Tutto ciò che comunica avvenimenti e trasformazioni le è specifico, almeno secondo un'altra distinzione centrale, quella tra narrazione e descrizione[2]. A qualcosa di questo tipo fa riferimento anche la distinzione platonica tra mythos e logos.[3]
Davanti a una narrazione, in forma verbale o in altra forma, chi ascolta, guarda o legge un racconto non fa che ripetere mentalmente il contenuto del racconto stesso, in qualche modo facendone un sommario mentale che mette in ordine gli eventi narrati come successivi (o contemporanei), trasferendo il campo semantico all'interno di un sistema di azioni e funzioni che svolgono i personaggi del racconto (compreso il narratore).
I formalisti russi, in particolare Boris Tomaševskij, hanno studiato le connessioni causali-temporali tra gli avvenimenti, mentre Vladimir Propp ha organizzato uno schema di funzioni che interpreta tali avvenimenti in relazione ai personaggi, centrando lo svolgimento delle vicende narrate sulla trasformazione del personaggio stesso. Partendo dagli studi di Émile Benveniste si è poi fatta la distinzione tra storia (oggetto della narrazione) e discorso (modo in cui la narrazione presenta gli avvenimenti)[4]. La narratologia ha quindi spiegato come queste due categorie entrano in correlazione, come le azioni possono essere distinte tra post hoc e propter hoc (ovvero come siano legate da successione più o meno coerente ma in fondo sempre casuale o consequenzialità delle azioni stesse).[5].
Un testo di narrativa è una comunicazione e, in quanto tale, crea aspettative, conferme, tradimenti di attese, passaggio di informazioni tra un autore e un lettore (incluso un lettore modello, ossia quel che si immagina l'autore come proprio lettore[6]). L'autore sceglie dunque gli eventi che considera "necessari" e "sufficienti" a mettere in azione la continuità del discorso narrativo e l'evoluzione del racconto[7], lasciando in sospeso, riprendendo, rimandando al senso comune, saltando, aggiungendo o levando verosimiglianza, parafrasando o dilungandosi secondo una strategia che vuol tenere più o meno legata (e paradossalmente in certe avanguardie anche respingere) l'attenzione del lettore.
Quindi la narrativa ha gradi diversi di plausibilità, usa dosi diverse di suspense e di sorpresa, sancisce o esplora tipi di assertività variabilissime, con una gamma tra semplicità e sofisticazione assai vasta.
Come ha mostrato Gérard Genette, gli eventi narrati sono tra di essi in relazione di ordine (prima, durante, dopo[8]), durata (dove distingue cinque possibilità, secondo che la il tempo della "storia" sia più o meno lungo di quello del "discorso" che la svolge) e frequenza.
In termini di "durata" una narrazione può essere (TS = tempo della storia; TD = tempo del discorso)[9]:
- 1. riassunto: TS > TD
- 2. ellissi: TS > TD = 0
- 3. scena: TS = TD
- 4. estensione: TD > TS
- 5. pausa: TD > TS = 0
In termini di "frequenza" gli eventi narrati possono essere:
- 1. singolativi: TD rappresenta un singolo evento di TS (come "ieri mi sono coricato presto")
- 2. singolativo-multipli: diversi TD di un singolo TS (come "lunedì mi sono coricato presto, martedì mi sono coricato presto", "mercoledì mi sono coricato presto" ecc.)
- 3. ripetitivi: TD ripete più volte TS (come "ieri mi sono coricato presto", "ieri mi sono coricato presto", "ieri mi sono coricato presto" ecc.)
- 4. iterativi: TD rappresenta più TS (come "tutti i giorni della settimana mi sono coricato presto")[10].
La "voce" del racconto ha a che fare con chi racconta e da dove, cioè con il punto di vista del racconto. Genette fa i cinque casi di voci seguenti:
- intradiegetica (chi racconta è all'interno della storia narrata)
- extradiegetica (chi racconta ne è fuori)
- eterodiegetica (chi racconta è nella storia ma non ne è uno dei personaggi, riferisce cose accadute ad altri)
- omodiegetica (chi racconta è uno dei personaggi, benché non sia l'autore della storia)
- autodiegetica (chi racconta è un personaggio e riferisce cose accadute a sé).
A queste Christian Metz ha aggiunto la voce:
- peridiegetica (chi racconta appartiene alla storia ma non è personificato né in un personaggio né nella voce d'autore)
Esiste poi un calcolo possibile del "modo" di raccontare, cioè da quale prospettiva, da quale distanza si parla, con coerenza o variazione della focalizzazione del racconto.
