domenica 7 maggio 2017

Tabella religioni principali e loro genealogia

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La religione è quell'insieme di credenze, vissuti, riti che coinvolgono l'essere umano, o una comunità, nell'esperienza di ciò che viene considerato sacro, in modo speciale con la divinità, oppure è quell'insieme di contenuti, riti, rappresentazioni che, nell'insieme, entrano a far parte di un determinato culto religioso[1].
Lo studio delle "religioni" è oggetto della "Scienza delle religioni" mentre lo sviluppo storico delle religioni è oggetto della "Storia delle religioni".

Il dibattito sulla nozione di religione

La nozione di "religione" è problematica e dibattuta.
Da un punto di vista fenomenologico-religioso il termine "religione" è collegato alla nozione di sacro:
« Secondo Nathan SöderblomRudolf Otto e Mircea Eliade, la religione è per l'uomo la percezione di un "totalmente Altro"; ciò ha come conseguenza un'esperienza del sacro che a sua volta dà luogo a un comportamento sui generis. Questa esperienza, non riconducibile ad altre, caratterizza l'homo religiosus delle diverse culture storiche dell'umanità. In tale prospettiva, ogni religione è inseparabile dall'homo religiosus, poiché essa sottende e traduce la sua Weltanschauung (Georges Dumézil). La religione elabora una spiegazione del destino umano (Geo Widengren) e conduce a un comportamento che attraverso miti, riti e simboli attualizza l'esperienza del sacro. »
(Julien RiesLe origini, le religioni. Milano, Jaca Book, 1992, pagg.7-23)
Da un punto di vista storico-religioso la "nozione" di "religione" è collegata al suo esprimersi storico:
« Ogni tentativo di definire il concetto di "religione", circoscrivendo l'area semantica che esso comprende, non può prescindere dalla constatazione che esso, al pari di altri concetti fondamentali e generali della storia delle religioni e della scienza della religione, ha una origine storica precisa e suoi peculiari sviluppi, che ne condizionano l'estensione e l'utilizzo. [...] Considerata questa prospettiva, la definizione della "religione" è per sua natura operativa e non reale: essa, cioè, non persegue lo scopo di cogliere la "realtà" della religione, ma di definire in modo provvisorio, come work in progress, che cosa sia "religione" in quelle società e in quelle tradizioni oggetto di indagine e che si differenziano nei loro esiti e nelle loro manifestazioni dai modi a noi abituali. »
(Giovanni FiloramoReligione in Dizionario delle religioni (a cura di Giovanni Filoramo). Torino, Einaudi, 1993, pag.620)
Da un punto di vista antropologico-religioso la "religione" corrisponde al suo modo peculiare di manifestarsi nella cultura:
« Le concezioni religiose si esprimono in simboli, in miti, in forme rituali e rappresentazioni artistiche che formano sistemi generali di orientamento del pensiero e di spiegazione del mondo, di valori ideali e di modelli di riferimento »
(Enrico CombaAntropologia delle religioni. Un'introduzione. Bari, Laterza, 2008, pag.3)
Anche se come evidenzia lo stesso Enrico Comba:
« Non è dunque possibile stabilire un criterio assoluto per distinguere i sistemi religiosi da quelli non religiosi nel vasto repertorio delle culture umane »
(Enrico CombaOp.cit. pag.28)
Quindi, come notano Carlo Tullio Altan e Marcello Massenzio, il fenomeno della religione:
« come forma specifica della cultura umana, ovunque presente nella storia e nella geografia, è un fenomeno estremamente complesso, che va studiato con molteplici procedure, mano a mano che queste ci vengono offerte dal progresso degli studi delle scienze umane, senza pretendere di dire mai in proposito l'ultima parola, come accade per un lavoro che sia costantemente in corso d'opera. »
(Carlo Tullio Altan e Marcello MassenzioReligioni Simboli Società: Sul fondamento dell'esperienza religiosa. Milano, Feltrinelli, 1998, pagg. 71-2)

Etimologia


Marco Tullio Cicerone (106 a.C.-43 a.C.), fu il primo autore a proporre un significato etimologico, collegato all'attenzione verso ciò che riguardava gli dèi, e una definizione del termine religio (religione).

Lattanzio (250-327), apologeta cristiano, criticò l'etimologia di "religione" proposta da Cicerone, ritenendo che questo termine dovesse essere riferito al "legame" tra l'uomo e la divinità.
Il termine religione deriva dal latino relìgio, la cui etimologia non è del tutto chiarita.
Secondo Cicerone (106 a.C.-43 a.C.), la parola originerebbe dal verbo relegere, ossia "ripercorrere" o "rileggere", intendendo una riconsiderazione diligente di ciò che riguarda il culto degli dèi[2]:
(LA)
« qui autem omnia quae ad cultum deorum pertinerent diligenter retractarent et tamquam relegerent, sunt dicti religiosi ex relegendo, ut elegantes ex eligendo, diligendo diligentes, ex intelligendo intelligentes »
(IT)
« invece coloro che riconsideravano con cura e, per così dire, ripercorrevano tutto ciò che riguarda il culto degli dei furono detti religiosi da relegere, come elegante deriva da eligere (scegliere), diligente da diligere (prendersi cura di), intelligente da intelligere (comprendere) »
(CiceroneDe natura deorum II, 28; traduzione in italiano di Cesare Marco Calcante in Cicerone. La natura divina. Milano, Rizzoli, 2007, pagg. 214-5)
Jean Paulhan evidenzia come Lucrezio fece invece derivare religio dalla radice di re-ligare, nel significato «dei legami che uniscono gli uomini a certe pratiche»[2] – derivazione che fu poi ritenuta tale anche da Lattanzio e Servio (però col significato di «legarsi nei confronti degli dei»[3]). Secondo Michael von Albrecht, da essa, poiché verbo contrario all'idea di liberazione, Lucrezio ne derivò il significato negativo, del quale è: «molto grafica l'espressione religione refrenatus (5, 114), che rispecchia le inibizioni al pensiero filosofico causate dal paganesimo: l'uomo è trattenuto, impedito, essendo le sue mani letteralmente "legate dietro la schiena"». Inoltre «parla spesso dei “nodi stretti” [...] della religio, dai quali Epicuro avrebbe liberato l'umanità».[4] [5] Un significato simile le aveva attribuito lo storico greco Polibio, dando alla religione, ma con particolare riguardo alla tradizione e ai costumi dei Romani, il senso di un instrumentum regni.[6] Nello specifico Lattanzio (250-327), che fu ripreso anche da Agostino d'Ippona (354-430)[7], correggendo Cicerone, sostiene:
(LA)
« Hoc vinculo pietatis obstiicti Deo et religati sumus ; unde ipsa religio nomen accepit, non ut Cicero interpretatus est, a relegendo. »
(IT)
« Con questo vincolo di pietà siamo stretti e legati (religati) a Dio: da ciò prese nome religio, e non secondo l'interpretazione di Cicerone, da relegendo. »
(LattanzioDivinae institutiones IV, 28. Traduzione di Giovanni FiloramoLe scienze delle religioni. Brescia, Morcelliana, 1997, pag.286)
Così lo studioso Luigi Alici (1950-) mette a confronto la lettura etimologica offerta da Agostino in De civitate Dei X,3, che si richiama a Cicerone, con quella di Lattanzio il quale "preferisce insistere sull'idea primitiva di 'ciò che lega' di fronte agli dèi":
« tale legame sarebbe pure indicato dall'uso simbolico delle vitae, cioè delle bende con cui si coprivano il capo i sacerdoti »
(Luigi AliciNota 5 in AgostinoLa città di Dio. Milano, Bompiani, 2004, pag.462)
Tuttavia lo storico delle religioni italiano Enrico Montanari (1942-) osserva che:
« Etimologicamente, religio non deriva da religare ('legarsi faccia a faccia con gli dèi'): questa interpretazione, di fonte cristiana (Lattanzio), fu attribuita agli antichi, ma sulla base del nuovo culto monoteistico. »
(Enrico MontanariRoma. Il concetto di "religio" a Roma. In Dizionario delle religioni (a cura di Giovanni Filoramo). Torino, Einaudi, 1993, pag.642)
Quindi, per Enrico Montanari, l'origine del termine "religione" è da ricercarsi nella coppia dei termini religere/relegere intesi come "raccogliere nuovamente", "rileggere"[8] osservare "con scrupolo e coscienziosità l'esecuzione di un atto"[9] e quindi eseguire con attenzione l'"atto religioso". Furono i primi teologi cristiani, nel IV secolo, a rovesciare il significato originario del termine per collegarlo al nuovo credo[10].
Allo stesso modo osservò Gerardus van der Leeuw (1890-1950) che coniando l'espressione homo religiosus lo oppose all'homo negligens:
« Possiamo quindi intendere la definizione del giurista Masurio Sabinoreligiosum est, quod propter sanctitatem aliquam remotum ac sepositum a nobis est. Ecco precisamente in che cosa consiste il sacro. Usargli sempre debiti riguardi: è questo l'elemento principale della relazione fra l'uomo e lo straordinario. L'etimologia più verosimile fa derivare la parola religio da relegere, osservare, stare attenti; homo religiosus è il contrario di homo negligens. »
(Gerardus van der LeeuwPhanomenologie der Religion (1933). In italiano: Gerardus van der Leeuw. Fenomenologia della religione. Torino, Boringhieri, 2002, pag.30)

Storia della definizione

Storia della definizione e della nozione di "religione" in Occidente

Definizione e nozione di "religione" nella cultura religiosa greca

Il termine che nella lingua greca moderna indica la "religione" è θρησκεία (thrēskeia). Tale termine è collegato a θρησκός (thrēskos; "pio", "timoroso di Dio"). Quindi anche se nella cultura religiosa greco-antica non esisteva un termine che riassumesse quello che noi intendiamo oggi per "religione"[11]thrēskeia[12] possedeva tuttavia un ruolo e un significato precisi[13]: indicava la modalità formale con cui andava celebrato il culto a favore degli dèi[14]. Scopo del culto religioso greco era infatti quello di mantenere la concordia con gli dèi: non celebrare loro il culto significava provocarne l'ira, da qui il "timore della divinità" (θρησκός) che lo stesso culto provocava in quanto connesso con la dimensione del sacro.

