domenica 22 dicembre 2013

L'odio ideologico contro i proprietari di immobili: il nuovo "nemico di classe"




La proprietà di beni immobili vive un momento drammatico. All'invidia sociale si è sostituito l'odio di classe trasversale, che unisce la sinistra e l'elite finanziaria.
Il civile principio che si deve tassare il reddito di un bene, e solo il reddito (sempre che ci sia), appare superato, benché costituzionalmente protetto. Ora, lo Stato sembra non accontentarsi più del reddito, vuole il patrimonio. Si vuole tassare il valore dei beni immobili, che quasi sempre è stabilito a casaccio.
La stampa oligopolista, in mano alla finanza, chiede – per il catasto – di allineare i valori, per tassarli. 
Questo vuole il Grande Ayatollah Eugenio Scalfari, Guida Suprema della Rivoluzione.



Varato su base reddituale in tempi civili (quelli dell'appena nato Stato unitario), avrà ora anche un valore per ogni unità immobiliare, oltre la rendita (che misura – o dovrebbe misurare – il reddito). 
L'Europa (della finanza) è anch'essa allineata: si vuole scoraggiare il risparmio privato dall'investimento immobiliare. 
Lo vogliono le banche, specie quelle europee, specie la BCE di Mario Draghi, l'uomo che nel dicembre 2011, insieme a Monti e a Napolitano, con l'appoggio esterno di Merkel e Sarkozy, favorì la caduta di un governo regolarmente eletto dal popolo, sostituendolo con un governo di tecnici che non era stato eletto da nessuno.






Le tasse più inique, per premere su tale tipo di investimento, vengono varate: da ultimo, s'è pensato perfino allo sfitto involontario. Si teorizza – anche da cattedre di costituzionalisti ritenuti insigni – il «tributo ablativo», assegnando all'imposizione fiscale un'incostituzionale funzione di esproprio surrettizio (e quindi senza indennizzo) e, comunque, di redistribuzione (socialista) della ricchezza. Che si definisce – ipocritamente, in malafede – tale, anche quando non la si può realizzare sul mercato come spesso capita ai nostri tempi (e quindi, ricchezza non è).
S'invoca la progressività fiscale (costituzionalmente legata ai redditi) addirittura anche per i tributi reali, volutamente ignorando che, per la forte progressività del nostro sistema fiscale, il 10 per cento della popolazione con redditi più elevati contribuisce già per più del 50 per cento all'intero gettito delle imposte. 
La stampa confindustriale pretende di dettare l'ordine del giorno del Consiglio dei ministri, e predica di tutelare (cioè di favorire fiscalmente) «imprese e lavoro», come se ogni investimento non creasse lavoro. Impone il concetto – a chi vuol crederci, solo per «far cassa» – che quella immobiliare è una ricchezza statica, a bella posta ignorando – com'è di comune conoscenza – la sua componente dinamica.
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Pur in questo panorama (tetro, a volte barbaro – come per lo sfitto involontario – o incivile, come per la tassazione a valore prescindendo dal reddito) la proprietà si difende, forte dei valori (di libertà e di indipendenza) che da sempre – come ha lasciato scritto von Mises – presidia. Le battaglie condotte hanno evitato pericolose svolte, altri pericoli sono stati – anche nel silenzio dei colloqui riservati – ridimensionati. Presentando, per gli 80 anni della nostra associazione di Genova, una pubblicazione dell'indimenticato (e indimenticabile) avvocato Giovanni Forcheri, scrivevo: «La pubblicazione passa in rassegna le traversie di sempre, ricorrenti. Evidenzia fatiche, entusiasmi e scoraggiamenti: ieri, ancora una volta, come oggi. Ma l'importante, alla fine, è questo: che nonostante tutto, la proprietà edilizia è sempre sopravvissuta, nei suoi singoli esponenti e nel suo – valido e vitale – associazionismo. Sopravvissuta nonostante incomprensioni (e, qualche volta, anche “persecuzioni”), ad assicurare la propria presenza e funzione».
Queste parole, sono valide ancora oggi, appena celebrati – nel 2013 – i 130 anni della Confedilizia. Celebrando l'avvenimento, siamo andati ad altri tempi, nei quali la funzione della proprietà – pur con ricorrenti difficoltà – era più riconosciuta, tempi nei quali si respirava aria più pura (e ben più pulita). Le nostre associazioni territoriali ne sono la prima testimonianza. E perché quell'aria ritorni, ci battiamo giorno per giorno, con la forza della volontà, ma soprattutto con la forza di credere nei valori – intramontabili, generali e non corporativi – nei quali crediamo.
di Corrado Sforza Fogliani Presidente di Confedilizia

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