sabato 6 giugno 2020

Vite quasi parallele. Capitolo 70. L'ultimo giorno di primavera.

Late spring on the Canal du Midi in Toulouse, Haute-Garonne, Midi ...

Tutti a Faenza si sarebbero ricordati per molto tempo del giorno in cui Diana Orsini, diciottesima Contessa di Casemurate, si recò di persona, con tanto di autista e Mercedes, alla clinica Villa Cecilia, dov'era ricoverata la consuocera Giulia Lanni Monterovere, a causa di problemi cardiocircolatori che l'avrebbero portata alla tomba poche settimane dopo.
Il rapporto tra Diana e Giulia era molto buono, anche se si conoscevano da breve tempo e ormai, purtroppo, di quel tempo ne restava assai poco.
Era il 21 giugno, l'ultimo giorno di primavera dell'anno 1977.
Era una giornata calda, ma instabile: tirava vento e il cielo sembrava indeciso se volgere al bello o al brutto, con prevalenza di quest'ultimo, però.
Oh, la piagata primavera è pur festa se raggela in morte questa morte...
Giulia sapeva di avere i giorni contati e aveva organizzato quell'incontro per poter parlare, in confidenza, di questioni molto delicate.
<<Grazie per essere venuta, Diana>>
Avevano abolito da tempo ogni formalità: erano solo due donne, due mogli sposate ad uomini difficili, due madri preoccupate per i loro figli.
<<Era il minimo. Vorrei poter fare di più, Giulia... >> e le prese la mano.
La signora Monterovere strinse forte quella mano, come se da quel legame dipendesse qualcosa di molto importante, e forse era proprio così:
<<Non mi resta molto, ormai. Il mio cuore è stanco. Ma prima di andarmene, vorrei parlarti di alcune questioni importanti per il futuro delle nostre famiglie. Purtroppo, quando io verrò meno, Francesco non avrà più alleati su cui contare qui a Faenza: sua zia Anita... be', tu la conosci, è più velenosa del cianuro. E mio marito, per quanto mi voglia bene, come padre non vale un gran che...>>
<<Anche il mio, se è per questo>> disse Diana sorridendo.
<<Me n'ero resa conto, ma tu ci sarai sempre, a tenergli testa. Io invece non ci sarò più a difendere Francesco e a garantire i buoni rapporti tra le nostre famiglie.
Fino ad ora, infatti, la pace tra i Monterovere e i Ricci-Orsini si è basata sulla nostra capacità di mediazione e persuasione.
Ultimamente sono emerse tuttavia molte difficoltà, e non parlo solo della mia salute.
Mia figlia Enrichetta, che erediterà la guida dell'Azienda Fratelli Monterovere, non prova alcuna simpatia per Silvia: forse un giorno cambierà idea, ma per il momento sta dalla parte di Anita, quella serpe che ha approfittato della mia malattia per cercare di sostituirsi a me, riuscendoci, purtroppo... e "ciò mi tormenta più che questo letto".
L'unico ben disposto verso Francesco e Silvia è il mio figlio più giovane, Lorenzo, che vive a Bologna, insegna all'università ed è sempre occupato. Viaggia molto, soprattutto in Germania, e non è rintracciabile con facilità. 
