martedì 3 settembre 2013

Gli Arcani Supremi. Capitolo 3. Il castello dei Burke-Roche.



Il giorno successivo Robert si presentò davanti al maniero dei Burke Roche.
Un vialetto si dipartiva dalla Antler Street fino alla siepe che delimitava la proprietà e al cancello, alto, con sbarre massicce e in cima tre corone con decorazioni spinate.
Il maniero era un incrocio tra una villa vittoriana e un castello in stile neogotico, con gulie, torri, tetti a punta, esterno in mattoni grigio scuri. Le finestre, comprese quelle delle torrette e fegli abbaini, erano tutte coperte da pesanti tendaggi. L'immagine, già piuttosto cupa di per sé, era resa ancor più tetra dal fatto che il cielo era coperto da una coltre uniforme di nuvole grigie.
Era stato edificato da lord William Burke-Roche nella seconda metà dell'Ottocento, quando ancora quella zona era selvaggia e incontaminata.
Nessuno aveva mai capito per quale ragione lord William, che in Inghilterra deteneva il titolo di barone Fenroy, avesse deciso di investire gran parte del suo patrimonio in quella costruzione e soprattutto in quel luogo dimenticato da Dio.
Sono sempre stati una famiglia strana, ma la stessa cosa si potrebbe dire degli Oakwood. Non devo giudicarli. E' il voler giudicare che ci porta alla sconfitta.
Era una frase che aveva sentito in qualche film, forse Apocalipse Now.
Sì, il monologo del Colonnello Kurtz sull'orrore. The horror... the horror.
Forse era la cupezza del maniero ad ispirare a Robert quei pensieri deprimenti.
Meglio concentrarsi sul presente e sulla concretezza! Il principio di realtà!
Nella porticina laterale del cancello c'era un videocitofono.
Robert suonò.
Rispose una voce maschile priva di intonazione:
<<Lei è Robert Oakwood?>>
<<Sì, sono stato assunto da lady Edith come custode>>
La voce assunse una intonazione divertita:
<<Noi abbiamo già molti custodi, e un servizio di vigilanza efficiente, ma lady Edith ha detto che lei, signor Oakwood, ricevere istruzioni direttamente da Sua Grazia. Ora vi apro>>
Era stato un dialogo piuttosto strano, come se quella persona avesse fin dall'inizio voluto rimarcare una presa di distanza>>
Forse lo riteneva un raccomandato?
Non ce n'era ragione: lady Edith non aveva mai mostrato simpatia per gli Oakwood ed anzi tra lei e la nonna di Robert, Vivien, c'era una certa ostilità, le cui ragioni erano sconociute.
Forse era perché erano coetanee, ma molto diverse: lady Edith era pragmatica e cinica, Vivien era stata invece una sognatrice romantica, amante della notte e dei chiari di luna.



Perché la notte appartiene agli amanti. Perché la notte appartiene all'amore.
Amava cantare, Vivien Oakwood, e spesso ripeteva le canzoni che qualche ammiratore le aveva dedicato, o trascriveva in un quaderno i versi di un cantautore.
"Per i miei occhi neri e i capelli, per i neri pensieri / per la vita che ho avuto, per la vita che ho dato / come passa quest'acqua che sembra ferma / ma hai voglia se va!"
Con il senso di protezione che il ricordo di sua nonna gli comunicava sempre, Robert percorse il vialetto interno del sontuoso giardino dei Burke-Roche, fino ad arrivare alla soglia del maniero.
Lì un anziano maggiordomo in livrea lo attendeva con quell'espressione di vaga ironia con cui la voce del citofono aveva risposto:
<<Mi chiamo Charles Disick e sono il maggiordomo di villa Burke-Roche. Lady Edith la riceverà quanto prima. Per il momento si accomodi pure qui nella hall, fino a che non sarà convocato>>
Robert annuì ed entrò nell'immenso atrio, dove regnava una penombra inquietante.
Ai muri erano appesi gli innumerevoli trofei di caccia del defunto lord Hector e vari ritratti dei suoi arcigni antenati. Il pavimento era ricoperto di tappeti persiani. Un camino dominava il centro della sala, arredata con mobili scuri e divani in stile Biedermeier.
Su tutto campeggiava lo stemma dei Burke-Roche, baroni Fenroy.



Dopo una decina di minuti, il maggiordomo tornò:
<<Mi segua. Lady Edith la attende nel suo salotto privato>>
Attraversarono un corridoio con pavimenti in marmo bianco ed arrivarono ad un nuovo corridoio più stretto, in marmo rosa, che conduceva all'appartamento della baronessa.
Il salotto privato era in fondo, in una stanza soleggiata, arredata in stile liberty con divani fiorati e mobili dalle forme sinuose con decorazioni floreali.
Lady Edith sedeva su una poltrona sontuosa, i cui colori sgargianti contrastavano col suo abbigliamento totalmente monocolore, nero, che si diceva avesse sempre portato dopo la morte del marito, del figlio e del nipote.



I capelli grigi erano raccolti a concio e la mano destra impugnava un lungo bastone signorile, ma sempre nero.
Si diceva che avesse più di novantacinque anni e tutto sommato li potava abbastanza bene.
<<Robert Oakwood>> disse <<La stavo aspettando>>.
Lui si chiese come mai allora gli avesse fatto fare una lunga anticamera, ma era probabile che quella fosse la prassi, per gli aristocratici discendenti delle famiglie inglesi.
<<Vostra Grazia>> rispose Robert con un inchino e un rapido baciamano, sempre secondo il protocollo.
Lei, guardandolo con i suoi occhi grigi e antichi, lasciò trasparire, per una frazione di secondo, un lampo di sorpresa:
<<Assomigliate molto a vostra nonna>>
Considerando che lady Edith e la compianta Vivien Oakwood si odiavano, la cosa non era del tutto confortante.
Lady Edith guardò il maggiordomo:
<<Grazie Charles, ora puoi lasciarci>> e poi indicando il divano <<Si sieda pure, signor Oakwood, ho alcune cose da dirle, prima che incominci il suo lavoro>>
Robert si accomodò sul divano fiorato, con una certa curiosità di sapere per quale motivo l'anziana nobildonna lo avesse assunto al suo servizio.




Cast

Mia Wasikowska - Vivien Oakwood

Maggie Smith -  lady Edith Burke-Roche, baronessa Fenroy


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