Altri studiosi sulla narrativa comprendono Algirdas Julien Greimas, Claude Bremond, Roland Barthes, Wayne C. Booth ecc.
Qualcuno è arrivato a dire che l'essere umano non dovrebbe essere chiamato homo sapiens, ma homo narrator (o forse homo mendax, per l'aspetto sviante dell'attività di narrazione rispetto alla verità), ovvero che la pratica di raccontarsi e raccontare è profondamente radicata nell'organizzazione del pensiero e del linguaggio che lo esprime[11].
Nella letteratura il termine narrativa raggruppa in sé un genere letterario comprendente:
Per metonimia il termine "narrare" sta a significare l'insieme delle attività dei romanzieri e dei novellieri che scrivono in una determinata lingua, che appartengono a un determinato ambiente geografico-culturale e che operano in un determinato periodo.
Capita anche che ci si riferisca genericamente a narrativa per un romanzo o un racconto, se non si riesce a trovargli una classificazione meglio definita. Tenendo conto che all'interno delle forme narrative possono trovarsi generi spuri come quelli del fotoromanzo (letteralmente un romanzo per immagini) o degli screenplay (le sceneggiature teatrali, cinematografiche o televisive, fonte di attenzione del mercato editoriale).
In genere si opera una netta distinzione tra narrativa e saggistica.
Nel senso comune, "narrare" significa raccontare quei fatti che hanno come protagonisti uomini, animali, esseri non animati che espongono la storia di qualcuno o di qualche cosa.
Quello del narrare è pertanto una funzione che viene svolta da un vasto campo di testi, molto differenti tra di loro, ma tali da poter essere ricondotti a due principali categorie e cioè a quei testi che hanno come oggetto la realtà e a quelli che vivono esclusivamente dell'invenzione dell'autore.
Nella prima categoria si possono raggruppare tutti quei testi che si occupano di ciò che è realmente accaduto o che può essere verificato attraverso un confronto con altri testi, per coglierne le analogie e le differenze oppure per trasmettere conoscenze di carattere scientifico e divulgativo, oppure dati personali che riguardano determinati individui, risvolti psicologici di personaggi più o meno famosi o di un particolare ambiente.
In queste opere la funzione del narrare è secondaria rispetto all'informare o esprimere.
Alcune tipologie di testi narrativi:
- Con particolare funzione informativa:
- l'articolo di cronaca
- il libro di storia
- la biografia
- il resoconto di viaggi o Reportage
- il testo di divulgazione scientifica
- Con particolare funzione emotiva:
- il poema epico: opera di 200 000 parole o più.
- il romanzo: opera di 60 000 parole o più.
- la novella: opera di almeno 17 500 parole ma meno di 60 000.
- il racconto: Opera di almeno 2 000 parole ma meno di 7 500.
- la narrativa lampo o Flash fiction: opera di meno di 2 000 parole (1 000 secondo alcune definizioni).
- il mito
- la leggenda
- la favola
- la fiaba
- la parabola
- la barzelletta
- la memoria
- l'autobiografia
- il diario
- l'epistolario
Questi ultimi testi presentano delle storie, hanno degli autori che li hanno composti e organizzati con un certo ordine, hanno utilizzato particolari strutture linguistiche, ma non sono del tutto opera di fantasia come quelli che appartengono alla seconda categoria.
Infatti in questi ultimi il narrare diventa lo scopo principale e le storie, anche se attinenti a determinate realtà e verosimili, sono comunque il frutto di finzione, sono cioè delle invenzioni.
Il carattere della finzione o della invenzione è percepito in modo immediato nel caso della fiaba, della favola o del racconto fantascientifico, ma si manifesta in modo meno evidente in tutti quei racconti, novelle, romanzi che nascondono, sotto l'apparente verosimiglianza, la finzione o invenzione.
Un romanzo è una estesa fiction narrativa in prosa. Fino al XVIII secolo, il termine era riferito specificatamente a racconti d'amore e intrighi in opposizione alle romanze, opere di lunghezza epica d'amore ed avventura. Durante il XVIII secolo, il romanzo ha adottato le caratteristiche della vecchia romanza ed è diventato uno dei maggiori generi letterari.
È per lo più definito dalla sua abilità di diventare oggetto di critiche riguardo al merito artistico, di avere uno specifico stile letterario e una maggiore profondità che storie vere dallo stesso contenuto pretendono di avere.
