martedì 14 ottobre 2014

Dal socialismo liberale alla tecnocrazia eurocratica germanocentrica: il partito democratico nell'era Renzi





I padri del socialismo liberale e del liberalsocialismo (Carlo Rosselli, Piero Gobetti, Gaetano Salvemini), specie nella sua accezione europeista (Ernesto Rossi e Altiero Spinelli), non potevano immaginare che i loro nobili ideali avrebbero potuto diventare nel contempo uno strumento di oppressione finanziaria (Angela Merkel, Wolfgang Schauble, Jirky Katainen, Jean-Claude Junker, Mario Draghi, Mario Monti) o di una scalata al potere da parte di politici ambiziosi e di partiti pigliatutto (Matteo Renzi, Partito Democratico)





(Nella foto qui sopra vediamo il giovane Commissario europeo per gli affari economici e monetari, il finlandese Jirky Katainen, di cui possiamo apprezzare l'eleganza e il nodo windsor doppio alla cravatta, ma ben poco altro).


Com'è potuto accadere che il socialismo liberale e il liberalsocialismo potessero degenerare nella tecnocrazia eurocentrica o nell'egemonia neocentrista del PD, unendo insieme il peggio dell'eredità comunista, di quella socialdemocratica, di quella democristiana e di quella neoliberista?
La risposta è riassumibile in alcuni punti essenziali.
1) Dal comunismo reale, l'europeismo tecnocratico ha ereditato il centralismo burocratico, il primato della pianificazione economica, l'egemonia oppressiva di una nazione guida al vertice - nell'Unione Sovietica era la Russia, nell'Unione Europea è la Germania - e di una elite partitocratica basata sulla grande coalizione tra PPE, PSE e ALDE.





2) Dall'unione tra socialismo e liberalismo neoliberista è derivata da un lato una politica buonista dei diritti civili e politici basata su interessi economici ben precisi (immigrazione di massa per ridurre il costo del lavoro e ottenere il consenso degli ambienti cattolici progressisti, musulmani e radical-chic, matrimoni gay per assicurarsi il consenso di una lobby economicamente forte) e dall'altro ...




... e dall'altro lato una politica dell'austerità basata su una convergenza di elementi neolaburisti (smantellamento del welfare state universalistico a vantaggio di un sistema fiscale e assicurativo che premi chi ha già un lavoro a discapito di tutti i soggetti non inseriti stabilmente nel sistema produttivo, quali i disoccupati, i precari, i disabili, i pensionati, gli indigenti) con elementi neoliberisti  (primato della finanza e delle grandi corporations, tassazione degli immobili e dei risparmi del ceto mediodetassazione dei profitti da speculazioni finanziarie e da attività imprenditoriali connesse con i salotti buoni della finanza internazionale).
Sostanzialmente si tratta di una alleanza tra i lavoratori più garantiti e i salotti buoni della finanza e della grande imprenditoria.



3) L'eredità democristiana ha portato nel Partito Democratico il virus del "partito pigliatutto" che pesca voti ovunque, facendosi portavoce di interessi di categorie ben precise tramite elargizioni di carattere assistenzialistico (i famosi 80 euro, le promesse assunzioni dei precari storici, l'ipotesi del tfr in busta paga e altri provvedimenti puramente demagogici), unito con una vocazione centrista da "partito unico" che esclude gli estremi ed è sempre al governo, garantendo i poteri forti (anche grazie al patto del Nazareno di Renzi e Berlusconi, che di fatto ha mostrato come Renzi sia nel contempo il nuovo Craxi, il nuovo Andreotti, il nuovo Forlani e il nuovo De Mita).





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