mercoledì 7 marzo 2018

Il Regno di Hannover e la sua unione dinastica con la Gran Bretagna

Regno di Hannover - Localizzazione

Il Regno di Hannover fu uno stato indipendente della Germania dal 1814 al 1866. Il territorio prendeva nome dalla sua capitale, Hannover.
Originariamente chiamato Principato di Calenberg, era una suddivisione del Ducato di Brunswick-Lüneburg. Il Principato di Calenberg esistette dal 1432 fino al 1803.
Il Ducato di Brunswick-Lüneburg, fu suddiviso in tanti principati, ognuno dei quali governato da un duca; uno di questi era il Principato di Calenberg, che fu il primo ad essere creato quando venne diviso dal Principato di Brunswick nel 1432.
Cadde sotto il Principato Wolfenbüttel nel 1584. Nel 1635 venne nuovamente separato dal Wolfenbüttel, assieme al Principato di Gottinga, col quale sarebbe restato unito.
Nel 1636, la capitale del Principato di Calenberg venne spostata da Pattensen ad Hannover, e quindi anche il principato prese il nome della nuova capitale.
Nel 1692 il sacro romano imperatore Leopoldo I, elevò il duca Ernesto Augusto al rango di elettore dell'Impero, come ricompensa per l'aiuto ricevuto nella Guerra della Grande Alleanza.

Il principato divenne quindi noto anche come Elettorato di Brunswick-Lüneburg o, più informalmente, Elettorato di Hannover

Nel 1714, gli elettori hannoveriani divennero re di Gran Bretagna[1] grazie al fatto che la madre di Giorgio I, l'elettrice Sofia, era figlia di Elizabeth Stuart, prozia della regina Anna, l'ultima sovrana britannica della dinastia Stuart.

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L'influenza degli elettori in Germania crebbe: essi ereditarono il Principato di Lüneburg nel 1705, e gli ex territori svedesi di Brema e Verden nel 1719. Come parte del Reichsdeputationshauptschluss del 1803, l'Elettorato ricevette il Vescovato principesco di Osnabrück.
Nel 1803 l'Elettorato venne occupato dalla Francia, che governò su di esso in varie forme per i dieci anni seguenti. A partire dal 1807, il territorio hannoveriano fece parte del Regno di Vestfalia. L'esercito hannoveriano venne disciolto, ma molti degli ufficiali e dei soldati andarono in Inghilterra, dove formarono la Legione Tedesca del Re. Questo fu l'unico esercito tedesco a combattere contro la Francia durante le guerre Napoleoniche. Esso giocò un ruolo importante nella Battaglia di Waterloo. Nel 1813 l'Elettorato venne ripristinato, e nell'ottobre del 1814, durante il Congresso di Vienna, divenne il Regno di Hannover, allo scopo di mettere Giorgio III del Regno Unito sullo stesso piano dell'arrogante Re del Württemberg, per quanto riguarda gli affari tedeschi. Il Congresso di Vienna stabilì uno scambio territoriale tra Hannover e la Prussia, nel quale il primo aumentò sostanzialmente le sue dimensioni. Hannover ottenne il Vescovato di Hildesheim, la Frisia Orientale, la Bassa Contea di Lingen e la parte settentrionale del Vescovato di Münster. Al tempo stesso perse le parti del Ducato di Lauenburg ad est dell'Elba e diverse piccole exclavi ad est.
L'unione personale con il Regno Unito terminò nel 1837, con l'ascesa al trono della Regina Vittoria, poiché le leggi di successione (Legge salica) di Hannover impedivano che una donna ereditasse il titolo se esisteva un qualsiasi erede maschio (nel Regno Unito un uomo aveva la precedenza solo sulle sue sorelle). 

Con la Guerra Austro-Prussiana del 1866, Hannover venne annesso al Regno di Prussia e divenne la Provincia di Hannover.

