomba la rosa del mondo, non una rosa pura, essa era usa avere un odore dolce e ancora odora, ma non dolcemente).

Nelle arti


  • Rosamund è oggetto del poema di Samuel Daniel del 1592 Il lamento di Rosamund
  • Viene menzionata nel romanzo del 1989 The Falcon and the Flower di Virginia Henley
  • La storia di Rosamund ed Enrico viene narrata nel romanzo di Sharon Kay Penman Time and Chance
  • La relazione di Enrico e Rosamund è anche parte del romanzo giallo di Robin Paige Death at Blenheim Palace del 2006
  • Rosamund è uno dei personaggi del romanzo The Book of Eleanor, A Novel of Eleanor of Aquitaine di Pamela Kaufman
  • Rosmonda d'Inghilterra, opera lirica del 1829 ispirata alle vicende di Rosamund Clifford, musicata da Carlo Coccia su libretto di Felice Romani
  • Rosmonda d'Inghilterra, opera lirica del 1834 ispirata alle vicende di Rosamund Clifford, musicata da Gaetano Donizetti su libretto di Felice Romani
  • Rosamund è un personaggio nel romanzo The Courts of Love: The Story of Eleanor of Aquitaine di Eleanor Hibbert
  • Rosamund è un personaggio nel romanzo The Captive Queen: A Novel of Eleanor of Aquitaine di Alison Weir



Gothian. Capitolo 36. Il sogno di Marvin.



Marvin Eclionner Vorkidian stava sognando qualcosa che non aveva mai visto in vita sua.
Si trovava in una reggia a forma di piramide, in cima ad una acropoli.
 Vide un giovane principe, dai lineamenti Eclionner, che gli somigliava.

 

Parlava con una ragazza, anch'ella dai lineamenti Eclionner, una Principessa del Sangue Imperiale, figlia di un erede al trono. 
Marvin ascoltava il loro dialogo.
Stavano discutendo. Il principe era deluso:
«Perché non fuggi via con me? Se davvero mi ami come dici, Ellis, rinuncia a quel matrimonio da farsa con nostro cugino Elner, e seguimi!»
<<Seguirti dove?>>
<<A nord>>
<<Sì, ma a nord, dove?>>
<<Lontano...>>
La ragazza lo fissava con occhi pieni di tristezza:
«Tu sei un sognatore, Masrek, ma non hai il senso della realtà. Noi non siamo gente comune, non possiamo illuderci di sfuggire ai nostri doveri, di far perdere le nostre tracce... ci inseguirebbero, ci pedinerebbero, ci verrebbero a cercare anche all'Inferno!»


Il principe scuoteva il capo.
«La Dinastia ha altri eredi... nostro cugino, per esempio... quello che tu vuoi sposare per nascondere al mondo il fatto che aspetti un figlio da me! E per consolidare il tuo potere!»
Lei apparve prima addolorata e poi infuriata per quell'insinuazione e gli diede uno schiaffo.
«Non dirlo!» gridò afferrandogli le spalle: «Non pensarlo nemmeno! Cosa potremmo offrire a nostro figlio, se dovessimo vivere fuggendo come criminali? Tu non sai niente, Masrek! Non sai niente della vita reale, delle difficoltà della gente comune! Noi non siamo gente comune! Siamo gli Eclionner, i discendenti di un dio! Non possiamo fare quello che vogliamo. Abbiamo dei doveri. Ti prego, ascoltami. Accetta questo compromesso, Masrek... ci ameremo in segreto, nessuno ci scoprirà... regneremo insieme da fratello e sorella... invecchieremo insieme »



«Preferisco vivere fuggendo, che rimanere qui a nascondermi nella menzogna! Io non sono capace di recitare, io non sono come te!»
Questa volta, invece della rabbia, la donna si mostrò amareggiata:
«Tu sei migliore di me, lo so, lo hanno sempre detto tutti... e allora dimostra di essere forte, e prometti che non mi abbandonerai! Promettilo, Masrek!»
Ripeté più volte quell'implorazione.
Nel sogno di Marvin quelle parole rimbombarono più volte:
Prometti, Masrek! Prometti!
Ma il giovane non promise. Si scostò dalla fanciulla, sdegnato.
«Ne ho abbastanza delle tue trame, Ellis! Raggiungerò nostro padre ad Elenna sul Dhain. E lo metterò in guardia dalle tue ambizioni, e da quelle dei tuoi alleati, specialmente Fujivarian e sua figlia Susan, nostra zia, la tua futura suocera!»
La fanciulla versò le sue ultime lacrime d'amore:
«Se adesso te ne vai, io non so più chi sei: per me sarai morto per sempre, Masrek! Perdonami, ma io non ti perdonerò!»
La scena svanì.
Poi apparve all'improvviso una seconda scena.
C'era una città in mezzo a un fiume.  E tutto attorno si stava combattendo.


In mezzo alla battaglia c'era un possente condottiero di stirpe Eclionner, sui quarant'anni, che portava il diadema dell'erede al trono, e i suoi capelli erano già grigi, e i lineamenti scavati.
 Gridava alle truppe: «Seguitemi! Elenna sul Dhain cadrà entro stasera, e tutti ricorderanno i nostri nomi! Un giorno racconterete che eravate insieme a Sephir Eclionner, Principe della Corona, il giorno della battaglia di Elenna sul Dhain!»