Definizione e nozione di "religione" nella cultura religiosa romana


Monaci manichei intenti a copiare testi sacri, con un'iscrizione in sogdiano (manoscritto da KhochoBacino del Tarim). Il manicheismo fu una religione perseguitata, al pari di altre, nell'Impero romano in quanto contrastava con il mos maiorum.
La concezione romana di "religione" (religio) corrisponde alla cura nei confronti dell'esecuzione del rito a favore degli dèi, rito che, per tradizione, va ripetuto finché non risulti correttamente eseguito[15]. In questo senso i romani collegavano al termine di "religione" un senso di timore nei confronti della sfera del sacro, sfera propria del rito e quindi della religione stessa[16].
In un ambito più aperto i romani accoglievano comunque tutti i riti che non contrastassero con il mos maiorum dei tradizionali riti religiosi, ovvero con il costume degli antenati. Quando nuovi riti, e quindi novae religiones, venivano a contrastare con il mos maiorum questi venivano proibiti: fu il caso, ad esempio e di volta in volta, delle religioni ebraicacristianamanichea e dei riti bacchanalia[17].
La prima definizione del termine "religione", ovvero del suo originario termine latino religio, la dobbiamo a Cicerone il quale nel De inventione così la esprime:
(LA)
« Religio est, quae superioris naturae, quam divinam vocant, curam caerimoniamque effert »
(IT)
« Religio è tutto ciò che riguarda la cura e la venerazione rivolti ad un essere superiore la cui natura definiamo divina »
(CiceroneDe inventione. II,161)
Con l'epicureo Lucrezio (98 a.C.-55 a.C.) si affaccia una prima critica alla nozione di religione intesa qui come un elemento che sottomette l'uomo per mezzo della paura e da cui il filosofo deve liberarsi[18]:
(LA)
« Humana ante oculos foede cum vita iacere / in terris oppressa gravi sub religione / quae caput a caeli regionibus ostendebat / horribili super aspectu mortalibus istans, / primum Graius homo mortalis tollere contra est / oculos ausus primusque obsistere contra »
(IT)
« La vita umana giaceva sulla terra alla vista di tutti turpemente schiacciata dall'opprimente religione, che mostrava il capo dalle regioni celesti, con orribile faccia incombendo dall'alto sui mortali. Un uomo greco[19] per la prima volta osò levare contro di lei gli occhi mortali, e per primo resistere contro di lei. »
(LucrezioDe rerum natura I,62-7. Traduzione di Francesco Giancotti in LucrezioLa natura. Milano, Garzanti, 2006, pagg. 4-5)
(LA)
« primum quod magnis doceo de rebus et artis religionum animum nodis exsolvere pergo »
(IT)
« prima di tutto in quanto grandi cose insegno, e tento di sciogliere l'animo dai nodi stretti della religione »
(LucrezioDe rerum natura I,932)

Definizione e nozione di "religione" nell'Occidente cristiano


Massacre saint Barthelemy di François Dubois (1529–1584) conservato presso il Musée cantonal des Beaux-Arts di Losanna. A seguito dei massacri provocati dalle Guerre di religione i pensatori francesi del XVII secolo misero in dubbio la sovrapposizione delle nozioni di civiltà e religione fino a quel momento in vigore.

Ebrei in preghiera il giorno dello Yom Kippur, opera di Maurycy Gottlieb (1856–1879). Nell'Occidente cristiano, l'Ebraismo, come l'Islām, verrà indicato come una religione solo a partire dal XVII secolo.
Le prime comunità cristiane non utilizzarono il termine religio per indicare le proprie credenze e pratiche religiose[20]. Con il tempo, tuttavia, diffusamente a partire dal IV secolo, il Cristianesimo adottò tale termine nell'accezione indicata da Lattanzio, individuandone l'unicità in quanto la "religione" era l'unica via di salvezza per l'uomo.
La relazione tra religio cristiana e quelle dei culti o delle "filosofie" precedenti fu variamente interpretata dagli esegeti cristiani. Giustino (II secolo)[21], ma anche Clemente Alessandrino e Origene, sostennero che partecipando tutti gli uomini al "Verbo" coloro che tra questi vissero secondo "ragione" erano comunque dei cristiani[22]. Con Tertulliano (III secolo) la prospettiva cambiò e le differenze tra mondo "antico" e il mondo dopo la "rivelazione" cristiana furono decisamente accentuate.
Con Agostino d'Ippona (354-430), ma già precedentemente con BasilioGregorio Nazianzeno e Gregorio di Nissa, il pensiero platonico rappresentò per i teologi cristiani un esempio della comprensibilità di cosa fosse la vera "religione"[23].
Rispetto ai significati del termine "religione" nel mondo cristiano, lo storico delle religioni svizzero Michel Despland osserva che:
« Diventato cristiano l'Impero, si trovano presso i cristiani tre accezioni della parola. La religione è un ordine pubblico mantenuto dall'imperatore cristiano che instaura sulla terra la legislazione voluta da Dio (idea imperiale). Può anche essere l'eros dell'anima individuale verso Dio (idea mistica). Infine religio può designare la disciplina propria ai battezzati che hanno fatto voto di perfezione e sono diventati eremiti o cenobiti (Monachesimo). »
(Michel DesplandReligione. Storia dell'idea in Occidente, in Dictionnaire des Religions (a cura di Jacques Vidal). Parigi, Presses universitaires de France, 1984. In italiano: Dizionario delle religioni. Milano, Mondadori, 2007, pagg. 1539 e segg.)
Quindi se inizialmente il termine "religione" è assegnato esclusivamente agli ordini religiosi[24], a partire dalla Francia il termine accoglie dapprima anche quei pellegrini o cavalieri che se ne mostrano degni attraverso il mantenimento dei loro voti, poi i mercanti onesti e gli sposi fedeli, aprendo così il termine all'intero mondo laicale che osserva con scrupolo i precetti della Chiesa.
Con la Scolastica la "religione" venne collocata tra le "virtù morali" inserite nella "giustizia" in quanto essa rende a Dio l'onore e l'attenzione che gli sono "dovuti" esprimendosi con atti esteriori, come la liturgia o il voto, ed atti interiori, come la preghiera o la devozione[25].
Infine il termine "religione" diviene sinonimo di "civiltà". Con la Riforma protestante a partire dal XVI secolo il termine "religione" è assegnato a due confessioni cristiane distinte, e solo con il XVII secolo l'Ebraismo e l'Islām saranno considerate "religioni"[26].
Le Guerre di religione del XVI secolo provocarono in Francia l'abbandono dell'idea che il termine "religione" potesse essere sovrapponibile a quello di civiltà e, ad incominciare dal XVII secolo, alcuni intellettuali francesi avviarono una critica serrata al valore stesso della religione[26].
« Vive forze nazionali si risvegliano e insorgono contro l'adattamento compiuto dopo le guerre di religione. Da allora la religione è vista come riguardante un'autorità oppressiva, la fede come una credenza poco ragionevole, anzi quasi irragionevole. In Francia, le intelligenze cominciano a preferire la civiltà alla religione. E c'è la tendenza a credere che quanto l'uomo più si civilizzerà tanto meno sarà incline alla religione. »
(Michel DesplandOp.cit.)

"Razionalità" e "religione" nell'Occidente moderno e contemporaneo

A partire dal XVII secolo, la Modernità attribuisce valore supremo alla razionalità affrontando con questo strumento conoscitivo anche l'alveo della religione che così viene sottoposto al suo esame.
Se da una parte autori come Gottfried Wilhelm von Leibniz (1645-1716) e Nicolas Malebranche (1638-1715) dopo l'analisi razionale esaltarono i valori religiosi, altri, come ad esempio John Locke (1632-1704) o Jean-Jacques Rousseau (1712-1778), utilizzarono la "ragione" per spogliare la "religione" dei suoi contenuti non giustificabili razionalmente.
Altri autori, come l'irlandese John Toland (1670-1722) o il francese Voltaire (1694-1778) furono propugnatori del deismo, un lettura decisamente razionalista della religione.
Con David Hume (1711-1776) vi fu un rifiuto dei contenuti razionali della religione, nell'insieme considerata un fenomeno del tutto irrazionale, nato dai timori propri dell'uomo nei confronti dell'universo. Partendo dal giudizio di "irrazionalismo" della religione, in Occidente, con ad esempio Julien Offray de La Mettrie (1709-1751) o Claude-Adrien Helvétius (1715-1771), si affacciarono le prime critiche radicali alla religione che portarono all'affermazione dell'ateismo.
In questo ambito Paul Henri Thiry d'Holbach (1723-1789) giunse a sostenere che:
« L'idea di un Dio terribile, raffigurato come un despota, ha dovuto rendere inevitabilmente malvagi i suoi sudditi. La paura non crea che schiavi [...] che credono che tutto divenga lecito quando si tratta o di guadagnarsi la benevolenza del loro Signore, o di sottrarsi ai suoi temuti castighi. La nozione di un Dio-tiranno non può produrre che schiavi meschini, infelici, rissosi, intolleranti. »
(Holbach, Il buon senso, a cura di S. Timpanaro, Garzanti 1985, p.150)

Termini e definizioni di "religione" nelle culture non occidentali

Nelle culture non occidentali il termine "religione" viene reso con termini che non hanno la stessa etimologia latina. Così, se in Occidente, fatto salvo la lingua greca, il termine "religione" ha ovunque origine dal latino religio, l'etimologia del termine ebraico origina invece da un termine proprio dell'antico persiano, allo stesso modo l'arabo dove il termine "religione" origina dall'avestico. Nelle lingue del Subcontinente indiano invece il termine "religione" viene reso con termini di origine sanscrita e, in Estremo Oriente, con termini di origine cinese.