Ripartizione amministrativa

Il suo eterogeneo territorio era ripartito in vari governatorati (Landdrosteien): Hannover, Hildesheim, Luneburg, Stade, Osnabrück, Aurich e Klausthal oltre il distretto minerario di Goslar in condominio con il ducato di Brunswick.

Stemma


Lo stendardo reale del monarca
Dopo che l'unione personale con la Gran Bretagna finì nel 1837, gli Hannover tennero lo stendardo e lo stemma britannico, introducendo soltanto una nuova corona.

Re di Hannover

Nel 1813 Giorgio III riprese possesso dei propri territori in Germania e nell'ottobre dell'anno successivo essi vennero costituiti nel Regno di Hannover dal Congresso di Vienna. L'unione personale col Regno Unito terminò nel 1837 all'ascesa sul trono inglese della Regina Vittoria in quanto le leggi dell'Hannover non prevedevano la successione femminile in quanto basate sulla Legge salica e come tale il regno passò ai suoi parenti maschi più prossimi. Nel corso della guerra austro-prussiana del 1866, l'Hannover venne annesso dal Regno di Prussia.
Re di Hannover
ImmagineNomeRegnoNote
George III (by Sir William Beechey).jpgGiorgio III1814–1820Giorgio III fu mentalmente malato durante gli anni del suo governo sul Regno di Hannover e come tale il potere venne esercitato in sua vece dal figlio, il principe di Galles (futuro re Giorgio IV) sulla base della reggenza inglese. In Hannover, il principe Adolfo, duca di Cambridge fu ufficialmente Viceré dal 1816.
George IV of Great Britain.jpgGiorgio IV1820–1830Figlio del precedente. Reggente 1811-1820, rappresentato nell'Hannover dal viceré Adolfo, duca di Cambridge.
WilliamIVbyLonsdale.jpgGuglielmo I1830–1837Fratello del precedente. Ultimo monarca a governare sia l'Hannover che il Regno Unito in unione personale. Venne rappresentato nell'Hannover dal viceré Adolfo, duca di Cambridge.
Ernest Augustus I of Hanover.PNGErnesto Augusto I1837–1851Fratello del precedente. La sua ascesa separò le corone di Hannover e del Regno Unito, passando quest'ultima alla Regina Vittoria.
GeorgeVHannover.jpgGiorgio V1851–1866Figlio del precedente. Perse i propri territori a causa dell'annessione da parte della Prussia dopo la guerra austro-prussiana.

Note

Voci correlate

martedì 6 marzo 2018

L'Eptarchia anglosassone



Eptarchia (in inglese Heptarchy, dal greco ἑπτά hepta ‘sette’ e ἄρχω arkho ‘governare’) anglosassone è il nome dato dagli storici a quel periodo della storia dell'Inghilterrasuccessivo alla migrazione anglosassone della parte meridionale dell'isola (che da loro prese il nome di "Angleland", da cui Inghilterra).
Questo periodo arriva convenzionalmente fino a quando i Vichinghi iniziarono le loro scorrerie nell'isola, stabilendo un Danelaw e regni a York e sull'Isola di Man, quindi dal 450circa all'850 circa.

Il termine di Eptarchia si riferisce all'esistenza di sette regni, che poi si unirono per formare il Regno d'Inghilterra, nella prima metà del X secolo. Il termine fu coniato nel XII secolo da Enrico di Huntingdon che lo utilizzò nella sua Historia Anglorum e divenne d'uso comune dal XVI.
Ricerche successive hanno comunque dimostrato sia che alcuni di questi regni (Essex e Sussex) non avevano lo stesso status di altri, sia che esistevano sull'isola anche altri regni minori che ebbero un ruolo tutt'altro che marginale.
Dagli inizi del XX secolo il termine eptarchia è stato considerato insoddisfacente per descrivere la situazione e molti storici hanno smesso di usarlo.

