domenica 27 agosto 2017

Numero dei Mussulmani in Italia nel 2017

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L'Islam in Italia è la seconda religione dopo il cristianesimo, principalmente a seguito di immigrazione da paesi a maggioranza musulmana.

Stime sul numero di musulmani in Italia

Il numero di fedeli musulmani in Italia - per la quasi totalità sunniti - è incerto, ma si aggirava attorno al milione e duecentomila di unità nel 2007, corrispondente all'incirca all'1,9%[1] della popolazione italiana, contro un 91,6%[1] di cristiani (le altre religioni sono in totale lo 0,7%[1] più un 5,8%[1] di non religiosi/atei):
  • Secondo l'istituto ISMU (iniziative e studi alla multietnicità) al 1º gennaio 2016 in Italia sarebbero residenti circa 1.400.000 musulmani, ovvero una cifra corrispondente al 2,34% della popolazione italiana.[2]
  • 1.505.000 secondo le stime del Dossier Statistico 2011 Caritas/Migrantes.[3]
  • 1.200.000 secondo Mario Scialoja della Lega musulmana mondiale.[4]
  • Andrea Spreafico[5] conta circa 1.100.000 musulmani, di cui il 6% (circa 67.000) cittadini italiani, tra italiani di nascita convertiti e stranieri che hanno acquisito la cittadinanza, 912.000 (82%) immigrati regolari e circa 132.000 (12%) immigrati irregolari.
  • 850.000 secondo il Cesnur di Massimo Introvigne su dati 2006.[6][7]
  • Secondo il rapporto Open Society Institute (OSI) 2003, i musulmani in Italia sarebbero circa 700.000, tra cui 40-50.000 cittadini italiani (di cui circa 10.000 convertiti), 610-650.000 immigrati regolari e 80-85.000 irregolari.[8][9][10]
Il numero varia spesso in funzione della definizione di "musulmano", ossia se siano da comprendere quanti provengano da paesi di cultura musulmana, ma non si definiscano credenti o non siano praticanti.

