venerdì 6 dicembre 2013

Formal dress code: le regole per gli abiti da sera formali.



Domani tratterò più nel dettaglio le casistiche che sono descritte nell'immagine qui sopra per i vari tipi di abbigliamento maschile richiesto per gli eventi formali serali.
Qui sotto troviamo l'elenco del dress code per tutti i tipi di eventi, compresi quelli semi-formali, quelli informali (after five e business formal), gli aperitivi e le serate casual.

Victoria and Albert, ovvero la favola de "La Coniglia e lo Stallone"



Che lei non fosse bella, si era capito anche dai ritratti della giovinezza, ma solo quando furono scattate le prime fotografie si poté capire senz'ombra di dubbio che se non fosse stata la regina, difficilmente si sarebbe trovata un marito degno di questo nome.
Stiamo parlando naturalmente di Victoria Alexandrina di Hannover, per grazia di Dio Regina di Gran Bretagna e Irlanda, Imperatrice delle Indie, sovrana dei dominions del Canada, Sudafrica e Australia, più altri tremila titoli.
Noi preferiremmo immaginarceli così, come nel film "Young Victoria":



Ma purtroppo la Storia deve fare i conti con una cosa molto brutta, e cioè la Realtà.
E la realtà era questa:



Ora, possiamo anche dare la colpa alla non ottima qualità fotografica, o al fatto che all'epoca non si fosse ancora capito che quando si scatta una foto di deve dire "cheese" o comunque cercare di evitare l'espressione ebete e l'occhio bovino, ma anche con i migliori artifici del mondo, forse persino anche con Photoshop, rimaneva il fatto che Vittoria fosse un orrore.
Ebbene con questo orrore, il buon Alberto fu costretto ad andare a letto tutte le sante notti per ventiquattro anni.
E non si trattava solo di dormirci assieme. 
Qualcuno potrebbe obiettare dicendo che quel che facevano a letto era affare loro.
Giustissimo, ma il problema è che furono proprio loro, cioè una coppia di atleti del sesso, che fecero calare sull'Europa una cortina di oscurantismo perbenista e puritano, criminalizzando la sessualità per un secolo intero. Quindi, mi dispiace per loro, ma se la sono cercata.
A informarci delle doti amatorie di Alberto è Vittoria stessa, in una lettera completamente priva di pudore scritta nientemeno che al primo ministro Lord Melbourne (e possiamo solo immaginarci che faccia abbia fatto leggendo le seguenti righe, dove anche il carattere maiuscolo è quello scelto da Vittoria) dopo la prima notte di nozze:
<<Io non ho MAI, MAI passato una simile serata! E' stata un'esperienza gratificante e travolgente. Il mio CARISSIMO, CARISSIMO, CARO Albert e il suo amore mi donarono amore e felicità celesti, che prima non avrei mai potuto sperare di provare. Mi strinse tra le sue braccia e poi...>> qui ci interrompiamo perché una sorta di pudore vittoriano ci impedisce di proseguire, per cui mettiamo solo la conclusione del brano: <<...e poi ancora e ancora e ancora>>.