Lista di regni anglosassoni

I quattro principali regni anglosassoni furono:
I regni che furono conquistati da altri Stati nel corso della loro storia furono:
Oltre ai sette regni dell'Eptarchia, ci furono numerosi regni minori:

Bibliografia e collegamenti esterni

Voci correlate

domenica 4 marzo 2018

Storia del Liechtenstein


Risultati immagini per Giuseppe Venceslao del Liechtenstein

Staatswappen-Liechtensteins.svg

Il Liechtenstein (pronuncia tedesca[ˈlɪçtənʃtaɪn]), ufficialmente Principato del Liechtenstein (in tedesco Fürstentum Liechtenstein, in alemanno Förschtatum Liachtaschta), è uno Stato dell'Europa centrale.
È racchiuso tra la Svizzera (Canton San Gallo a ovest, Canton Grigioni a sud) e l'Austria (Land Vorarlberg, a est); insieme all'Uzbekistan è uno dei due soli paesi al mondo doppiamente senza sbocchi sul mare. La capitale è Vaduz. Nonostante non confini direttamente con la Germania, è sempre stato da essa raggiungibile in maniera diretta, tramite la navigazione internazionale sul fiume Reno.
Il Liechtenstein è un principato, l'attuale principe è Giovanni Adamo II di Liechtenstein, il capo del governo è Adrian Hasler e la lingua ufficiale è il tedesco.
Anticamente il territorio del Liechtenstein era parte del Sacro Romano Impero. Per secoli questo territorio, geograficamente lontano dagli interessi strategici dell'Europa, ebbe poco impatto sulla storia del continente. L'attuale dinastia prende il nome dall'omonimo castello di Liechtenstein nella Bassa Austria, di cui la famiglia fu in possesso dal 1140 circa al XIII secolo e dal 1807 in poi. Attraverso i secoli, la famiglia acquisì nuovi territori, soprattutto in Moravia, nella Bassa Austria, in Slesia e in Stiria ed ottenne il titolo principesco ereditario nel 1608. Pur essendo una delle maggiori famiglie di tutti i domini asburgici non aveva però titolo per sedere nella Dieta Imperiale. Solo nel 1699 e nel 1712 la famiglia ottenne due Herrschaft ("Signorie") di modesta importanza ma feudi imperiali diretti: rispettivamente Schellenberg e la contea di Vaduz. Il 23 gennaio 1719 Carlo VI d'Asburgo decretò l'unione tra Vaduz e Schellenberg, ed elevò la locale contea a Fürstentum ("Principato") con il nome di "Liechtenstein" in onore di Antonio Floriano del Liechtenstein. È in questa data che il Liechtenstein entrò ufficialmente a far parte degli Stati del Sacro Romano Impero.

Indipendenza e adesione alla Confederazione del Reno e germanica

Nel 1806, gran parte del Sacro Romano Impero venne invasa da Napoleone, l'Imperatore Francesco II abdicò e l'Impero venne sciolto. Come risultato, il Liechtenstein cessò di avere obbligazioni e a questo periodo si fa risalire la "sovranità indipendente" dello Stato. Dal 25 luglio 1806, quando venne fondata la Confederazione del Reno, il principe del Liechtenstein ne fu membro, vassallo de facto, come tutti gli altri stati aderenti, dell'imperatore Napoleone Bonaparte, sino alla dissoluzione della Confederazione il 19 ottobre 1813.
Due anni dopo il Liechtenstein aderì alla Confederazione tedesca (20 giugno 1815 – 24 agosto 1866), presieduta dall'imperatore d'Austria. Nel 1818 Giovanni I garantì una costituzione allo Stato. Nel 1836 venne aperta la prima fabbrica dello Stato, con l'avviamento della produzione di ceramiche.
Allo scoppio della guerra austro-prussiana nel 1866 vennero fatte pressioni sul Liechtenstein e quando la pace venne firmata la Prussia accusò il Liechtenstein di essere stato la causa dello scoppio della guerra con l'Austria(il suo status avrebbe conseguito che, alla pari di tutti gli altri principati tedeschi non asburgici, partecipasse alla fondazione della nuova confederazione ovvero divenisse parte integrante della futura Germania, ma in questa ipotesi la sua caratteristica di exclave trovò l'ostacolo dell'Impero Asburgico). Per questo motivo, a partire dal 1868, il principato non fu più vincolato politicamente alla Confederazione germanica, e formalmente non più legato agli Asburgo d'Austria fin dal 1806, scelse di non mantenere un proprio esercito (prima obbligato dalla confederazione ad averlo), e di affidare la sua difesa ad un paese fino allora totalmente esterno alle sue vicissitudini storiche, la Svizzera. In conseguenza di ciò, tali eventi dell'anno 1866 possono essere considerati la definitiva data di indipendenza del principato.