Storia dell'islam in Italia

Magnifying glass icon mgx2.svgLo stesso argomento in dettaglio: Storia dell'Islam nell'Italia medievale.
La storia dell'islam in Italia incomincia nel IX secolo. La Sicilia rimase infatti sotto il dominio musulmano tra l'827 (inizio della conquista musulmana della Sicilia) e il 1091 (caduta dell'ultima roccaforte di Noto), mentre l'Italia continentale subì in quegli stessi anni numerose incursioni; rispetto alla penisola iberica, la presenza musulmana sulla penisola italiana è stata effimera e il controllo sulla Sicilia è stato stabile soltanto dal 965 fino al 1061. Tuttavia, anche dopo la conquista normanna, rimase in Sicilia una piccola minoranza di musulmani fino al 1239, quando a seguito di alcune loro ribellioni furono deportati da Federico II a Lucera in Puglia, dove rimasero fino al 1300, anno in cui ebbero la fine da Carlo II d’Angiò (al quale si erano rifiutati di prestare obbedienza). Anche con la fine della dominazione islamica per alcuni secoli le coste italiane continuarono però a essere razziate e depredate dai corsari barbareschi.
In epoca moderna, la presenza islamica in Italia è quasi inesistente fino agli anni '60, quando incominciano ad arrivare in Italia i primi studenti da SiriaGiordania e Palestina, che si aggiungono agli uomini d'affari e ai dipendenti delle ambasciate. Nel 1971 si ha la costituzione della prima associazione di musulmani, l'USMI (Unione degli studenti musulmani d'Italia), a partire dall'Università di Perugia. Con l'USMI venne aperto il primo luogo di culto in Italia, un piccolo locale in pieno centro storico di Perugia, chiamata "moschea di Via dei Priori", tutt'oggi aperto e in funzione.
Sempre negli anni '70, a Roma, nasce il Centro culturale islamico d'Italia (CCII), con l'appoggio e il coinvolgimento degli ambasciatori di paesi sunniti presso l'Italia o la Santa Sede; al CCII si devono i primi progetti per la moschea di Roma, a partire dal 1974. La moschea sarà aperta nel 1995.[6].
Gli anni settanta vedono anche l'arrivo dei primi immigrati musulmani dal Nord Africa, principalmente dal Marocco.
Nel 1980 si inaugura a Catania la prima moschea italiana nella sede di via Castromarino[11]. L'edificio però, per ragioni politiche e logistiche verrà chiuso dopo alcuni anni, per essere sostituito da siti precari quali residenze private e garage, fino al 15 dicembre 2012, quando viene inaugurata la più grande moschea del sud Italia nominata "moschea della Misericordia"[12].
Un successivo e consistente apporto è stato dato negli anni novanta dal consistente arrivo di immigrati albanesi e dall'aumento dei marocchini. Più recente, è la consistente immigrazione tunisinasenegaleseegiziana e, anche se di minor peso, pakistanabengaleseecc.[13] A partire dagli anni 2000, con la crescita dell'immigrazione dall'Europa dell'Est (Romania e Ucraina in primis) e dall'America Latina, la quota di immigrati musulmani è scesa pur rimanendo consistente.
A partire dagli anni '90 l'UCOII si pone da subito come principale rappresentazione organizzata dell'"Islam delle moschee" sunnita, radicato sul territorio italiano e non dipendente dalle ambasciate o da governi di paesi a maggioranza musulmana, e si candida a rappresentare la comunità musulmana tramite un'Intesa istituzionale.[6] All'intesa tra l'UCOII e lo Stato si oppongono i rappresentanti dell'"Islam degli stati", a partire dalla Moschea di Roma (Centro Culturale Islamico d'Italia) sostenuto dall'Arabia Saudita, oltre che dal Marocco.[14] Nel 1998, in vista di una possibile Intesa con lo Stato, l'UCOII apre all'"Islam degli stati" e assieme alla Moschea di Roma e alla sezione italiana della Lega Musulmana Mondiale annuncia la creazione di un Consiglio Islamico d'Italia, guidato da dieci cittadini italiani, di cui cinque nominati dall'UCOII e cinque dalle altre due organizzazioni. Ma l'Intesa resta fuori portata.[15]
Nel 2005, è stata fondata la Consulta per l'islam italiano presso il Ministero dell'Interno[16], composta da cittadini musulmani; forti disaccordi tra i componenti hanno rallentato i lavori della Consulta stessa[17][18]. La Consulta è stata riformata una prima volta nel 2010 (Comitato per l'Islam italiano) e di nuovo nel 2016 (')

Caratteristiche della presenza musulmana in Italia

Facciata della prima moschea di Catania.
La moschea ahmadi di San Pietro in Casale, Bologna
interno della moschea di Palermo.

Provenienza

Tra gli immigrati prevale in Italia nettamente la componente sunnita rispetto a quella sciita. Si stima il numero complessivo di sciiti in Italia in 15.450 unità, cioè circa l'1,48% del totale dei musulmani.[5]
Per quanto riguarda i paesi di provenienza, si rileva in particolare la presenza nordafricana e balcanica.
Pos.PaeseNumero di musulmani
Stima effettuata da Caritas/Migrantes
tra gli stranieri regolarmente residenti in Italia al 31 dicembre 2010
[3]
1Marocco448.000
2Albania364.000
3Tunisia106.000
4Senegal75.000
5Pakistan73.000
6Bangladesh71.000
7Macedonia30.000
8Algeria25.000
9Kosovo21.000

Distribuzione sul territorio italiano

Secondo l'istituto ISMU (iniziative e studi alla multietnicità) i musulmani residenti in italia al 1º gennaio 2016 sarebbero distribuiti così:[2]
RegioneNumeroPercentuale
Abruzzo240000,16%
Basilicata42000,29%
Calabria245001,72%
Campania538003,77%
Emilia Romagna18280012,83%
Friuli Venezia Giulia291002,04%
Lazio1128007,92%
Liguria380002,66%
Lombardia36770025,82%
Marche466000,32%
Molise34000,23%
Piemonte1190008,35%
Puglia338002,37%
Sardegna131000,92%
Sicilia614004,31%
Toscana1044007,33%
Trentino-Alto Adige340002,38%
Umbria263001,84%
Val Aosta28000,19%
Veneto1422009,98%
Italia1423900100%

Moschee

Le moschee ufficiali in Italia sono 5 nel senso di costruzioni fatte ad hoc, complete di minareto: Ravenna, Roma, Colle Val D'Elsa, Segrate Milano, Forlí; (in ordine di inaugurazione) mentre i luoghi di culto islamico sono più di 1.000.

