martedì 14 settembre 2021

Vite quasi parallele. Capitolo 159. A cena con Lorenzo Monterovere



Come Roberto si aspettava, suo zio Lorenzo telefonò pochi giorni dopo la riapertura delle scuole, con l'approssimarsi del primo weekend utile:
<<Spero che tu e Aurora non abbiate impegni inderogabili per il prossimo fine settimana, perché mi farebbe molto piacere conoscerla e avervi come ospiti a cena, a Forlì s'intende, all'Hotel della Città, se esiste ancora>> 
Roberto era preparato a quell'evenienza:
<<Nessun impegno, Aurora sarà felice di conoscerti, ha tanto sentito parlare di te che ormai ti considera una specie di creatura mitologica>>
Lorenzo ridacchiò:
<<Eh, eh... allora temo che rimarrà delusa. Ti farò sapere quanto prima il luogo e l'ora del nostro incontro. A presto>>
E buttò giù: il tempo era prezioso per un uomo impegnato come il Maestro Consigliere Professor Lorenzo Monterovere, Presidente della Confraternita del Serpente Rosso, Ordinario di Storia delle Religioni all'Università di Bologna, Dottore in Lettere Classiche, Filosofia Teoretica e Storia Medievale, Dottore di Ricerca in Teologia.

Alla fine, il sabato pomeriggio, fu l'addetta alla reception dell'Hotel a telefonare e, con una voce talmente voluttuosa da sembrare sul punto di avere un orgasmo, ansimò:
<<Il professor Monterovere attende lei, signor Roberto, e la sua fidanzata, alle ore 20.00, presso il nostro ristorante, nel tavolo riservato numero 2>>
Roberto scrisse i dati e ringraziò.
Poi telefonò ad Aurora, che come sempre gli disse che sarebbe passata a prenderlo un quarto d'ora prima, con l'autista, naturalmente.
Mentre Roberto si preparava, i suoi genitori espressero vivo disappunto per non essere stati invitati.
Francesco era più che altro dispiaciuto: 
<<Mio fratello vorrebbe farti da padre, ma tu un padre ce l'hai già. Non permettere a Lorenzo di mettersi tra noi, e ricordati che nessuno mai ti vorrà più bene di quanto te ne vogliamo io e la mamma. Confidati con noi, non con lui. Lui ti vuole solo usare, non dimenticarlo>>
Roberto lo rassicurò al riguardo:
<<Lo so, ma non devi preoccuparti, nessuno si metterà mai tra noi. Lorenzo non significa niente per me>>
Silvia era arrabbiata e preoccupata:
<<Dici così adesso, ma lui è abile nel manovrare le persone. Tu sei ancora ingenuo su tante questioni, e così influenzabile...>>
Roberto si sentì sconfortato:
<<E tu sei troppo pessimista. E' solo una cena per conoscere Aurora, vedrai che le prossime volte inviterà anche voi>>
La madre scosse la testa:
<<Non credo proprio...>>
Da questo dialogo credo che si possa evincere chiaramente una delle ragioni per le quali Roberto aveva una visione così catastrofica della vita, anche nel suo periodo di massima fortuna.

Era cresciuto in una famiglia che era stata già visitata troppe volte dal dolore, e questo aveva influenzato inevitabilmente la sua visione del mondo, specialmente dopo la morte di Ettore Ricci e la crisi economica che aveva coinvolto il Feudo Orsini nell'ambito della recessione mondiale seguita al lunedì nero di Wall Street, il 19 ottobre 1987. Tale recessione perdurò in Italia fino alla metà degli Anni Novanta, spazzando via l'intera classe dirigente e sostituendola con una nuova, non certo migliore di quella che l'aveva preceduta.

Tornò in camera sua e iniziò il solito rituale pre-uscita serale (non amava uscire, tanto meno di sera, ma Aurora era una validissima motivazione a vincere la propria pigrizia).
Dopo la doccia e la rasatura, iniziò la vestizione.
Roberto, optò per un look formale, perché intuiva che sia Aurora che Lorenzo consideravano questo incontro come un evento ufficiale. Indossò qundi un abito grigio scuro a tre pezzi, con camicia di un bianco leggermente azzurrino e una cravatta scura ben abbinata al colore del completo. 
Quell' "uniforme" gli conferiva sempre una certa autorevolezza, che compensava la sua giovane età e quindi l'aria da ragazzino imberbe e il fisico ancora esile, anche se suo zio sapeva benissimo che era tutto fumo negli occhiA merenda si mantenne leggero, limitandosi a un tè con qualche biscotto. Si sarebbe rifatto durante la cena.
Il tempo passò rapidamente e alle 20.00 in punto, Roberto uscì di casa e poco dopo vide arrivare la nuova Mercedes dei Visconti-Ordelaffi.





Aurora era vestita come se dovesse sfilare sulla Croisette per l'inaugurazione del Festival di Cannes. In realtà, "vestita" è un termine improprio, nel senso che le spalle e le braccia erano scoperte, come buona parte della schiena e l'abito lungo platinato e brillantato e ultra aderente aveva anche una scollatura tale da mostrare una piccola striscia di pelle non abbronzata nella zona dove avrebbe dovuto esserci il reggiseno, che non c'era.





Quando Roberto entrò in macchina e la vide, rimase per un attimo combattuto tra due pulsioni opposte tra loro: una era quella primordiale, del puro desiderio fisico, che l'avrebbe spinto a dire: "Al diavolo lo zio! Troviamoci una camera in altro hotel" e l'altra era invece quella puritana, in stile Oscar Luigi Scalfaro.