Le guerre mondiali

Sino al termine della prima guerra mondiale, il Liechtenstein fu sempre socialmente ed economicamente legato all'Impero Austriaco prima e a quello austro-ungarico poi. La devastazione economica subita durante il primo conflitto mondiale portò però il piccolo stato a concludere accordi monetari con la confinante Svizzera (che già ne curava la difesa dei confini). Al crollo dell'Impero austro-ungarico, lo stato venne sciolto da ogni residuo obbligo verso l'Austria.
Gli anni seguenti la prima guerra mondiale furono importanti per il Liechtenstein:
  • nel 1921 fu varata la nuova Costituzione;
  • nel 1923 il paese entrò in Unione Doganale con la Svizzera;
  • nel 1924 il paese adottò come propria valuta il Franco Svizzero.
Questo periodo fu marcato da due gravi eventi:
  • nel 1927 una terribile inondazione mise a dura prova l'economia del paese;
  • nel 1928 il fallimento della Sparkasse (Cassa di Risparmio) del Liechtenstein azzerò le riserve del locale Ministero del Tesoro.
Il Liechtenstein fu finanziariamente rovinato e pesantemente indebitato con la Svizzera. Subito dopo fu varata una legislazione che permise il segreto sui clienti e sui conti bancari. In Liechtenstein sorsero aziende private che cavalcando il periodo d'incertezza che caratterizzò il periodo del dopoguerra, diedero spazio a una moltitudine di avventurieri finanziari.
Nel corso della seconda guerra mondiale, il Liechtenstein rimase neutrale: è l'epoca del principe Francesco Giuseppe II del Liechtenstein: egli assicurò la neutralità e la inviolabilità del principato di fronte alla Seconda guerra mondiale e oggi la sua figura è celebrata con la festa nazionale del Liechtenstein. I tesori del Principato e quelli della famiglia del principe vennero tratti in salvo a Londra. I principi del Liechtenstein vissero a Vienna sino all'Anschluss del 1938; l'annessione dell'Austria rappresentò un grave pericolo per il principato, dato che la condizione che ne aveva originato l'indipendenza era stata la rivalità tra Germania e Austria; venendo a mancare questa, veniva a mancare un prezioso bilanciamento di interessi esterni. L'espansionismo hitleriano rappresentò quindi un grave rischio, in quanto il Liechtenstein dal 1866 non aveva mai firmato un trattato di pace con la Prussia, e di conseguenza poteva considerarsi ancora in guerra con lo Stato suo erede, ovvero la Germania. Il più recente legame con la Svizzera scongiurò tale prospettiva.