Il termine "religione" nelle culture del Vicino e Medio Oriente

Tale termine compare alcune volte nel Tanakh, così nel Libro di Ester
(HE)
« ויאמר המלך להעשות כן ותנתן דת בשושן ואת עשרת בני המן תלו »
(IT)
« Il re ordinò che così fosse fatto. Il decreto (dath) fu promulgato a Susa. I dieci figli di Amàn furono appesi al palo. »
(Libro di Ester, IX,14)
In questo verso דת (dath) sta per "editto", "legge", "decreto". L'ebraico dath deriva dall'avestico e dall'antico persiano dāta[27].
Il termine avestico dāta possiede in quella lingua sempre il significato di "legge" o di "legge di Ahura Mazdā"[28], ovvero legge del Dio unico e supremo dello Zoroastrismo.
(AE)
« ahmya zaothre baresmanaêca mãthrem speñtem ashhvarenanghem âyese ýeshti, dâtem vîdôyûm âyese ýeshti, dâtem zarathushtri âyese ýeshti, darekhãm upayanãm âyese ýeshti, daênãm vanguhîm mâzdayasnîm âyese ýeshti. »
(IT)
« Con questo zaothra e baresman desidero questo Yasna per il generoso Manthra, il più glorioso e lo desidero per Dāta, la Legge, la più gloriosa, santificata Aša, istituita contro i daēva, e per la legge insegnata da Zarathuštra. Desidero, questo Yasna, per Upayana, l'antica tradizione mazdea, e per Daēna, la santa religione mazdea. »
(Avestā II, 13. Traduzione di Arnaldo Alberti, in Avestā. Torino, UTET, 2008, pag.96)
  • In lingua araba il termine occidentale "religione" viene reso come دين (alfabeto arabo) traslitterato in caratteri latini come dīn.
(AR)
« الْيَوْمَ أَكْمَلْتُ لَكُمْ دِينَكُمْ وَأَتْمَمْتُ عَلَيْكُمْ نِعْمَتِي وَرَضِيتُ لَكُمُ الإِسْلاَمَ دِينا ً »
(IT)
« Oggi ho perfezionato la vostra religione ( dīn) compiendo per voi il mio beneficio e ho scelto per voi l'Islām come religione ( dīn) »
(Corano V,3)
Il termine arabo dīn deriva dal medio persiano dēn[29].
Tale termine deriva dal termine medio persiano dēn che, a sua volta, deriva dall'avestico daēnā che in quella antica lingua significa "religione" intesa come splendore, luminosità di Ahura MazdāDaēnā a sua volta proviene, nella medesima lingua, dalla radice dāy (vedere).
(AE)
« nivaêdhayemi hañkârayemi mãthrahe speñtahe ashaonô verezyanguhahe dâtahe vîdaêvahe dâtahe zarathushtrôish darekhayå upayanayå daênayå vanghuyå mâzdayasnôish »
(IT)
« Annuncio e celebro in lode del benefico ed efficace Manthra, ašavan, rivelazione contro i daēva; rivelazione che viene da Zarathuštra, e in lode di Daēna, la buona religione mazdea, che ha un'antica Tradizione »
(Avestā I, 13. Traduzione di Arnaldo Alberti, in Avestā. Torino, UTET, 2008, pag.92)

Il termine "religione" nelle culture del Subcontinente indiano


La bandiera dell'India. Al centro della bandiera è collocato, raffigurato in blu, il Cakra di Aśoka ovvero il sigillo che compare negli editti promulgati dall'imperatore indiano Aśoka (304-232 a.C.) e che rappresenta il Dharmacakra, la "Ruota del Dharma".
Nella lingua hindi, la lingua ufficiale e più diffusa dell'India, il termine occidentale "religione" viene reso come धर्म (alfabeto devanāgarī) traslitterato in caratteri latini come Dharma.
« È abbastanza difficile trovare un'unica parola nell'area dell'Asia meridionale che denoti ciò che in italiano è definito "religione", un termine effettivamente piuttosto vago e dall'ampio raggio semantico. Forse il termine più appropriato potrebbe essere il sanscrito dharma, traducibile in diversi modi, tutti pertinenti alle idee e alle pratiche religiose indiane »
(William K. MahonyInduismo, "Enciclopedia delle Religioni" vol. 9: "Dharma induista". Milano, Jaca Book, 2006, pag.99)
Gianluca Magi precisa tuttavia che il termine Dharma
« è più ampio e complesso di quello cristiano di religione e, dall'altro, meno giuridico delle attuali concezioni occidentali di "dovere" o di "norma", poiché privilegia la consapevolezza e la libertà piuttosto che il concetto di religio od obbligo »
(in Dharma, "Enciclopedia filosofica" vol.3. Milano, Bompiani, 2006, pag. 2786)
Il termine Dharma (धर्म) è usato nella maggior parte delle religioni di origine indiana per indicare tali contesti religiosi: Induismo (सनातन धर्म Sanātana Dharma), Buddhismo (बौद्ध धर्म Buddha Dharma), Jainismo (जैन धर्म Jain Dharma) e Sikhismo (सिख धर्म Sikh Dharma).
Ma anche per indicare le religioni occidentali come l'Ebraismo (यहूदी धर्म, Dharma ebraico) o il Cristianesimo (ईसाई धर्म, Dharma cristiano)
Il termine Dharma deriva dalla radice sanscrita dhṛ traducibile in italiano come "fornire una base", ovvero come "fondamento della realtà", "verità", "obbligo morale", "giusto", "come le cose sono" oppure "come le cose dovrebbero essere".
(SA)
« Ṛtasya gopāv adhi tiṣṭhatho rathaṃ satyadharmāṇā parame vyomani
yam atra mitrāvaruṇāvatho yuvaṃ tasmai vṛṣṭir madhumat pinvate divaḥ »
(IT)
« O guardiani dell'ordine cosmico (Ṛta), o Dei le cui leggi (Dharma) sono sempre realizzate, voi salite sul vasto carro del cielo più alto; a chi, Mitra e Varuṇa, mostrate il vostro favore, la pioggia del cielo dona abbondanza di miele »
(Ṛgveda, V 63,1 a-c)

Il termine "religione" nelle culture dell'Estremo Oriente


三教一教 sānjiào yījiào Tre religioni (insegnamenti) una religione (insegnamento). Confucio (孔丘 Kǒng Qiū) e Lǎozǐ (老子) proteggono il Buddha Śākyamuni (釋迦牟尼 Shìjiāmóuní) infante. Rotolo dipinto su seta, Dinastia Ming (1368-1644) conservato presso il British Museum di Londra.

Scrittura oracolare su ossa, all'origine del carattere cinese 子 ( , bambino). Il carattere cinese che indica la singola "religione" è 教 (jiào). Esso si compone del carattere di 子 ( , bambino) e del carattere 耂 ( lǎo, vecchio), il tutto ad indicare l'insegnamento.
In lingua cinese il termine occidentale "religione" viene reso come 宗教, traslitterato in caratteri latini in zōngjiào (Wade-Giles tsung-chiao).
Da questa lingua il termine religione (宗教) viene così reso nelle altre lingue estremo-orientali in:
In lingua cinese 教 (jiào) rende anche il khotanese deśanā a sua volta resa del sanscrito deśayati (causativo del verbo di III cl. diś: "mostrare", "assegnare", "esibire", "rivelare") e anche il sanscrito śāsana (insegnamento).
Il carattere 教 è formato da 子 ( , bambino, dove la figura stilizzata è avvolta in fasce e agita le braccia), 耂 ( lǎo, vecchio).
Mentre 宗 (zōng) indica "scuola", "tradizione acclarata", "religione" quindi 宗教 "insegnamento di una tradizione acclarata/religione".
Il carattere cinese 宗 (zōng) è formato dai caratteri 宀 (mián, tetto di un edificio) e 示 ( shì "altare" oggi nel significato di "mostrare") a sua volta composto da 丁 (altare primitivo) con ai lati 丶 (gocce di sangue o di libagioni); il tutto a significare "edificio che contiene un altare".
Le singole religioni vengono indicate dal nome che le caratterizza seguite dal carattere 教 (jiào): Buddhismo 佛教 (Fójiào da 佛  Buddha), Confucianesimo 儒教 (Rújiào, da 儒 , letterato confuciano), Daoismo 道教 (Dàojiào da 道 DàoCristianesimo 基督教 (Jīdūjiāo da 基督 Jīdū Cristo), Ebraismo 犹太教 ( Yóutàijiào da 犹太 Yóutài Giuda), Islām (伊斯兰教 Yīsīlánjiāo da 伊斯兰 Yīsīlán Islām).

Definizione e spiegazione del fenomeno religioso nelle scienze delle religioni e nella filosofia

Natura problematica della definizione di "religione"


Max Weber (1864-1920) sostenne che la definizione di "religione" si può declinare alla fine della ricerca su di essa.

