La Transnistria (o Repubblica di Pridnestrov'e - Pmr) è una sottile striscia di terra che divide la Repubblica di Moldova dall'Ucraina. Ufficialmente sotto il controllo del governo moldavo, è un territorio indipendente de facto da oramai più di vent'anni, sebbene venga riconosciuto solamente da Abkhazia e Ossezia del Sud.
Da sempre geopoliticamente irrilevante agli occhi occidentali, la Transnistria potrebbe ricoprire un ruolo molto interessante per ciò che attiene alla costruzione dello scudo anti-aereo russo, un progetto di cui si parla da anni. L'espulsione di Vasili Kasirin da parte delle autorità moldave, l'arresto da parte di quelle ucraine di sospetti appartenenti a gruppi terroristi attivi nei Territori, le pressioni dell'autoproclamata Pmr sugli abitanti di villaggi sotto l'autorità diretta del governo moldavo siti sulla riva sinistra del fiume e soprattutto l'intensificato controllo dei ponti sul fiume Dnestr (in rumeno Nistru) da parte delle milizie transnistriane sono solo piccoli indizi su ciò che potrebbe rappresentare l'area nei prossimi anni. Il fiume Nistru ha ottime probabilità di divenire la linea di confine di una nuova guerra fredda.
Sta oramai prendendo forma la vera grand strategy russa nell'area. Si può sostenere che la studiata e sottaciuta concatenazione di obiettivi (premeditata in toto o delineatasi nel tempo) sia ridefinibile così:
I. Consenso (interno) -> Crimea +
II. Corridoio (logistico) -> Donetsk e Lugansk +
III. Consolidamento (militare e doganale) -> Transnistria +
= Politica di sicurezza nel Mar Nero (navale ed energetica)
I. Consenso (interno) -> Crimea +
II. Corridoio (logistico) -> Donetsk e Lugansk +
III. Consolidamento (militare e doganale) -> Transnistria +
= Politica di sicurezza nel Mar Nero (navale ed energetica)
La prima fase, quella del "consenso", si è conclusa con successo. La Crimea è ora parte integrante della Federazione Russa e il Cremlino ne ha guadagnato in termini di popolarità, considerando la riunificazione come riparazione di un torto storico. Difficile che cittadini russi o crimeani, spinti da un forte senso nazionalista, non apprezzino di tornare sotto l'ala protettiva della Grande Madre. E difficile che forze anti-russe possano negare o contrastare quello che oramai è il nuovo status quo.
Il successo della prima fase porta velocemente al tentativo di attuazione della seconda, quella del "corridoio". L'annessione della simbolica Crimea e la facilità e la rapidità con cui il piano è stato attuato spingono il Donbas a riconsiderare la propria posizione e richiedere un trattamento simile a quello riservato alla penisola del Mar Nero. È ormai ben chiara ai russi l'evanescenza della politica internazionale occidentale: molte divisioni, interessi distinti e un generico desiderio di evitare guai. Se la seconda fase si concretizzasse con modalità del tutto simili alla prima (occupazione, elezioni, annessione), sarebbe ulteriormente sottolineata l'inadeguatezza occidentale ad affrontare la situazione.
La Russia è interessata alle regioni dell'Ucraina orientale per varie ragioni, anche economiche (miniere). Un aspetto chiave resta quello logistico. Per usare la felice espressione dell'analista Yulia Latynina, in assenza di un corridoio di terra possedere la Crimea è come avere una "valigia senza manico". Essa infatti non dispone di fonti di gas, elettricità o acqua. Non poter erogare servizi basilari ai propri nuovi cittadini vanificherebbe gli sforzi della prima fase volta al raggiungimento del consenso interno. Ragion per cui la Russia si sforzerà in tutti i modi per ottenere la tanto agognata contiguità territoriale.
Tuttavia, è risaputo che sulla via per raggiungere la Crimea dal Donbas vi sono città portuali sul Mar di Azov come Mariupol e Berdyansk che per il momento non sono sotto il controllo di autoproclamate repubbliche separatiste. Esperti militari ucraini già si chiedono se ad essere presa di mira sarà la città di Mariupol o se quest'ultima verrà "scavalcata" e nel mirino entrerà la città di Berdyansk. In ogni caso, la Russia si sforzerà in tutti i modi di portare a termine la seconda fase.
L'assenza di contiguità territoriale della Federazione Russa con la Crimea vanifica i vantaggi dell'annessione di quest'ultima. Tale discorso è valido anche per la Repubblica Popolare di Transnistria, che però non ha l'importanza economica o culturale né la rilevanza demografica della Crimea. Il motivo delle attenzioni russe verso Tiraspol è correlato principalmente agli aspetti militari e doganali necessari al consolidamento del nuovo ruolo cui Mosca punta nel Mar Nero.