Possiamo anche capire che la diciannovenne Vittoria, dopo anni di desiderio represso, fosse rimasta travolta dalla libido, ma il tono esaltato della lettera a Lord Melbourne aveva una ragione ben precisa e va letta in questi termini:
"Voi, Lord Melbourne, sarete anche un uomo affascinante, ma il mio Albert è un vero e proprio stallone, per cui mi dispiace, ma avete perso la partita. Fatevi da parte, perché adesso comanda lui".
I difensori di Vittoria potrebbero dire che il suo piacere era lecito, in quanto volto alla procreazione, e invece no: è sempre la stessa regina a scrivere (era una grafomane, oltre che una ninfomane) al solito zio Leopold:
<<Non vi è alcuna fretta di provvederci così presto di un nuovo principe di Galles. Desideriamo infatti almeno un anno di felice godimento>>
Fortunatamente per Albert, l'ingenua Victoria non si intendeva ancora di tecniche contraccettive, per cui nel giro di tre settimane era già incinta.
E ciò che pensasse delle gravidanze non era un segreto. Eccola confidarsi con il solito Melbourne, al quale era toccato l'ingrato ruolo di reggimoccolo della coppia reale:
<<Non ne posso più delle infinite precauzioni che mi sono imposte. Come se non bastasse la paura della fine della povera cugina Charlotte [n.d.r. era la figlia di Giorgio IV e sarebbe diventata regina se non fosse morta dopo aver dato alla luce un neonato anch'esso morto]. Per non parlare della crescita inarrestabile del mio peso e della rinuncia alla danza e alle cavalcate>>
Vogliamo essere buoni e interpretare la "rinuncia alle cavalcate" in senso letterale e non metaforico.
Il parto avvenne con tre settimane d'anticipo.
Il 21 novembre 1840 nacque una bambina, che con "infinita" fantasia venne chiamata Victoria e soprannominata Vicky, anche se gli intimi la chiamavano spudoratamente Pussy.



Va detto che Albert, con le figlie fu un padre molto amorevole, tanto che la moglie era gelosissima delle attenzioni che lui riservava a loro. Per quanto la riguardava, invece, ecco il suo pensiero (questa volta destinato allo zio Leopold):
<<I neonati sono spaventosi, soprattutto quando sono svestiti. Quel poco di bellezza che posso ritrovare nella piccola è nella somiglianza al suo carissimo padre. Ma l'idea di doverla allattare è per me semplicemente ripugnante>>.
Viva la sincerità e viva l'affetto materno. L'unica cosa che si evince indubitabilmente sia dagli scritti che dai ritratti era l'attrazione ancora fortissima nei confronti del marito.
E la prova che i due avessero ripreso a darci dentro sta nel fatto che dopo tre mesi era di nuovo incinta.
<<Sono letteralmente furiosa>> scriveva nel diario <<di essere incinta di nuovo e così presto!>>
Meno di un anno dopo, ecco ripetersi il lieto evento:
Il 9 novembre 1841 nacque il suo primo maschio, cui fu dato il nome Albert Edward, per onorare il padre (lo Stallone) e il nonno materno (il defunto Duca di Kent, padre della Coniglia).
Il neonato fu soprannominato "Bertie" e delle sue imprese ho ampiamente parlato nei post precedenti.



Nel luglio 1843 fu il turno della principessa Alice, seguita, il 6 agosto 1844 dal principe Alfred.
A questo punto la regale "coniglia" dovette capire che c'era qualche sistema per evitare di dover partorire ogni anno, per cui si ebbe una pausa "fortunata" di due anni e nel 1846 arrivò Helena.
Di figli ne arriveranno altri quattro: l'ultima, Beatrice, nascerà nel 1857.
Al che il suo medico, sir James Reid, osò avvertire Sua Maestà che "altre gravidanze sarebbero troppo pericolose".
La reazione fu immediata e pubblica: <<Oh, sir James! Dunque non avrò più piacere a letto?>>
A quel punto immaginiamo che le sue conoscenze di contraccezione furono ampiamente completate.



La saggezza degli antichi ci dice che non si dovrebbe mai confessare a nessuno la propria felicità, perché ciò produce l'invidia degli Dei (oltre che ovviamente quella degli uomini).
Fu un errore dunque quando Vittoria, alla governante che si era scusata per aver usato l'espressione "felice come una regina", dichiarò: <<Non c'è bisogno che vi correggiate, lady Lyttleton. La regina è veramente una donna felice>>
Detto fatto: la nemesi divina colpisce implacabile.
Il 14 dicembre 1861, Albert muore a soli 42 anni per una febbre tifoidea.
Inizia così per Victoria una vedovanza destinata a durare quarant'anni, nella quale, come vedremo prossimamente, la regina dovette cercarsi, sia pure con il massimo rispetto per la memoria del defunto e per la sua immagine di donna casta, un nuovo stallone.

