Arianna Huffington (nata Arianna Stassinopoulos; Atene, 15 luglio 1950) è una giornalista e scrittrice greca naturalizzata statunitense, nota per aver fondato The Huffington Post, uno dei blog più letti ed influenti degli Stati Uniti.
Figlia di Konstantinos e Georgiadi Stasinopoúlou, Arianna è nata ad Atene e ha studiato al Girton College dell'Università di Cambridge.
Negli anni ottanta si trasferì a New York, dove intraprese la professione di scrittrice e giornalista, occupandosi soprattutto di politica.
Dal 1986 al 1997 è stata sposata con l'imprenditore e politico repubblicano Michael Huffington, deputato alla Camera dei Rappresentanti dal 1993 al 1995. Dal matrimonio sono nate due figlie: Christina Sophia e Isabella Diana. Poco dopo il divorzio dei due, Michael dichiarò ufficialmente la propria bisessualità e divenne un attivista per i diritti LGBT.
Nel corso degli anni il suo schieramento politico è cambiato varie volte: all'inizio considerata una voce conservatrice di destra, nel 2003 si candidò alla carica di governatore contro il repubblicano Arnold Schwarzenegger presentandosi alle elezioni in california come indipendente, per poi rivendicare la propria appartenenza al Partito Democratico nel 2008.
Nel 2005 Arianna Huffington ha fondato un giornale on-line, The Huffington Post, divenuto ben presto uno fra i più seguiti a livello mondiale.
Fin qui i fatti.
Ora, noi non vogliamo mettere in dubbio il talento giornalistico della signora Huffington, ma ci interessa seguire la sua parabola umana e professionale, perché rappresenta un prototipo, un ideal-tipo, dell'evoluzione dei miliardari del mondo occidentale, che a un certo punto della loro vita hanno capito che il modo migliore per difendere il proprio status sociale e aumentare addirittura il proprio prestigio, il proprio potere e anche la propria ricchezza, era schierarsi con la sinistra "liberal", puntando tutto sulle battaglie per i diritti civili e mettendo in secondo piano quelle per i diritti sociali.
Un elemento comune a molte giornaliste o donne di successo che si ispirano alla Huffington è quello di farsi conoscere, inizialmente, attraverso un matrimonio prestigioso o comunque una frequentazione del jet set.
Il paradosso è che dopo una gavetta di questo tipo, che ricalca vecchissime strategie di tipo seduttivo tutte interne ad un contesto maschilista, queste mogli miliardarie mettono su, con i soldi del marito, la propria impresa e si scoprono eroine del femminismo, pur continuando a firmarsi con il cognome del coniuge.
In fondo è anche la storia di Hillary Clinton, che si chiamerebbe Hillary Rodham, ma con quel cognome nessuno se la filerebbe, o di Angela Merkel, che usa ancora il cognome del primo marito da cui ha divorziato secoli fa. Al riguardo vi rimando alle biografie non autorizzate che ho scritto in questo blog sia di Hillary ("la guerrafondaia che piace ai radical-chic") e di Angela ("la ragazza dell'est").
Ma torniamo alla Huffington.
Folgorata sulla via di Washington, Arianna Huffington ha scoperto che per sdoganarsi nel mondo snob dei salotti buoni radical chic era necessaria una rivoluzione formale, che, pur salvando la struttura filo-capitalistica e filo-globalizzazione del suo "pensiero" economico, desse una patina di sinistra al suo blog.
Attenzione però, quando si parla di sinistra radical-chic non si intende più qualcosa che abbia a che fare con un progetto di stato sociale o di socialdemocrazia, concetti che sono stati sbrigativamente messi in cantina nell'ultimo decennio, complice la Grande Recessione e il Nuovo Ordine Mondiale che ne ha approfittato per imporsi.
Ora per dirsi di sinistra, secondo i radical chic, basta essere favorevoli all'immigrazione indiscriminata e ai matrimoni gay con adozioni e maternità surrogate, il tutto condito con qualche superficiale riverniciatura femminista e ambientalista, più di facciata che altro, perché si ferma subito di fronte al rispetto paradossale del velo islamico, della tecnologia più futile e del mondialismo guerrafondaio di chi vuole esportare la democrazia a suon di bombardamenti, colpi di stato, finanziamento di gruppi eversivi e di rivoluzioni arabe o ucraine più o meno colorate.