Leszek Kołakowski (1927-2009) ha osservato che, come per altri ambiti umanistici, difficilmente si potrà addivenire ad una definizione condivisa del termine "religione".
La definizione moderna del termine "religione" è problematica e controversa:
« Definire la religione è compito tanto ineludibile quanto improbo. È infatti evidente che, se una definizione non può prendere il posto di una indagine, quest'ultima non può avere luogo in assenza di una definizione. »
(Giovanni FiloramoOp.cit 1993, pag.621)
Già Max Weber aveva sostenuto che:
« Una definizione di ciò che la religione 'è' non può trovarsi all'inizio, ma caso mai, alla fine di un'indagine come quella che segue. »
(Max WeberEconomia e società Milano, Comunità, 1968, pag.411. (prima ed. 1922))
Melford E. Spiro (1920-)[30] e Benson Saler[31] obiettano in proposito che quando non si definisce l'oggetto di indagine in modo esplicito si finisce per definirlo in modo implicito.
Lo storico polacco Leszek Kołakowski (1927-2009) rileva invece che:
« Studiando le attività umane nessuno dei concetti di cui disponiamo può essere definito con assoluta precisione, e, sotto questo aspetto, 'religione' non si trova in una situazione peggiore di "arte", "società", "storia", "politica", "scienza", "linguaggio" e innumerevoli altre parole. Ogni definizione della religione deve essere fino ad un certo punto, arbitraria, e, per quanto scrupolosamente tentiamo di far sì che si conformi all'impiego attuale della parola nel linguaggio comune, molte persone riterranno che la nostra definizione comprenda troppo o troppo poco. »
(Leszek KołakowskiSe non esiste Dio. Bologna, Il Mulino, 1997)

Le spiegazioni sulla natura e le ragioni dell'esistenza dei credi religiosi

Il filosofo tedesco Ludwig Feuerbach (1804-1872) sosteneva che: la religione consiste di idee e valori prodotti dagli esseri umani, erroneamente proiettati su forze e personificazioni divine. Dio sarebbe quindi la costruzione di un Super uomo (uomo potenziato con attribuiti ideali dati dall'uomo stesso). È una forma di Alienazione (che non ha lo stesso significato attribuito da Marx), in quanto la religione estranea l'uomo da sé stesso facendogli credere di non essere in prima persona: l'uomo è sottomesso da sé stesso. La religione si trova ad essere dunque un rifugio dell'uomo di fronte alla durezza della realtà quotidiana.

Karl Marx (1818-1883) affermò che: la Religione è «il gemito della creatura oppressa, l'animo di un mondo senza cuore, così come è lo spirito d'una condizione di vita priva di spiritualità. Essa è l'oppio dei popoli»[32].
Secondo l'ottica di Max Weber (1864-1920): le Religioni mondiali sarebbero capaci di raccogliere vaste masse di credenti e di influenzare il corso della storia universale. Weber non crede che la religione sia una forza conservatrice (Karl Marx), bensì crede che essa possa provocare enormi trasformazioni sociali: La religione influisce sulla vita sociale ed economica. Il Puritanesimo e il protestantesimo, ad esempio, furono all'origine del modo di pensare capitalistico. Ne ”L'etica protestante e lo spirito del capitalismo” Weber discusse ampiamente l'influenza del cristianesimo sulla storia dell'Occidente moderno. Weber scoprì che effettivamente alcune religioni sono caratterizzate da un ascetismo ultramondano, che privilegia la fuga dai problemi terreni, distogliendo gli sforzi dallo sviluppo economico. Il cristianesimo sarebbe una religione di salvezza per Weber, poiché è incentrata sulla convinzione che gli esseri umani possano essere salvati purché scelgano la fede e seguano le sue prescrizioni morali. Le religioni di salvezza presentano un aspetto rivoluzionario perché sono caratterizzate da un ascetismo intramondano, cioè uno spirito religioso che privilegia la condotta virtuosa in questo mondo. Le religioni asiatiche invece avevano un atteggiamento di passività rispetto all'esistente.
Tra le riflessioni contemporanee, particolarmente interessante è la spiegazione del fenomeno religioso proposta da Marcel Gauchet a iniziare dall'opera del 1985 Il Disincanto del mondo [33]: secondo lo storico-filosofo francese, la religione non è né una tensione individuale verso il trascendente, né una costruzione funzionale alla giustificazione del potere. La religione va invece intesa, in una prospettiva storica e antropologica, come maniera particolare di strutturazione dello spazio sociale e umano. In particolare la forma più pura di religione è da rintracciare negli animismi che caratterizzano quelle società che Pierre Clastres definisce “contro lo Stato”. Nelle società di questo tipo, la legge viene cioè fatta risalire a un tempo e a forze assolutamente altre rispetto al presente e nessun membro della società può quindi rivendicare un rapporto privilegiato con il trascendente. La nascita di un'istanza separata del potere è indisgiungibile da una trasformazione della religione: dopo tali trasformazioni, il mondo terreno e la realtà trascendente entrano in rapporto. La religione, che nella sua forma più pura era un disinnescamento totale dell'instabilità sociale, una rimozione assoluta della divisione attraverso l'assolutizzazione della separazione terreno/trascendente, si apre a quella che Gauchet definisce l'uscita dalla religione.

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Alcuni termini classificatori e descrittivi delle religioni


Edward Burnett Tylor introdusse, nel 1871, la nozione di "animismo".

Il teologo calvinista svizzero Pierre Viret (1511-1571) che, nel suo Instruction chrétienne del 1564 introdusse il termine "deismo".

Friedrich Schelling nel 1842 introdusse per primo il termine "enoteismo" poi ripreso e diffuso dall'indologo Friedrich Max Müller (1823-1900).

John Toland (1670-1722) nel suo Socinianism Truly Stated. By a pantheist (1705) utilizzò per primo la nozione di "panteismo".

Animismo

"Animismo" (dall'inglese animism, a sua volta dal latino anĭma) è il termine introdotto nello studio delle religioni primitive dall'antropologo inglese Edward Burnett Tylor (1832-1917) che, nel 1871 nel suo Primitive Culture: Researches into the Development of Mythology, Philosophy, Religion, Language, Art and Custom, lo utilizzò per indicare quella prima forma di credenza spirituale ("anima" o "forza vitale") che viene riscontrata in oggetti o luoghi. In tal senso la teoria di Tylor si opponeva a quella di Herbert Spencer (1820-1903) che invece poneva nell'ateismo le convinzioni degli uomini primitivi[34].
La teoria "animistica", già messa in discussione da Marcel Mauss (1872-1950) e da James Frazer (1854-1941), è rifiutata oggi dalla maggior parte degli antropologi.
Tuttavia, come nota Jacques Vidal[35]
« in mancanza di altre espressioni l'uso del termine rimane frequente. »
Carlo Prandi[36] nota anche come tale termine venga utilizzato per indicare le credenze religiose dell'Africa subsahariana, quelle afrobrasiliane e quelle attinenti alle culture dell'Oceania.

Deismo

Il termine "Deismo" (dal francese déisme, a sua volta dal latino deus[37]) fu coniato dal teologo calvinista svizzero di lingua francese Pierre Viret (1511-1571) che nella sua Instruction chrétienne del 1564 lo utilizzò per indicare un gruppo che si opponeva agli "ateisti". Ma Viret descrisse questo "gruppo" come di coloro che pur credendo in un Dio unico e creatore rigettavano la fede in Gesù Cristo.
Il poeta inglese John Dryden (1631-1700), in Religio Laici del 1682 definì il "Deismo" come la credenza in un Dio creatore rifiutando qualsivoglia dottrina propugnata dalla tradizione e dalla rivelazione.
Con la pubblicazione, nel 1697 del Dictionnaire historique et critique di Pierre Bayle (1647-1706), che riprese la nozione di Déisme suggerita da Viret, il termine fu ampiamente diffuso nella cultura europea.
Tuttavia il significato di "Deismo" ha posseduto, di volta in volta, connotazioni diverse. Allen W. Wood[38] ne ha identificate quattro:
  1. credenza in un Essere supremo privo di tutti gli attributi di personalità (come intelletto e volontà);
  2. credenza in un Dio, ma rifiuto di qualsiasi cura provvidenziale da parte di questi per il mondo;
  3. fede in un Dio, ma negazione di ogni vita futura;
  4. credenza in un Dio, ma rifiuto di tutti gli altri articoli di fede religiosa.
Molti filosofi e scienziati, per lo più illuministi del Settecento, sostennero tali posizioni; varianti istituzionalizzate del "Deismo" sono il Culto dell'Essere supremo durante la Rivoluzione Francese e la spiritualità della Massoneria.

Enoteismo

"Enoteismo" (dal tedesco henotheismus, a sua volta dal greco εἷς eîs + θεός theós "un dio") fu il termine coniato dal Friedrich Schelling (1775-1854) in Philosophie der Mythologie und der Offenbarung (1842) per indicare un "monoteismo " rudimentale sorto durante la preistoria della coscienza e precedente al "monoteismo evoluto" e al politeismo.
Successivamente, l'indologo tedesco Friedrich Max Müller (1823-1900) utilizzò questo termine[39] per indicare una pratica propria del Ṛgveda consistente nell'isolare una divinità rispetto alle altre durante le invocazioni rituali.
Nel suo significato storico-religioso, "enoteismo" occorre ad indicare quella forma di culto per cui una divinità viene, durante il rito, momentaneamente isolata e privilegiata rispetto alle altre, assurgendo così a divinità principale.