E qui consentiteci di rievocare un famoso aneddoto sul defunto Presidente.
E' noto che, in data 20 luglio 1950, Scalfaro e alcuni colleghi si trovavano al ristorante romano "da Chiarina".  Ciò che accadde dopo, se fosse accaduto oggi, avrebbe scatenato una rivoluzione, ma all'epoca l'etica pubblica era diversa. 
A un certo punto, Scalfaro si alzò e  apostrofò severamente una signora, di nome Edith Mingoni Toussan, che indossava (essendo quasi agosto) un "prendisole" senza "bolerino", cosa che le lasciava scoperte le spalle e una parte di décolleté.
Ci sono molte versioni riguardo alle parole pronunciate dal futuro Presidente.
Le varie fonti riportano frasi del tipo: "E' una cosa indegna e abominevole!", "Lei manca di rispetto al locale e alle persone presenti", "Se è vestita a quel modo è una donna disonesta","Le ordino di rimettere il bolerino". 
A questo punto inizia la parte che lo stesso Scalfaro definì "leggendaria", pur ammettendo, bontà sua, «...d'essere andato oltre la giusta misura»
E in effetti crediamo che questa vicenda, non fosse altro che per la teatralità quasi da manuale, sia seconda solo allo "schiaffo di Anagni" da parte di Nogaret ai danni di Bonifacio VIII. 
Infatti, al diniego della signora di prendere ordini da uno sconosciuto, il severissimo Oscar il Censore fu colto da un tale sdegno, da perdere completamente il controllo mettendosi a gridare parole il cui senso alcuni sintetizzarono con l'imperativo: "Copriti, svergognata!", a cui sarebbe seguito, nella versione più estrema, un sonoro ceffone.
Ci rifiutiamo di credere a quest'ultima parte, che è quasi sicuramente una leggenda, ma diciamocelo, ci pare di vederlo, il nostro compianto Presidente Emerito, travolto dallo sdegno, dare una lezione di pudicizia alla "donna disonesta". 
Ma non è finita, perché la signora in questione aveva un padre e un marito, i quali sfidarono Scalfaro a duello, cosa naturalmente illegale, ma ancora presente nel codice d'onore tradizionale.
Naturalmente, come era suo dovere fare, Scalfaro rifiutò la sfida, e qui si raggiunge, a nostro parere, il vertice della farsa o della sceneggiata napoletana, perché intervenne Totò in persona, scrivendo pubblicamente a Scalfaro, accusandolo di essere stato, prima "villano" e poi "codardo".
L'Onorevole piemontese non rispose alla lettera del Principe napoletano, almeno non in pubblico, poiché ancora non si trovava in una posizione sufficientemente sicura da poter declamare, con sdegno, il suo immortale: "Io non ci sto!".
Dagli articoli di cronaca si passò alla polemica intellettuale fino ad arrivare all'inevitabile caso politico: partirono le interrogazioni parlamentari dell'opposizione e questo fu solo l'inizio.
La signora Mingoni in Toussan aveva sporto denuncia in Questura, e sia la polizia che la magistratura, come atto dovuto, avevano reindirizzato il tutto alla Camera, con richiesta di autorizzazione a procedere, cosa imbarazzante in quanto Scalfaro stesso era membro della Giunta per le autorizzazioni.
La Giunta, avendo ben altro di cui occuparsi, riuscì a rinviare la decisione per tre anni, quando finalmente, nel 1953, una provvidenziale amnistia generale pose fine all'iter giudiziario.
Ma ormai la frittata era fatta, anche perché, la vicenda, per vera o falsa che fosse, era verosimile, perché l'immagine pubblica di Oscar Luigi Scalfaro, con la sua oratoria ampollosa e quasi "omeliaca", l'indice della mano destra perennemente puntato verso il cielo a mo' di severo ammonimento, le sciarpe indossate «come la stola di un vescovo» e il lessico che, come tutti noi ricordiamo, era piacevolmente all'antica già per quei tempi, si prestava ad una ricostruzione caricaturale.




Questo aneddoto tornò alla mente di Roberto quella sera (l'aveva letto da poco, dal momento che Scalfaro era stato eletto Presidente a fine maggio di quell'anno) e questo placò il desiderio, permettendogli di mantenere un comportamento da gentiluomo.

Dopo un casto bacio, le disse:
<<Sei splendida! E irresistibile... Non sarà facile tenere a bada i miei istinti. Le star di Hollywood e le top model non sono degne nemmeno di lucidarti le scarpe>>
Lei sorrise, si scambiarono un altro bacio, e poi lei gli chiese:
<<Cosa direbbe Wacklawitz? Che cosa sto per comunicare a tuo zio, col mio solo aspetto?>>
Lui ripensò a Scalfaro e rise:
<<Wacklawitz direbbe che vuoi sedurlo, ma Lorenzo penserà che gli stai dando la giusta importanza vestendoti come a una serata di gala>>
Aurora annuì, sorridendo:
<<Ma a Lorenzo piacciono le donne?>>
Roberto continuò a ridere:
<<Eh, non si sa. Lui è la Riservatezza in persona, parla per enigmi, butta là qualche dato sparso per vedere se noi riusciamo a decrittare il messaggio, ma non è facile, specie se ci sono in ballo pulsioni, emozioni o sentimenti. Se lo metti davanti a una foto con una bella ragazza che tiene un cagnolino in braccio, Lorenzo chiede il nome del cane, non della ragazza.
Credo però che varrebbe la stessa cosa anche per i maschi.
Il sesso proprio non gli interessa, perché è troppo preso dal suo lavoro e lì sublima tutto.

Il tragitto fu abbastanza breve: l'Hotel della Città, che è stato chiuso alcuni anni or sono, si trovava nelle vicinanze del Corso della Repubblica, la strada principale del Centro Storico, (di fatto era la via Emilia).
Uno degli uscieri, tutto impettito, li riconobbe e disse:
<<Siete qui per il professor Monterovere, naturalmente. Vi prego di seguirmi, la cena sarà in uno dei nostri migliori privé>>
Lo disse con un tono di grande importanza.
Se avesse saputo che i due adolescenti che aveva davanti avevano cenato nei privé del Savoy di Londra, avrebbe usato di certo un'enfasi minore.
Arrivarono alla porta, l'usciere bussò e una voce stridula rispose:
<<Avanti, avanti!>>

L'usciere aprì la porta e Lorenzo Monterovere in persona apparve finalmente ai loro occhi.
Anche lui aveva optato per un look un po' diverso dal suo solito: il vestito a giacca era quasi nero, solo da vicino si poteva notare una sorta di color prugna, ma la cravatta, naturalmente, era viola.
La camicia color malva si intonava col resto in maniera seria, come se lo zio Lorenzo, quel giorno, ci tenesse a far capire bene chi teneva il coltello dalla parte del manico>>

