domenica 10 agosto 2014

X agosto (Pascoli)



San Lorenzo, io lo so perché tanto
di stelle per l'aria tranquilla
arde e cade, perché sì gran pianto
nel concavo cielo sfavilla.
Ritornava una rondine al tetto:
l'uccisero: cadde tra spini:
ella aveva nel becco un insetto:
la cena de' suoi rondinini.
Ora è là, come in croce, che tende
quel verme a quel cielo lontano;
e il suo nido è nell'ombra, che attende,
che pigola sempre più piano.
Anche un uomo tornava al suo nido:
l'uccisero: disse: Perdono;
e restò negli aperti occhi un grido:
portava due bambole in dono…
Ora là, nella casa romita,
lo aspettano, aspettano in vano:
egli immobile, attonito, addita
le bambole al cielo lontano.
E tu, Cielo, dall'alto dei mondi
sereni, infinito, immortale,
oh! d'un pianto di stelle lo inondi
quest'atomo opaco del Male!

—Giovanni Pascoli, X agosto





X agosto è una poesia composta da Giovanni Pascoli in memoria del padre Ruggero, assassinato in circostanze misteriose il 10 agosto 1867, giorno di San Lorenzo. La poesia fu pubblicata per la prima volta ne Il Marzocco del 9 agosto 1896; successivamente venne inserita nella quarta edizione di Myricae, nella sezione Elegie.
È costituita da sei quartine di decasillabi e novenari dattilici, con rime alternate secondo lo schema ABAB.
in X Agosto, ricchissima di simboli, Pascoli, come in molti altri componimenti di Myricae, rievoca la tragedia dell’uccisione di suo padre, avvenuta il 10 agosto 1867, trent’anni prima della stesura della poesia. Il 10 agosto è, però, anche il giorno di San Lorenzo, quello in cui, secondo la tradizione popolare, si verifica il fenomeno delle stelle cadenti. Le stelle che cadono in quella notte, nell’immaginario pascoliano, rappresentano il pianto del cielo sulla malvagità degli uomini: quest’immagine rende l’idea di un cosmo profondamente umanizzato.
Prendendo le mosse dalla propria tragica vicenda personale, il poeta affronta i grandi temi del male e del dolore: gli elementi familiari e biografici vengono trasposti su un piano universale e cosmico. Così, la rondine e il padre uccisi, posti in evidente parallelismo (ritornava una rondine al tetto, v. 5 – anche un uomo tornava al suo nido, v. 13; “l’uccisero: cadde tra spini”, v. 6 -“l’uccisero: disse: Perdono”, v. 14; “ella aveva nel becco un insetto”, v. 7 – “portava due bambole in dono”, v. 16; “tende / quel verme a quel cielo lontano”, vv. 9-10 – “addita / le bambole al cielo lontano”, v. 20), diventano il simbolo di tutti gli innocenti perseguitati ed alludono scopertamente alla figura di Cristo, la vittima per eccellenza, che perdona i suoi carnefici sulla croce, richiamata già nel titolo, con il numero romano X. La rondine che stava tornando al suo nido portando un verme per i suoi piccoli, è stata uccisa durante il tragitto e li ha lasciati soli ed affamati; allo stesso modo, il padre del poeta viene ucciso mentre sta tornando a casa, il “nido” chiuso e protetto, portando due bambole in dono alle figlie, che ora lo aspettano vanamente, proprio come i piccoli della rondine aspettano la madre, ormai affamati e morenti. L’unica differenza tra la rondine e il padre in punto di morte sta nella parola “perdono” pronunciata dall’uomo.
La struttura del componimento è circolare (Ringcomposition), poiché esso si apre e si chiude con l’immagine del cielo inondato di stelle cadenti, simboli del dolore (vocativo “San Lorenzo”, v. 1 – vocativo “E tu, Cielo”, v. 21; “aria tranquilla”, v. 2 – “mondi / sereni”, vv. 21-22; “sì gran pianto”, v. 3 – “pianto di stelle”, v. 23). Il Cielo, ossia Dio, è sentito come lontano, distante, indifferente, separato dal mondo, capace solo di guardarlo dall’alto e di “piangere” sulle miserie umane, ma non di lenirne in nessun modo le sofferenze. Il male, personificato, è incomprensibile per l’uomo, che si sente sempre in balia di un insondabile destino. La Terra, nell’economia dell’universo, al cospetto dell’immensità del Cielo, non è altro che un “atomo opaco”, un minuscolo ed insignificante corpuscolo che non brilla neppure di luce propria.
Di fronte alla malvagità del mondo, l’unico rifugio, dovrebbe essere il “nido”, unico luogo protetto in cui trovare pace, ma la casa è anch’essa “romita”, solitaria, lacerata dalle tragiche vicende del mondo, dunque insufficiente a proteggere l’uomo, a cui non resta che invocare invano il “pianto di stelle” del cielo che lo soccorra e partecipi del suo dolore.

