sabato 6 maggio 2017

Albero genealogico dei Sassanidi di Persia

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L'Impero sasanide, noto anche come secondo impero persiano per distinguerlo dal primo impero persiano (Impero achemenide)[1][2], fu un'entità politica costituitasi nel 224 con Ardashir I in seguito alla caduta dell'Impero partico e alla sconfitta dell'ultimo re della dinastia arsacide, Artabano V.
Noto ai suoi abitanti come Ērānshahr e Ērān in Persiano Medio e come Iranshahr e Iran in Persiano Nuovo,[3] fu l'ultimo impero persiano preislamico, governato dalla dinastia sasanide dal 224 al 651.[4][5], rappresentò una delle potenze maggiori in Asia Occidentale, Meridionale e Centrale, insieme all'Impero romano/bizantino, nella Tarda Antichità.[6]
Nel corso del tempo, l'Impero giunse a comprenderne interamente le odierne IranIraqAfghanistanSiria orientale, il Caucaso (Armenia, Georgia, Azerbaijan, e Dagestan), Asia Centrale sudoccidentale, parte della Turchia, alcune regioni costiere della penisola arabica, la regione del golfo persico e alcune regioni del Pakistan occidentale. Il nome nativo dell'Impero sasanide in Persiano Medio è Eran Shahr che significa Impero ariano.[7] Secondo la leggenda, la bandiera dell'Impero sasanide era la Derafsh Kaviani.[8]
Il periodo sasanide è considerato uno dei periodi più importanti della storia della Persia, in quanto costituì l'ultimo grande impero iraniano prima della conquista musulmana e dell'adozione dell'Islam.[9] In molti modi, il periodo sasanide rappresentò il picco dell'antica civiltà persiana. La Persia influenzò considerevolmente la civiltà romana nel corso del periodo sasanide.[10] L'influenza culturale dei Sasanidi si estendeva anche oltre i confini territoriali dell'Impero, raggiungendo persino l'Europa Occidentale,[11] Africa,[12] Cina e India.[13] Giocò un ruolo fondamentale nella formazione dell'arte medievale sia europea che asiatica.[14]

Storia

La storia della Persia sasanide iniziò con Ardashir I che, dopo aver deposto l'ultimo arsacide Artabano V, diventò Šāhanšāh nel 226 e si concluse con Yazdgard III nel 651, quando la conquista araba mise fine all'indipendenza persiana.
Il nome della dinastia deriva da quello di Sāsān, sacerdote del Tempio di Anahita, signore di Stakhr, governatore di Fars e padre di Papak (o Babak) che governava una piccola città della Persia. A quel tempo le province dell'impero parto costituivano dei regni quasi autonomi dal potere degli Arsacidi e la Persia, su cui regnava Gocir, era uno di questi. Papak, la cui condizione era quella di vassallo, approfittando della guerra dinastica scoppiata tra l'arsacide Vologase VI e suo fratello Artabano V, si ribellò a Gocir e si proclamò re di Persia.
Ardašir proclamò la sua dinastia erede di quella achemenide e operò per annullare le influenze culturali ellenistiche e ristabilire le antiche tradizioni della cultura persiana. Lo Zoroastrismo divenne religione di Stato e i Magi, il clero zoroastriano, acquisirono grandi privilegi e potere. Ardašir rivendicò anche la sovranità su tutti i territori degli Achemenidi, comprese Armenia e Mesopotamia, arrivando fatalmente allo scontro con l'impero romano.

Origini (205-309)