Dopoguerra e storia contemporanea

Magnifying glass icon mgx2.svgLo stesso argomento in dettaglio: Contenzioso tra Liechtenstein e Guatemala.
Dopo la seconda guerra mondiale la Cecoslovacchia, predecessore della Repubblica Ceca e della Slovacchia, agendo per sequestrare quelli che considerava possedimenti tedeschi, espropriò la totalità dei territori e dei possedimenti ereditari della dinastia dei Liechtenstein in BoemiaMoravia e Slesia. Queste espropriazioni a cui fu soggetta la famiglia sono ancora oggi discusse presso la Corte internazionale di giustizia, e includevano oltre 1.600 chilometri quadrati (dieci volte la dimensione del Liechtenstein) di terreno agricolo e foreste, oltre a svariati castelli e palazzi. Durante la guerra fredda, ai cittadini del Liechtenstein fu proibito di entrare nella Cecoslovacchia. Il conflitto diplomatico riguardo ai contestati decreti Beneš del dopoguerra ha prodotto la non condivisione delle relazioni internazionali da parte del Liechtenstein con la Repubblica Ceca e la Slovacchia, stabilite tra Liechtenstein e la Repubblica Ceca solo il 13 luglio 2009,[6][7][8] e con la Slovacchia il 9 dicembre 2009.[9]
Al termine del conflitto, per risanare le casse dello Stato, i principi del Liechtenstein furono costretti a vendere alcune delle loro preziose opere d'arte.
Un altro contenzioso si ebbe nel 1955 con il Guatemala a proposito di un tedesco cresciuto in Guatemala e divenuto cittadino del Liechtenstein, che fu arrestato come nemico al suo rientro in Guatemala.
In seguito a oculate iniziative di natura economica fu favorito l'insediamento nel territorio di imprese finanziarie, commerciali e industriali. Le iniziative, favorite da tutela legislativa e da tassazioni favorevoli, ebbero grande successo, con l'insediamento nel principato di molte aziende, soprattutto finanziarie.
Oggi, il principe del Liechtenstein è uno degli uomini più ricchi del mondo, con un patrimonio stimato in circa 4 miliardi di dollari. Il popolo del principato detiene il più alto reddito pro-capite del mondo.

Albero genealogico dei granduchi di Lussemburgo

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La famiglia granducale del Lussemburgo (casato di Nassau-Weilburg, un ramo cadetto agnatico dei Borbone-Parma) è costituita dalla famiglia estesa del granduca sovrano.
Il ducato medievale di Lussemburgo fu elevato a granducato nel 1815; Guglielmo I dei Paesi Bassi salì al trono granducale come suo primo titolare. Guglielmo, attraverso la madre prussiana, era un discendente dell'ereditiera medievale, Anna, duchessa di Lussemburgo, così come lo era la moglie di Guglielmo, sua cugina di primo grado. I territori del Granducato, conquistati (tra cui l'ancestrale Palazzo del Granduca) dalle forze di occupazione francese nelle prime fasi della caduta di Napoleone, erano stati ceduti a Guglielmo da suo cugino, il re Federico Guglielmo III di Prussia, che era l'erede principale di Anna. In violazione alla tradizionale linea di successione del Lussemburgo, le grandi potenze d'Europa convennero che il Granducato sarebbe stato ereditato in linea maschile del casato di Nassau.
I discendenti in linea maschile del granduca Adolfo detengono i titoli di "principe(ssa) del Lussemburgo" e "principe(ssa) di Nassau", con l'appellativo di "sua altezza granducale".
I discendenti in linea maschile della granduchessa Carlotta, che sono i figli di un granduca regnante o di un granduca ereditario, detengono il titolo di "principe(ssa) del Lussemburgo" e "principe(ssa) di Nassau" con l'appellativo di "sua altezza reale". I discendenti in linea maschile della granduchessa Carlotta, che non sono i figli di un granduca regnante o di un granduca ereditario, sono "principe(ssa) di Nassau" con l'appellativo di "sua altezza reale" (derivante dal loro status di discendenti in linea maschile del duca Roberto di Parma). Il titolo di "principe di Borbone-Parma" fu abbandonato dal granduca Giovanni nel 1986, ma lui ed i suoi parenti mantengono l'appellativo di "sua altezza reale".