sabato 9 agosto 2014

Elfi

























Indis
Indis is the second wife of Finwë, High King of the Noldor Elves, and is herself one of the Vanyar Elves. The birth of his son Fëanor drained so much of the spirit of Finwë's first wife Míriel that she was forced to depart for the gardens of Lórien. Finwë and Indis had two sons, Fingolfin and Finarfin, and two daughters, Findis and Irimë. She further became stepmother to Fëanor. After her husband was murdered by Melkor, who then stole the Silmarils, she and her eldest daughter Findis returned to live among her people, the Vanyar Elves. Either she herself or her mother was a sister of Ingwë, High King of the Vanyar. She was the grandmother of Galadriel, who plays an important role in The Lord of the Rings.














venerdì 8 agosto 2014

Notturni





Congiunzioni planetarie, stelle cadenti e superluna: ad agosto il cielo promette spettacolo

Non solo il tradizionale appuntamento con le stelle cadendi di San Lorenzo: quest’anno il cielo di agosto ci regalerà eventi astronomici spettacolari e unici, perfettamente visibili a occhio nudo, anche dai luoghi meno bui. Segnatevi queste date: 3, 4, 10, 12, 18 e 25. Tempo permettendo, alzando gli occhi sulla volta celeste potremo osservare una luna gigante, stelle e pianeti avvicninarsi tra loro in un balletto cosmico che durerà fino alla fine del mese, mostrandoci questi corpi celesti in tutto il loro splendore. Vediamo i dettagli e le indicazioni per osservare al meglio questi imperdibili avvenimenti celesti.
Stelle cadenti e superluna (dal 2 al 13 e il 10 agosto)
Il picco delle Perseidi, popolarmente note come “lacrmime di San Lorenzo”, è previsto nelle notti tra l’11 e il 12 e tra  il 12 e 13 agosto. Guradando verso nord-est, in direzione della costellazione di Perseo, normalmente si possono osservare fino a cento meteore l’ora. Negli anni scorsi, in posti lontani dalle luci urbane, alcuni ossevtori hanno contato addirittura 120 stelle cadenti in un ora. Ma questo è un anno particolare.
Anche la luna infatti assisterà allo spettacolo, piazzandosi in una posizione privilegiata, lassù in mezzo alla volta celeste. E non sarà una luna qualsiasi, bensì una “superluna”, cioè circa il trenta per cento più luminosa. Accade infatti che il nostro satellite si troverà nel tratto della sua orbita più vicino al nostro pianeta e in coincidenza con la fase di luna piena. Il bagliore emanato, che si diffonde in tutta l’atmosfera terrestre, offuscherà le meteore meno brillanti, impedendo di vederle.
Lo show celeste sarà dunque compromesso? Non proprio. Come spiega Bill Cooke, il massimo esperto della Nasa in questo ambito, “raccogliendo ed analizzando i dati su tutti gli sciami meteorici annuali dal 2008 ad oggi, abbiamo verificato che quello delle Perseidi è maggiormente ricco di meteore super luminose, che possono arrivare a risplendere come le stelle più brillanti”. Ciò avviene perché la Terra, nella sua orbita attorno al Sole, attraversa una regione di spazio densa di detriti lasciati dalla cometa Swift Tuttle (che passa ogni 133 anni) che, sebbene siano per lo più grani di polvere, penetrano nella nostra atmosfera a oltre duecentomila chilometri all’ora, incendiandosi per l’attrito e disintegrandosi, dando origine a “palle di fuoco” molto ben visibili anche con la luna piena.
Le stime prevedo quindi un tasso compreso tra le 60 e 75 meteore l’ora. Il consiglio è comunque di osservare con le spalle rivolte alla luna e in ogni zona del cielo lontana dal nostro satellite, fino al limitare dell’orizzonte. Le zone migliori sono le località marine e moderatamente ventilate, dove l’assenza di foschia permette di vedere fino al confine tra cielo e mare. Inoltre non è necessario aspettare fino al 12 agosto: poiché la Terra sta entrando nella zona affollata dai detriti della Swift Tuttle, già dalle prossime sere sarà possibile osservare, approfittando dell’assenza di luna piena, un discreto numero di stelle cadenti.
Il 10 agosto appuntamento con la seconda superluna dell’estate 2014 (la prima c’è stata il 12 luglio, la prossima il 9 settembre), un fenomeno che può accadere diverse volte in un anno e che avviene perché l’orbita del nostro satellite attorno alla Terra non è perfettamente circolare, ma ha una forma leggermente a ellisse.  Ciò fa sì che tra il punto più lontano tra i due corpi celesti (apogeo) e quello più vicino (perigeo) ci sia una differenza di circa cinquantamila chilometri.
Se capita che la luna al perigeo sia anche piena, come appunto nella notte di San Lorenzo, allora appare del circa il dieci per cento più larga: una superluna, secondo il termine in uso nei paesi anglosassoni.