Ghal'eh Dokhtar nell'odierno Fars in Iran, costruito da Ardashir nel 209, prima di sconfiggere l'Impero dei Parti.
I resoconti che narrano la caduta dei Parti e l'ascesa dei Sasanidi sono discordanti, e i dettagli su questi avvenimenti sono un mistero.[15] L'Impero sasanide fu fondato a Istakhr da Ardashir I, un discendente dei sacerdoti della dea Anahita.
Babak era in origine il sovrano della regione di Kheir. Tuttavia, a partire dall'anno 200, riuscì a rovesciare Gocihr, e ad autoproclamarsi nuovo re dei Bazrangidi. Sua madre, Rodhagh, era la figlia del governatore provinciale di Persia. Babak e suo figlio maggiore Shapur riuscirono ad espandere la propria potenza su tutta la Persia. Gli avvenimenti successivi non sono chiari, a causa dell'insufficienza delle fonti. È certo tuttavia che, deceduto Babak, il governatore di Darabgerd, Ardashir, fu coinvolto in una lotta per il potere con suo fratello maggiore Shapur. Le fonti narrano che Shapur, andandosene da un incontro con suo fratello, fu ucciso da un tetto di un edificio che crollò su di lui. A partire dal 208, dopo aver giustiziato gli altri fratelli, Ardashir si proclamò re di Persia.[16][17]
Una volta diventato Shahanshah, Ardashir trasferì la sua capitale al sud della Persia fondando Ardashir-Khwarrah (in precedenza Gur, l'odierna Firuzabad). La città, ben difesa dalle alte montagne e facilmente difendibile a causa dei passi stretti, divenne il centro dei tentativi di Ardashir di ottenere più potere. La città era circondata da alte mura circolari e al lato settentrionale si trovava un immenso palazzo, i cui resti sopravvivono ancora oggi. Dopo aver consolidato il suo dominio in Persia, Ardashir I estese rapidamente il suo territorio, pretendendo fedeltà dai principi locali di Fars, e ottenendo il controllo delle province confinanti di Kerman, Isfahan, Susiana e Mesene. Questa espansione preoccupò Artabano V, il re dei Parti, che in un primo momento ordinò al governatore del Khuzestan di condurre guerra contro Ardashir nel 224, ma i primi scontri furono vittoriosi per Ardashir. In un secondo tentativo di annientare Ardashir, lo stesso Artabano si scontro con Ardashir in battaglia presso Hormozgan, venendone ucciso in battaglia. Dopo aver ucciso in battaglia il re dei Parti, Ardashir I invase le province occidentali dell'Impero dei Parti, sottomettendole e ponendo fine all'Impero dei Parti.[18]

Fregio sasanide a Naqsh-e Rostam (Iran), raffigurante Ardašir I incoronato da Ahura Mazda (a destra); la figura in piedi alle sue spalle è probabilmente il successore, suo figlio Sapore I
Fattori che contribuirono all'ascesa dei Sasanidi furono la lotta dinastica tra Artabano e Vologase per il trono dei parti, che probabilmente permise ad Ardashir di consolidare la sua autorità nel sud con poca o nessuna interferenza da parte dei Parti; oltre ovviamente alla geografia della provincia del Fars, che la separava dal resto dell'Iran.[19] Incoronato nel 224 a Ctesifonte unico re di Persia, Ardashir assunse il titolo di Shahanshah, o "Re dei Re" (le iscrizioni menzionano Adhur-Anahid come sua "Regina delle Regine", ma la sua relazione con Ardashir non è certa), portando alla sua dissoluzione dopo 400 anni il vecchio impero dei Parti, e all'inizio di quattro secoli di dominio sasanide.[20]

Bassorilievo sasanide a Naqsh-e Rostam raffigurante Sapore I (a cavallo) mentre fa prigioniero l'imperatore romano Valeriano (in piedi) e Filippo l'Arabo (in ginocchio).
Negli anni successivi, nonostante delle rivolte che sconvolsero l'Impero, Ardashir I riuscì ad espandere ulteriormente l'Impero ad est e a nordovest, conquistando le province di SistanGorganKhorasanMargiana (nel moderno Turkmenistan), Balkh e Corasmia. Aggiunse inoltre il Bahrain e Mossul ai domini sasanidi. Successive iscrizioni sasanide rivendicano inoltre la sottomissione dei Re di KushanTuran e Makran ad Ardashir, anche se basata su evidenza numismatica, è più probabile che questi vennero sottomessi dal figlio di Ardashir, il futuro Shapur I. In Occidente, assalti contro HatraRegno di Armenia e Adiabene ebbero meno successo. Nel 230, penetrò in territorio romano, e una controffensiva romana due anni dopo non ottenne grandi successi, anche se l'Imperatore romanoAlessandro Severo, celebrò un trionfo a Roma.[21][22][23]

