lunedì 21 aprile 2025

La possibile "soluzione Kellogg" per l'armistizio in Ucraina


 Gli analisti la chiamano "soluzione Kellogg", dal nome dell'inviato americano Ketih Kellogg che da oltre un mese sta tenendo le fila di una trattativa ad ampio spettro per l'armistizio in Ucraina, un compromesso che sembra trovare consensi persino tra i cosiddetti "volenterosi" riguardo al futuro di un paese che da tre anni vive le devastazioni di una guerra che nessuno si rassegna a perdere, ma che nessuno può vincere.
Il punto interessante della proposta di Kellogg, quello che sembra piacere sia a Trump che a Macron e a Starmer, con una sorta di silenzio assenso da parte di Putin e Zelensky è il seguente: il presidente ucraino, consapevole del fatto che ormai più che i fondi e le armi mancano gli uomini, sarebbe disposto a permettere la permanenza delle truppe russe nei territori attualmente occupati, in cambio di un cessate il fuoco che preveda una sorta di tripartizione militare del paese. 
Come si è detto, la parte occupata dai russi rimarrebbe sotto il loro controllo "de facto", mentre la restante parte dell'Ucraina si dividerebbe ufficiosamente in due zone: una a oriente del fiume Dniepr sotto l'esclusivo controllo delle truppe ucraine, onde evitare che, nella zona del fronte, ci possa essere un confronto diretto tra truppe occidentali e truppe russe; l'altra zona, a occidente del Dniepr prevedrebbe una temporanea presenza di contingenti britannici e francesi come bilanciamento della presenza russa nel sud-est.
La questione estremamente delicata e tutti sono consapevoli che la presenza di truppe occidentali in Ucraina sarebbe un grande pericolo per la pace globale, ma Keith Kellogg ritiene, e non è il solo, che, se a Putin fosse concesso di mantenere il controllo russo sul sud-est ucraino, dalla Crimea fino al Lugansk, allora lo Zar potrebbe accettare che l'Ucraina occidentale diventasse una sorta di protettorato "anglo-francese". 
La novità della proposta di Kellogg, che ha avuto carta bianca da Trump, consiste nell'evitare ogni possibile punto di contatto nella zone del fronte tra le truppe russe e quelle occidentali: la zona demilitarizzata dovrebbe essere completamente priva di operatori militari, idea che all'inizio è apparsa bizzarra e non sostenibile, ma che col passare dei giorni e il dilungarsi delle trattative ufficiali, si è fatta strada come unico compromesso che offra a tutte le parti in gioco un "contentino".
Putin potrebbe rivendicare il successo dell'Operazione Militare Speciale, Zelensky potrebbe rivendicare il merito di aver salvato dall'occupazione russa la grande maggioranza del territorio ucraino, i "Volenterosi" potrebbero ottenere la loro fetta della torta nell'Ucraina occidentale e gli USA, tramite un accordo più o meno formale con il presidente ucraino potrebbero avere i contratti di collaborazione per i rilevamenti delle fantomatiche "terre rare" e delle meno fantomatiche risorse minerarie e agricole di cui l'Ucraina orientale dispone.
Il punto debole rimarrebbe la zona di contatto dell'area occidentale con quella russa nella zona dell'oblast di Kherson e anche qui Kellogg ha messo in tavola un compromesso che potrebbe risolvere una volta per tutte il contenzioso che ha dato inizio alla guerra già nel 2014 e cioè la questione della Crimea e quella di Odessa e dell'accesso al mare dello stato ucraino.
Zelensky potrebbe essere disposto a rinunciare alla Crimea a patto che Putin rinunci definitivamente ad ogni rivendicazione sull'oblast di Odessa e sulla città di Kherson, pur mantenendo il controllo dell'oblast a oriente del Dniepr.
L'adesione alla Nato sarebbe rinviata "sine die", ma di fatto ci troveremmo di fronte a una soluzione che può ricordare quella decisa a Yalta sulla Germania nel '45 oppure la famosa soluzione "coreana".
In realtà qui si salverebbero le apparenze: ufficialmente i confini restano quelli teorici del '94, ma ufficiosamente l'Ucraina occidentale vedrebbe un'influenza europea militare nella zona a sinistra del Dniepr, un'influenza economica statunitense nella zona a oriente del fiume, e una occupazione russa radicata nelle zone che Putin considera ormai sue e quindi non negoziabili.
La diplomazia sta lavorando intensamente da ormai un mese su questo possibile compromesso e, dietro al "gioco delle parti" svolto dai leader per riaffermare le rispettive istanze, ci sarebbero degli ammiccamenti dettati dall'oggettiva stanchezza da parte dei cittadini dell'Ucraina e della Russia per una guerra che sta annientando un'intera generazione in entrambi i paesi, senza però scalfire il potere dei rispettivi presidenti che continuano a guardarsi ovviamente in cagnesco, ma sotto sotto si rendono conto che per ragioni demografiche, oltre che umanitarie, politiche ed economiche, questa potrebbe essere una onorevole via d'uscita da un tunnel che da tre anni sembra senza vie d'uscita.
Ora esiste un compromesso che sta circolando, una tregua pasquale offerta da Mosca e una volontà statunitense di arrivare il prima possibile a un accordo, tenendo conto anche dei fermenti di Parigi, Londra e Bruxelles.


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