Arianna Huffington ha rappresentato la quintessenza di tutto questo e non è un caso che l'Huffington Post italiano abbia trovato spazio tra le colonne di Repubblica, il salotto buono dei perbenisti radical-chic delle terrazze romane.
Ora che la Huffington ha fatto soldi a palate grazie ai suoi amici radical chic e al gregge di chi li segue, ha deciso di dedicarsi all'imprenditoria nel campo della sanità, dove certamente troverà un ottimo business, dal momento che si può sempre fare affidamento sul fatto che gli esseri umani si ammalano continuamente e che la sanità pubblica, nonostante i proclami dei progressisti, continua a perdere colpi e a non garantire affatto il diritto alla salute, che invece dovrebbe essere una preoccupazione primaria.
Vedremo se l'azienda della Huffington offrirà cure a buon mercato oppure continuerà a rivolgersi al suo salotto buono di miliardari col cuore a sinistra e il portafoglio saldamente a destra.
Un elemento comune a molte giornaliste o donne di successo che si ispirano alla Huffington è quello di farsi conoscere, inizialmente, attraverso un matrimonio prestigioso o comunque una frequentazione del jet set.
Il paradosso è che dopo una gavetta di questo tipo, che ricalca vecchissime strategie di tipo seduttivo tutte interne ad un contesto maschilista, queste mogli miliardarie mettono su, con i soldi del marito, la propria impresa e si scoprono eroine del femminismo, pur continuando a firmarsi con il cognome del coniuge.
In fondo è anche la storia di Hillary Clinton, che si chiamerebbe Hillary Rodham, ma con quel cognome nessuno se la filerebbe, o di Angela Merkel, che usa ancora il cognome del primo marito da cui ha divorziato secoli fa. Al riguardo vi rimando alle biografie non autorizzate che ho scritto in questo blog sia di Hillary ("la guerrafondaia che piace ai radical-chic") e di Angela ("la ragazza dell'est").
Ma torniamo alla Huffington.
Folgorata sulla via di Washington, Arianna Huffington ha scoperto che per sdoganarsi nel mondo snob dei salotti buoni radical chic era necessaria una rivoluzione formale, che, pur salvando la struttura filo-capitalistica e filo-globalizzazione del suo "pensiero" economico, desse una patina di sinistra al suo blog.
Attenzione però, quando si parla di sinistra radical-chic non si intende più qualcosa che abbia a che fare con un progetto di stato sociale o di socialdemocrazia, concetti che sono stati sbrigativamente messi in cantina nell'ultimo decennio, complice la Grande Recessione e il Nuovo Ordine Mondiale che ne ha approfittato per imporsi.
Ora per dirsi di sinistra, secondo i radical chic, basta essere favorevoli all'immigrazione indiscriminata e ai matrimoni gay con adozioni e maternità surrogate, il tutto condito con qualche superficiale riverniciatura femminista e ambientalista, più di facciata che altro, perché si ferma subito di fronte al rispetto paradossale del velo islamico, della tecnologia più futile e del mondialismo guerrafondaio di chi vuole esportare la democrazia a suon di bombardamenti, colpi di stato, finanziamento di gruppi eversivi e di rivoluzioni arabe o ucraine più o meno colorate.
Arianna Huffington ha rappresentato la quintessenza di tutto questo e non è un caso che l'Huffington Post italiano abbia trovato spazio tra le colonne di Repubblica, il salotto buono dei perbenisti radical-chic delle terrazze romane.
Ora che la Huffington ha fatto soldi a palate grazie ai suoi amici radical chic e al gregge di chi li segue, ha deciso di dedicarsi all'imprenditoria nel campo della sanità, dove certamente troverà un ottimo business, dal momento che si può sempre fare affidamento sul fatto che gli esseri umani si ammalano continuamente e che la sanità pubblica, nonostante i proclami dei progressisti, continua a perdere colpi e a non garantire affatto il diritto alla salute, che invece dovrebbe essere una preoccupazione primaria.
Vedremo se l'azienda della Huffington offrirà cure a buon mercato oppure continuerà a rivolgersi al suo salotto buono di miliardari col cuore a sinistra e il portafoglio saldamente a destra.
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