Associazionismo musulmano

L'Islam in Italia non ha una istituzione unitaria di rappresentanza nei confronti dello Stato. Numerose associazioni rivendicano la rappresentanza degli interessi dei musulmani residenti in Italia. Tra queste associazioni dell'"Islam delle moschee", multinazionali e multietniche:
Accanto all'"Islam delle moschee", diversi osservatori segnalano l'esistenza in Italia di un "Islam degli Stati": paesi quali il Marocco e l'Egitto, che diffidano delle influenze saudite e dei Fratelli Musulmani, si sono organizzati per seguire i propri cittadini all'estero anziché delegarne la rappresentanza a organizzazioni di base a rischio fondamentalista. Tra questi[6]:
  • il Centro culturale islamico d'Italia (CCII) nato negli anni '70 a Roma, con l'appoggio e il coinvolgimento degli ambasciatori di paesi sunniti presso l'Italia o la Santa Sede; al CCII si devono i primi progetti per la moschea di Roma, a partire dal 1974. La moschea sarà aperta nel 1995;
  • la Missione culturale dell'Ambasciata del Marocco, che sostiene diverse moschee indipendenti;
  • la moschea di Palermo, installata in una ex chiesa di proprietà del consolato tunisino, e gestita direttamente dal governo della Tunisia;
  • l'Unione islamica in Occidente, sostenuta dalla Libia;
  • l'Istituto culturale islamico (ICI), sostenuto dall'Egitto.
Le confessioni islamiche minoritarie hanno associazioni proprie, tra cui:
  • la Comunità ismailita italiana (sciiti ismailiti);
  • i movimenti missionari (tabligh);
  • le confraternite sufi, tra le quali la Muridiyya che secondo una stima riunisce circa due terzi dei senegalesi residenti in Italia[19];
  • le organizzazioni nazionali o socio-religiose.
  • Giovani Musulmani d'Italia (GMI) - Associazione di promozione giovanile no profit, autonoma e indipendente fondata nel settembre 2001, attuale presidente Nadia Bouzekri.

La ricerca di un'intesa con lo Stato

Magnifying glass icon mgx2.svgLo stesso argomento in dettaglio: Consulta per l'islam italiano.
A differenza della maggioranza delle altre confessioni religiose, l'islam non ha una intesa con lo Stato italiano. Un forte problema in tale senso è costituito dalla mancanza di una forma associativa chiaramente rappresentativa della maggioranza dei musulmani in Italia.
Un primo tentativo di far fronte a tale situazione è avvenuto nel 2000, con la costituzione dell'associazione Consiglio islamico d'Italia, avente l'obiettivo di una rappresentanza unitaria dell'Islam sunnita di fronte allo Stato italiano per la stipula e l'esecuzione di un'intesa. A tale associazione prendevano parte l'UCOII (con Nour Dachan vicepresidente), la Lega musulmana mondiale (con Mario Scialoja presidente) e il Centro islamico culturale d'Italia (nonostante la contrarietà della sua componente marocchina). L'associazione non è durata a lungo, a causa dei contrasti tra la componente filo-saudita e la componente vicina ai Fratelli Musulmani. Allo stato attuale, essa esiste solo formalmente[6].
Nel 2005 il ministro dell'Interno Giuseppe Pisanu ha nominato una "Consulta per l'islam italiano" (cosiddetta Consulta islamica), composta da 16 membri, metà dei quali cittadini italiani, comprendenti tanto esponenti della cultura e delle associazioni musulmane laiche quanto dirigenti di associazioni religiose. Vi prendono parte per l'Islam sunnita UCOIILega musulmana mondialeCOREIS e UIO; per l'Islam sciita la presidente della Comunità ismailita italiana[6].