Roberto non lo vedeva da un anno: l'ultima volta che si erano incontrati era stato ai funerali di Ettore.
Lorenzo gli parve invecchiato, dimagrito e leggermente stanco, ma la sua pelle era liscia e purpurea come al solito. I capelli grigi erano pettinati all'indietro, ma un po' vaporosi.
Aveva un'espressione solenne, da uomo autorevole, con gli stessi occhi chiari e glaciali di Romano, il nonno di Roberto, ma la bocca pareva pronta ad allargarsi in un sorriso sarcastico, alla Donald Sutherland, il grande attore a cui Lorenzo assomigliava.
E infatti, nel venire loro incontro, sorrise e, naturalmente, rivolse la sua attenzione ad Aurora, e con i suoi modi da gentiluomo all'antica, dopo che lei si fu presentata, lui le fece un leggerissimo baciamano con inchino, e disse: 
<<Enchanté, mademoiselle!>> e dopo una rapida occhiata indagatrice, dichiarò: <<Sei davvero incantevole, Aurora. Non avevo mai visto tanta bellezza ed eleganza in una sola persona. Mio nipote è davvero un ragazzo fortunato>>
Roberto ne convenne, poi Lorenzo indicò i loro posti a sedere, ai suoi lati, con Roberto alla sua sinistra e Aurora alla sua destra.
Sfogliarono il menu è ordinarono una cena spaventosamente costosa (tanto pagava Lorenzo).
Lui si mantenne più sul leggero, commentando:
<<Avrai imparato, Aurora, che Roberto mangia per due. E' particolarmente vorace, proprio come suo padre. Tu invece hai una linea perfetta, quindi immagino che metà dei tuoi piatti finiranno nella gola di mio nipote>>
Lei sorrise:
<<Ne sono consapevole. A Londra ormai si era sparsa la voce tra gli hotel e i ristoranti>>
E con questo cercò di spostare l'argomento su qualcosa di meno personale.
<<Com'è andata? Ho saputo che avete incontrato il giovane Lord Ravensbourne>>
Fece questa domanda fissando esclusivamente Aurora, la quale rispose:
<<E' stata la vacanza più bella della mia vita, ed è merito di suo nipote. Lui mi rende felice. 
Sì, siamo stati a cena col Duca e la sua fidanzata nella Royal Suite: una serata interessante, divertente e loro hanno una grande stima di lei, professor Monterovere>>
Lorenzo sorrise:
<<Ti prego, chiamami Lorenzo e dammi del tu! Sono contento che vi siate divertiti. 
Roberto mi ha parlato tanto di te, al telefono, e finalmente posso constatare di persona che il suo innamoramento è ben motivato e corrisposto.
Eh, sì, Roberto, sei davvero fortunato. Com'è andato il ritorno a scuola?>>
Adesso il focus era sul nipote, che rispose:
<<Meno peggio del previsto. Un terzo della classe osa ancora rivolgermi la parola e Sarpenti, pur avendomi torchiato, non mi ha dato brutti voti, il che è strano. Sei per caso intervenuto in mia difesa?>>
Sul volto di Lorenzo fece capolino il sorriso beffardo alla Donald Sutherland:
<<Questa volta no. Devi imparare a volare con le tue ali. Io interverrei solo se tu fossi in grave pericolo, per evitare danni irreparabili>>
Il cameriere bussò ed entrò con i primi piatti, seguito da un altro, sempre con i primi e il vino.
Gli ospiti ringraziarono, assaggiarono, convennero che era tutto buonissimo e poi rivolsero lo sguardo a Lorenzo, in attesa che il Grand'Uomo dicesse la sua, e lui non li deluse:
<<Siete davvero una bella coppia, ed è raro trovare adolescenti così determinati da scambiarsi persino una promessa di fidanzamento. Ed è un caso unico al mondo, credo, quello in cui è la donna a donare l'anello all'uomo. Confesso che la cosa mi ha meravigliato, soprattutto da parte di una ragazza così bella e così giovane>> e fissò Aurora come se volesse veramente leggerle il pensiero.
Lei sorrise e disse:
<<Lei, anzi... tu conosci abbastanza tuo nipote per conoscerne le qualità. Le ho conosciute anch'io e c'è tutto quello che desidero>>
Rispuntò sul volto di Lorenzo il sorriso beffardo:
<<E hai conosciuto anche i suoi difetti?>>
Aurora rispose in maniera diplomatica:
<<La definizione di difetto è relativa. Ciò che per altri è un difetto, a me può sembrare un pregio. La mia impressione è che, se posso permettermi di essere sincera, la famiglia non trasmetta a Roberto la fiducia in sé necessaria a renderlo meno insicuro e quindi più forte psicologicamente>>
Lorenzo mantenne il sorriso alla Donald Sutherland:
<<In effetti Silvia è il classico esempio di madre iperprotettiva ed apprensiva che non abitua il figlio a fare le cose da solo, perché ha paura che si faccia male. 
Le sorelle Ricci-Orsini sono tutte e tre così: continueranno a comportarsi con i loro figli come se avessero sei anni anche quando ne avranno 60.
Tieni conto poi che lui è figlio unico, per cui tutta questa apprensione si focalizza su di lui. Mio fratello la lascia fare, ma io non lo consentirei. E' per questo che vorrei che Roberto imparasse a gestire le difficoltà senza che qualcuno della famiglia si muova per spianargli la strada>>
Aurora si accigliò:
<<Nel caso di Sarpenti, però, si tratta di una vera e propria tortura. In questo caso, se ti fosse possibile, sarebbe decisamente meglio porre fine a questo strazio. Abbiamo ancora due anni prima della Maturità>>
Lorenzo inarcò le sopracciglia:
<<Maturità! Si scomoda questo nome per un esame che certifica delle conoscenze teoriche. Ma la Maturità con la M maiuscola presuppone tante altre capacità che si acquistano soltanto con l'esperienza concreta, la pratica, l'interazione sociale in contesti difficili.
Roberto non sa niente di tutto questo: è stato cresciuto come un Principino, un rampollo a cui tutto viene servito su un piatto d'argento.
L'unica cosa che i suoi genitori gli chiedono è di studiare e sfornare ottimi voti, ma questi, benché encomiabili, non sono né necessari, né sufficienti per diventare persone mature. 
E questo lui non lo vuole in testa, vero?>>
Roberto sbuffò:
<<Sei ingiusto. Alle Medie ho fatto la mia gavetta di tutte le "esperienze" che dici tu: un incubo!
Il mio "bagno di umiltà" l'ho già fatto e tu, zio, continui a scambiare l'umiltà con l'umiliazione.
Ho sopportato abbastanza. La rabbia repressa non fa bene, e questo lo sai meglio di me, quindi se mi sfogo, mandando a fare in c... chi mi bullizza lo faccio eccome, e se mi pesta lo mando in riformatorio! Basta subire!>>
Lorenzo sospirò:
<<La rabbia è un'emozione che va gestita meglio di come fai tu. 
Non ti chiedo di essere una vittima, ma di ignorare le provocazioni. Non ti hanno mai messo le mani addosso, per cui se anche ti provocano a parole, tu non ne subisci un danno, a meno che tu non pensi che abbiano ragione loro. C'è una frase di Eleanor Roosevelt che bisogna sempre ricordare: "Nessuno può farti sentire inferiore senza il tuo consenso".
Se ti viene rabbia, devi lavorare cercando di capire perché ti senti offeso da gente rozza e stupida.
Se mostri di prendertela, loro capiranno di averti colpito e ci prenderanno gusto.
Se c'è qualcosa, nelle loro provocazioni, che ti ferisce, vuol dire che lì c'è un problema tuo che va risolto parlandone con chi ti può dare saggi consigli, e in questo io sarò sempre disponibile.
Pensa a cosa ho sopportato io!
Io ero la "pecora nera" della famiglia: mio padre mi disprezzava, mia madre preferiva Francesco, per i miei fratelli io ero oggetto soltanto di derisione o compassione, e ne soffrivo, ma tutto quel dolore mi è stato utile, perché mi ha motivato a dimostrare che si sbagliavano.
Capisci? E' così che si risponde: non con la rabbia, ma con la concentrazione su ciò che puoi imparare, sia in teoria che, soprattutto, in pratica.
Io sapevo di avere delle qualità, dei talenti che dovevano essere coltivati e potenziati al fine di trovare la mia strada e il mio posto nel mondo e nella società.
Ho compreso che per avere successo è necessario avere autocontrollo: se non lo si ha, lo si deve apprendere giorno per giorno. Ecco perché Sarpenti può essere una specie di "palestra" di allenamento.
A proposito, don Sergio mi ha raccontato il tuo exploit dell'altro giorno, in cui hai professato una specie di atto di fede...>>
Finalmente si era arrivati al dunque.
Roberto si era preparato un discorsetto, ma di fronte a Lorenzo non era possibile bluffare:
<<Sì, be', forse sono stato impulsivo. Sarpenti mi voleva dare 3 per un'interrogazione dove non avevo sbagliato niente. E' naturale che io...>>
Lorenzo lo interruppe:
<<Devi imparare a dominarti, specie quando parli con un superiore di grado, in pubblico, di cose che dovrebbero rimanere private! 
Oltre tutto, considerando che io sono da vent'anni Professore Ordinario di Storia delle religioni all'Università e sono specializzato nei culti esoterici e nelle eresie, sarebbe stato opportuno sentire prima il mio parere sull'argomento, perché poi la gente pensa che sia stato io a metterti in testa certe cose. 
Don Sergio Sala è un uomo di straordinaria cultura, un vero teologo e studioso delle religioni. E' laureato anche in Medicina, ma a quanto pare a un certo punto la cura delle anime ha prevalso su quella dei corpi e si è iscritto a Teologia, laureandosi con lode.
E' nato nel 1935: la sua è stata una vocazione relativamente tardiva, maturata negli anni in cui è stato Missionario in Africa e nell'Asia Centrale. Ora è Assistente Ecclesiastico dell'Associazione Medici Cattolici Italiani (A.M.C.I.) : ed è strano, considerando che è un progressista, molto disponibile al dialogo sui temi bioetici.
Diciamo che non è certo amato dai Cardinali che contano: Ruini, Sodano e naturalmente Ratzinger, ma ti dico che verrà un giorno in cui uno dei successori dell'attuale Pontefice terrà in grande considerazione i suoi pareri.
Ci siamo conosciuti ad un convegno su un argomento teologico classico, ma sempre oggetto di grande dibattito, ossia il Peccato Originale, e da allora siamo rimasti in contatto. 
E' un caro amico, sai, come anche il cardinale Martini, quindi ha ritenuto opportuno chiedermi se io ti avevo influenzato direttamente o se avevi fatto di testa tua.
Non devi avercela con lui, non è stato un atto di slealtà nei tuoi confronti, anzi, lui ti è molto affezionato ed io ne sono felice, perché Sergio Sala presto diventerà Parroco, e sarà il più stimato della Diocesi di Forlì-Bertinoro e tenuto in gran considerazione dalla Curia. un giorno sarà ricordato come un vero cattolico militante, esemplare, direi.
Naturalmente io gli ho risposto che tu hai letto e riletto cento volte tutti i miei libri ed è naturale che le mie ricerche sulle eresie, specie quelle di matrice gnostica e manichea, abbiano avuto la loro influenza. Ma ho anche sottolineato che tu hai una personalità del tutto autonoma, per cui nessuno può avere la presunzione di dirti a cosa credere e a cosa no.
In ogni caso, lui mi ha detto che aveva una risposta per te, ma non me l'ha voluta dire. 
Gli piace tenermi sulle spine. A te ha detto niente?>>
Roberto decise di centellinare le parole, per tenere lo zio sulle spine:
<<Ha detto che un giorno mi arrenderò>>
Lorenzo corrugò la fronte:
<<Arrenderti? A chi?>>
Il nipote fece uno strano sorriso, mentre la suspense aumentava:
<<A Dio, naturalmente>>
Lorenzo si rilassò, aveva temuto tutt'altra cosa, ma rimase curioso, perché in fondo non poteva leggere tutto, nel pensiero dell'interlocutore, specie quando aveva davanti a sé una mente così complessa e contorta come quella di suo nipote:
<<Al Dio dei cristiani?>>
Questa volta fu Roberto a fare "il sorriso beffardo alla Donald Sutherland":
<<A Dio e basta, mi ha detto don Sergio>>
Lorenzo era irritato da quella insolita reticenza del nipote:
<<cosa gli hai risposto?>>
Roberto si stava divertendo:
<<Gli ho detto che ci sono due ostacoli insormontabili:
1) Io sono favorevole all'eutanasia e mi batterò per sempre per il diritto del cittadino di poter scegliere, nel caso di malattia grave, dolorosa e inguaribile, una morte dignitosa ed essere medicalmente assistito in questo.
2) Io ho bisogno di sperare che con la morte questo supplizio che si chiama vita, abbia fine una volta per tutte.
E affinché il concetto fosse chiaro, ho dichiarato:
"Si potrebbe morire felici, se si morisse davvero!">>