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sabato 3 marzo 2018

La Turchia sta invadendo la Siria e massacrando i Curdi nel silenzio generale dei mainstream media



Nessun testo alternativo automatico disponibile.


Turkish General Staff Says 2,059 'Terrorists' Neutralized In Operation Olive Branch

2,083 'Terrorists' Neutralized In Operation Olive Branch In Afrin - Turkish Military



Mentre i principali quotidiani tacciono, in un’intervista al The Telegraph il ministro degli esteri turco Mevlut Cavusoglu non ha mostrato alcun segno di flessibilità. Ha ribadito che Ankara continuerà ad usare il pugno duro e ha descritto l’invasione del nord della Siria come un esempio della politica turca di «stabilizzazione» del Medio Oriente. Cavosoglu può provare ad ingannare la comunità internazionale e le forze armate turche comunicando di avere «neutralizzato 2.952 terroristi curdi», ma l’offensiva “Ramo d’Ulivo” si sta trasformando in un piccolo Vietnam turco. Altri otto militari turchi sono rimasti uccisi e 13 feriti. Finora, confermano i comandi militari, sono già 41 i soldati morti in combattimento, nonostante la copertura offerta dall’aviazione.
Ankara però va avanti e comunica di aver avviato la “fase 2” dell’offensiva che si concentra nei dintorni e all’interno del villaggio di Raju. Due giorni fa elicotteri turchi hanno bombardato due postazioni delle Forze di Difesa Nazionale, la milizia filo-governativa siriana fedele al presidente Assad, giunta ad Afrin in appoggio alle formazioni curde.
I caduti siriani sono stati almeno 17.
Ieri l’artiglieria di Ankara ha ucciso un altro civile a Yakhour. Un convoglio della Croce Rossa, giunto ieri ad Afrin con aiuti umanitari destinati a 50 mila sfollati, ha registrato la gravità della situazione nelle aree lungo il confine con migliaia di civili che vivono in condizioni disastrose.

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In Siria e in particolare ad Afrin, la guerra sta assumendo le forme sempre più marcate di un conflitto fra Stati più che di conflitto “per procura”. Qui ormai i cosiddetti proxy non ci sono più. La Turchia è entrata in territorio siriano con le sue forze armate e colpisce chiunque le si ponga come ostacolo, siano essi curdi o milizie siriane. E gli ultimi bollettini dal fronte mostrano che la situazione si fa sempre più incandescente.

Secondo la Reuters, che cita fonti dell’ormai ben noto Osservatorio siriano per i diritti umani (quindi, come già detto, una fonte da prendere con le dovute precauzioni), gli aerei da guerra turchi hanno colpito le forze governative filo-siriane nei pressi di Afrin uccidendo almeno 36 di loro. Un bombardamento che ha lasciato molti soldati fedeli ad Assad sul campo, ma che conferma anche lo stop dell’avanzata terrestre.

L’Osservatorio ha detto che l’attacco aereo, che ha colpito una base siriana nel campo di Kafr Jina, è il terzo in 48 ore che Ankara sferra contro le milizie filo-governative. Un’escalation militare che colpisce soprattutto per la brutalità degli attacchi, a dimostrazione che lì, ad Afrin, la guerra non sta per nulla volgendo al termine. Ieri, le fonti locali parlavano di otto soldati turchi morti sotto il colpi dei proiettili delle forze curdo-siriane nella città sotto assedio, mentre altri 17 soldati siriani sarebbero morti ieri sempre sotto le bombe degli aerei turchi.

Le forze governative filo-siriane sono entrate ad Afrin la scorsa settimana a sostegno della milizia curda Ypg, dopo un accordo siglato con il governo di Assad. L’obiettivo dichiarato dell’operazione Ramoscello d’ulivo, lanciata dalla Turchia e dai ribelli siriani filo-turchi a gennaio è quella di debellare le milze curde dall’enclave di Afrin. Il governo siriano, con il supporto delle forze non direttamente incluse nell’esercito regolare, ha assunto un ruolo di scudo contro l’esercito turco. Anche per evitare che Ankara avanzi ulteriormente in quella che ritiene una vera e propria invasione travestita da operazione “anti-terrorismo”.