    Note

    1. ^ a b c d "Caritas Dossier Immigrazione 2007"
    2. ^ a b (ITISMU 1 gennaio 2016 dati mussulmani totali + distribuzione regionale, su ismu.org, 1º gennaio 2016. URL consultato il 9 agosto 2016.
    3. ^ a b Dossier Statistico Immigrazione
    4. ^ intervista 1
    5. ^ a b Andrea Spreafico, La presenza islamica in Italia (PDF), in “Instrumenta”, Scuola Superiore dell’Amministrazione dell'Interno-SSAI, IX,, nº 25, gennaio-aprile, pp. 173-243., ISSN 1974-2258URL consultato l'8 aprile 2016.
    6. ^ a b c d e f g h i Cesnur
    7. ^ ZENIT - “Le religioni in Italia”: censite oltre 600 fedi e “vie spirituali”
    8. ^ I Musulmani in Italia - Rapporto OSI
    9. ^ Rapporto sulla situazione dei musulmani in Italia rispetto alla fruizione di beni e servizi
    10. ^ Rapporto sulla situazione dei musulmani in Italia rispetto alla fruizione di beni e servizi
    11. ^ Francesco Pontorno, Un teatro trasformato in moschea, Magmagazine.it, 13 giugno 2012.
    12. ^ Claudia Campese, Inaugurata la nuova moschea di Catania « Sarà un centro di dialogo e stabilità », su Ctzen.it, 15 dicembre 2012.
    13. ^ Pubblicazione di Andrea Spreafico presso la Scuola superiore dell'Amministrazione dell'interno, p.183
    14. ^ Settimo rapporto sulle migrazioni 2001 p. 257
    15. ^ Settimo rapporto sulle migrazioni 2001, p. 258-259
    16. ^ Pagina sulla Consulta islamica sul sito del Ministero dell'Interno
    17. ^ Articolo dall'archivio del Corriere della Sera
    18. ^ Islam, Islamism and Jihādism in Italy diLorenzo Vidino dal sito dell'Hudson Institute
    19. ^ Massimo IntrovignePierluigi ZoccatelliLe religioni in Italia: La Murîdiyyacesnur.orgURL consultato il 22 agosto 2009.
    20. ^ Scuole islamiche, ecco i testi della discordia, su Il MessaggeroURL consultato il 1º settembre 2007.
    21. ^ Scuole islamiche, l'intolleranza s'impara sui libri, su Il GiornaleURL consultato il 1º settembre 2007.
    22. ^
    23. ^ Corriere della Sera, 6 novembre 2010
    24. ^ una molotov anti moscheaIl Corriere della Sera, 26 febbraio 1994
    25. ^ a b Vladimiro Polchi, "Moschee d'Italia, la mappa del rischio", La Repubblica, 8 marzo 2008
    26. ^ Milano, ordigno alla moscheaLa Stampa, 03-02-2007. URL consultato il 10 aprile 2008.
    27. ^ Milano, molotov contro moschea È il terzo attentato da luglioLa Repubblica, 24-10-2007. URL consultato il 10 aprile 2008.
    28. ^ Bombe incendiarie davanti alle moschee "Non reagire a nessuna provocazione"La Repubblica, 16-08-2007. URL consultato il 10 aprile 2008.
    29. ^ Attentati a moschee e centri islamici arrestato Sandalo (ex Prima Linea) - cronaca - Repubblica.it
    30. ^ Attentato incendiario contro la moscheaIl Resto del Carlino, 04-08-2010. URL consultato il 19 maggio 2011.