«Sei arrivato troppo tardi, Sephir Eclionner!» gridò una voce «E' destino che tu non debba tornare mai più a Lathena! Hai infranto il Patto, ed io sono qui per punire te, e distruggere il tuo esercito!»
 Il condottiero riconobbe chi aveva parlato e capì che per lui era finita:
«Fenrik di Gothian! Maledetto traditore! Giuro che la pagherai!»











Poi tutto scomparve.
Nella terza scena c’era un Imperatore molto vecchio, dalla lunga barba bluastra. Il suo volto era crudele, e la sua voce era rauca e sibilante. Le sue unghie erano lunghissime e affilate.
Marvin lo riconobbe: era Wechtigar XVI Barbablù, il nonno di Ellis, quello che si faceva mandare ogni notte una vergine, e la mattina dopo faceva portare via quello che ne restava.


 L'Imperatore stava parlando al suo primo ministro:Fa’ in modo che Sephir non torni mai più. La sua disfatta ad Elenna sul Dhain ha gettato il disonore sulla mia stirpe! Da oggi non è più mio figlio: io lo rinnego! Fa’ che resti principe di quattro palafitte su terra fangosa. Ed ordina a mio nipote Masrek di rientrare immediatamente: ora è lui l'erede!”.
 L’altro annuiva e chiedeva: “E riguardo a Wensy? Lei sospetta che Sephir sia sopravvissuto... potrebbe rivelarlo... non rinuncerà facilmente a suo marito...”.
Il vecchio sovrano scrollò le spalle: “Wensy è figlia tua, Fujivarian, e dovrai occupartene tu!”.
Poi apparve una quarta scena.
C'era il Trono Imperiale, immerso in un’ombra scura.
E una donna bionda, seduta sul trono. 


La dama guardava per terra e diceva tra sé: 
 «Tornerò ad essere tua moglie, Arexatan! Sarò la nuova imperatrice e fonderò una nuova Dinastia! E tu, tu sei mio!»
Marvin aveva riconosciuto la Dama Gialla, e voleva smascherarla, dire che aveva sposato il Conte di Gothian, e si faceva chiamare Marigold, ma tutto svanì in un lampo.
Infine apparve una quinta scena.
C'era il suo amico druido Gwydion, ma era molto vecchio e sfogliava un libro, intitolato "Il Profeta dei Keltar"



Parlava con un giovane apprendista, che gli chiedeva: “Hai davvero conosciuto il grande Marvin Vorkidian?
Oh, sì! Tanti anni fa! Era il principe che ci fu promesso, e la sua stirpe era quella della Luce e delle Tenebre
Marvin aveva udito, ma nessuno pareva vederlo.
Incominciò a gridare: “Gwydion! Sono io… sono ancora vivo...Gwydion, rispondimi!
L’immagine del druido tornò a ringiovanire e gli impose una benedizione.



Marvin si svegliò.
Il cuore gli batteva forte, e la fronte era imperlata di sudore.
Di fianco a lui c'era veramente Gwydion, che gli impartiva una benedizione.
 «Ho fatto un sogno assurdo…» gli sussurrò «...ho visto mio padre con Ellis, mio nonno Sephir, suo padre Wechtigar XVI, e il senatore Fujivarian, ho visto le loro malefatte… ho visto Marigold di Gothian, mi aveva scambiato per Arexatan Eclionner... e poi c’eri tu, ma eri vecchio. E parlavi di me. Mi chiamavi "il Profeta dei Keltar"... »
Gwydion annuì gravemente
«Tu sei il Profeta che ci fu promesso, e la tua stirpe è quella della Luce e delle Tenebre»
Marvin riconobbe la stessa frase del sogno:
«Hai detto quasi le stesse parole nel sogno, ma parlavi al passato, come se io fossi morto da tempo..»
Il druido gli pose una mano sulla spalla:
«Non morirai, ma ti trasformerai. Per metà tu discendi da una stirpe di demoni. Eclion è il più   potente e malvagio. Gli Eclionner hanno commesso atrocità indicibili. Dovrai imparare a ad accettare queste memorie ancestrali, e a tenerle a bada. Ma tu sei anche un Vorkidian, e questo ti salverà! Vorkidex discendeva da Belenos, il Luminoso, un angelo potente e buono, venerato come dio del sole. Ora non puoi capire tutto. Sarà l’Arcidruido di Floriana a iniziarti agli Arcani Supremi»


Marvin annuì: «Spero che possa guarirmi dall'angoscia che sento nel cuore»
Gwydion lo fissò con serietà:
«Quell'angoscia nasce dal conflitto interiore tra le due stirpi da cui discendi. E questo nessuno lo può cancellare, nemmeno noi druidi. Non possiamo cambiarti, ma possiamo aiutarti ad accettare te stesso. Non possiamo guarirti, ma possiamo aiutarti a vivere meglio. Non possiamo rendere immortale il tuo corpo, ma renderemo immortale il tuo nome!»