Gatto
Audrey, protagonista immortale del Colazione da Tiffany di Blake Edwards. Perché nel film che porta al cinema (secondo alcuni, malamente, ma a noi piace così) il romanzo di Truman Capote, il gatto che abita con Holly ha un ruolo importante. Prima di tutto, è fondamentale per la psicologia della protagonista che questo gatto non abbia un nome (“ma io penso che non ho il diritto di dargli un nome... perché in fondo noi due non ci apparteniamo, è stato un incontro casuale. E poi non voglio possedere niente, finché non avrò trovato un posto che mi vada a genio”, dice il personaggio della Hepburn), e poi perché per la conclusione della storia tra Holly e Paul è fondamentale che i due vadano alla ricerca del felino sotto un forte acquazzone.
Il gatto di Ernst Stavro Blofeld
Anche il persiano bianco che vediamo sempre in braccio al supervillain della serie di James Bond, Ernst Stavro Blofeld, non ha un nome. O meglio, forse lo avrà, ma in nessuna delle sue apparizioni cinematografiche ci è stato rivelato. La sua funzione. fondamentale ed essenziale, è quella di completare l’immagine del cattivo bondiano: svolta in maniera tanto iconica da essere parodiato esattamente come il suo padrone nella serie di Austin Powers: ilMr. Bigglesworth del Dottor Male è però diventato uno Sphynx , poiché questi sono stati gli effetti della capsula criogenica sul povero animale (in origine, si dice, anche lui un persiano).
Lo stregatto
Sornione e inquietante più del silente gatto di Blofeld, è lo stregatto di Alice nel paese delle meraviglie, forse il nostro preferito tra tutti i felini apparsi nei cartoon Disney, dal Figaro diPinocchio fino a gli odiosi Si e Am di Lilli e il vagabondo e Lucifero di Cenerentola. Certo, poi c’è tutta la banda degli Aristogatti, ma loro in questa sede sono fuori concorso. Tornando alloStregatto citazione d’obbligo per la sua versione in CGI nel film in live action firmato da Tim Burton qualche anno fa.
Cagliostro
Con tutto il suo apparire e sparire, i poteri magici dello Stregatto disneyano sono ben poca cosa rispetto a quelli, più understated, di Cagliostro, il siamese di Kim Novak in Una strega in paradiso, la gradevolissima commedia romantica diretta da Richard Quine nel 1958 che, oltre alla bionda attrice, all’apice del suo splendore, vedeva nel cast Jimmy Stewart, Jack Lemmoned Elsa Lanchester. Cagliostro non era solo un gatto, ma un vero e proprio stregone, incarnazione di un avo della bella strega di cui s’innamora Stewart.
Church
E se i poteri dei gatti non fossero magici? O meglio, queste capacità paranormali non fossero benefiche? Perché la vulgata vuole che i felini abbiano le proverbiali sette vite, ma a volte il loro ritorno in vita non è esattamente auspicabile. Pensate ad esempio a Church, il gatto della piccola Ellie Creed in Cimitero vivente, l’horror di Mary Lambert tratto dal romanzo “Pet Semetery” di Stephen King. Ma anche, volendo rimanere in argomento, a Rufus, il gatto zombie di Re-Animator. E, parlando di gatti nel cinema horror, impossibile non citare il gatto nero di numerosi film più o meno direttamente tratti dal racconto omonimo di Poe, da quello conBoris Karloff del 1934 fino alle versioni di Fulci del 1981 e di Argento nel suo segmento diDue occhi diabolici.
Generale Sterling Price
A volte nel cinema horror i gatti non sono nemici, ma d’aiuto. è il caso di Generale, il gatto che è il filo conduttore de L’occhio del gatto e che è protagonista con Drew Barrymore del segmento finale. Quel gatto viene chiamato dal personaggio della Barrymore Generale, e Generale, per la precisione Generale Sterling Price, è anche il nome del gatto di John Wayne ne Il grinta. Quello che diede lo spunto per la celebre battuta “I gatti non appartengono a nessuno”: che, non a caso, riecheggia quella di Holly Goolightly. Chissà come mai i Coen, dai quali siamo partiti, non hanno invece voluto il gatto nel loro recente remake di questo celebre western: che Ulisse sia nato per colmare quella lacuna?
Tonto
Rimaniamo in ambito di cinema classico parlando di Tonto: no, non del sidekick indiano de Il cavaliere solitario, ma del gatto che accompagna il vedovo Harry interpretato da Art Carney in un lungo viaggio on the road attraverso gli Stati Uniti dopo che l’uomo è rimasto senza casa per via della demolizione del palazzo dove abitava per anni. Per la parte in Harry e Tonto, bizzarro film della New Hollywood diretto da Paul Mazursky, Carney vinse nel 1975 il premio Oscar cui aspiravano anche alcune mezze calzette come Albert Finney, Dustin Hoffman, Jack Nicholson e Al Pacino. Nessuna notizia di premi, invece, per il soriano rosso che interpretò Tonto.
GG
Classico, a modo loro, è anche FBI: Operazione gatto, il film live action della Disney diretto nel 1965 dallo stesso regista di Mary Poppins, Robert Stevenson. In questa commedia dalle tine solo vagamente gialle che vede Dean Jones e Hayley Mills capofila tra gli interpreti in carne ed ossa, G.G., un furbo e smaliziato gatto siamese, diventa centrale in un’operazione dell’FBI per liberare una donna rapita da due rapinatori. La Disney ci riproverà 12 anni dopo con Il gatto venuto dallo spazio, altra divertente commedia che vede protagonista un felino: questa volta il soriano alieno Zunar-J-5/9 doric-4-7, ribattezzato Jake dai suoi padroni adottivi sulla Terra.
Jonesy
Non è arrivato dallo spazio, ma sta nello spazio (dove nessuno può sentirti urlare) l’ultimo dei nostri felini cinematografici preferiti: Jonesy, il soriano rosso dell’ufficiale della USCSS Nostromo Ellen Ripley in Alien. Apparentemente un personaggio accessorio del bellissimo film di Ridley Scott, Jonesy è in realtà un importante trave narrativa, nonché - nella sua elusività, nella sua ambiguità e nella sua capacità di sopravvivere - una sorta di rappresentazione quintessenziale della natura felina. Jonesy, sopravvissuto nel primo Alien, tornerà e se la caverà anche nel primo sequel, l’Aliens diretto da James Cameron. Non è chiaro quale sia stato il destino diJonesy dopo quel film, dopo che Ripley gli disse “Tu rimani qui”, ma il suo nome è citato e omaggiato sia nella serie di videogame Halo che in quella di War of Wordcraft. Nonché dalla famiglia dello scrivente, che così ha battezzato il gatto di casa.
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