Made in Heaven: Mandela and Diana



Ci piace pensare che i due amici si siano reincontrati, in un mondo migliore.

giovedì 5 dicembre 2013

Mandela e gli smeraldi di Elisabetta



Sul proprio sito Facebook la British Royal Family partecipa al lutto per la scomparsa dell'ex presidente sudafricano con una foto commemorativa piuttosto sfarzosa. 
Mandela è stato giustamente e doverosamente insignito delle massime onoreficenze del Regno Unito.
Non possiamo far a meno di commentare che, una volta tanto, Elisabetta aveva azzeccato l'outfit. Il gioco di perle, diamanti e smeraldi è veramente straordinario.
 Certo fa effetto vedere insieme due persone che sono partite dagli estremi opposti, anche politicamente, e che in vecchiaia si sono trovate a convergere, una volta tanto nella giusta direzione.

Young Victoria: vizi privati e pubbliche virtù.



"Una donna perbene, sia essa una lady o una contadina, non prova alcun piacere nel compiere il suo dovere coniugale". Questa era una delle frasi stereotipate che andavano di moda durante l'età vittoriana. Nessuno poteva immaginare che la regina, pur dietro la maschera solenne che si era imposta prima per far contento il bigotto marito Albert e poi per manifestare al mondo intero il suo dolore di vedova, la pensasse all'opposto.
I suoi diari e la sua corrispondenza hanno svelato il clamoroso equivoco: Vittoria era una donna dai fortissimi appetiti sessuali, il cui unico inconveniente erano le gravidanze, che la regina detestava, così come detestava i suoi figli e i bambini in generale.
Sì, perché se si va a vedere la biografia reale di Victoria Alexandrina di Hannover (1819-1901), ci si rende conto che la sua vita ebbe ben poco di "vittoriano".
L'infanzia e l'adolescenza, a Kensington Palace, erano state scandite dai pessimi esempi della madre omonima, la duchessa Victoria di Kent, che conviveva more uxorio con l'ambizioso e rude maggiordomo John Conroy, che secondo molti era il padre naturale della futura regina.



Quando Vittoria colse la madre e il maggiordomo in flagrante delicto rimase sconvolta non tanto per l'atto in sé, quanto per le ombre che quella relazione gettava sulla legittimità della sua nascita e quindi del suo diritto di successione.
Ma emerge anche una certa invidia per il libertinaggio della madre, dovuta ad una sessualità repressa per diciotto anni, e sopratutto un senso di esasperazione per essere controllata costantemente e di non poter decidere autonomamente della propria vita.
Madre e figlia erano rivali su tutto e non era un mistero che, se lo zio re Guglielmo IV fosse morto prima del diciottesimo compleanno di Vittoria, la madre sarebbe divenuta reggente ed il maggiordomo Convoy si sarebbe impadronito del potere.
Guglielmo IV di Hannover, re di Gran Bretagna e Irlanda dal 1830 al 1837 era, a detta dei suoi stessi amici: "per un quarto un brigante e per tre quarti un buffone".

File:William IV.jpg

In effetti il vecchio sovrano aveva un carattere infernale, come tutti gli Hannover del resto, ed aveva preso dal padre una vena di follia e dal fratello un ego smisurato, senza però avere il carisma dei suoi predecessori. Erano tristemente, ma anche comicamente, noti i discorsi con cui tediava i suoi ospiti a St. James Palace, al termine della cena, quando era già completamente ubriaco.
Negli ultimi anni il tema principale, anzi l'unico, dove le sue orazioni alcoliche andavano a parare era sempre lo stesso: l'indegnità del comportamento della cognata Victoria di Kent, che certamente si meritava tutte le critiche del re, ma che aveva la stupidità di volergli tener testa in quelle sceneggiate che lasciavano la corte senza parole.
Uno spettacolo da osteria di fronte al quale la giovane Vittoria sviluppava sentimenti di puro e giustificato disprezzo nei confronti sia della madre che dello zio, con la differenza però che nei confronti della madre nutriva solo odio, mentre allo zio re riservava una misericordiosa compassione, non fosse altro per il fatto che il vecchio, dopo aver perduto le sue figlie legittime, aveva sviluppato, a suo modo, una certa simpatia per quella nipote su cui tutte le speranze e tutti i timori del Regno Unito si stavano concentrando.
Politicamente la giovane Vittoria era liberale, più che altro perché i conservatori puntavano tutto sullo zio Ernesto Augusto di Hannover, duca di Cumberland, fratello minore del re e del defunto duca di Kent.