    Bibliografia

    • I cristiani e l'islàm in Italia. Conoscere, capire, accogliere i musulmani, Elle Di Ci, Leumann (Torino) 2000;
    • Stefano Allievi - Felice Dassetto; Il ritorno dell'Islam. I musulmani in Italia, Edizioni Lavoro, Roma 1993;
    • Stefano Allievi; I nuovi musulmani. I convertiti all'Islam, Edizioni Lavoro, Roma 1999.
    • Stefano Fabei; Il fascio la svastica e la mezza luna. Mursia, Milano, 2003. ISBN 978-88-425-3059-6
    • Silvio Ferrari (a cura di), Musulmani in Italia. La condizione giuridica delle comunità islamiche, Il Mulino, Bologna, 2000.
    • Manfredi Martelli; Il fascio e la mezza luna Edizioni Settimo Sigillo, Roma, 2003.
    • Antonio J. Munoz; Hitler's Muslims: Muslim Volunteers in Hitler's Armies, 1941-1945. Europa Books, 2007. ISBN 978-18-912-2773-8
    • Chantal Saint-Blancat (a cura di); L'Islam in Italia. Una presenza plurale, Edizioni Lavoro, Roma, 1999;
    • Vito Salierno; I musulmani in Italia (secoli IX-XIX) , Capone editore, Lecce, 2006. ISBN 978-88-834-9080-4
    • M. Khalid Rhazzali; La percezione generazionale dell'islam, in A. Surian, a cura di, Lavorare con la diversità culturale. Attività per facilitare l'apprendimento e la comunicazione interculturale, Erickson, Trento, pp. 31–69.
    • M. Khalid Rhazzali; L'islam in carcere. L'esperienza religiosa dei giovani musulmani nelle prigioni italiane, FrancoAngeli, Milano, 2010.

    giovedì 24 agosto 2017

    Mega spoiler sulla Stagione 8 di Game of Thrones: non indovinereste mai chi conquisterà il Trono di Spade

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    La trama della Stagione 8 di GOT è già filtrata, o come si dice in gergo, "leakata".
    Ho letto la trama di tutti i sei episodi e ne sono rimasto sconvolto.
    La fonte è la seguente, ed è molto attendibile (aveva già pubblicato nel dicembre scorso la trama della Stagione 7, che si è avverata in tutti i particolari).
    https://talkyseries.it/post/29224/game-of-thrones-8-online-i-leak-completi-dellultima-stagione/6/
    Per arrivare subito al sodo, e cioè alla sorte dei protagonisti e alla conquista del Trono di Westeros,
    riassumo gli eventi più eclatanti.
    Cersei sposerà Euron Greyjoy, ma poco dopo sarà uccisa da Arya Stark, che si rivelerà essere il Valonqar.
    Euron Greyjoy diventa dunque Re, ma il suo regno non durerà a lungo.
    Daenerys rimane incinta di Jon e quando i due vengono a sapere della loro parentela si sposano, ma purtroppo su entrambi incombe un tragico destino.
    Daenerys Targaryen, come sua madre Rhaella, morirà presso la Roccia del Drago, assediata dai Greyjoy, nel dare alla luce sua figlia Lyanna Targaryen, legittima erede al Trono di Spade.
    Jon, dopo avere sconfitto il Re della Notte, attacca Approdo del Re con l'ultimo dei draghi viventi, Drogon.
    Durante la battaglia finale muoiono praticamente tutti: Euron Greyjoy, Jaime Lannister e Jon Snow.
    La battaglia è comunque vinta dagli eserciti fedeli a Jon e a Daenerys, per cui i Lord convenuti riconoscono la neonata Lyanna Targaryen come unica e legittima Regina degli Andali, dei Primi Uomini e dei Rhoynar, Sovrana dei Sette Regni e Protettrice di Westeros.
    Ma a sedere sul Trono di Spade sarà il Lord Reggente, ossia Tyrion Lannister.

    domenica 20 agosto 2017

    Situazione in Siria e in Iraq: il califfato dell'Isis si sta disgregando



    Syrian, Iraqi, and Lebanese insurgencies.png

       Controlled by the Syrian opposition 
       Controlled by the Ba'athist Syrian government 
       Controlled by the Iraqi government    Controlled by the Lebanese Government    Controlled by Hezbollah 
       Controlled by the Islamic State of Iraq and the Levant (ISIL, ISIS, IS, Daesh) 
       Controlled by Tahrir al-Sham (HTS) 
       Controlled by the Rojava (Syrian Democratic Forces) 
       Controlled by Iraqi Kurdistan 
       Controlled by the Turkish Army and Euphrates Shield rebel forces 
       Disputed territory

    giovedì 3 agosto 2017

    Il Buddha di Smeraldo, palladio della monarchia thailandese

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    Il Buddha di Smeraldo (in thailandese|พระแก้วมรกต - Phra Kèo Morakot, nome ufficiale พระพุทธมหามณีรัตนปฏิมากร - Phra Phuttha Maha Mani Rattana Patimakon) è il palladio del Regno di Thailandia, una statua di diaspro verde o giadeite alta 45 cm raffigurante Buddha seduto e adornato con vesti dorate. Viene conservata a Bangkok, all'interno del complesso del Tempio del Buddha di Smeraldo, chiamato Wat Phra Kaew (da pronunciare Vat Pra Kèo), che è la Cappella Reale del Grande Palazzo Reale.