L'umiliazione di Valeriano ad opera di Shapur (Hans Holbein il Giovane, 1521, Kunstmuseum Basel)
Il figlio di Ardashir I, Shapur I, continuò l'espansione dell'Impero, conquistando la Bactria e la porzione occidentale dell'Impero kushita, mentre conduceva alcune campagne contro Roma. Invadendo la Mesopotamia romana, Shapur I espugnò Carrhae e Nisibis, ma nel 243 il generale romano Timesiteo sconfisse i Persiani a Rhesaina e recuperò i territori perduti.[24] L'Imperatore Gordiano III (238–244) avanzò successivamente verso l'Eufrate ma fu sconfitto a Meshike (244), portando all'assassinio di Gordiano, ucciso dalle sue stesse truppe, e alla conclusione di un trattato con Roma vantaggioso per la Persia stretto con il nuovo imperatore Filippo l'Arabo, con cui si assicurò dai Romani l'immediato pagamento di 500.000 denarii e ulteriori pagamenti annuali.
Shapur riprese presto la guerra, sconfiggendo i Romani a Barbalissos (252), ed espugnando e saccheggiando Antiochia.[24][25] Le controffensive romane ad opera dell'Imperatore Valeriano si risolsero in una disfatta quando l'esercito romano fu sconfitto e assediato a Edessa e Valeriano fu catturato da Shapur, rimanendo suo prigioniero per il resto dei suoi giorni. Shapur celebrò il suo trionfo facendo realizzare dei bassorilievi sulla roccia a Naqsh-e Rostam e Bishapur, come anche un'iscrizione monumentale in persiano e greco nei pressi di Persepoli. Invase poi l'Anatolia (260), ma si fu costretto al ritiro dopo aver subito delle sconfitte per mano dei Romani e del loro alleato palmireno Odenato, perdendo il suo harem, catturato dai Romani, e tutti i territori romani che aveva occupato.[26][27]
Shapur promosse il commercio con l'India e l'Arabia e fondò diverse città nei territori spopolati della Persia, dove insediò immigranti dai territori romani, per lo più cristiani perseguitati in patria ai quali lo scià garantiva la completa tolleranza religiosa. Fu inoltre tollerante con i Cristiani, anche se favorì particolarmente il Manicheismo, proteggendo Mani (che in cambio gli dedicò uno dei suoi libri, il Shabuhragan) e inviando all'estero molti missionari manichei. Fece anche amicizia con un rabbi di Babilonia, Shmuel. Questa amicizia portò vantaggi alla comunità ebraica e permise loro un attimo respiro dopo le leggi oppressive che erano state emanate contro di essi.
I successori di Shapur abbandonarono tuttavia questa politica di tolleranza religiosa. Sotto la pressione dei Magi zoroastriani e influenzato dal grande sacerdote KartirBahram I uccise Mani e perseguitò i suoi seguaci. Bahram II seguì, come suo padre, una politica favorevole ai sacerdoti zoroastriani.[28][29] Durante il suo regno, la capitale sasanide Ctesifonte fu saccheggiata dai Romani sotto l'Imperatore Caro, e la maggior parte dell'Armenia, dopo mezzo secolo di dominio persiano, fu ceduta a Diocleziano.[30]
Succedendo a Bahram III (che regnò brevemente nel 293), Narseh si imbarcò in un'altra guerra con i Romani. Dopo aver ottenuto un primo successo sul Cesare Galerio presso Callinicum nel 296, Narseh fu sconfitto decisamente. Infatti Galerio aveva ricevuto dei rinforzi provenienti dai Balcani, probabilmente nella primavera del 298.[31] Narseh non avanzò dall'Armenia e Mesopotamia, lasciando che fosse Galerio a condurre l'offensiva nel 298 con un attacco alla Mesopotamia orientale tramite l'Armenia. Narseh si ritirò in Armenia per scontrarsi con l'esercito di Galerio in condizioni per lui sfavorevoli: il terreno scosceso armeno era favorevole alla fanteria romana e sfavorevole alla cavalleria sasanide. Galerio vinse due battaglie consecutive contro Narseh.[32]

Roma e l'Armenia suo vassallo intorno al 300, dopo la sconfitta di Narseh
Durante il secondo scontro, le truppe romane catturarono l'accampamento di Narseh, il suo tesoro, il suo harem, e sua moglie.[32] Galerio avanzò in Media e in Adiabene, vincendo altre battaglie, come quella di Erzurum, e assicurandosi Nisibis (Nusaybin, Turchia) prima del 1º ottobre 298. Discese il Tigri, espugnando Ctesifonte.
Narseh aveva in precedenza inviato un ambasciatore a Galerio pregandogli la restituzione della moglie dei figli. Le negoziazioni di pace iniziarono nella primavera del 299 e le condizioni di pace furono pesanti: la Persia avrebbe ceduto territori a Roma, rendendo il Tigri il confine tra i due imperi. Le altre condizioni furono che l'Armenia tornò sotto dominazione romana, con il forte di Ziatha come suo confine; l'Iberia caucasica (Arran) sarebbe caduta sotto l'orbita di Roma; Nisibis, ora sotto dominio romano, sarebbe diventato l'unico centro di commercio tra la Persia e Roma; e Roma avrebbe esercitato il controllo sulle cinque satrapie tra il Tigri e l'Armenia: Ingilene, Sophanene (Sofene), Arzanene (Aghdznik), Corduene e Zabdicene (vicino alla moderna Hakkâri, Turchia).[33]
Nel trattato che concluse la guerra, i Sasanidi cedettero cinque province ad occidente del Tigri, e accettarono di non interferire negli affari dell'Armenia e della Georgia.[34] In seguito a questa sconfitta, Narseh abdicò e perì l'anno successivo, lasciando il trono sasanide a suo figlio, Ormisda II. Numerose rivolte scoppiarono, e, se Ormisda II riuscì a sedare le rivolte in Sistan e Kushan, non riuscì a porre sotto controllo i nobili e fu di conseguenza ucciso dai beduini nel 309.