Lo zio si limitò a fissarlo.
E Roberto lo fissò a sua volta, pronto persino ad essere schiaffeggiato come la signora Mingoni Toussan.
Ma Lorenzo quella sera non voleva tirare troppo la corda.
Alla fine chiuse gli occhi e pazientemente riprese il dialogo:
<<Hai aggiunto altre performance d'arte drammatica, o per quel giorno avevi esaurito le citazioni?>>
Roberto sorrise:
<<Ti sfido a trovare le fonti delle mie citazioni! Comunque, don Sergio ha detto: "In questo caso soltanto il Nirvana potrebbe esonerarti, ma costa di più, rispetto al Paradiso>>
Lorenzo voleva concludere:
<<Insomma, come è andata finire? Chi ha avuto l'ultima parola?>>
Il nipote sospirò:
<<L'ho avuta io dicendo: "Mi toccherà fondare una nuova religione". Ha riso tutta la classe, è stato davvero emozionante. Mai una lezione di religione ha avuto tanto successo nella storia>>
Lorenzo scosse la tesa:
<<Sei proprio un commediante>>, ma poi gli puntò contro il dito indice della mano destra e disse <<Sai benissimo che questa religione esiste già ed è quella degli Iniziati. Presto incomincerò a spiegartene i fondamenti. Nel frattempo promettimi solo una cosa: prima di sparare altre c..., scambia due parole con me!>>
Il nipote annuì a sua volta:
<<D'accordo, sulle questioni religiose dovrò consultarmi con l'esperto di famiglia>>
Stava pensando, sentendosi in colpa, che su una cosa Lorenzo aveva sbagliato.
Non ho mai letto per intero i suoi libri, li ho solo consultati ogni tanto, ma lasciamogli pur credere che io sia un suo devoto allievo.
Lo zio continuò a fissarlo con quegli occhi grigi e indagatori:
<<Siccome questa sera mi sento indulgente nei tuoi riguardi, mio caro nipote ed erede, ti dono un'altra delle mie perle di saggezza:
"L'obiettivo di una discussione o di un dibattito non è quello di far cambiare idea all'avversario, ma piuttosto quello di far sorgere, nelle sue più o meno granitiche certezze, un ragionevole dubbio".
E' una regola aurea che ben pochi riescono a mettere in pratica.
Bisogna partire da due presupposti, uno etico e uno psicologico.
Quello etico ci dice che non dobbiamo avere la presunzione e la prepotenza di cercare di abbattere le colonne del pensiero altrui: ci vuole rispetto, nipote, molto rispetto.
Il presupposto psicologico e anche retorico, se vogliamo, è noto, ma va sempre ricordato: "un approccio aggressivo o sprezzante genera una reazione di difesa istintiva, da parte dell'interlocutore, che lo porta  a consolidare le proprie certezze e a ad abbassare la considerazione delle argomentazioni dell'avversario"
E tu ti dovrai allenare molto su tutto questo, perché sei troppo diretto, troppo vulcanico, troppo istrionico, troppo insistente, troppo irritante e troppo debordante.
Hai ancora molto da imparare...>>
Roberto completò la frase, come in un rituale antico: <<... giovane Skywalker>>
Sì, perché in fondo gli Iniziati avevano qualcosa di simile ai Jedi di Guerre Stellari, che a loro volta si ispiravano, oltre che ai Samurai e allo Zen, anche alle Bene Gesserit di Dune, insomma "le grandi narrazioni dell'età eroica della science fiction".
Lo stesso George Lucas aveva detto che Star Wars era nato da una sintesi degli universi di Asimov ed Herbert, più gli Alieni, gli Zen e i Samurai.
Risero, e rise anche Aurora, che aveva assistito alla scena con grande divertimento, perché le era piaciuto il modo in cui il suo fidanzato era riuscito a tenere sulle spine il vecchio zio e Maestro.