    Storia

    Secondo la leggenda, il Buddha di Smeraldo fu eseguito in India nel 43 a.C. da Nagasena a Pataliputra (l'odierna Patna), dove rimase 300 anni prima di essere trasferito in Sri Lanka, per salvarlo da una guerra civile. Nel 457, Re Anawrahta di Birmania lo richiese allo scopo di promuovere il Buddhismo Theravada nel suo Paese. La richiesta fu accettata ma la nave che lo trasportava naufragò e andò a finire sulle coste dell'Impero Khmer, l'odierna Cambogia. Quando nel 1353 i siamesi conquistarono Angkor, la capitale khmer, il Buddha di Smeraldo fu portato ad Ayutthaya, poi a Kamphaeng Phet, quindi in Laos e infine a Chiang Rai, dove il re della città lo nascose.
    Secondo alcuni storici d'arte andrebbe invece attribuito ad artisti Lanna del XV secolo, sarebbe venuto alla luce nel 1434 a Chiang Rai e quando fu rinvenuto la gente credette erroneamente che fosse fatto di smeraldo. Fu trasferito prima a Lampang e poi a Chiang Mai, nel Wat Chedi Luang, dove rimase fino al 1552. Nel 1546 il trono Lanna fu affidato a Setthathirath, che era anche principe ereditario del regno Lan Xang in Laos. Quando suo padre morì, divenne re di Lan Xang, si trasferì nell'allora capitale Luang Prabang e portò con sé il Buddha di Smeraldo. Nel 1564 fu portato a Vientiane, dove la statua rimase per 215 anni.
    Nel 1779 il generale thailandese Chao Phraya Chakri, che in seguito sarebbe diventato Re Rama I, conquistò Vientiane e riportò la statua in Siam, a Thonburi, dove re Taksin la fece custodire nel Wat Arun. Dopo essere diventato il nuovo monarca, Rama I la trasferì il 22 marzo del 1784 con una maestosa cerimonia nella sua attuale locazione, il padiglione principale del Wat Phra Kaew, il complesso templare del Grande Palazzo Reale.

    Vesti dorate

    Il Buddha di Smeraldo è la sola scultura in pietra[1], gli ornamenti con le vesti dorate sono tre completi che vengono cambiati tre volte all'anno dal re in persona, o da un sostituto in caso di indisposizione del re, il primo giorno di luna calante del 4º, 8º e 12º mese lunare, di solito in marzo luglio e novembre, quando cioè cambiano le stagioni in Thailandia. I due completi non indossati sono esposti al pubblico in un padiglione del vicino Grande Palazzo Reale.

    Note

    Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

    martedì 1 agosto 2017

    I 5 esercizi tibetani

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    I cinque riti tibetani, conosciuti anche semplicemente come I cinque tibetani, sono una serie di esercizi (secondo alcuni riconducibili allo yoga) che furono divulgati per la prima volta da Peter Kelder nel suo opuscolo "The Eye of Revelation", successivamente ristampato come "Ancient Secret of the Fountain of Youth" e pubblicato in lingua italiana dalle Edizioni Mediterranee come "I cinque tibetani".

    L'autore

    Poco è dato sapere della figura di Peter Kelder: sappiamo che è cresciuto negli Stati Uniti centro-occidentali in seno a una famiglia adottiva olandese e che lasciò il nido domestico ancora adolescente per viaggiare per il mondo. Negli anni '30, quando il libro fu scritto, egli viveva nelle colline attorno a Hollywood, dove lavorava come ricercatore presso gli studi cinematografici. Alcuni hanno anche ipotizzato che Peter Kelder sia uno pseudonimo dietro il quale si celi un'autrice donna.