Espansione sotto Sapore II (309-379)

In seguito alla morte di Hormizd II, gli Arabi iniziarono a devastare e a saccheggiare le città meridionali dell'impero, attaccando tra l'altro anche la provincia di Fars, il luogo in cui nacque il fondatore della dinastia Sasanide. Nel frattempo, i nobili Persiani uccisero il primogenito di Ormisda II, accecarono il secondogenito e imprigionarono il terzogenito (che in seguito fuggì in territorio romano). Salì al trono il figlio non ancora nato di una delle mogli di Ormisda II, Sapore II. Sapore II (309–379) potrebbe essere stato l'unico re in tutta la storia a venire incoronato nell'utero materno: la corona venne posta sul pancione della madre.[35] Sapore II era quindi già nato re. Durante la sua giovinezza l'impero venne governato dalla madre e dai nobili. Quando divenne maggiorenne, assunse le redini del potere e dimostrò rapidamente il suo talento.
Sapore II per prima cosa condusse il suo piccolo ma disciplinato esercito a sud per respingere gli Arabi; li sconfisse e li cacciò dall'impero, mettendo al sicuro la parte meridionale dell'impero.[36] Poi iniziò la sua prima campagna militare contro i Romani a occidente, dove i Persiani vinsero una serie di battaglie ma non riuscirono a annettere al loro impero nessun territorio a causa dei falliti assedi all'importante città di frontiera di Nisibis e alla riconquista romana delle città di Singara e Amida che erano cadute durante la guerra in mano persiana. All'insuccesso persiano contribuirono le incursioni dei nomadi ai confini orientali dell'impero, che minacciavano la Transoxiana. Sapore, per fermare queste incursioni, decise di interrompere la guerra contro i romani e firmò un trattato di pace con Costanzo II (353–361).
Sapore II marciò poi a est verso Transoxiana per combattere contro le tribù nomadi dell'Asia Centrale, le sconfisse e annesse l'area conquistata all'Impero Sasanide.[37] Completò inoltre la conquista dell'Afghanistan strappandolo ai Kushana e si espanse a sud verso l'Arabia.
Sapore II, insieme al re nomade Grumbate, attaccò i Romani nel 359, e prese in poco tempo le città di confine di Singara e Amida. L'imperatore romano Giuliano (361–363) rispose penetrando in territorio sasanide e sconfiggendo l'esercito di Sapore a Ctesifonte, ma si ritirò di fronte all'impossibilità di porre sotto assedio la capitale sasanide. La morte dell'imperatore in uno scontro di poca importanza determinò la fine del conflitto con un sostanziale nulla di fatto e il suo successore Gioviano (363–364) dovette cedere tutte le province che i romani avevano ottenuto nel 298 oltre a Nisibis e Singara.[38]
In politica religiosa Sapore II perseguitò i cristiani, in reazione alla cristianizzazione dell'Impero romano ad opera di Costantino I, ma anche gli eretici e gli apostati. Durante il suo regno fu inoltre completata la redazione dell'Avesta, i testi sacri del Zoroastrismo. Nei confronti degli Ebrei, invece, Shapur II, come del resto il suo predecessore Shapur I, mostrò tolleranza, permettendo loro di vivere in relativa libertà e di godere di diversi privilegi od (cfr. anche Raba (Talmud)). Alla fine del regno di Shapur, l'Impero persiano era più forte che mai, con i nemici in oriente pacificati e l'Armenia sotto controllo persiano.[38]

Periodo intermedio (379-498)