Alle 20,09 del 10 agosto la luna raggiungerà la minima distanza col nostro pianeta, a soli 357mila chilometri, diventando la più luminosa (di circa un terzo rispetto al normale) e grande dell’anno.
Sarà un’occasione imperdibile anche per gli amanti della fotografia. Ad occhio nudo infatti la differenza in termini di dimensioni si apprezza solo leggermente, mentre nelle foto i dettagli della superficie lunare (crateri, mari, monti) appariranno definiti come non mai e tutto il disco lunare riempirà del quattordici per cento in più ogni fotogramma. Bisogna però disporre di uno zoom di almeno 200mm e scattare con mano ferma, impostando la sensibilità sui 100 Iso e con tempi inferiori a 1/250 di secondo, altrimenti l’aumentata luminosità del corpo celeste non renderà possibile immortalare i particolari morfologici della superluna.

Congiunzioni planetarie, stelle cadenti e superluna: ad agosto il cielo promette spettacolo

Alexandros






I

- Giungemmo: è il Fine. O sacro Araldo, squilla!
Non altra terra se non là, nell'aria,
quella che in mezzo del brocchier vi brilla,

o Pezetèri: errante e solitaria
terra, inaccessa. Dall'ultima sponda
vedete là, mistofori di Caria,

l'ultimo fiume Oceano senz'onda.
O venuti dall'Haemo e dal Carmelo,
ecco, la terra sfuma e si profonda

dentro la notte fulgida del cielo.



II

Fiumane che passai! voi la foresta
immota nella chiara acqua portate,
portate il cupo mormorìo, che resta.

Montagne che varcai! dopo varcate,
sì grande spazio di su voi non pare,
che maggior prima non lo invidïate.

Azzurri, come il cielo, come il mare,
o monti! o fiumi! era miglior pensiero
ristare, non guardare oltre, sognare:

il sogno è l'infinita ombra del Vero.




III

Oh! più felice, quanto più cammino
m'era d'innanzi; quanto più cimenti,
quanto più dubbi, quanto più destino!

Ad Isso, quando divampava ai vènti
notturno il campo, con le mille schiere,
e i carri oscuri e gl'infiniti armenti.

A Pella! quando nelle lunghe sere
inseguivamo, o mio Capo di toro,
il sole; il sole che tra selve nere,

sempre più lungi, ardea come un tesoro.




IV

Figlio d'Amynta! io non sapea di meta
allor che mossi. Un nomo di tra le are
intonava Timotheo, l'auleta:

soffio possente d'un fatale andare,
oltre la morte; e m'è nel cuor, presente
come in conchiglia murmure di mare.

O squillo acuto, o spirito possente,
che passi in alto e gridi, che ti segua!
ma questo è il Fine, è l'Oceano, il Niente...

e il canto passa ed oltre noi dilegua. -




V

E così, piange, poi che giunse anelo:
piange dall'occhio nero come morte;
piange dall'occhio azzurro come cielo.

Ché si fa sempre (tale è la sua sorte)
nell'occhio nero lo sperar, più vano;
nell'occhio azzurro il desiar, più forte.

Egli ode belve fremere lontano,
egli ode forze incognite, incessanti,
passargli a fronte nell'immenso piano,

come trotto di mandre d'elefanti.





VI

In tanto nell'Epiro aspra e montana
filano le sue vergini sorelle
pel dolce Assente la milesia lana.

A tarda notte, tra le industri ancelle,
torcono il fuso con le ceree dita;
e il vento passa e passano le stelle.

Olympiàs in un sogno smarrita
ascolta il lungo favellìo d'un fonte,
ascolta nella cava ombra infinita

le grandi querce bisbigliar sul monte.



Questa poesia di Giovanni Pascoli fa parte dei Poemi conviviali (1904). In essa l'autore intende esprimere una concezione irrazionalistica della verità: per Pascoli infatti quest'ultima non era data dalla scienza intesa come sapere forte, ma piuttosto dal Sogno ove si può trovare il mistero della vita umana. Nella poesia è presente un registro classicistico che è concordante con il tono aulico ed erudito del testo. In essa Alessandro Magno è il protagonista, avido di conoscenza, esperienza e di avventura (rispecchiando, in questo, il mito di Ulisse). 
Alessandro, re di Macedonia, dopo aver conquistato l'impero persiano fino ad arrivare all'India, trova innanzi a se il limite dell'Oceano.
A questo punto egli si interroga sul senso della vita e prova sconforto quando paragona la propria esistenza a quella di un viandante davanti all'Infinito e si rammarica di non poter proseguire oltre il suo viaggio (e quindi di non aver più aspettative).



 Eppure alla fine, il pensiero della madre Olympias, che nelle montagne dell'Epiro osserva le foreste sui monti e la "cava ombra infinita" del cielo, gli ridona una nuova meta: il ritorno, perché, come scrisse un poeta, "vero viaggio è il ritorno".


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