    Il libro

    L'opuscolo di 32 pagine in cui Peter Kelder divulgò i cinque riti fu stampato per la prima volta nel 1939 con il titolo "The Eye of Revelation". In esso Kelder racconta di essere venuto a conoscenza dei riti da un colonnello in pensione dell'esercito britannico, il quale avrebbe scoperto un misterioso e remoto monastero nella regione himalayana i cui monaci erano a conoscenza del segreto della "fonte dell'eterna giovinezza". Il segreto consisterebbe nella pratica quotidiana di cinque esercizi (detti "riti"), i quali vengono descritti nel libro insieme ad alcuni altri brevi insegnamenti circa l'alimentazione e lo stile di vita. Dopo un paio di ristampe il libretto cadde nell'oblio, per essere poi riportato in grande voga a partire dalla metà degli anni '80, prima nei paesi di lingua inglese e tedesca, quindi anche in Italia e negli altri paesi occidentali. Oggi si calcola che "I cinque tibetani" abbia venduto oltre 5 milioni di copie nei paesi di lingua tedesca e oltre 2 milioni in quelli anglofoni. Nel catalogo delle Edizioni Mediterranee, che ne pubblicano l'edizione in lingua italiana, costituisce il titolo più venduto.

    I benefici dei cinque riti

    Nel racconto di Kelder il soggiorno nel misterioso monastero tibetano aveva letteralmente trasformato il colonnello da un signore anziano, curvo e quasi calvo, in un uomo sano e forte dall'aspetto di un quarantenne. I cinque riti si propongono infatti, attraverso l'armonizzazione dei sette chakra principali, come un mezzo efficace per raggiungere non solo la piena salute fisica, ma anche un vero e proprio ringiovanimento, sia a livello di energia che di aspetto fisico. Le varie edizioni del libro riportano anche in appendice lettere di testimonianza da parte dei lettori che hanno messo in pratica i riti, i quali affermano di aver ottenuto da essi innumerevoli benefici, dalla ricrescita dei capelli al miglioramento di vista, memoria, potenza sessuale, elasticità, energia in generale.

    L'incerta origine dei riti

    L'origine di questi cinque esercizi non è chiara ed essi sono considerati da alcuni come un'invenzione dell'autore sulla scia della moda dell'Oriente misterioso che imperversava agli inizi del '900 e di cui è esempio emblematico il romanzo di James Hilton "Orizzonte perduto", di poco precedente al libretto di Kelder e con il quale quest'ultimo presenta non pochi punti di contatto e di ispirazione. Infatti non esistono altre fonti che ne attestino l'esistenza e l'origine al di fuori del libro di Kelder e alcuni degli insegnamenti sembrano essere del tutto in contraddizione con le pratiche e le tradizioni tibetane di cui siamo a conoscenza. In particolare:
    • nella medicina tibetana si sostiene l'esistenza di cinque chakra, e non sette come nella cultura indiana (e come riportato nel libro di Kelder)
    • la medicina tibetana considera la salute come il risultato dell'equilibrio tra i cinque elementi, e non come il frutto della corretta rotazione dei vortici energetici dei chakra
    • lo yoga tibetano non contempla movimenti di rotazione su se stessi (al contrario del primo rito che consiste proprio in questo)
    • lama buddisti generalmente insegnano a superare l'attaccamento ai valori materiali, compreso il desiderio di apparire giovani, snelli e attraenti.
    • nessun lama tibetano finora ha mai affermato di conoscere gli esercizi che costituiscono i cinque riti prima che essi gli fossero mostrati

    Bibliografia in lingua italiana

    • Peter Kelder, I cinque tibetani, Roma, Edizioni Mediterranee.
    • AA.VV., I cinque tibetani vol.2, Roma, Edizioni Mediterranee.
    • I cinque riti tibetani, Firenze, Giunti.
    • Christian Salvesen, Il sesto tibetano, Roma, Edizioni Mediterranee.
    • Christian Salvesen, Il settimo tibetano, Roma, Edizioni Mediterranee.