Bahram V favorì la fioritura della poesia e nella letteratura persiana. "Bahram e la principessa indiana nel padiglione nero", dipinto di una Khamse (Quintetto) del grande poeta di lingua persiana Nizami, metà XVI secolo, epoca safavide.
Dalla morte di Sapore II fino alla prima incoronazione di Kavadh I (488–531) la Persia conobbe un periodo di stabilità con un periodo di pace quasi ininterrotta con l'Impero romano d'oriente (meglio conosciuto come Impero bizantino), interrotta solo da due brevi guerre, la prima nel 421–422 e la seconda nel 440.[39][40][41][42][43] In questo periodo la politica religiosa dei Sasanidi variava da re a re. Nonostante una serie di re deboli, il sistema amministrativo fondato da Sapore II rimase forte, e l'impero continuò a funzionare efficacemente.[39]
Alla sua morte nel 379, Sapore II lasciò un potente impero al fratellastro Ardašir II (379–383; figlio di Vahram di Kushan) e al figlio Sapore III (383–388), nessuno dei quali si dimostrò però alla sua altezza. In questo periodo l'Armenia, in seguito a un trattato di pace, era stata spartita in due parti: una faceva parte dell'Impero romano d'oriente e l'altra apparteneva ai Sasanidi.

La struttura del Palazzo di Sarvestan
Il figlio di Bahram IV Yazdgard I (399–421) viene spesso paragonato a Costantino I. Come lui, era forte sia nel fisico sia nella diplomazia. Come la sua controparte romana, Yazdegerd I era opportunista. Come Costantino il Grande, Yazdgard I fu tollerante verso tutte le religioni, anche quelle in passato perseguitate dai suoi predecessori. Fermò le persecuzioni contro i cristiani e punì i nobili e i sacerdoti che li perseguitavano. Il suo regno fu un periodo di pace relativa ed ebbe buoni rapporti con i Romani. Sposò pure una principessa ebrea che gli diede un figlio, Narsi.

Moneta di Ormisda I, coniata in Khorasan.
Il successore di Yazdegerd I fu il figlio Bahram V (421–438), uno dei re sasanidi più noti e l'eroe di molti miti. Questi miti persistettero anche dopo la distruzione dell'Impero sasanide ad opera degli Arabi musulmani. Bahram V, meglio noto come Bahram-e Gur, salì al potere dopo l'improvvisa morte (o assassinio) di Yazdegerd I nonostante l'opposizione dei nobili grazie all'aiuto di al-Mundhir, re degli arabi lakhimidi di al-Hira. La madre di Bahram V era Soshandukht, la figlia dell'Esilarca ebraico. Nel 427 fronteggiò un'invasione di Eftaliti e li sbaragliò, estendendo la sua influenza nell'Asia Centrale. Venne però sconfitto dai Romani (ormai Bizantini) nel 421 e costretto a concedere libertà di culto ai sudditi cristiani. Bahram V depose il re vassallo della parte persiana dell'Armenia e la rese una provincia. Durante il suo regno, vennero redatti i maggiori capolavori della letteratura sasanide, vennero composti brani notevoli di musica, e sport come il polo divennero passatempi regali, fenomeno che continua a persistere tuttora oggi in molti regni.[44]