Monoteismo

Il termine Monoteismo (neologismo greco, dal greco μόνος, mónos = unico, solo e θεός theós = dio) caratterizza quelle religioni che propugnano l'esistenza di una singola divinità.
André Lalande (1867-1963) ha così descritto, nel suo Vocabulaire technique et critique de la philosophie, revu par MM. les membres et correspondants de la Société française de philosophie et publié, avec leurs corrections et observations par André Lalande, membre de l'Institut, professeur à la Sorbonne, secrétaire général de la Société (2 volumi) Parigi, 1927, il termine "monoteismo":
« Dottrina filosofica o religiosa che ammette un solo Dio, distinto dal mondo »
Il tema, controverso, è quali possano essere le religioni ascrivibili a questo contesto.
Dopo una disamina di tale problema, Paolo Scarpi così chiosa:
« In questa prospettiva, pertanto conviene limitare l'uso del termine monoteismo alle forme religiose che storicamente si sono affermate come tali e che hanno elaborato una speculazione teologica finalizzata alla dimostrazione dell'unicità di Dio »
Intendendo in questa prospettiva sostanzialmente l'Ebraismo, il Cristianesimo e l'Islām. Di tutt'altro avviso è invece, ad esempio, Theodore M. Ludwig che nella Encyclopedia of Religion nata dal progetto internazionale proposto da Mircea Eliade include, sia nell'edizione del 1987 che nella seconda edizione del 2005, nella voce Monotheism[40], altre religioni oltre quelle qui sopra citate come lo Zoroastrismo, la Religione greca nella forma di alcuni culti e nel pensiero di alcuni teologi greci, la Religione egizia del culto di Aton, il Buddhismo nella forma della Terra Pura, l'Induismo in alcune sue particolari manifestazioni e il Sikhismo.

Panteismo

Il termine Panteismo (dall'inglese pantheism a sua volta dal greco παν pan + θεός theós = tutto Dio) letteralmente significa "tutto è Dio". Tale termine fu derivato da analogo termine, pantheistic, utilizzato dal filosofo irlandese John Toland (1670-1722) nel suo Socinianism Truly Stated. By a pantheist (1705), ed ebbe larga diffusione in Europa durante le polemiche inerenti al Deismo.
Oggi il termine "Panteismo" occorre come termine tecnico-descrittivo per individuare quei credi religiosi, o filosofico-religiosi, che individuano una divinità che abbraccia ogni cosa, ovvero Dio che compenetra ogni aspetto e luogo dell'universo rendendo così sacro ogni aspetto dell'esistente, anche quello naturale[41].

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Politeismo

Il termine "politeismo" è attestato nelle lingue moderne per la prima volta nella lingua francese (polythéisme) a partire dal XVI secolo[42]. Il termine polythéisme fu coniato dal giurista e filosofo francese Jean Bodin, e quindi utilizzato per la prima volta nel suo De la démonomanie des sorciers (Parigi, 1580), per poi finire nei dizionari come il Dictionnaire universel françois et latin (Nancy 1740), il Dictionnaire philosophique di Voltaire (Londra 1764) e, l'Encyclopédie di D'Alembert e Diredot (seconda metà del XVIII secolo), la cui voce polytheisme è curata dallo stesso Voltaire. Utilizzato in ambito teologico in opposizione a quello di "monoteismo"; entra nella lingua italiana nel XVIII secolo[43].
Il termine polythéisme, quindi "politeismo", è formato da termini derivati dal greco antico: πολύς (polys) + θεοί (theoi) ad indicare "molti dèi"; quindi da polytheia, termine coniato dal filosofo giudaico di lingua greca Filone di Alessandria (20 a.C.-50 d.C.) per indicare la differenza tra l'unicità di Dio nell'Ebraismo rispetto alla nozione pluralistica dello stesso propria delle religioni antiche[44], tale termine fu poi ripreso dagli scrittori cristiani (ad esempio da Origene in Contra Celsum).
Tale termine indica quelle religioni che ammettono l'esistenza di più dèi a cui destinare dei culti.

Religioni (in ordine alfabetico) con maggior numero di fedeli

Buddhismo


Il Buddhismo nel mondo
Il Buddhismo è una religione che comprende una varietà di tradizioni, credenze e pratiche, in gran parte basata sugli insegnamenti attribuiti a Siddhārtha Gautama, vissuto nel Nepal intorno al VI secolo a.C., comunemente appellato come il Buddha, ossia "il Risvegliato".
Le numerose scuole dottrinarie afferenti a questa religione si fondano e si differenziano in base alle raccolte scritturali riportare nei Canoni buddhisti e agli insegnamenti tradizionali trasmessi all'interno delle stesse scuole.
Le due grandi differenziazioni all'interno del Buddhismo riguardano le correnti Theravāda, presente prevalentemente in Sri LankaThailandiaCambogiaMyanmar e Laos, e Mahāyāna, presente invece prevalentemente in CinaTibetGiapponeCoreaVietnam e Mongolia.

Cristianesimo


I cristiani nel mondo per nazione
Il Cristianesimo è la religione più diffusa nel mondo, in particolare in Occidente (EuropaAmericheOceania). Le forme storiche del cristianesimo sono molteplici, ma è possibile indicare tre principali suddivisioni: il Cattolicesimo, il Protestantesimo, l'Ortodossia. Oltre a queste tre suddivisioni, esistono alcuni credi che si riallacciano al Cristianesimo ma non sono classificati nelle tre categorie principali, tra cui Mormonismo e i Testimoni di Geova.
Tutte queste tradizioni cristiane riconoscono, seppure con piccole varianti, che il loro fondatore, Gesù di Nazaret, è il Figlio di Dio, e lo riconoscono come Signore. Credono altresì, a parte i Testimoni di Geova, i Mormoni ed i Protestanti Unitari, che Dio è uno in tre persone: il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo.
Inoltre, seppure con qualche differenziazione sul numero dei libri, considerano la Bibbia un testo ispirato da Dio. La Bibbia dei cristiani è composta dall'Antico Testamento, il quale corrisponde alla Septuaginta, versione e adattamento in lingua greca della Bibbia ebraica con l'aggiunta di ulteriori libri[45], e dal Nuovo Testamento: quest'ultimo ruota interamente sulla figura di Gesù Cristo e del suo "lieto annuncio" (Vangelo).

Induismo


Induismo nel mondo
L'Induismo è un insieme di dottrine, credenze e pratiche religiose e filosofico-religiose che hanno avuto origine in India, luogo dove risiede la maggioranza dei suoi fedeli. Secondo la tradizione, questa religione è eterna (Sanātana dharma, religione eterna) non avendo né un principio né una fine.
L'Induismo fa riferimento ad un insieme di testi sacri che per tradizione suddivide in Śruti e in Smṛti. Tra questi testi occorre ricordare in particolar modo i Veda, le Upaniṣad e la Bhagavadgītā.

Islam


Presenza musulmana nel mondo
L'Islām è la più recente delle tre principali religioni monoteiste originarie del Vicino Oriente. Ha come principale riferimento il Corano considerato libro sacro. Il testo in lingua araba, una raccolta di predicazioni orali, è relativamente breve rispetto ai testi sacri ebraici o hindū. Il termine Islām significa letteralmente "sottomissione", intesa come fedeltà alla parola di Dio. L'Islām condivide con l'Ebraismo e il Cristianesimo gran parte della tradizione dell'Antico Testamento, legittimando il riferimento biblico secondo cui Isacco/Israele (progenitore degli ebrei) e Ismaele (progenitore degli arabi) erano entrambi figli di Abramo. Riconosce la vita e le opere di Gesù ritenendolo però un profeta. La figura di riferimento dell'Islām è Muhammad (Maometto), vissuto nel VII secolo nella penisola arabica, di cui la Sunna raccoglie gli aneddoti. Le due suddivisioni principali di questa religione sono l'Islām sunnita e l'Islām sciita.

Altre religioni

Altre importanti religioni, diffuse soprattutto in Asia sono:

Nuovi movimenti religiosi

Note

  1. ^ Cfr. Enciclopedia Treccani
  2. ^ a b Jean PaulhanIl segreto delle parole, a cura di Paolo Bagni, postfazione di Adriano Marchetti, Firenze, Alinea editrice, 1999, p. 45, ISBN 88-8125-300-3.
  3. ^
    « «le fait de se lier vis-à-vis des dieux», symbolisé par l'emploi des uittæ et des στέμματα dans le culte. »
    ((FRAlfred Ernout e Antoine MeilletDictionnaire étymologique de la langue latine - Histoire des mots (PDF), ristampa della IV edizione, in nuovo formato, aggiornata e corretta da Jacques André (1985), Parigi, Klincksieck, 2001 [15/01/1932], p. 569, ISBN 2-252-03359-2URL consultato il 24 luglio 2013.)
  4. ^ Michael von Albrecht, Terror et pavor: politica e religione in Lucrezio (PDF), fondazionecanussio.org, 2005, pp. 238-239. URL consultato il 22 luglio 2013.
  5. ^ cfr. anche (EN) Robert Schilling, The Roman Religion, in Claas Jouco Bleeker e Geo Widengren (a cura di), Historia Religionum I - religions of the past, vol. 1, 2ª ed., Leiden, E. J. Brill, 1988 [1969], p. 443, ISBN 978-90-04-08928-0URL consultato il 24 luglio 2013.
  6. ^ Polibio, Storie, VI 56.
  7. ^ Retractationes I, 13. Anche se in De civitate Dei X,3 Agostino segue invece l'etimologia offerta da Cicerone:
    « Eleggendo quindi Dio, o piuttosto rieleggendolo (da cui verrebbe il termine religione) avendolo perduto per nostra negligenza »
    (AgostinoLa città di Dio. Milano, Bompiani, 2004, pag.462)
  8. ^ Cfr. anche Giovanni FiloramoChe cos'è la religione. Torino, Einaudi, 2004, pag.81-2.
  9. ^ Giovanni FiloramoOp.cit. 1993.
  10. ^ Giovanni FiloramoOp.cit 2004 pag.82 nota 2; Op.cit. 1993, pag. 624; Le scienze delle religioni. Brescia, Morcelliana, 1997, pag.286
  11. ^ Cfr., ad esempio, Paolo ScarpiGrecia (religione) in Dizionario delle religioni (a cura di Giovanni Filoramo). Torino, Einaudi, 1993, p. 350.
  12. ^ Dialetto ionico.
  13. ^ Questo tuttavia al di fuori del dialetto attico, cfr. in tal senso e per una più approfondita disamina dei termini Walter BurkertOp. cit. pp. 491 e sgg.
  14. ^ «Tutti questi dati si intrecciano e completano la nozione che la parola thrēskeia evoca di per sé stessa: quella di 'osservanza, regola della pratica religiosa'. La parola si ricollega a un tema verbale che denota l'attenzione al rito, la preoccupazione di restare fedeli a una regola.» Émile BenvenisteIl vocabolario delle istituzioni indoeuropee, voll. II. Torino, Einaudi, 1976, p.487.
  15. ^
    « Per i Romani religio stava a indicare una serie di precetti e di proibizioni e, in senso lato, precisione, rigida osservanza, sollecitudine, venerazione e timore degli dèi. »
    (Mircea EliadeReligione in Enciclopedia del novecento. Istituto enciclopedico italiano, 1982, pag.121)
  16. ^ Enrico MontanariDizionario delle religioni (a cura di Giovanni Filoramo. Torino, Einaudi, 1993, pag. 642-4
  17. ^ Enrico MontanariOp.cit., pag. 642-4
  18. ^ Va precisato tuttavia che gli epicurei non negavano l'esistenza delle divinità quanto piuttosto affermavano la loro lontananza e il loro disinteresse nei confronti degli uomini.
  19. ^ Si riferisce ad Epicuro.
  20. ^ Michel DesplandReligione. Storia dell'idea in Occidente, in Dictionnaire des Religions (a cura di Jacques Vidal). Parigi, Presses universitaires de France, 1984. In italiano: Dizionario delle religioni. Milano, Mondadori, 2007, pagg. 1539 e segg.
  21. ^ Apologeticum XLVI, 3 e 4.
  22. ^ Tra questi Giustino cita esplicitamente Socrate ed Eraclito:
    « Coloro che hanno vissuto secondo il Logos sono cristiani, anche se sono stati considerati atei, come, tra i Greci, Socrate ed Eraclito, ad altri simili, e tra i barbari, Abramo, Anania, Azaria, Misael, Elia, e molti altri ancora, dei quali ora non elenchiamo le opere e i nomi, sapendo che sarebbe troppo lungo. Di conseguenza coloro che hanno vissuto prima di Cristo, ma non secondo il Logos, sono stati malvagi, nemici di Cristo e assassini di quelli che vivevano secondo il Logos; al contrario coloro, quelli che hanno vissuto e vivono secondo il Logos sono cristiani, non soggetti a paure e turbamenti »
    (GiustinoApologia I, 47,3 e 4. Traduzione di Giuseppe Girgenti in Giustino Apologie. Milano, Rusconi, 1995, pagg. 125-7)
    .
  23. ^ Cfr. a titolo esemplificativo Agostino d'IpponaDe vera religione 1-3.
  24. ^
    « Nel XIII sec. una religione è un Ordine religioso »
    (Michel DesplandOp.cit..)
  25. ^ Antonin-Dalmace SertillangesLa philosophie morale de saint Thomas d'Aquin. Parigi, 1947.
  26. ^ a b Michel DesplandOp.cit..
  27. ^ F. Brown, S. R. Driver, Ch. A. Briggs. A Hebrew and English Lexicon of the Old Testament. Oxford, Clarendon Press, 1968
  28. ^ Dāta' nella Encyclopaedia Iranica.
  29. ^
    « DlN, I. Definition and general notion. It is usual to emphasize three distinct senses of din: (i) judgment, retribution; (2) custom, sage; (3) religion. The first refers to the Hebraeo-Aramaic root, the second to the Arabic root ddna, dayn (debt, money owing), the third to the Pehlevi dēn (revelation, religion). This third etymology has been exploited by Noldeke and Vollers. »
    (Louis GardetEncyclopedia of Islam, vol.2. Leiden, Brill, 1991, pag.253)
  30. ^ Melford E. SpiroReligion: problems of definition and explanation, in M. Banton (a cura di) Anthropological Approaches to the study of Religion. London, Tavistock, 1966, pag. 90-1.
  31. ^ Benson SalerConceptualizing Religion: Immanent Anthropologist, Trascendent Natives, and Unbounded Categories. Leiden, Brill, 1993, pagg. 28-9.
  32. ^ Karl Marx, "Introduzione" alla Critica della filosofia hegeliana del diritto pubblico, in Opere filosofiche giovanili, Torino, Einaudi 1969.
  33. ^ (traduzione italiana Einaudi 1992)
  34. ^ Kees W. BolleAnimism and AnimatismEncyclopedia of Religion vo.1. NY, Macmillan, 2005 (1987) pagg. 362 e segg.
  35. ^ Dictionnaire des Religions (a cura di Jacques Vidal). Parigi, Presses universitaires de France, 1984. In italiano: Dizionario delle religioni. Milano, Mondadori, 2007, pag. 60.
  36. ^ Carlo PrandiDizionario delle religioni (a cura di Giovanni Filoramo). Torino, Einaudi, 1993, pag.37
  37. ^ La sua etimologia è del tutto simile a quello di "Teismo" derivando quest'ultimo dal greco théos e il primo dal latino deus.
  38. ^ Encyclopedia of Religion, vol.4. NY, Macmillan, 2005, pag. 2251-2
  39. ^ Friedrich Max MüllerSelected Essays on Language, Mythology and Religion, vol. 2, Londra, 1881.
  40. ^ Theodore M. LudwigMonotheism, in Encyclopedia of Religion vol.9. NY, Macmillan, 2005, pagg. 6155 e segg.
  41. ^ H. P. Owen. Concepts of Deity. Londra, Macmillan, 1971.
  42. ^ Paolo ScarpiPoliteismo in Dizionario delle religioni, Torino, Einaudi, 1993, p. 573.
  43. ^ Alberto Nocerini, L'Etimologico, Firenze, Le Monnier, edizione elettronica
  44. ^ Gabriella PirontiIl "linguaggio" del politeismo in Grecia: mito e religione vol.6 della Grande Storia dell'antichità (a cura di Umberto Eco). Milano, Encyclomedia Publishers/RCS, 2011, pag.22.
  45. ^ Da tener presente che la Bibbia protestante conserva una differente raccolta di libri rispetto a quella, ad esempio, cattolica.

Bibliografia

  • Angelo Brelich, Introduzione alla storia delle religioni, Roma-Bari, Editori Laterza, 1991.
  • Walter Burkert, La creazione del sacro, Milano, Adelphi, 2003.
  • Yves Coppens, Origines de l'homme - De la matière à la conscience, Paris, De Vive Voix, 2010.
  • Yves Coppens, La preistoria dell'uomo, Milano, Jaca Book, 2011.
  • Alfonso Maria Di Nola, Attraverso la storia delle religioni, Roma, Di Renzo Editore, 1996.
  • Ambrogio Donini, Lineamenti di storia delle religioni, Roma, Editori Riuniti, 1959.
  • Mircea Eliade, Trattato di storia delle religioni, Torino, Bollati Boringhieri, 1999.
  • Giovanni Filoramo, Storia delle religioni, Roma-Bari, Editori Laterza, 1994.
  • John Michael Greer, After Progress: Reason and Religion at the End of the Industrial Age, 0865717915, 9780865717916 New Society Publishers 2015

Voci correlate

Chi era veramente Simon Mago?

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Simone Mago (Gitton?, villaggio della SamariaI secolo), è considerato dagli eresiologi cristiani il primo degli eretici e proto-gnostico samaritano[1].

Biografia

« in quel tempo vi era un tale, di nome Simone, che già da tempo esercitava nella città le arti magiche, e faceva stupire la gente di Samaria, spacciandosi per un qualcosa di grande. Tutti, dal più piccolo al più grande, gli davano ascolto, dicendo: Questi è la “potenza di Dio”, quella che è chiamata “la Grande”. »
(Atti degli Apostoli, 8, 9-10)
Dopo aver ascoltato le prediche del diacono Filippo, Simone decise di farsi battezzare. Successivamente, però, cercò di comperare da Pietro apostolo il potere di amministrare anch'egli con la semplice imposizione delle mani lo Spirito Santo, incorrendo nelle ire dell'apostolo. Da questo antico tentativo di commercio di cose sacre deriva il termine simonia.
Ulteriori testimonianze sulla sua vita non hanno il crisma dell'ufficialità in quanto derivano da testi apocrifi come gli Atti di Pietro o le Pseudo-clementine. In base a tali documenti Simon Mago risiedette a Roma durante i regni degli imperatori Claudio e Nerone. Qui ottenne fama e gloria, ma fu sfidato ad un confronto pubblico da Pietro e Paolo di Tarso. In questo confronto morì in due modi diversi, secondo due leggende diverse:
  • Si fece seppellire in modo da dimostrare di poter risorgere dopo tre giorni, ma morì nella tomba;
  • Durante una dimostrazione di levitazione al Foro Romano dinnanzi all'imperatore Nerone, per le preghiere dei suoi avversari, precipitò, rompendosi le gambe e venendo poi lapidato dalla piazza, spaventata dall'evento. Come si vede in alcune illustrazioni raffiguranti la fine del "profeta".