Un racconto è una narrazione di media durata in prosa. I racconti tendono ad essere più concisi ed andare direttamente al punto rispetto ad opere più lunghe, come le novelle (nel senso moderno del termine) e i romanzi. A causa della loro brevità, il successo dei racconti sta nella tecnica narrativa dell'utilizzo di personaggi, trame, ambientazioni, linguaggi e introspezione in maniera più considerevole rispetto alle forme narrative più lunghe.
I racconti hanno la nella prosa dell'aneddoto, un brevissimo racconto di una scenetta che va rapidamente al punto, con paralleli nel racconto orale delle storie tradizionali. Con la crescita del romanzo realistico, il racconto è evoluto come una miniatura, con alcuni dei primi, perfetti esempi nei racconti di E. T. A. Hoffmann ed Edgar Allan Poe.
Gli autori di fiction usano i seguenti elementi per creare effetti artistici nelle loro storie:
Gli autori di fiction usano i seguenti elementi per creare effetti artistici nelle loro storie:
- Ambientazione: il luogo e il tempo della storia che crea l'atmosfera e gli stati d'animo
- Antagonista: il personaggio che si trova in opposizione al protagonista
- Conflitto: un personaggio o un problema con il quale il protagonista ha a che fare
- Dialogo: i dialoghi dei personaggi come opposizione al narratore
- Personaggio: un partecipante alla storia, usualmente una persona
- Protagonista: il personaggio principale della storia
- Punto cruciale (o Spannung): il culmine della tensione o il dramma della storia
- Punto di vista: la prospettiva del narratore; usualmente ci si riferisce alla voce narrante, in prima o in terza persona.
- Risoluzione: la parte della trama nel quale si rivela il risultato del conflitto
- Scena: un pezzo della storia che mostra l'azione degli eventi
- Sfondo: una distillazione concettuale della storia; cosa la storia riguarda
- Sospensione del dubbio: l'accettazione temporanea degli elementi della storia come credibili da parte del lettore, generalmente necessaria per il divertimento
- Sottotrama: una trama che è parte di o è subordinata ad un'altra trama
- Struttura: l'organizzazione degli elementi della storia
- Tono: il tono di "voce" che l'autore utilizza
- Trama: una serie di eventi correlati rivelati nella narrazione
- ^ Cesare Segre, "Narrazione/narratività", in Enciclopedia Einaudi, vol. 9, Torino: Einaudi, 1980, pp. 690-701; poi in id. Avviamento all'analisi del testo letterario, ivi, 1985, pp. 264-80.
- ^ A partire da un articolo di Henry James, questa distinzione viene anche detta "telling" e "showing", oppure, comunque in studi d'ambito anglosassone, anche "to recount" e "to enact". All'interno della narrazione si potrebbe fare un paragone con la differenza grammaticale tra discorso indiretto e discorso diretto.
- ^ Gérard Genette, "Frontiere del racconto", in Figure II, Torino: Einaudi, 1972, pp. 23-41.
- ^ Altrove detti fabula e intreccio.
- ^ Segre, cit., p. 270.
- ^ Naturalmente i termini, soprattutto il secondo, vanno intesi in senso lato, poiché vi sono, per esempio anche narrazioni cinematografiche o fumettistiche.
- ^ Seymour Chatman, Storia e discorso. La struttura narrativa nel romanzo e nel film, Parma: Pratiche, 1981, p. 27 e seguenti.
- ^ cfr. le voci analessi e prolessi.
- ^ G. Genette, Figurel può essere un fatto accaduto tempo fa III, Torino: Einaudi, 1976 e S. Chatman, cit., pp. 63-81.
- ^ I casi 2. e 3. sono rari e al limite, destinati ad effetti speciali, la maggior parte delle narrazioni si svolgono in modo singolativo o iterativo, da cui dipende anche la scelta grammaticale del verbo. cfr. Harald Weinrich, Tempus. Le funzioni dei tempi nel testo, Bologna: Il mulino, 1978.
- ^ Stephen Jay Gould, citato in Remo Ceserani, Storicizzare, in Mario Lavagetto (a cura di), Il testo letterario. Istruzioni per l'uso, Bari: Laterza, 1996, p. 79.
- Henry James, The Point of View, 1883.
- Seymour Chatman, Story and Discourse, 1978.
- Gérard Genette, Figures III, 1972.
- Gérard Genette, Nouveau discours du récit, 1983.
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