Moneta di Yazdegerd II.
Il figlio di Bahram V Yazdgard II (438–457) fu un re giusto e moderato ma, al contrario del suo nonno omonimo, perseguitò le minoranze religiose, in particolare i cristiani.[45]
All'inizio del suo regno, Yazdgard II formò un esercito multietnico, comprendente anche i suoi alleati Indiani, e attaccò l'Impero Romano d'Oriente nel 441 senza riuscire a conquistare niente. Radunò poi le sue forze a Nishapur nel 443 e lanciò una prolungata campagna militare contro i Kidariti. Alla fine li sconfisse e li cacciò oltre il fiume Oxus nel 450.[46]
Durante questa guerra, Yazdgard II divenne sospettoso dei cristiani nell'esercito e li espulse dall'esercito e dalla politica. Perseguitò poi i cristiani e, seppur di meno, gli ebrei.[47] Per ristabilire lo Zoroastrismo in Armenia, sconfisse i cristiani armeni ribelli nella battaglia di Vartanantz del 451. Gli Armeni rimasero, nonostante tutto, per la maggior parte cristiani. In seguito, combatté nuovamente i Kidariti fino alla sua morte nel 457.
Ormisda III (457–459), il figlio più giovane di Yazdgard II, salì al trono. Durante il suo breve regnò, dovette combattere il fratello maggiore Peroz, che godeva dell'appoggio della nobiltà,[47] e dei Eftaliti in Bactria. Venne ucciso da suo fratello Peroz nel 459.
All'inizio del V secolo, gli Eftaliti (Unni bianchi), insieme ad altre tribù nomadi, attaccarono la Persia. In un primo momento Bahram V e Yazdgard II inflissero loro decisive sconfitte e riuscirono a cacciarli dall'Impero. Ma alla fine del V secolo gli unni ci riprovarono e sconfissero Peroz I (457–484) nel 483. In seguito a questa vittoria gli unni invasero e saccheggiarono parti della Persia orientale per due anni. I Sasanidi per alcuni anni dovettero pagare pesanti tributi agli Eftaliti.
Questi attacchi resero instabile il regno. Peroz I provò di nuovo di scacciare gli Eftaliti, ma lungo la via per Herat, egli e il suo esercito furono colti in un'imboscata nel deserto dagli Unni, che uccisero in battaglia Peroz I e annientarono l'esercito persiano. In seguito a questo successo, gli Eftaliti avanzarono fino alla città di Herat, gettando temporaneamente l'Impero nel caos, prima che un persiano della famiglia di Karen, Zarmihr (o Sokhra), restaurasse qualche parvenza di ordine. Elevò al trono Balash, uno dei fratelli di Peroz I, ma la minaccia unna persistette fino al regno di Cosroe IBalash (484–488) era un monarca mite e generoso, tollerante con i Cristiani; tuttavia, non condusse nessuna campagna contro i nemici dell'Impero, in particolare gli Unni Bianchi. Balash, dopo un regno di quattro anni, fu accecato e deposto dai magnati, e suo nipote Kavadh I fu elevato al trono.
Kavadh I (488–531) fu un energetico riformista. Kavadh I diede il suo appoggio alla setta fondata da Mazdak, figlio di Bamdad, che pretendeva che i ricchi dovessero dividere le proprie mogli e la propria fortuna con i poveri. La sua intenzione era evidentemente, tramite l'adozione della dottrina dei Mazdakiti, di minare il potere dei magnati e dell'aristocrazia in ascesa. Tali riforme gli costarono però caro a causa della risultante impopolarità tra i ceti danneggiati: fu deposto e imprigionato nel "Castello dell'Oblio" a Susa, e suo fratello minore, Jāmāsp (Zamaspes), fu elevato al trono nel 496. Kavadh I, tuttavia, riuscì a fuggire nel 498, rifugiandosi presso il re degli Unni Bianchi.
Jāmāsp (496–498) fu posto sul trono sasanide dai membri della nobiltà che avevano deposto Kavadh I. Jāmāsp fu un re buono e mite, che ridusse le tasse per migliorare le condizioni di vita di contadini e indigenti. Aderiva inoltre alla religione zoroastriana ufficiale, al contrario di Kavadh I, il quale, abbracciando la fede di una setta eretica dello Zoroastrismo, perse il trono e la libertà. Il suo regno, però, fu breve e terminò quando Kavadh I, alla testa di un grande esercito messogli a disposizione dal re degli Eftaliti, ritornò alla capitale dell'Impero. Jāmāsp si rassegnò di fronte alla forza dell'esercito di Kavadh I e restituì il trono a suo fratello. Nessun altra menzione di Jāmāsp è fatta nelle fonti dopo la restaurazione di Kavadh I, ma, secondo diversi studiosi, è possibile che sia stato perdonato e quindi trattato con riguardo alla corte di suo fratello.[48]

L'apogeo dell'Impero (498-622)


Evoluzione territoriale dell'Impero sasanide.

L'Impero sasanide nel 500. La mappa mostra anche i confini del Khanato degli Eftaliti e l'Impero romano d'Oriente.
Il secondo periodo d'oro cominciò con il secondo regno di Kavadh I. Per pagare i tributi agli Eftaliti, l'imperatore Kavadh I chiese un prestito ai Bizantini. Al rifiuto dell'imperatore bizantino, Kavadh I decise di iniziare una nuova guerra contro i Bizantini (o Romani d'Oriente). Con il supporto dei Eftaliti, nel 502 l'esercito sasanide prese Teodosiopoli (Erzurum) nella moderna Turchia, ma la riperse subito dopo. Nel 503 prese Amida (attuale Diyarbakır) sul Tigri. Nel 504 un'invasione dell'Armenia da parte degli unni dal Caucaso costrinse però i Sasanidi a firmare un armistizio, che prevedeva la cessione della città di Amida ai Romani d'Oriente, e un trattato di pace firmato nel 506.
Nel 521/2 Kavadh perse il controllo della Lazica, che era diventata fedele ai Romani d'Oriente; un tentativo da parte degli Iberiani nel 524/5 di fare lo stesso fece scoppiare una guerra tra l'impero romano d'Oriente e la Persia. Nel 527 un'offensiva bizantina contro Nisibis venne respinta e i tentativi di fortificare le posizioni vicino alla frontiera vennero ostacolati. Nel 530, Kavadh mandò un esercito comandato da Firouz il Mirrane ad attaccare l'importante città bizantina di confine di Dara. L'esercito sasanide si scontrò con l'esercito bizantino condotto dal generale Belisario, e sebbene fosse superiore in numero, fu sconfitto nella Battaglia di Dara. Nello stesso anno, un secondo esercito persiano condotto da Mihr-Mihroe venne sconfitto a Satala dai Bizantini comandati da Sitta e Doroteo, ma nel 531 un esercito persiano, appoggiato da un contingente lakhmide condotto da al-Mundhir IV, sconfisse Belisario nella Battaglia di Callinicum e nel 532 fu concluso un trattato di pace "eterna".[49] Sebbene non fosse riuscito a liberarsi dal giogo degli Eftaliti, Kavadh riuscì a riportare l'ordine nello Stato con alcuni provvedimenti di politica interna, combatté con successo i Romani d'Oriente e fondò alcune città.