File:Ernest Augustus I of Hanover.PNG

Il Duca di Cumberland era potentissimo e tra le altre cose era diventato anche Gran Maestro della Massoneria britannica.
L'unico ostacolo che si frapponeva tra lui e il trono era la nipote Vittoria e si pensa che gli attentati che ella poi subì nei primi anni di regno fossero stati commissionati dallo zio, che era stato relegato nell'Hannover, a rodersi il fegato per le frustrate ambizioni.
In questa precaria situazione, la giovane Vittoria aveva solo tre punti di riferimento sicuri: la propria governante, baronessa Louise Lehzen; lo zio materno Leopoldo, re del Belgio e il primo ministro liberale Lord Melbourne, del quale la ragazza si era infatuata.

File:Princess Victoria and Dash by George Hayter.jpg

Il problema era che queste tre persone la pensavano diversamente su tutto e questo disorientava ancor di più la ragazza, che non sapeva a chi dovesse dare ascolto.
Nell'incertezza, Vittoria dava ascolto ai propri desideri.
E i propri desideri erano di compiacere l'amato Lord Melbourne, il quale si preparava a diventare, di fatto se non diritto, il vero reggente.



Alle ambizioni di Lord Melbourne si opponeva Leopoldo del Belgio, zio materno di Vittoria, che per mantenere salda l'influenza sulla nipote mandò a Londra il cugino della ragazza, Alberto di Sassonia-Coburgo-Gotha.



Quando Vittoria lo vide, fu travolta immediatamente dal desiderio e subito scrisse allo zio: "Albert, poi è così bello!" e manifestò la sua disponibilità a sposarlo il più presto possibile una volta compiuti i 18 anni.
Albert, che non era minimamente innamorato, ma era mosso da una smisurata ambizione, credeva di aver già conquistato la sua facile preda e se ne tornò a Coburgo, nel suo microscopico staterello tedesco, ad attendere le lettere della cugina.
Non aveva fatto i conti con la volubilità del carattere di lei. Come a dire "lontano dagli occhi, lontano dal cuore", tanto che per un anno intero lei non gli scrisse neanche una riga, eccettuato un freddo biglietto di auguri di Natale.
Era di nuovo innamorata di Lord Melbourne ed era elettrizzata all'idea che presto sarebbe salita al trono e avrebbe governato insieme al primo ministro.
Finalmente arrivò il tanto sospirato diciottesimo compleanno, il 24 maggio 1837, giusto poche settimane prima della morte del re Guglielmo IV, il 20 giugno.
Svegliata nella notte, accettò gli omaggi regali e il baciamano di Lord Melbourne, si fece chiamare subito "Vostra Maestà" e come primo atto da regina fece cacciare dalla sua vista la madre e il maggiordomo Conroy.

File:Victoriatothrone.jpg

Così, in una camera da letto, con una adolescente in sottoveste, piena di desiderio e di ambizione, e un primo ministro scaltro e opportunista, iniziava in maniera tutt'altro che austera quella che poi sarebbe diventata la severissima età vittoriana.

Moda uomo: look da "aperitivo semi-formale" - Cocktail attire - Semi formal evenig



Per le uscite serali è sempre richiesto un look più ricercato ed elegante rispetto a ciò che si indossa di giorno. Poi naturalmente tutto dipende dalla specifica occasione.
 Negli ultimi anni il concetto di aperitivo ha perso l'aspetto ultra-formale del cocktail party classico, la serata elegante che si svolgeva nelle ville o nei palazzi per le grandi occasioni in cui era richiesto lo smoking. Se ne fanno ancora e se ne faranno sempre, ma oggi l'aperitivo è diventato un rito di massa, che si svolge nei bar, nei pub, nei ristoranti, nei locali, per strada, dalle 17 del pomeriggio in avanti, fino a notte. E' l'inizio della cosiddetta "movida" lungo le strade del centro e vi partecipano persone di tutte le età, anche se in prevalenza si tratta di giovani, addirittura di adolescenti.
L'aperitivo così inteso diventa qualcosa di molto informale e l'abbigliamento dipende sia dal tipo di posti frequentati e soprattutto dal tipo di compagnie.