Stavano aspettando il secondo, ma a quanto pare in cucina c'era del ritardo.
<<Waldemar Richmond mi dice sempre che noi Italiani siamo "un popolo perennemente in ritardo". Mi pare di sentirlo: "Gli Italiani tendono a rimandare tutto: cenano tardi, vanno a letto tardi, si svegliano tardi e soprattutto pagano tardi". E allora io ho risposto: peggio di noi però fanno gli Spagnoli, come il mio caro amico Fernando Albedo, che ora è il Gran Maestro degli Iniziati.
Quando io e Albedo ci conoscemmo e lui mi disse il suo nome per intero, ci mise almeno dieci minuti, poi mi spiegò che in Spagna i nomi lunghi ce li avevano anche le persone non nobili.
Sapete come si chiama realmente Pablo Picasso? 
Il suo nome completo era, e non sto scherzando: Pablo Diego José Francisco de Paula Juan Nepomuceno María de los Remedios Cipriano de la Santísima Trinidad Martyr Patricio Clito Ruíz y Picasso>>




Aurora sorrise:
<<Ho come l'impressione che i suoi genitori fossero cattolici molto devoti>>
Lorenzo sorrise a sua volta:
<<Già, chissà perché, ma anch'io ho questo sospetto. Lui invece credeva in una sola divinità: se stesso.
Tutti gli artisti si sentono dei "creatori". Non sono un appassionato della sua arte, specie quella cubista, ma c'è una frase che lui pronunciò il giorno del suo novantesimo compleanno e che mi piacque. Diceva: "Ci vuole moltissimo tempo per diventare giovani".
Arguto, indubbiamente.
Fernando Albedo l'ha conosciuto. Era un tipo strano, umorale, ma quando era allegro, si metteva a raccontare barzellette del tipo: "I peccatori vanno all'inferno" dice il prete a un chierichetto, e il ragazzino chiede: "E gli altri? e il sacerdote risponde: "Gli altri chi?">>
Risero, il clima teso di prima si era rasserenato e finalmente arrivarono anche le seconde portare, con altro vino.
<<Il cugino povero di Albedo, il defunto Alfonso>> disse Roberto <<il marito della nuova governante di Villa Orsini, ha chiamato le sue tre figlie Dolores, Consuelo e Remedios, ma all'anagrafe, in effetti sono registrate come "Maria de los Dolores, del Consuelo y de los Remedios". Vi ricordate Remedios la Bella, in Cent'anni di solitudine?
Poi c'è la Duchessa d'Alba che è "Maria del Rosario". 
Ma il vertice lo si tocca in California, dove Los Angeles nasce come piccolo insediamento spagnolo che si auto-battezzò El Pueblo de Nuestra Señora la Reina Virgen de los Ángeles del Rio de la Porciúncula de Asís>>
Aurora disse:
<<Se ci si aggiunge un "bailando" viene fuori il tormentone spagnolo per la prossima estate>>
E da quel momento, per un po', la cena procedette come gara di arguzie sui nomi dei personaggi storici, per esempio i governatori spagnoli di Milano, di cui si legge ne "I promessi sposi".
A quel punto Lorenzo tornò serio, perché poi, si sa, chi ironizza su ogni cosa, in fondo, è un infelice che tenta di dimenticare di esistere:
<<Una volta Albedo mi chiese se potevo fargli il nome di qualche romanzo italiano sottovalutato, e io risposi: "I promessi sposi". Lui pensò di aver capito male, ma io confermai.
E' un romanzo rivoluzionario: parla di persone comuni, prendendone le difese contro i soprusi dell'aristocrazia, ma anche di certi borghesi tipo gli osti. Se avete notato, gli osti dei Promessi Sposi sono tutti personaggi ambigui, se non apertamente ostili.
Credo che Manzoni avesse in mente una famosa massima liberista secondo cui la bontà della minestra non dipende dal buon cuore dell'oste, ma dal suo tornaconto.
Manzoni accettava questo principio, ma sapeva anche riderci sopra.
Voi siete l'ultima generazione che studia Manzoni in maniera decente. La prossima crescerà con ben altri riferimenti nella testa>>
Parve preoccupato, il vino, su di lui, aveva un effetto opposto, lo rendeva malinconico e nostalgico.
<<Non sarà facile essere genitori, in futuro. Non è mai facile, certo, ma d'ora in avanti sarà un compito sempre più arduo.
Roberto è l'ultimo discendente maschio dei Monterovere, gli altri miei cugini hanno avuto solo figlie femmine. Io non ho figli, se non i miei allievi e il mio caro nipote, qui presente, che ora vedo in buone mani, il che mi rende felice, naturalmente.
Ma io guardo anche al passato, alle nostre origini e mi mancano alcuni dati per dimostrare il legame tra i Monterovere e i Montecuccoli.
Le memorie ancestrali mi dicono che è così, ma per farlo credere a tutti, devo esibire delle prove tangibili.
Anche Albedo mi deride! Ma sarò io a ridere per ultimo, quando la genetica sarà in grado di darmi ragione!>>
Roberto scosse la testa, scettico:
<<Zio, non renderti ridicolo! Se anche tu dimostrassi che i Monterovere sono nati da una scappatella di qualche Conte del castello di Montecuccolo con una contadina del luogo, che cos'avresti ottenuto?
Te lo dico io: saremmo sempre e comunque dei bastardi, letteralmente!>>
Ma Lorenzo su questo tema era inflessibile:
<<Sì, ma potremmo essere stati legittimati, e magari il conte Raimondo si è portato dietro i documenti a Vienna e poi a Linz! Io non mollo, stanne certo.
Il castello di Montecuccolo significa per me, ciò che per te significa il Maniero Orsini.
Ognuno ha la sua Nuova Camelot personale. Un giorno quel castello sarà sotto il mio controllo, e spero che mio padre Romano sia ancora vivo, quando ciò accadrà, e in grado di assistere al trionfo di quel figlio terzogenito a cui non ha mai dato credito né fiducia>>