Il pensiero

Le fonti successive (Ireneo di Lione) presentano Simone come il fondatore di una vera e propria setta gnostica. Le sue dottrine forse furono influenzate dal dualismo del mazdeismo iraniano. Simone era il sommo Dio in grado di manifestarsi come Padre in Samaria, come Figlio in Giudea o come Spirito Santo nelle altre regioni, ed Elena, una prostituta riscattata da un bordello di Tiro, era il primo concetto della sua mente, l'Ennoia, generatrice degli angeli e degli eoni. Questi, a loro volta avevano creato il mondo e, in seguito, presi da invidia, avevano chiuso Ennoia in un corpo umano, condannando la sua anima a trasmigrare da un corpo all'altro per l'eternità. Il sommo Dio, però, per liberare Ennoia e tutti gli esseri umani, si incarnò in Simone.
Questi, pertanto, insegnando al popolo a riconoscerlo come Dio, fondò una setta, detta dei Simoniani. Scopo della setta era affermare la divinità del suo fondatore ed aiutarlo a compiere la sua missione: salvare il mondo dal cattivo governo degli angeli, primo fra tutti il Dio dell'Antico TestamentoJahvè. Per spiegare la crocifissione di Gesù, Simone affermò che tale avvenimento era solo apparente, in quanto Gesù non fu mai crocifisso, così come sosteneva di se stesso che era un uomo solo in apparenza, ma Dio nella realtà. Ireneo ed Epifanio lo accusarono anche di oscenità a causa di presunti riti sessuali praticati da lui e dai suoi seguaci.

La scuola

Menandro

Secondo Ireneo «successore di Simone fu Menandro, samaritano di razza, che anch'egli riuscì a giungere al culmine della magia [...] Prendendo spunto da costoro (Simone e Menandro), Saturnino e Basilide esposero dottrine diverse, uno in Siria l'altro ad Alessandria».
Rispetto alla dottrina proto-gnostica di Simone, Menandro non si identificava più con il Sommo Bene ma come una manifestazione del Dio primordiale. Egli sosteneva di essere stato mandato dal cielo per insegnare la magia, attraverso la quale gli uomini avrebbero sconfitto gli angeli cattivi e raggiunto l'immortalità:
« Egli afferma che la prima Potenza è sconosciuta a tutti; egli poi è il Salvatore mandato dagli invisibili per la salvezza degli uomini. Il mondo è stato fatto dagli angeli, che egli, come Simone, dice emessi dal Pensiero. Grazie alla magia da lui insegnata è data la conoscenza per poter vincere gli stessi angeli che hanno creato il mondo. »
(Ireneo, Contro le eresie, I 23, 5)

Saturnino

Saturnino (Satornil), può essere considerato uno dei primi pensatori propriamente gnostici. Egli fu indicato da Ireneo di Lione quale discepolo di Simon Mago prima e di Menandro poi, ma la sua dottrina si differenziava da quella dei suoi due predecessori per il marcato aspetto anti-giudaico. Visse e predicò ad Antiochia nella prima metà del II secolo.
« Saturnino come Menandro dichiara che c'è un solo Padre a tutti sconosciuto, che ha fatto angeli, arcangeli, potenze, dominazioni. Il mondo e tutto quanto vi è contenuto è stato creato da sette angeli. Anche l'uomo è creazione degli angeli: poiché infatti apparve una luminosa immagine dal sommo potere, quelli non avendolo potuta trattenere perché era tornata subito in alto, si esortarono a vicenda dicendo: «Facciamo un uomo a immagine e somiglianza». Essi lo fecero, ma la loro creatura non poteva stare in piedi, a causa dell'incapacità degli angeli, e si agitava come un verme. Allora la potenza dall'alto ebbe compassione di lui [...], ed emise una scintilla di vita, che eresse l'uomo, lo articolò e lo fece vivere. »
(Ireneo, Contro le eresie, I 23, 5)
Saturnino arrivò ad identificare il Dio dell'Antico Testamento con uno degli arconti creatori del mondo, il più potente, ed a sostenere che il Padre aveva mandato sulla terra il Cristo per distruggerlo. Il Cristo, però, venne in terra solo apparentemente. Il suo scopo era quello di farci capire che la salvezza consisteva nel liberare lo spirito dal corpo che lo imprigionava e gli impediva di tornare al Padre. Per questo motivo Saturnino rifiutava tutto ciò che era materiale, conduceva una vita dedicata all'ascesi e praticava la castità.

Riferimenti letterari

Simone Mago viene citato da Dante Alighieri nella Divina Commedia, nel XIX canto dell'Inferno, dove si trova tra i simoniaci:
O Simon mago, o miseri seguaci
che le cose di Dio, che di bontate
deon essere spose, e voi rapaci

per oro e per argento avolterate,
or convien che per voi suoni la tromba,
però che ne la terza bolgia state.
(DanteInferno XIX1-6)

Note

  1. ^ «con Simone siamo sulla via che porta allo gnosticismo vero e proprio, senza esserci ancora giunti». (Manlio Simonetti)

Fonti

  • Atti degli Apostoli, 8.
  • GiustinoApologia, I, 26.
  • Ireneo, Contro le eresie, I, 23-4.
  • Ippolito di RomaConfutazioni, VI, 9-18.

Bibliografia

  • A. Hilgenfeld, Die Ketzergeschichte des Urchistentums, Leipzig 1884, p. 163 sgg.
  • E. Haenchen, Gab es eine christlichr Gnosis?, in «Zeitschrift fur Theologie und Kirke», XLIX 1952, p 316 sgg.
  • L. Cerfaux, «La gnose simonienne», in Recueil Cerfaux, Gembloux 1954, p. 191 sgg.
  • R.M. Grant, Gnosticismo e cristianesimo primitivo, Bologna 1959, p. 83 sgg.
  • W. Foerster, «Die ersten Gnostiker Simon und Menander», in Le origini dello gnosticismo a cura di U. Bianchi, Leiden 1967, p 190 sgg.
  • J. Frickel, Die "Apopphasis Legale" in Hippolyt's Refutatio, Roma 1968.
  • J.M.A. Salles-Dabadie, Recherches sur Simon le Mage, Paris 1969.
  • E. Haenchen, «Simon Magus in der Apostelgeschichte», in Gnosis und Neues Testament, Gütersloh 1973, p. 267 sgg.
  • K. Beyschlang, Simon Magus und die christiliche Gnosis, Tübingen, 1974.
  • G. LüdemannUntersuchungen zur simonianischen Gnosis, Göttingen 1975.
  • B. Aland, «Gnosis un Philosophie», in Proceeding of the international Colloquium on Gnosticism, Stockholm-Leiden 1977, p. 34 sgg.
  • S. PétrementLe Dieu séparé. Les origines du gnosticisme, Paris 1984, pp. 325-42; 431-58.
  • Testi gnostici in lingua greca e latina, a cura di Manlio Simonetti, Milano 1993, p. 5 sgg.
  • Detering, H., The Falsified Paul (1995/2003)
  • Clemente Pseudo, I Ritrovamenti (Recognitiones), Silvano Cola (a cura di), Città Nuova Editrice, 1993. ISBN 88-311-3104-4

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Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Il Cristo Gnostico

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Il Cristianesimo Gnostico si basa sull'incontro tra due grandi tradizioni, il Cristianesimo e lo Gnosticismo. Si può dire che il messaggio di Gesù Cristo è interpretabile in chiave gnostica, specialmente tenendo conto dei Vangeli Gnostici, che rientrano tra i Vangeli Apocrifi.
Esaminiamo più in dettaglio una possibile interpretazione gnostica del Cristianesimo, avvalendoci di un'interessante analisi tratta


1) La Forza di Dio è la Gnosi.

Esiste al di sopra tutto, dei mondi e degli universi in manifestazione, fuori dello spazio e del tempo una Sorgente di Forza Assoluta, senza principio né fine, radiante e luminosa, assolutamente divina che come un immenso fuoco, avvolge tutto e tutti. Simbolicamente si potrebbe rappresentare questa Forza come un triangolo di fuoco sacro.

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È il triangolo di fuoco della Trinità divina che
nei domini superiori dello Spirito immortale si manifesta come:
- Spirito (Volontà e Pensiero del Padre);
nei domini intermedi come:
- Anima (Luce, Saggezza e Amore del Figlio);
nei domini inferiori della manifestazione universale come:
- Materia primordiale (Forza di Azione, Realizzazione, e manifestazione dello Spirito Santo).
Tutti e tre sono l’essenza unica della Verità che da’ vita a tutte le cose esistenti nella totalità degli universi.

La «Gnosi» è la Luce della Conoscenza Suprema delle origini divine dell’uomo e dell’Universo, vissuta sull’identità del proprio essere più profondo e in unità con l’Assoluto.
È Conoscenza assoluta dell’Onnipresente Forza di Dio che viene per aiutare i suoi figli caduti e si trasforma, per chi cerca la Verità, in forza vitale di rinnovamento. Non un dogma quindi, ma un Sapere assoluto vivente, secondo: lo Spirito, l’Anima e il Corpo.

E il soffio di Dio, il Logos, e la Sorgente d’ogni cosa, che si manifesta come:
Spirito, Amore, Luce, Forza e Saggezza Universale.

Questo soffio d’amore di Dio, questa Plenitudine divina, dona all’uomo caduto tutta la Saggezza, l’Amore, la Conoscenza e la Forza in misura corrispondente all’intensità del suo orientamento spirituale. Questa Forza si manifesta in diversi modi, e conformemente alle varie epoche e fasi di sviluppo dell’umanità.

É una triplice Forza di radiazione vivente, proveniente dal Regno immutabile, per elevare i figli di Dio caduti, nel Regno originale della Luce divina: il Regno di Dio.

La Gnosi propone il piano divino, attraverso tre Forze fondamentali:
1) l’idea del PADRE che in un sacrificio d’Amore assoluto s’incarna per germinare nel cuore dell’uomo e manifestare così il FIGLIO: IL CRISTO.

2) Il CRISTO, Forza Cosmica dell’Origine e Spirito centrale dell’Universo Divino, si è umanizzato per ridare così all’uomo caduto la possibilità di ritrovare il filo d’oro della sua filiazione divina attraverso un nuovo cammino di salvezza ed unirsi direttamente alla forza della Gnosi in modo assolutamente impersonale.