Forse anche mia suocera Eleonora sta dalla parte di Francesco, ma pure lei è, come si suol dire, "alle ventitré e tre quarti". Non si ricorda più i nomi, fatica a distinguere i volti... che cosa terribile è la vecchiaia non è vero? Come diceva il buon Giacomo:"Se di vecchiezza la detestata soglia evitar non impetro". Io avrò la grazia. Gli Orsini invece sono longevi, mi pare di capire>>
Diana non ne era del tutto convinta:
<<Mia madre dà l'impressione di essere immortale. Ma è una Paolucci de' Calboli e sono loro ad essere longevi. E dire che beve come una spugna da una vita ed ha sofferto le pene dell'inferno: le sono morti quattro figli in età giovane. Oltre a me le rimane mia sorella Ginevra, che sarà anche una testa vuota, come dice Anita, non del tutto a torto, ma è la moglie del giudice De Gubernatis, uno dei pezzi da novanta del nostro Salotto Liberty>>
Giulia rise come non faceva da tempo:
<<Ah, quanto mi mancherà, quel tuo Salotto Liberty! E' sempre stato così accogliente. Si sente che c'è una secolare tradizione di ospitalità, nella tua casa>>
Diana sospirò:
<<La mia famiglia ha una lunga storia, non sempre piacevole...
Comunque, avrei voluto che Francesco e Silvia rimanessero a vivere con me, a Villa Orsini, ma mio marito, sai com'è fatto...>>
Giulia annuì:
<<Non importa. Tu ed Ettore avete fatto molto per Francesco: gli avete dato una nuova casa e una nuova famiglia. So che ha fatto amicizia con i tuoi generi, si trova bene con loro.
Questo mi conforta, perché, vedi, io all'inizio avevo un po' paura, perdonami, ma avevo sentito alcune voci... alcune storie... intendo dire...>>
Diana capì al volo e la sollevò dall'imbarazzo:
<<"Alcune voci" è un gentile eufemismo: si potrebbero scrivere interi romanzi sulla mia famiglia, e prima o poi qualcuno lo farà. Le voci girano, si amplificano e si crea una specie di "leggenda nera". Vorrei dire che è tutto inventato, ma non posso. Spero solo che il peggio sia passato. La gente pensa che io sia una privilegiata, e non sa quanti sacrifici ci sono voluti per tenere insieme i pezzi di questo mosaico così usurato dal tempo che è la famiglia Orsini.
Il tempo può logorare oppure consolidare. Non so ancora cosa prevarrà, alla fine>>
Giulia sembrava leggerle negli occhi, con la chiaroveggenza che a volte si manifesta nelle persone che stanno per morire:
<<E' anche di questo che volevo parlarti. Abbiamo un nipote in comune, Roberto, ed io tengo molto a quel bambino e al suo futuro, come so che ci tieni anche tu. 
Per questo voglio confidarmi con te su alcune questioni che potrebbero creare problemi nel rapporto tra le nostre famiglie e quindi nel 
futuro dei nostri figli e di nostro nipote. 
Occorre fare una premessa su alcuni grandi interessi che ci sono in gioco.
Mia figlia Enrichetta rivendicherà il suo ruolo facendosi forza non solo dell'appoggio di suo padre e dei suoi zii, ma anche del fatto che si è fatta le ossa occupandosi dei piani per la ristrutturazione del Canale in Destra di Reno, in particolare di tutta l'area di idrovore tra Argenta e Casal Borsetti. 
Era un sub-appalto del Consorzio di Bonifica della Romagna Occidentale, che ha inglobato tutti i canali di scolo che si impaludavano nella zona sud del fiume, dopo le inondazioni del '66.