Il primo ministro turco Binali Yildirim ha dichiarato che le forze del suo Paese hanno assunto il controllo della città di Rajo. L’Osservatorio ha detto che l’esercito turco aveva il controllo di circa il 70% della città, che si trova a meno di 30 chilometri a nord-ovest della città di Afrin. In questa differenza, c’è l’intervento delle milizie legate al governo della Siria che, secondo le fonti locali, sarebbero ancora presenti, insieme quanto rimane delle forze curde della cittadina, resistendo all’offensiva turca.

Quello che però è evidente, ormai, è che la guerra sul fronte settentrionale della Siria stia cambiando totalmente i suoi connotati. Secondo lo Stato maggiore turco, i “terroristi” (così definisce Ankara i combattenti curdi) neutralizzati dalle forze armate sono, ad oggi, 2516. Un numero molto alto, che dimostra come Ramoscello d’ulivo sia un’operazione su cui l’esercito turco ha puntato molto.

Erdogan ha già detto che la tregua umanitaria sulla Siria non inficia sull’offensiva di Afrin, perché ritenuta una guerra al terrorismo. Il governo turco considera l’operazione come “autodifesa” negando ogni tipo di volontà di occupare il territorio siriano. Ma la situazione è diversa. E sul campo i caduti aumentano, da una parte e dall’altra, mentre le vittime civili già sono molto numerose. Il ministero della Difesa turco ha dichiarato che sono 41 i soldati turchi morti nell’offensiva nella Siria nordoccidentale e 116 i miliziani dell’Esercito libero siriano.

Turkish Army Captures More Villages North And Northwest Of Afrin City (Map, Photos)

On March 3, the Turkish Army and its proxies from the Free Syrian Army (FSA) continued their advance in the district of Shara north of Afrin and captured the villages of Umranli, Shamanli, Karakinli and Ali Bazan, according to sources linked to the FSA. The sources added that the Turkish Army had captured the village of Ba’dinli in the Rajo district northwest of Afrin.

Kurdish sources reported that the Turkish Air Force (TAF) had stepped up its bombardment campaign against the Kurdish People’s Protection Units (YPG) in the northern and northwestern parts of the Afrin area during the last few hours. Eight civilians were killed and twelve others were injured in the TAF bombardment, according to reports.

Meanwhile, a YPG official told the Lebanese al-Mayadeen TV that clashes are still ongoing between the YPG and the Turkish Army in the center of the Rajo district, which was captured by the Turkish Army earlier.

The YPG press announced that YPG fighters had killed eight servicemen of the Turkish Army Special Forces during a “special operation” in the village of Maskah south of the Rajo district center.

Turkish sources claimed that the Turkish Army had deployed more armored vehicles and artillery pieces to its positions east of the city of Afrin. These reports allow to suggest that the Turkish Army is planning to open a new froont agiainst the YPG southeast of the Shara district.



Netanyahu, Putin e Trump stanno cercando di evitare ogni tipo di scontro militare in Siria. Questo è quanto rivelato da alcune fonti interne alle forze militari israeliane a Debka, sito legato all’intelligence israeliana. L’idea è che, nonostante le parole e i gesti di sfida, la situazione sia molto diversa. I tre leader, quello israeliano, russo e statunitense, non vogliono che in Siria scoppi una guerra che comporti anche scontri che coinvolgano i tre Stati. Almeno non direttamente. I rischi sono troppo elevati e l’effetto-domino potenzialmente disastroso.

