Il Tao (道T, DàoP, TaoW; letteralmente la Via o il Sentiero) è uno dei principali concetti della storia del pensiero cinese. Si tratta di un termine di difficile traduzione, inizialmente volutamente concepito come una potenza inesauribile che sfugge a qualunque tentativo di definizione. Si può partire dal fatto che il carattere cinese 道 (la cui parte inferiore è il radicale cinese "piede") esprime innanzitutto il concetto di un movimento, un flusso. Per questo motivo si può tentare di definire il Tao come l'eterna, essenziale e fondamentale forza che scorre in perenne movimento attraverso tutta la materia dell'Universo. In ambito occidentale viene talvolta tradotto anche come il Principio[1]. Nella filosofia taoista tradizionale cinese, il Tao è l'Universo stesso: quell'eterno, inesauribile "divenire", costantemente in movimento[1]. Tenendo presenti questi riferimenti, volendolo dire con una parola, il Tao "è".
Nel contesto della storia del pensiero cinese, il concetto di Tao acquisisce grande importanza in seno alla tradizione taoista, salvo poi estendere la sua influenza a tutto il panorama filosofico e speculativo cinese, fino a venire integrato, riassorbito e reinterpretato da una molteplicità di scuole di pensiero, ivi inclusa quella confuciana. Nel corso dei secoli a venire, questa influenza si estenderà a molte altre delle cosiddette filosofie e scuole di pensiero orientali.
Struttura del Tao in origine
Il filosofo
Lao-tzu, mitico fondatore del taoismo, mette in chiaro che prima di tutto vi era un
non-essere trascendente e indifferenziato (che tuttavia non è il "
nulla"), "la Via" (detta anche "origine", la "Madre", la "femmina oscura", ecc.), il Tao appunto, che diede origine all'
essere (detto "la madre dei viventi"), ciò che esiste e da cui nacque il mondo
[1]; anch'esso, tuttavia, è parte del Tao stesso, poiché della sua stessa natura, ma ha dei confini. Si tratta quindi di una filosofia del mutamento, in cui il Tao iniziale è però immutabile (e non può essere "detto", ma può essere mostrato
[1]), eppure muta (e in questa forma "non è una via costante", dice Lao-tzu), una sorta di
panenteismo (posizione che coniuga
trascendenza e
immanenza, in maniera
monista), simile al
brahman induista (per fare un paragone con la
filosofia occidentale, invece, il Tao è paragonabile principalmente all'
apeiron di
Anassimandro[1], all'
Essere immutabile e perfetto di
Parmenide[2], al
Logos di
Eraclito, degli
stoici e di
Giovanni evangelista, all'
Uno del
platonismo, al
Noumeno di
Kant e dell'
idealismo, e allo
slancio vitale di
Bergson; la sua differenziazione mutevole è paragonabile allo
scorrere nel
divenire, alle
idee platoniche che forgiano le
forme sensibili).
[1]
Il Tao all'inizio del tempo - nello stato di non-essere - era in uno stato chiamato
wu ji (无极 = assenza di differenziazioni/assenza di polarità). A un certo punto - nell'essere - si formarono due
polarità di segno diverso che rappresentano i principi fondamentali dell'universo, presenti nella
natura[1]:
- Yin, il principio negativo, freddo, luna, femminile ecc. rappresentano il nero.
- Yang, il principio positivo, caldo, sole, maschile, ecc. rappresentano il bianco.
Lo scopo del taoista è comprendere questa evoluzione e le successive, e tornare, tramite la meditazione e la retta pratica di vita, ad avvicinarsi all'unità iniziale del Tao: l'obiettivo finale è portare il discepolo, il praticante e lo studente, ad un completo stato di unificazione con l'universo, con il Tao quindi. Tutta la vita emerge dal Wuji, inconsapevolmente. Attraverso le pratiche taoiste è quindi possibile raggiungere l'immortalità (detta
xian) e ritornare allo stato di Wuji, energia pura, dissolvendosi nell'Uno, quindi nel Tao.
[1]
Evoluzione
I due principi, il divino individuo immaginario maschile e il divino immaginario femminile, iniziarono subito a interagire, dando origine alla suprema polarità o
T'ai Chi o Taiji (Pronuncia Wu-ci). Il simbolo da tutti conosciuto come
Taijitu è il più famoso di molti simboli che rappresentano questa suprema polarità e che sono chiamati
T'ai Chi T'u. È importante evidenziare che nella filosofia Taoista Yin e Yang non hanno alcun significato morale, come buono o cattivo, e sono considerati elementi di differenziazione complementari.
Da essi deriva il
qi (detto anche
ki o
chi) l'energia che scorre nel mondo fisico, nell'orizzonte
naturalista del taoismo, rappresentato dai cinque elementi (acqua, legno, fuoco, metallo, terra), che si combinano a loro volta nelle
otto forze.
Descrizione
Essendo il Tao ineffabile, cioè indescrivibile, per comprenderlo si può ricorrere alla seguente analogia, tratta da Lao-tzu
[1]: immagina una persona che cammina su una strada, portando sulle spalle un fusto di
bambù. Alle due estremità del bambù, sono appesi due secchi. I due secchi rappresentano lo
yin e lo yang. Il bambù rappresenta il
Tai Chi, l'entità che collega lo yin e lo yang. La strada è il Tao.
Il Tao può essere interpretato come una "
risonanza" che risiede nello spazio vuoto lasciato dagli oggetti solidi. Allo stesso tempo, esso scorre attraverso gli oggetti dando loro le caratteristiche. Nel
Tao Te Ching si dice che il Tao nutra tutte le cose, che crea una trama nel caos. La caratteristica propria di questa trama è una condizione di inappagabile desiderio, per cui i filosofi taoisti associano il Tao al cambiamento; le rappresentazioni artistiche che tentano di rappresentare il Tao sono caratterizzate da flussi.
Note
- ^ a b c d e f g h i Girolamo Mancuso, Note al Tao-teh-ching, Newton e Compton
- ^ si veda anche la riproposizione di Martin Heidegger
Voci correlate