Mappa Voltana - Cartina Voltana ViaMichelin

C'è poi da tener conto del fatto che mio cognato Edoardo, l'Assessore alle Opere Pubbliche della Regione e i suoi "apprendisti" nella giunta provinciale di Ravenna, di fatto controllano l'operato del Consorzio. 
Tutte queste premesse per dire che ormai, dietro agli affari dell'Azienda Monterovere, c'è una montagna di capitali, di svariata origine, per lo più esterna alla nostra ditta. 
Mi vergogno a dirlo, ma ho constatato che chi prova ad opporsi, finisce male.
A questo siamo arrivati... e il saperlo mi ha spezzato il cuore, letteralmente.
Mio padre, l'ingegner Lanni, era un vir integer scelerisque purus, e non avrebbe mai permesso una cosa simile, ma quelli erano altri tempi. 
Enrichetta ha un approccio più, come dire, "pragmatico" nei confronti degli affari, e questo emergerà anche per la principale opera pubblica a cui l'azienda Fratelli Monterovere sta collaborando in questo momento>>
Diana capì subito dove Giulia voleva andare a parare:
<<Il Canale Emiliano-Romagnolo>>
La consuocera annuì:
<<Esatto. Ho voluto parlarti di persona, e in via del tutto confidenziale, per metterti in guardia su ciò che potrebbe accadere. 
Come ben sai, l'accordo tra le nostre famiglie è stato raggiunto anche grazie alla mediazione di mio padre, che non era accecato dalla brama di facili profitti, era un visionario, un "Profeta delle Acque": tutto ciò che è bonifica, irrigazione, diga, acquedotto, depurazione e navigazione interna, faceva parte del suo grande sogno.
E' stato lui a concepire il progetto del Canale Emiliano-Romagnolo: portare le acque del Po, in salita, verso le zone aride romagnole, passando sotto i fiumi e sopra i fossi: nessuno gli credeva all'inizio, ma ora quel sogno sta diventando realtà.
L'agricoltura ne trarrà un grande giovamento, e tutta la nostra regione dovrà essergli grata, un giorno.
Ma c'è un problema.
Ti sto per confidare un segreto: se Enrichetta lo sapesse sfascerebbe questa clinica con le sue stesse mani, ma ormai mi resta pochissimo tempo, ed è giusto che tu sappia cosa bolle in pentola. 
Mio padre mi confidò, prima di morire, che i costi sono stati superiori al previsto e il Consorzio e gli Enti che lo controllano, hanno meno fondi per pagare le aziende collaboratrici e rimborsare i proprietari dei terreni espropriati>>
Fece una pausa per riprendere fiato. Si vedeva che era molto stanca, ma nel contempo intenzionata a dire tutto.
Diana si rese subito conto delle implicazioni:
<<Quindi alla fine i soldi dovranno essere trovati o riducendo i profitti dell'Azienda Monterovere o tagliando i rimborsi per le confische nel Feudo Orsini>>
Giulia le rivolse uno sguardo d'intesa:
<<Se mio padre fosse stato ancora in vita, avrebbe convinto mio marito a rispettare i patti, ma adesso che anche io ho un piede nella fossa, prevarrà la linea dura: scaricare il peso sugli espropriati, con la giustificazione che saranno loro a beneficiare dell'opera pubblica.
Tieni conto che il peso di Anita Monterovere è notevole tra i soci. Influenza i voti dei Bassi-Pallai, gli zii materni di mio marito. Anche qui abbiamo avuto sfortuna: la zia Valentina sarebbe stata dalla parte di Francesco, ma è morta, e il vedovo sta tutto dalla parte di Anita... dicono che ci vada persino a letto... deve avere dello stomaco, e anche delle energie particolari, alla sua età... Ma lasciamo da parte queste bassezze, e veniamo al sodo.
Ormai manca poco: hanno terminato il passaggio sotto il fiume Montone e presto inizierà quello sotto il Ronco. Tra pochi mesi gli scavi del C.E.R. arriveranno al Feudo Orsini, e io non ci sarò più.
 Ci sarà una battaglia colossale, sicuramente, dai risvolti anche politici: i Monterovere sono di sinistra, i Ricci-Orsini sono di destra... e sappiamo bene fino a che punto sono arrivate le tensioni tra le parti, negli ultimi anni, in Italia. 
Sarebbe un bellum omnium contra omnes. 
Finirebbe nel sangue di tutti, senza né vincitori né vinti, soltanto vittime... e per cosa?>>
Diana annuì gravemente. I giorni si erano inaspriti e gli anni erano diventati di piombo.
Il 1977 era stato già sufficientemente funestato, anche in Emilia-Romagna.
<<Ti ringrazio, Giulia, per tutte queste confidenze.
Se fossi io la proprietaria del Feudo che porta il mio cognome, ti garantirei subito e completamente la mia rinuncia ad ogni azione legale per ottenere rimborsi a prezzo di mercato.