3) Nella sua qualità di forza rigeneratrice, si manifesta come Forza dello SPIRITO SANTO della realizzazione, che contiene e rende possibile il processo della vera iniziazione Cristica: LA TRASFIGURAZIONE.

Nel simbolismo gnostico la prima manifestazione della volontà divina è ciò che si suol chiamare la Natura Eterna, il Cerchio infinito che racchiude tutte le virtù e tutte le possibili qualità di vita, il «Mare di cristallo» nel quale si riflette e si rivela il triangolo divino, (Trigonum igneum) la Trinità invisibile e trascendente, grazie al quale è realizzato il quadrato della costruzione, il Regno di Dio, il Suo laboratorio alchemico.

Solo nella Gnosi l’uomo può ritrovare:
1) lo Spirito e la Vita assoluta,
2) l’Amore assoluto,
3) l’Intelligenza assoluta,
4) l’Armonia assoluta,
5) la Saggezza assoluta,
6) la perfetta Dedizione,
7) e l’Atto Liberatore perfetto.


2) Il Cristianesimo.
Il Cristianesimo, l’insegnamento universale della liberazione, è la più alta espressione di questa Forza di Salvezza che dona l’illuminazione, la Saggezza e permette di riconciliare con l’idea dello stato originale del genere umano: il Regno dei Cieli.
È necessario però situare l’esistenza di questo Regno di Luce (insieme a noi, in quanto microcosmi caduti, e ad immagine di Dio) prima del periodo di Saturno, cui gli esoteristi degli ultimi secoli fanno risalire i loro insegnamenti. Con il periodo di Saturno iniziò la storia della caduta dell’uomo, caduta dalla quale il Cristianesimo con la sua forza luminosa si propone di redimerlo, riconducendolo alle origini della sua esistenza.

È pertanto impossibile comprendere il Cristianesimo unicamente con la mente e il cuore umani perché esso fa appello anche alla nostra Ragione Suprema e cerca di liberare in noi questa indispensabile Ragione pura, alfine di liberarci dalle illusioni di questo stato naturale di caduta.
È altresì necessario considerare il Cristianesimo in un contesto storico molto più ampio. Esso non inizia a Betlemme, ma sul Nilo. Per questo in Matteo 15 troviamo: «Ho chiamato mio Figlio dall’Egitto». Questa stessa allusione non va tuttavia oltre 6000 anni fa, mentre dobbiamo considerare che la mediazione del Cristo universale abbraccia un periodo di parecchi milioni di anni.

La Croce che è il simbolo più importante della “Via di Redenzione cristiana” rappresenta simbolicamente l’unione dei due principi universali: Spirito e Materia, nel cui centro può rifiorire l’Anima immortale di Gesù.
Nell’essere umano è la personalità costituita dai quattro corpi sottili:
Fisico, Eterico, Astrale e Mentale, quest’ultimo ancora in fase di sviluppo. É anche il peso di questa natura che l’uomo deve trascinare con sé fino alla crocifissione del proprio essere naturale.

• La trave orizzontale rappresenta il simbolo della vita di questo mondo, che si dibatte in continuazione tra gli opposti ed è contrassegnata dalla preoccupazione e dalla lotta per l’autoconservazione.
• La trave verticale è l’irradiante forza di Dio, la Gnosi che richiama l’attenzione dell’uomo sull’esistenza di un mondo superiore, a cui lo vuole ricondurre. Nell’uomo che segue quest’appello dello Spirito, si origina la nuova Anima-Gesù, che come una “meravigliosa rosa”, fiorisce al centro della croce.

3) Cristo e l’Anima umana.
Cristo, è la Sorgente universale di Forza, di Luce, Amore e Saggezza ed è il solo che può ridare all’uomo caduto la vera vita. In ogni luogo nasce per prendere tutte le forme e tutti gli stati dì coscienza. É la vita in crescita nel Macrocosmo, nel Cosmo e nel Microcosmo.

Per questo è il Figlio, il “Figlio unico del Padre”, l’unica corrente di vita comune a tutto e a tutti, il Movimento Vivente, che non può essere fissato da nessun principio creatore di forme. Questa corrente di vita emanante dal Padre, il cui nome è Cristo, può prendere ad ogni istante, nella coscienza dell’uomo, un nuovo vaso, una nuova forma.

Nello Specchio della sua Saggezza è possibile riconoscere lo sviluppo del meraviglioso piano dell’Ordine divino. Un piano del tutto in armonia con i poteri che possono essere liberati all’interno del campo di questa natura terrestre. L’essenza di questo appello è contenuta anche nelle parole:

«Affrettatevi lentamente, pregate, lavorate e sperate”
«Non c’è pericolo nell’attesa, ve ne è nella precipitazione”
«L’ora della rivelazione verrà nondimeno, contro ogni attesa.”

Il mistero impenetrabile dell’amore divino e la sua pazienza infinita sono racchiusi in queste poche parole, che Gesù, la mano tesa di Dio nello squallido vuoto dell’esistenza terrena, innalza l’uomo sino alla Trasfigurazione.

Per un’Anima rinata, la Luce Cristica è il meraviglioso nutrimento santo. Essa non cessa mai di crescere e illuminarsi fino al grande giorno delle «Nozze alchemiche regali», quando si ricongiungerà con l’Assoluto, cioè lo Spirito. Solo allora, con il Cristo in sé, potrà a sua volta irradiare Luce sugli altri, conquistandoli a nuova vita.

Ogni essere umano che fa l’esperienza della radiazione Cristica finisce col vivere la Legge fondamentale dentro di sé come «Stato di Coscienza Cristica» e i «Sigilli dei misteri» si schiudono dinnanzi agli occhi dell’anima, allora le parole della Bibbia, come quelle di tutti i libri sacri, si spogliano dei veli per diventare parole viventi racchiuse in un unico libro: «il libro della Verità divina» scritto dal successo del processo alchemico. Ed è quì che l’uomo ricco di questa “nuova Comprensione”, comincia a vivere del nuovo potere di vita.
Tramite il fuoco della parola che vibra sotto il raggio luminoso emanato da un cuore puro, la Forza di Cristo si espande per toccare i santuari dei cuori dei veri cercatori e renderli ricettivi alla Verità, che in un processo evolutivo viene coronato dalla rinascita dell’Anima cristica.

4) Il Cristiano gnostico
L’uomo oggi così com’è, è divenuto una nota dissonante nella divina armonia dell’Universo. Uscita dal pensiero divino, e relegata in questo laboratorio alchemico, avrebbe dovuto, con la Saggezza e l’Amore dei suoi poteri di Volontà, magnificare la creazione intera. Ma, abusando dei suoi poteri spirituali, insieme ad una parte di umanità si mise al servizio di una volontà egocentrica, creando così questo mondo votato alla distruzione morale e materiale.

La Gnosi è un sapere acquisito per esperienza interiore vissuta. Uno gnostico vive la Gnosi non secondo una sua verità interiore, ma secondo la Verità scritta dalla mano Dio “nel più profondo del suo cuore. Egli non può avere “le mani piene” di valori trasmessi da altri, poiché da questo punto di vista egli è “vergine, puro e senza macchia, indipendente e libero. Citiamo Jakob Böehme: «Non sono io, che sono a conoscere queste cose, ma Dio le conosce in me».

Il Cristiano gnostico quindi è un essere totalmente rigenerato che vive del Santo Graal e ne riversa il prezioso contenuto sul mondo delle anime assetate di spirito desiderose di ritrovare l’Unità con il Tutto.
Il Graal, questa parola densamente magica e spirituale il cui simbolo è la Coppa è il terzo aspetto della Divinità, l’aspetto realizzatore dello Spirito Santo.
Secondo questo Stato d’Essere, un Cristiano gnostico ha sempre “le mani vuote”, poiché egli è sempre disposto a “ricevere Tutto, rinnovare Tutto, per ridonarlo a tutti».
Riceve i raggi luminosi dello spirito e della vita creatrice universale, per abbandonarli subito, e ridonarli di nuovo ai poveri di spirito.

5) Il cammino di ritorno alla casa del Padre
I segni oggi sono evidenti e balzano subito agli occhi di tutti che questa umanità caduta è ormai alla deriva. Ma “Dio che non lascia perire l’opera delle sue mani”, ha stabilito un piano di soccorso per tutte le scintille perdute nelle tenebre di questa “contronatura”, generata e sorretta da Eoni, Arconti, Demoni, Dei, Semidei e Potenze diaboliche, i quali non permettono di far riconoscere agli uomini la filiazione originale del proprio stato divino.

In questo piano di soccorso per l’umanità caduta, Dio ha stabilito che l’uomo conservi la possibilità, di realizzare il piano originale stabilito dal Logos. La certezza in tal senso si trova nel principio d’Eternità o Atomo-Cristico, o “granello di senape” imprigionato nel proprio cuore. In questa scintilla di assoluta perfezione divina risiede la possibilità di ricostruzione dell’Essere Originale perfetto costituito dal Triplice tempio divino, distrutto con la caduta dell’umanità.

A partire da questa monade divina di Spirito originale, e con l’aiuto dell’Onnipresente Forza Cristica, l’uomo è in grado di rinnovarsi spiritualmente. La Bibbia chiama questo processo “Rinascita dall’Acqua e dalla Spirito” (G.4, 5); i cristiani gnostici parlano di «Trasfigurazione». È questa nuova nascita l’essenza della vera Iniziazione.
Questa “Rinascita dall’Acqua e dallo Spirito” sarà in grado di ristabilire l’Unità perduta dei tre poteri divini:
1) il Pensare (il Padre),
2) il desiderare (il Figlio) e

3) il volere (lo Spirito Santo).

Dal sito: http://www.fuocosacro.com/pagine/gnosticismo/lino3.htm