Roberto allora, con la sua mania delle citazioni, gli rispose in questo modo, con una piccola introduzione a beneficio di Aurora:
<<La prozia Anita, che detiene il controllo dell'azienda di famiglia (e non credo affatto che si accontenterà di fare la prestanome), tiene sempre, nella parete della sua camera da letto, il ritratto di Raimondo Montecuccoli di fianco a quello di suo nonno Ferdinando, il mio trisavolo, che morì disarcionato da cavallo presso l'Orma del Diavolo, dove sorgeva la Grande Quercia presso la quale i Galli Boi e i loro druidi, continuarono a praticare i loro riti in incognito fino a quando l'imperatore Teodosio fece abbattere tutto.
E tutto questo mi fa venire in mente una nota poesia del mio poeta preferito, e cioè Eugenio Montale. Dopo la morte di sua moglie, scrisse:

Ho appeso alla mia stanza il dagherròtipo
di tuo padre bambino: ha più di un secolo.
In mancanza del mio, così confuso,
cerco di ricostruire, ma invano, il tuo pedigree.
Non siamo stati cavalli, i dati dei nostri ascendenti
non sono negli almanacchi. 
Coloro che hanno presunto di saperne 
non erano essi stessi esistenti,
né noi per loro. Eppure resta
che qualcosa è accaduto, forse un niente
che è tutto.

(E. Montale, Satura, Xenia II, 13)

Tutto questo per dire che ognuno di noi è il frutto di infinite unioni: e io mi chiedo se sono state tutte unioni d'amore oppure se soltanto una piccola parte dei nostri antenati fu concepita per amore>>
Lorenzo annuì:
<<Le memorie ancestrali forse si confideranno, un giorno, ma è prematuro parlarne.
Meglio chiudere il discorso con un battuta, anche se non fine, che dissi a tuo padre quando mi annunciò che tua madre era incinta: "Francesco" gli dissi appoggiandogli una mano sulla spalla
"un giorno ti volterai indietro e penserai che quella circostanza in cui hai concepito tuo figlio è stata la scopata più costosa di tutta la tua vita".
Perdonatemi la franchezza!>>
I commensali risero.
Roberto, in particolare, essendo il protagonista implicito:
<<E fino adesso è stato niente! Vedrai quanto dovrà pagare le mie rette universitarie, se dovessi optare per un'università privata...>>
Lorenzo aggrottò le sopracciglia:
<<Non devi sentirti in obbligo per le promesse che ti sono state estorte da Ettore e da qualcun altro in maniera sleale. In quei casi persino un Monterovere non è vincolato alla parola data>>
Il nipote lo guardò:
<<Vedo nubi fosche avvicinarsi, nel mio futuro. L'unica luce è Aurora>>
Le baciò la mano e poi gliela strinse.
Lei ne fu orgogliosa:
<<Qualunque cosa ci riservi il futuro, la affronteremo insieme>>
Roberto annuì.
Lorenzo disse:
<<Il vostro è un legame solido, lo vedo, lo sento. C'è magnetismo.
Due persone possono stare a una festa insieme sedute accanto e non incontrarsi mai, mentre altre due persone possono trovarsi ai due capi del mondo e niente potrebbe tenerle separate.
Però c'è un'altra cosa di cui bisogna purtroppo tener conto, ed è la stessa massima che tu, Roberto, usi spesso quando vuoi ammonire qualcuno che si crede troppo potente.
Niente è indistruttibile, almeno nel nostro universo. 
E' una vita che scrivo libri che toccano anche quel tipo argomento, che parlano dell'anima e della sua ipotetica immortalità. Forse c'è qualcosa di vero, ma è diverso da come se ne parla ufficialmente. Ne discussi molto spesso col mio Maestro.
Come sapete, ho appreso gran parte della mia formazione teoretica dal professor Erich von Tomaten, il Filosofo Metafisico per eccellenza, le cui opere sono state tradotte dal tuo professore di tedesco, Erio Sughi. Curioso, vero? C'entrano i pomodori in entrambi i cognomi.
Siete bravi ad aver scelto di studiare come seconda lingua straniera una favella così difficile ed aspra, ma con dietro una tradizione filosofica di tutto rispetto.
Le malelingue dicono che Von Tomaten fosse nazista, secondo altri addirittura un nazional-comunista, ma si tratta di un colossale equivoco: lui si era iscritto all'Ahnenerbe solo come infiltrato, in nome degli Iniziati, che erano contro il nazismo e fascismo!
Questo viene spiegato molto bene nella presentazione del prof. Sughi, la cui opera di traduttore e filologo sarà riconosciuta un giorno. Avrà una voce enciclopedica tutta per lui, gliel'ho promesso>>
Quella sera aveva fatto molti riferimenti agli Iniziati, il che significava che l'Insegnamento Profondo sarebbe incominciato prima del previsto.
<<Von Tomaten era amico di Brecht, anche se scelsero di andare in due Germanie diverse, dopo la guerra. Ma Tomaten mi disse di avergli ispirato lui la poesia "Mein  Bruder  war  ein  Flieger".
Tomaten era un monarchico, nostalgico del Sacro Romano Impero.
Aveva previsto la riunificazione della Germania, ma non l'ha vista con i suoi occhi.
Morì quasi centenario, una decina d'anni fa.
Conosceva Kissinger, il quale gli confido che quando disse ad Aldo Moro: «Lei la pagherà cara», non era una battuta.
Kissinger fa parte della Confraternita degli Eterni, molto potente nell'Ordine degli Iniziati: un giorno ve ne parlerò.
E' gente che vorrebbe vivere in eterno su questa Terra, dominandola.
Non hanno capito proprio niente. 
E' grande solo chi non ha bisogno di comandare o di obbedire per essere qualcuno.
Perdonatemi queste divagazioni, queste libere associazioni di idee, un po' alla Joyce, un po' alla Proust, ma tornare in Romagna mi rende più incline ai ricordi, anche se non sono necessariamente belli, e non certo splendidi come quelli di Roberto.
Ma visto che lui ha citato Montale, io non voglio essere da meno:

Io le rammento quelle mie prode 
e pur sono giunto con le fòlaghe
a distaccarti dalle tue. Memoria
non è peccato fin che giova. 
Dopo è letargo di talpe, abiezione
che funghisce su sé. 

Molto giusto, non trovate?>>
Roberto annuì:
<<Voce giunta con le folaghe, da La Bufera, stavolta. In Montale c'è tutto, a saperlo cercare, a saperlo capire. E' più studiato all'estero che in Italia. 
"Memoria non è peccato fin che giova": a volte mi accorgo di essermi voltato indietro troppe volte, perdendomi il paesaggio del presente, come il passeggero di un treno che va troppo veloce.
Nella stessa raccolta c'è un'altra poesia che mi viene in mente adesso, Nel sonno, sempre da La Bufera e altro. Parla di un sogno, o meglio, di un incubo:

Il canto delle strigi, quando un’iride / con intermessi palpiti si stinge, / i gemiti e i sospiri di gioventù, / l’errore che recinge le tempie / e il vago orror dei cedri smossi / dall’urto della notte – tutto questo / può ritornarmi, traboccar dai fossi, / rompere dai condotti, farmi desto alla tua voce. / Punge il suono d’una giga crudele, / l’avversario chiude la celata sul viso. / Entra la luna d’amaranto nei chiusi occhi, / è una nube che gonfia;/ e quando il sonno la trasporta più in fondo /, è sempre sangue, sangue oltre la morte.

Montale disse di aver fatto quel sogno qualche notte prima del 6 agosto 1945, ma io non ci credo, lui si inventava tante cose>>
Lorenzo scosse il capo:
<<E invece potrebbe essere vero: un uomo di così grande sensibilità è più incline alle premonizioni.
Mi prendete per pazzo? Forse, ma solo un pazzo può restare sano di menteAh, come amo i paradossi!
Mi forse voi, più che pazzo, credete che io sia superstizioso. Ma non si tratta di superstizione: la mia conoscenza dell'Antica Sapienza mi porta a dire che non erano tutti vaneggiamenti indotti dalle erbe, dai tuberi o dai funghi. Nell'universo, così come nella nostra mente, c'è ancora quasi tutto da conoscere. I nostri modelli scientifici saranno completamente superati un giorno, se il genere umano sopravvivrà alle vicissitudini del tempo, ma l'Antica Sapienza no: è un orologio fermo da un'eternità, e come tale segna ancora l'ora esatta per due volte al giorno.
Parlo per enigmi, lo so, ma lo faccio per rendervi partecipi del modo in cui cerco di liberare i miei i miei allievi dall' "idolatria del fatto compiuto", specie gli "happy few" che seguono i miei seminari e che si sono generosamente auto-denominati: i Monteroveriani.
Sarebbe bello avervi un giorno come allievi, Bologna è una bellissima città di cui è impossibile non innamorarsi>>
Roberto sentì di nuovo quel senso di deja vu, ma nel contempo anche la conferma che, se anche fosse stato suo destino, sarebbe sì accaduto, ma non subito:
<<Se scegliessi Bologna, allora sarebbe per laurearmi in Storia Medievale. E' la materia che mi interessa di più>>
Lorenzo sorrise:
<<Non ci sono dubbi al riguardo. Chi può resistere al fascino del Medioevo? E anche al fascino della sua riscoperta e rivalutazione. I miei libri sui Catari sono quelli che prediligo.
Immagino tu li abbia letti, visto che ti sei professato diteista in maniera così netta>>
Roberto li aveva solo sfogliati in qua e in là, ma sperò che lo zio non gli leggesse quel pensiero, per cui annuì velocemente e introdusse una variante nel discorso:
<<Certo, ma ci sono anche altre ragioni. Il Medioevo inizia, a mio parere con l'Editto di Milano da parte di Costantino e Licinio e diventa palese con le Invasioni Barbariche e l'irruzione del mondo germanico e nordico nella Storia europea.
Nel Medioevo, alla tradizione classica ellenistico-romana si aggiungono le altre grandi componenti, quella giudaico-cristiana, e quella "barbarica", in particolare germanica, celtica, scandinava e slava.
Questo mondo l'ho rivalutato non solo grazie ai miei studi di tedesco con Erio Sughi, ma anche grazie alla mia passione per il genere fantasy, che per convenzione è ambientato in un mondo medievale: Tolkien e Zimmer Bradley si sono fatti strada fino ad arrivare al riconoscimento del loro contributo al Canone Occidentale, dando finalmente il giusto peso all'apporto germanico e celtico.
Io mi ritengo non solo un lettore, ma anche un "filologo" delle opere di Tolkien, e questo mi dà una ragione in più: i suoi romanzi, ma anche i suoi saggi di filologia, linguistica e critica letteraria hanno spalancato orizzonti partendo da una analisi accuratissima di alcuni testi di varie tradizioni: celtica, anglosassone, scandinava e finlandese. 
Ancora non ci si rende conto dell'immenso contributo che ha dato alla letteratura e alla filologia.
E' l'Omero del Nord, voleva esserlo. sapeva di esserlo e ci riuscì perché aveva le idee chiare fin da bambino, nonostante fosse rimasto orfano in età pre-adolescenziale.
Io invece ho sempre avuto le idee molto confuse riguardo al mio contributo al benessere del genere umano, o anche solo di quello della mia famiglia>>
Ma Lorenzo dubbi non ne aveva, al riguardo:
<<Se c'è una cosa che so per certo è che quel contributo tu lo darai, anche obtorto collo, se fosse necessario. Prima però dovrai superare molte prove, e percorrere molte strade, sia in salita che in discesa. How many roads must a man walk down, before you call him a man? Eccetera eccetera...
E vale anche per le donne, naturalmente>> disse, rivolgendosi ad Aurora.
Lei meditava in silenzio su tutto ciò che era stato detto, in maniera apparentemente sconclusionata e raffazzonata, ma in realtà non a caso.
<<Anch'io sono indecisa, soprattutto a causa delle pressioni di mio padre, ma una cosa è certa, frequenterò l'università nella città scelta da Roberto. Vivremo insieme e niente e nessuno ci potrà separare>>
Lorenzo annuì:
<<Bene, me ne compiaccio. Sapete entrambi che ho dato il mio piccolo contributo alla vostra relazione, visto che tuo padre aveva alcune perplessità. Io sono un mediatore molto efficace, in questi casi: gli Iniziati sono un po' come Giunone pronuba, e infatti ho favorito anche l'unione dei genitori di Roberto, facendo riappacificare le loro famiglie.
Io ed Ettore Ricci diventammo amici, persino!
Lui si confidava con me e credo mi vedesse come una specie di psicanalista.
Credo di sapere su di lui molto più di chiunque altro.
Ma tornando a voi, il vostro fidanzamento ufficiale mi ha colto un po' di sorpresa, ma è stata comunque una piacevole sorpresa.
Condivido anche l'idea della convivenza, in tal modo potrete arrivare all'altare più consapevoli della vostra scelta. Siete ancora così oltraggiosamente giovani!
Diciassette anni, Santo Cielo, siete ancora minorenni: un giorno vi volterete indietro con una certa invidia e un certo rimpianto rispetto alla vostra adolescenza. 
Il tempo dona molte cose, ma ne sottrae di più, con tremenda spietatezza: è un'ovvietà, ma non se ne tiene mai conto abbastanza. Non date importanza a gente come Sarpenti, concentratevi sul vostro amore>>
Aurora non riusciva ancora a fidarsi di Lorenzo.
Parla del nostro amore come se fosse il primo di una serie. Importante solo perché è il primo, e c'è il tempo delle mele e tutto il resto, ma non ne parla mai come di una cosa perpetua, o almeno un impegno per tutta la vita. Non ci crede perché ha previsto uno sviluppo diverso, ma quale? Dovrò trovare il modo di capirlo. Chissà se legge davvero nei miei pensieri.
Doveva dire qualcosa:
<<Saremo concentrati, puoi esserne certo. Ma credi davvero che avremo dei rimpianti?>>
Lorenzo tornò ad essere Donald Sutherland sogghignante nei suoi ruoli di "cattivo carismatico".
Aveva sicuramente capito i pensieri di lei:
<<Io sono soltanto un patetico signore di mezza età che non ha mai avuto tempo per innamorarsi. Ma voi avete tutta la vita davanti, e vi amate, qualunque cosa possa significare questa parola.
Il rimpianto c'è per il contesto: il mondo cambia, quest'anno in Italia è successo di tutto, e gli anni prima in Europa e in tutto il pianeta. Passa tutto così in fretta, non percepite lo scorrere del fiume? E' un'alluvione che travolge tutto e ci costringerà a fare i conti con dei contesti molto diversi da quelli a cui siamo abituati. Non ci sono certezze, di fronte ad un simile cambiamento epocale>>
Stava arrivando molto vicino al Grande Disegno degli Iniziati, ma non voleva rivelare troppo.
Roberto era sensibile alla metafora del fiume, e anche alla nostalgia della sua Contea, di com'era ai tempi di Ettore Ricci:
<<Mi chiedo se riuscirò a salvare il Feudo Orsini e il mio "castello delle favole", la magione dei miei nonni. Sento già che mi stanno scivolando via dalle mani, eppure la nonna è ancora forte e sana e darà battaglia come sempre.
Siamo ormai all'inizio dell'autunno e delle nebbie. Ho paura che la strada per il Maniero Orsini si perda nelle brume e svanisca lentamente, come l'isola di Avalon...