Le parole, insomma, non corrispondono perfettamente ai fatti. Com’è normale che sia. E in Siria si sa che la situazione potrebbe veramente degenerare e tutti stanno correndo ai ripari. Lo stesso Israele, che ha bombardato a più riprese le forze siriane, sembra essere intenzionato più che altro a fare pressioni molto dure su Mosca per costringere l’Iran ad abbandonare la Siria. Troppi i rischi e troppo vasto l’eventuale fronte di guerra. E Israele non è più così sicuro, adesso, di avere la superiorità militare per confrontarsi con tutti i suoi nemici né di avere l’appoggio della comunità internazionale.



Secondo anonime “fonti israeliane di alto livello” che hanno parlato a Debka, sembra che il primo marzo, a causa delle pressioni della Russia, l’Iran abbia rinunciato al suo piano per stabilire una base navale nel porto siriano di Tartus e che “Israele era soddisfatto di un processo che aveva portato a una certa moderazione nell’attività iraniana in Siria”. Parliamo di fonti anonime, quindi è lecito anche dubitare della loro valenza. Ma certo movimenti in Siria fanno credere che qualcosa stia cambiando. E l’incontro di domani fra Netanyahu e Trump alla Casa Bianca potrebbe essere importante per capire fino a che punto la diplomazia russa abbia scavallato anche l’opzione più dura imposta da Israele.

L’idea è che ci si trovi di fronte a due tipi di narrazione. La prima, quella “ufficiale”, tesa a impressionare l’opinione pubblica interna ed esterna (anche in vista delle elezioni, per la Russia, e alle pressioni interne, come in Israele e Usa). La seconda, quella reale, che si incardina nella diplomazia ed è fatta anche di pressioni molto dure e di messaggi “in codice”, come gli attacchi e gli spostamenti delle truppe.

L’obiettivo di questi tre leader, in particolare di Trump e di Putin, è di evitare che la guerra si estenda alle proprie truppe. Entrambi stanno cercando di capire come rassicurare Israele mentre il Cremlino lavora per dare ampie garanzie all’Iran come partner strategico mediorientale. Ed entrambi vogliono trovare una exit strategy che li allontani dalla guerra in Siria ma soprattutto dal possibile confronto fra i due Stati. Dove resta, soprattutto per la Russia, il nodo Ghouta.

La situazione, in questo senso, non è affatto semplice. I partner regionali delle due potenze sono già in guerra fra loro e c’è rischio che, a un certo punto, i vertici militari di Russia e Stati Uniti siano costretti a dover scendere in campo. La Turchia bombarda le forze siriane, Israele colpisce Siria ed Hezbollah, le milizie curde combattono contro le forze turche e gli Stati Uniti colpiscono i convogli degli alleati russi e, nell’ultimo, a Deir Ezzor, hanno ucciso forse anche centinaia di contractors russi. Il tutto mentre l’aeronautica russa continua a martellare le roccaforti jihadiste insieme alle forze del governo di Damasco.

Insomma, finora lo scontro diretto non si è avuto. Ma il pericolo, per tutti, è che si arrivi a un punto in cui non si possa più evitare. Ed è su questo che stano lavorando le cancellerie delle maggiori potenze coinvolte in Siria. Israele, in questo senso, è certamente l’ago della bilancia. Netanyahu chiede il pugno di ferro contro l’Iran e le sue operazioni in Siria, ma questa volontà si scontra finora con l’alleanza tra Mosca e Teheran e con una certa diffidenza americana di arrivare direttamente allo scontro con le forze iraniane.



Finora tutti hanno colpito i “proxy”, in particolare le milizie sciite e quelle di Hezbollah. Ma a Tel Aviv vogliono qualcosa di più e Netanyahu lo chiederà domani alla Casa Bianca. Ma quello che nessuno vuole è che Israele, Russia e Stati Uniti si ritrovino coinvolti in scontri tra di loro. Perché ormai non è più una guerra per procura e il pericolo che si concretizzi in qualcosa di più ampio e diretto diventa sempre più alto. Ma tutto dipenderà dagli eventi. Disinnescare la bomba siriana, ora, è molto complicato.