Scena di caccia su di un piatto d'argento dorato raffigurante l'imperatore Cosroe I.
Alla morte di Kavadh I, salì al trono il figlio Cosroe I (Kusraw), anche conosciuto come Anushirvan ("anima immortale"), che regnò tra il 531 e il 579. È il più celebrato dei re sasanidi. Cosroe I è meglio noto per le sue riforme del governo sasanide. Introdusse un sistema di tassazione razionale e cercò di incrementare il gettito fiscale dell'Impero. Mentre in precedenza i grandi signori feudali provvedevano da sé per l'equipaggiamento del proprio esercito, Cosroe I introdusse un nuovo tipo di soldati, i dehkan o "cavalieri", pagati ed equipaggiati dal governo centrale[50] e dalla burocrazia, legando l'esercito e la burocrazia più saldamente al governo centrale che non verso i signori locali.
(per maggiori informazioni sulle riforme di Cosroe I, cfr. qui).
Sebbene l'Imperatore bizantino Giustiniano (527–565) avesse pagato 440.000 pezzi d'oro per mantenere la pace, nel 540 Cosroe I ruppe la "pace eterna" del 532 e invase la Siria, dove saccheggiò la città di Antiochia deportandone la popolazione in Persia. A questo seguirono altri successi: nel 541 Lazica ritornò in mano persiana, e nel 542 un'offensiva bizantina in Armenia fu sconfitta a Anglon. Una tregua di cinque anni firmata nel 545 venne interrotta nel 547 quando Lazica ritornò in mano bizantina; la guerra venne ripresa, ma rimase limitata alla zona di Lazica, che venne conservata dai Bizantini quando la pace fu conclusa nel 562.
Nel 565, Giustiniano I morì e gli succedette al trono Giustino II (565–578). Un anno prima il governatore sasanide di Armenia, della famiglia Suren, costruì un tempio del fuoco a Dvin presso la moderna Yerevan, e fece uccidere un membro influente della famiglia mamikoniana, scatenando una rivolta che portò al massacro del governatore persiano e della sua guardia nel 571, mentre la ribellione si era estesa anche all'Iberia. Giustino II approfittò della rivolta armena per interrompere il pagamento dei tributi annuali ai Sasanidi di Cosroe I per la difesa del Caucaso. Gli Armeni furono accolti come alleati, e un esercito fu mandato in territorio sasanide e assediò Nisibis nel 573. Tuttavia l'assedio fallì e i persiani contrattaccarono assediando e prendendo Dara e devastando la Siria. Giustino II fu costretto a accettare di pagare tributi annuali in cambio di una tregua di cinque anni sul Mesopotamico, sebbene la guerra continuò altrove. Nel 576 Cosroe I attaccò l'Anatolia saccheggiando Sebasteia e Melitene, ma l'offensiva sasanide terminò con una disfatta: sconfitti fuori dalle mura di Melitene, i Persiani subirono pesanti perdite e furono costretti a ritirarsi al di là dell'Eufrate sotto attacco bizantino. Approfittando della momentanea vulnerabilità persiana, i Bizantini irruppero in territorio sasanide. Khosraw chiese la pace, ma decise di continuare la guerra dopo una vittoria del suo generale Tamkhosrau in Armenia nel 577 e la guerra riprese anche in Mesopotamia. La rivolta armena terminò con un'amnistia generale e l'Armenia ritornò in mano sasanide.[50]