Del resto, come tu hai detto, i benefici di quest'opera sono notevoli e tutte le coltivazioni ne trarranno vantaggio.
Purtroppo io, pur essendo "la Contessa", non conto assolutamente niente sulle questioni economiche e politiche.
Il socio di maggioranza assoluta è Ettore e le decisioni finali vengono prese da lui e dal suo amministratore delegato, Michele Braghiri, che non è certo un gentiluomo>>
Al solo sentir pronunciare quel nome, Giulia si agitò:
<<Ho sentito delle storie sul conto di quell'uomo e della sua famiglia... ti confesso che mi fanno paura>>
Diana avrebbe tanto voluto tranquillizzare la consuocera malata, ma si sarebbe trattato di una menzogna troppo grande:
<<Fanno paura anche a me.
E' una vita che i Braghiri si comportano come dei parassiti nella mia casa e nella mia famiglia. Ettore non vuole parlarne, ma è ovvio che Michele lo ricatta: non c'è altra spiegazione che giustifichi l'insolenza con cui quell'individuo e la sua famiglia ci trattano, facendo i padroni in casa nostra>>
Giulia sospirò:
<<Vorrei tanto poterti assicurare l'appoggio dei Monterovere, ma anch'io conto così poco, e adesso meno che mai>>
Diana strinse di nuovo la mano della consuocera:
<<Non temere. Ti prometto che farò il possibile e anche l'impossibile sia per una mediazione con tra tuo marito e mio marito, sia per tenere a bada Michele Braghiri. 
Non scaricherò su altri questa incombenza: è il mio fardello, e mio soltanto... 
Non permetterò che altri miei familiari vengano coinvolti nelle loro meschinità>>
Giulia annuì:
<<Io ti credo. Tu li conosci meglio di tutti e sai come tenerli a bada. Quello che mi chiedo è cosa può averli spinti ad un odio così grande. E' possibile che sia solo l'ambizione a renderli così crudeli?>>
Era una domanda di non poco conto, a cui Diana non era mai riuscita, fino a quel momento, a dare una risposta esauriente. Prese quindi l'argomento alla lontana:
<<Mio padre diceva: il peggio va dove si fanno i soldi. Ma questo era il pregiudizio antiborghese di un aristocratico squattrinato. E però non aveva tutti i torti.
Michele Braghiri era un truffatore: quando era un semplice mezzadro, al momento di consegnare la presunta metà del raccolto, metteva dei sassi nei sacchi e si teneva quasi tutto per sé. I miei illustri antenati non si sono mai accorti di nulla, salvo quando Michele, diventato amministratore, ha incominciato a vantarsene apertamente. Ormai mio padre non poteva più punirlo. Questo è stato l'inizio e forse era anche comprensibile, da un punto di vista di "giustizia sociale". Alcuni lo chiamerebbero un "esproprio proletario" contro il padrone.
Poi il padrone è diventato Ettore, e le cose sono cambiate. Michele si riteneva un suo pari, ma Ettore ha sempre voluto essere il primo. Ha fatto pesare molto la sua autorità, e questo ha generato un feroce senso di rivalsa in tutta la famiglia Braghiri, soprattutto in Massimo, il figlio di Michele>>
Giulia inarcò le sopracciglia, con aria complice:
<<Dicono che questo Massimo sia peggio del padre, è davvero così?>>
Diana annuì:
<<Massimo è uno psicopatico. Una pazzo furbo, però, e quindi molto pericoloso. Sa recitare bene, ma non può ingannare me.
Io credo di aver capito cosa è successo dentro di lui.
Mio marito era crudele con lui, lo trattava come un garzone di bottega. Ce l'aveva con lui per un solo motivo: era il figlio maschio che la sorte aveva donato a Michele Braghiri e negato a Ettore Ricci. Non ci siamo accorti quanto questo atteggiamento lo facesse soffrire: Massimo era orgoglioso e nascondeva bene le sue ferite. Ma le ferite della mente non si rimarginano mai del tutto, neanche se dopo sembra andare tutto bene, neppure se si ha successo. Alla prima crisi, quelle ferite si riaprono, e possono generare reazioni mostruose. Ogni reazione spropositata, ha le sue vere cause in qualcosa che si trova molto indietro nel tempo, e molto in profondità nella psiche. Non c'è cura risolutiva, solo trattamenti sintomatici, che non fanno altro che aggiungere ingiustizie alle ingiustizie già subite. L'unica risposta giusta a tutto questo sarebbe un trattamento di riguardo, il che risulterebbe politicamente improponibile. Pertanto la persona danneggiata, se non vuole a sua volta fare danni, non ha altra scelta che l'esilio o l'isolamento, o entrambe le cose. Chi ha subito un grave danno ha insomma il dovere ulteriore di tenere gli altri a distanza di sicurezza, sempre, onde evitare che il danno si trasferisca, moltiplicato, trasformando la vittima in un carnefice.
Ogni storia di odio inizia con il dolore, e il dolore non ha limite, è inesauribile: sono le persone che alla fine si esauriscono>>
Giulia comprese che quel lungo monologo non riguardava soltanto Massimo Braghiri: aveva una valenza universale.
Ha parlato di se stessa, dell'inferno che ha attraversato. Ed ora io le sto lasciando in eredità tutta la mia paura e la mia solitudine.
Era molto stanca, le mancava il respiro: bisognava congedarsi.
<<Sono d'accordo, e mi fido di te, Diana. Veglia su mio figlio come se fosse tuo. Francesco è ingenuo, non si accorge della cattiveria degli altri. Ha bisogno di una vera famiglia e tu gliela puoi offrire>>
Diana sentì l'importanza di quella responsabilità, che gravava soltanto sulle sue spalle. Lei, da sola, contro tutto, come sempre.
Le vennero in mente, chissà perché, alcuni versi di un certo Theodore Watts-Dunton, di cui il Conte suo padre, da liberale anglofilo qual era, le aveva regalato una raccolta, tantissimi anni prima.
"She stands alone, ally nor friends has she, old England stands alone"
Prese nuovamente la mano a Giulia:
<<Ti ringrazio per la fiducia. Difenderò i nostri cuccioli con tutte le mie forze>>
Giulia sapeva che non erano parola vane, e si sentì sollevata:
<<Lo so. Addio, Diana. E come disse Socrate: "È giunto ormai il tempo di andare, o giudici, io per morire, voi per continuare a vivere. Chi di noi vada verso una sorte migliore, è oscuro a tutti, tranne che alla Divinità">>
E Diana, che era donna di cultura al pari della morente, fece proprio il parere di Socrate stesso:
<<E non è possibile che abbia ragione chi di noi pensa che morire sia un male>>

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Cosa vedere in Provenza: campi di lavanda e non solo

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