L'aspetto militare è connesso alla costruzione o al potenziamento in Bessarabia di uno scudo anti-aereo come risposta al più altisonante scudo stellare occidentale. Soluzione praticabile, ottimo strumento di pressione e più congeniale alle finanze del Cremlino. Le 46 installazioni anti-aereo già presenti nella striscia costituiscono un'ottima base iniziale. Le truppe russe di peacekeeping che da più di vent'anni sono stanziate nella regione potrebbero occuparsi senza problemi della sicurezza connessa all'attuazione di tale progetto. L'aspetto militare è tuttavia secondario rispetto a quello doganale, che è fondamentale per ciò che attiene al consolidamento interno, al controllo dei flussi commerciali e alla circolazione delle persone "gradite".
Se questo è vero perché la frontiera di questa nuova guerra fredda dovrebbe stabilirsi proprio sul fiume Nistru e non sugli attuali confini tra Moldavia e Romania? Ovvero perché la Russia non dovrebbe ambire a estendere la propria egemonia anche sull'intero territorio moldavo? Innanzitutto perché il Cremlino ha un forte senso della misura: sa fino a dove può spingersi e conosce molto bene le tempistiche per il raggiungimento dei propri obiettivi. Soprattutto, conosce molto bene il principio di "legittimità" nelle relazioni internazionali: sa benissimo che estendendo le proprie mire espansionistiche su un piccolo paese associato dell'Unione Europea farebbe il passo più lungo della gamba. Disperderebbe energia senza che possano esservi benefici concreti: non vi sarebbero confini facilmente controllabili e la popolazione potrebbe essere riluttante ad accettare nuove forme di controllo russo.
Persino il confine logistico artificioso di epoca sovietica, quello dello scartamento ferroviario differente dagli standard occidentali, è superato sia dalla tecnologia che dalla banale capacità divisoria che un confine naturale come il fiume Nistru può meglio garantire. Inoltre il Cremlino sarebbe disposto a investire con i propri deprezzati rubli per lo sviluppo di una regione tanto periferica e tanto desiderosa di sviluppo, senza avere in cambio la garanzia di fedeltà da parte dei cittadini? Meglio limitarsi ai Territori della riva sinistra del Nistru, ben russificati, che si sono già espressi qualche anno fa con un referendum a favore dell'adesione alla Federazione Russa. Le truppe già ci sono e pure in veste di pacificatori: non si parlerebbe nemmeno di occupazione.
Se la terza fase (consolidamento) di questa grand strategy russa dovesse divenire auspicabile agli occhi del Cremlino alla luce di un eventuale successo della seconda fase (corridoio), quale sarebbe il principale ostacolo per il raggiungimento dell'obiettivo? Odessa, città piuttosto importante. In questo caso l'Ucraina, pur di garantirsi un prezioso accesso al Mar Nero, sarà costretta a implementare le proprie politiche di sicurezza anche nel Sud-Ovest del paese.
Ciò non rischia di isolare la Transnistria anche da un punto di vista energetico? Vi sarà gas per il riscaldamento a Tiraspol o a Ribnita? Se questo non dovesse accadere, la popolazione demograficamente tripartita in moldavi, ucrainofoni e russofoni come la prenderebbe? Aumentando l'emarginazione della regione, l'Ucraina rischia di vedere accresciute le intenzioni russe di rompere un isolamento che ormai è anche istituzionale: i rappresentanti di Tiraspol non si recano nemmeno più alle riunioni della Commissione Unificata di Controllo e dell'Osce per quanto riguarda la "crisi transnistriana". Per la Russia è un invito a nozze.
Questa striscia di terra è come un'appetitosa esca alla quale l'Ucraina rischia di restare impigliata. Non finisce qui: il timore infatti è che possa divenire anche trappola per volpi europee. Se non si accantona l'ipocrisia diplomatica e non si riconosce quello che in realtà è uno Stato a tutti gli effetti, dovremo farci carico personalmente delle conseguenze. Se la Moldova è una cosa sola, ogni forma di influenza sui Territori (pressioni politiche, limitazione alle libertà personali, sanzioni economiche o peggio), sarebbe da considerarsi a scapito dell'intera Repubblica, paese associato.
Una soluzione potrebbe essere quella di lasciare la Transnistria al proprio destino. L'Europa dovrebbe occuparsi di una rapida integrazione ed europeizzazione dei territori a ovest del fiume Nistru (sponsorizzati dalla Romania) e provvedere affinché vi sia prosperità e sviluppo, congiuntura economica permettendo. La realizzazione di tutte e tre la fasi (consenso, corridoio, consolidamento) della grand strategy russa porterebbe a un'accresciuta politica di sicurezza nel Mar Nero, che potrebbe diventare un epicentro delle prossime crisi mondiali.
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