Lorenzo mostrava comprensione per quel discorso:
<<Sì, è questo il sentimento che sto descrivendo e vale per tutti. Nessuno creda di vivere in un'isola felice. Siamo tutti sulla stessa barca, e dico tutti come genere umano.
Un giorno vi ricorderete di questo discorso, di ciò che ci siamo detti, del significato implicito, che non necessita di spiattellamenti plateali>>
Aurora colse al volo l'occasione:
<<Qualche elemento però ce lo potresti rivelare, o dobbiamo attendere i tuoi prossimi libri?>>
Il Maestro si risvegliò, ridando vigore e lucidità all'involucro invecchiato del suo corpo:
<<In tutte le mitologie ricorre il tema della Profezia che si autorealizza. 
Il veggente di turno predice qualcosa, i personaggi fanno di tutto per cambiarla e proprio nel fare questo gettano le premesse del disastro finale. 
No, credimi, è meglio non conoscere le Profezie. Non solo è inutile, ma è anche controproducente. Ad ogni giorno basta la sua pena, e non l'ho detto io per primo.
Io posso solo aggiungere che voi viviate con pienezza ogni singolo giorno di questa vostra relazione. Non rimandate troppe cose al futuro, questo è il massimo che vi posso dire, raccomandandovi comunque le dovute cautele!>>
Roberto si meravigliò:
<<Non credo che a mia madre piacerebbe questo discorso, mentre sono certo che mio padre la pensi come te, una volta tanto. 
Non siete poi così diversi come pensate l'uno dell'altro. Vorrei che vi riconciliaste.
La prossima volta, zio, invita anche loro!
Riguardo invece al tuo consiglio, ne terremo conto>>

Erano ormai alla frutta. Ordinarono il caffè e l'ammazzacaffè, perché quando si fa una cena di famiglia, bisogna farla per bene!
Roberto si era ingozzato vergognosamente come al solito, mangiandosi anche metà dei piatti di Aurora, come del resto faceva anche suo padre con sua madre, era una tradizione di famiglia.
Aveva anche bevuto più del solito, perché Lorenzo aveva scelto dei vini eccezionali e col dolce era arrivato persino lo champagne!
Forse Lorenzo l'aveva fatto apposta per stendere Roberto in modo da poter parlare più liberamente con Aurora, la quale invece aveva bevuto pochissimo.
E così, Lorenzo si rivolse ad Aurora e le disse:
<<Credo che tu capisca il senso del mio discorso. Ci sto mettendo tutta la mia buona volontà>>
Lei rimase colpita da quelle parole.
Allora è vero che sa leggere i pensieri di chi ha di fronte. Sta rispondendo alle domande che non gli ho posto, ma che ho solo pensato.
Annuì, rendendosi conto di aver sottovalutato quell'ometto bizzarro che si trovava davanti a lei e sembrava parlare a vanvera.
<<Ora capisco perché i tuoi allievi ti sono così devoti>>
Lui sorrise e disse:
<<Bene, molto bene. Io rispondo sempre ai quesiti impliciti>>
Lei capì che era il momento e pensò con tutta la sua forza a un solo nome, che le rimbalzava da tempo nella testa...

(Prosegue nel prossimo capitolo)

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