A metà strada tra il cocktail party classico e l'aperitivo informale di massa, si può collocare  il cocktail attire o light dinner, che potremmo ribattezzare come "aperitivo semi-formale" per distinguerlo da quello di massa.
Un aperitivo formale si distingue per il fatto che si svolge in un luogo e con una compagnia che richiedono una maggiore eleganza rispetto ad un normale aperitivo, senza però imporre l'abito da sera del cocktail party.
In particolare, nel caso della moda maschile, il look da uomo per l'aperitivo semi-formale (semi-formal evening) richiede l'osservanza di alcune regole. 

1) Si indossano: giacca, camicia, cravatta, pantaloni eleganti e scarpe lucide, in una combinazione varia, che permette di ottenere degli outfit molto diversificati.










2) Non è necessario che l'abito sia scuro.



 3) L'abito può anche essere spezzato.








4) Nel contesto semi-formale è preferibile una cravatta normale al papillon.



5) Si possono scegliere anche dei colori accesi, essendo un contesto non pienamente formale.

6) E' molto importante la scelta degli accessori, per esempio l'orologio, la cravatta, la pochette da taschino, la decorazione all'occhiello della giacca, la cintura dei pantaloni, tutte cose che nell'abbigliamento lavorativo o in quello formale non devono essere appariscenti, mentre in un contesto semi-formale c'è più libertà.










7) Molto dipende dalla stagione. D'inverno è richiesta un'eleganza maggiore.



8) D'estate si preferiscono i colori chiari.





9) Sono ammessi i cappelli, specie d'estate.





10) E' ammesso un look originale o ricercato, purché nel rispetto delle precedenti regole.











Re Giorgio V : un ruvido nostromo su una nave che affonda.

Risultati immagini per king george V

Un tratto tipico della dinastia dei Windsor (anche quando si chiamavano Sassonia-Coburgo-Gotha o Hannover) è la netta opposizione, a volte persino violenta, tra i padri e i figli.
Giorgio V rispettò questa regola sia come figlio che come padre.
Come figlio si rivelò l'opposto di ciò che era sua padre Edoardo VII, il famoso "Bertie" di cui ho parlato nei post precedenti.
Quanto "Bertie" era cortese e gaudente, tanto George era ruvido, irascibile, severissimo e austero.
Allo stesso modo i suoi figli (qui sopra vediamo Edoardo VIII di fianco alla bisnonna Vittoria) erano tutti, seppure sotto diversi aspetti, fragili e problematici.
Del resto basta guardare le foto e la stazza dei vari personaggi in questione per capire il loro carattere.
Giorgio tra l'altro non era destinato al trono, avendo un fratello maggiore, il principe Albert Victor, detto Eddy, il Duca di Clarence, di cui ho parlato nei giorni precedenti.
Ma partiamo dall'inizio.

File:King George V of the United Kingdom as a boy, 1870.jpg

George Frederick Ernest Albert Windsor (Londra4 giugno 1865 – Sandringham20 gennaio 1936), nacque a Marlborough HouseLondra, dal Principe di Galles (poi re Edoardo VII, primo figlio maschio della regina Vittoria e del principe Alberto di Sassonia-Coburgo-Gotha) e dalla principessa del Galles, Alessandra di Danimarca, figlia di re Cristiano IX di Danimarca. In quanto figlio del principe di Galles, Giorgio venne insignito del titolo di Sua Altezza Reale Principe Giorgio del Galles alla nascita. Venne battezzatonella cappella privata al castello di Windsor il 7 luglio 1865 dall'allora arcivescovo di Canterbury Charles Longley
Come figlio minore dell'erede al trono non vi erano aspettative per Giorgio di ascendere un giorno al trono per cui fu destinato alla carriera militare in Marina.



La vita sulle navi, a zonzo per i Sette Mari, gli si addiceva perfettamente. Sembrava nato per questo. Ed i suoi modi non erano nemmeno quelli di un ufficiale di riguardo appartenente alla famiglia reale dell'Impero Britannico, che dominava gli oceani, quanto piuttosto quelli di un rude marinaio, un lupo di mare, un "ruvido nostromo", come lo ha efficacemente definito Antonio Caprarica ne "Il romanzo dei Windsor".
E avrebbe continuato a navigare e ad urlare come un ossesso all'equipaggio se un evento imprevisto non lo avesse catapultato in un ruolo per il quale era completamente impreparato e per nulla portato di natura: il Re.
Nel dicembre 1891 sia lui che il suo fratello maggiore caddero malati, ma mentre il primogenito aveva una banale influenza, George aveva preso una febbre tifoidea.
Tutti davano per scontata la guarigione del primogenito e la morte dell'inutile secondogenito marinaio, ma a volte la storia si diverte a fare brutti scherzi e così, mentre l'adorato Eddy moriva di raffreddore (almeno ufficialmente) lasciando nella disperazione la madre Alexandra di Danimarca e la fidanzata Mary di Teck, il rude George, temprato dagli anni in marina, sopravvisse e divenne il secondo in linea di successione, dopo il depravato padre Bertie, vivente la nonna Vittoria.
Come se non bastasse, come "pacco dono", quasi come gadget, assieme alla successione, ebbe il fidanzamento con Mary of Teck, la quale fu spostata da un fratello all'altro come se si trattasse di una bambola di pezza.



Per uno strano scherzo del destino, la coppia costretta a sposarsi da circostanze imprevedibili, si rivelò perfettamente assortita.
Mary di Teck era incredibilmente l'anima gemella del rude nostromo.
Una donna fredda, anzi gelida, meglio ancora frigida e incapace di qualsiasi manifestazione d'affetto e della minima emozione.

In tutta la sua vita, Mary si distinse per tre ragioni: l'obbedienza rigorosa alla rigida etichetta di corte e al severissimo marito; una frenetica attività tessile, a maglia e all'uncinetto; una totale mancanza di senso materno, che si riscattò soltanto negli ultimi anni con un moderato calore nei confronti della nipote Elisabetta, destinata anche lei al trono in modo imprevisto e per una serie di circostanze assurde.
Forse i sudditi inglesi potrebbero obiettare che la Queen Mary ebbe altri due meriti: dare il nome all'omonima nave (unico segno d'affetto da parte del marito nostromo) e il patrocinio di attività di beneficenza, che avevano più che altro lo scopo di giustificare l'esistenza di un'inutile e dispendiosa monarchia agli occhi di un popolo stremato dalle guerre.
Come si è detto, reciprocamente George e Mary furono ottimi come coniugi, tanto da risultare persino noiosi nella loro monotona esistenza di routine tra Sanringham, Balmoral, Windsor e Buckingham Palace, riducendo al minimo tutte le altre destinazioni e soprattutto le uscite serali.
Questa monotona sobrietà risultò tutto sommato in linea con la durezza dei tempi, ma il disastro avvenne in tutto il resto.
Prima di tutto, George e Mary fallirono clamorosamente come genitori.
Lui era irascibile e sadico, verso i bambini, tanto quanto lei era gelida e distante.
Ne risultò che tutti i loro figli si portarono dietro seri problemi per tutta la vita.
Ma il vero fallimento fu quello politico: Giorgio V non era accomodante e diplomatico come il padre ed ebbe la sua parte di responsabilità nello scoppio della Prima Guerra Mondiale, dalla quale il Regno Unito, pur formalmente vincitore, uscì pieno di debiti verso gli USA e sostanzialmente incapace di mantenere il controllo del suo impero. La nave, dunque, stava iniziando ad affondare.