Gli imperi bizantino e sasanide nel 500, un secolo prima della conquista islamica.
Intorno al 570, Maʿdīkarib (in araboمعد يكرب‎), fratellastro del re dello Yemen, richiese l'intervento di Cosroe I. Cosroe I inviò una flotta e una piccola armata sotto il comando di Vahriz, che occupò in breve tempo la capitale dello Yemen, Ṣanʿāʾ. Sayf, figlio di Maʿdīkarib, che aveva accompagnato la spedizione, divenne re tra il 575 e il 577. Con questo successo, i Sasanidi erano riusciti a stabilire una base nell'Arabia meridionale, tale da controllare i commerci terrestri col Mediterraneo e marittimi con l'Oriente. Successivamente, il regno sudarabico si liberò dal controllo sasanide, e una seconda spedizione persiana fu inviata nel 598, riuscendo ad annettere con successo all'Impero l'Arabia meridionale, trasformata in provincia.[50]
Il regno di Cosroe I è caratterizzato dall'ascesa dei dihqan (letteralmente, "signori dei villaggi"), la nobiltà di proprietari terrieri che costituivano l'ossatura della tarda amministrazione provinciale sasanide e del sistema di raccolta delle imposte.[51] Cosroe I in politica edilizia abbellì la sua capitale di nuovi fastosi monumenti, fondò nuove città, e costruì nuovi edifici. Ricostruì i canali e rifornì le fattorie distrutte nel corso delle guerre. Costruì forti fortificazioni presso i passi e collocò tribù suddite in città scelte con attenzione sulla frontiera in modo che agissero come guardiani contro gli invasori. Fu tollerante con tutte le religioni, anche se decretò che il Zoroastrismo sarebbe stata la religione di Stato ufficiale, e non se la prese quando uno dei suoi figli si convertì al cristianesimo.

L'impero sasanide al suo apogeo.
Alla morte di Cosroe I, Ormisda IV (579–590) salì al trono. La guerra con i Bizantini continuò fino a quando il generale Bahram Chobin, messo da parte e umiliato da Ormisda, organizzò una rivolta nel 589. L'anno successivo Ormisda venne assassinato e gli successe al trono il figlio Cosroe II (590–628), ma il cambio di re non riuscì a placare l'ira di Bahram, che sconfisse Cosroe, costringendolo a rifugiarsi in territorio bizantino, e salendo al trono come Bahram VI. Con l'aiuto di truppe fornitegli dall'Imperatore bizantino Maurizio (582–602), Cosroe II riuscì a ottenere una vittoria decisiva sull'esercito di Bahram a Ganzak (591), riuscendo così a ritornare al potere. In cambio dell'aiuto di Maurizio, Cosroe dovette cedere ai Bizantini tutti i territori occupati dai persiani durante la guerra, l'Armenia e l'Iberia orientale. La nuova pace permise ad entrambi gli imperi di occuparsi degli altri fronti: Cosroe espanse la frontiera orientale dell'Impero sasanide mentre Maurizio ripristinò il controllo bizantino, minacciato da Slavi e Avari, sui Balcani.
Quando Maurizio venne deposto e ucciso dall'usurpatore Foca (602–610) nel 602, Cosroe II usò l'omicidio del suo benefattore come pretesto per iniziare una nuova invasione. Approfittando della guerra civile a Bisanzio, Cosroe II conquistò la Siria e Antiochia nel 611. Nel 613 i Bizantini, guidati dall'imperatore Eraclio (610–641), contrattaccarono ma furono sconfitti presso Antiochia dai generali sasanidi Shahrbaraz e ShahinGerusalemme cadde nel 614, Alessandria nel 619 e il resto dell'Egitto nel 621. Il sogno sasanide di restaurare l'Impero achemenide stava quasi per realizzarsi. L'Impero bizantino era sull'orlo del collasso.

Declino e caduta (622–651)

Exquisite-kfind.pngLo stesso argomento in dettaglio: Guerra romano-persiana del 602-628 e Conquista islamica della Persia.

La regina Purandokht, figlia di Cosroe II, l'ultima donna e una degli ultimi sovrani della dinastia sasanide, 630
All'espansione sotto Cosroe II, seguì però il declino. L'imperatore bizantino Eraclio (610–641) aveva infatti riorganizzato il suo esercito e aveva contrattaccato. Tra il 622 e il 627 Eraclio combatté i Persiani in Anatolia e nel Caucaso, infliggendo una serie di sconfitte all'esercito sasanide comandato da Cosroe, ShahrbarazShahin e Shahraplakan, saccheggiando il grande tempio zoroastriano a Ganzak e stringendo delle alleanze con i Cazari e il Khaganato turco occidentale. Nel 626 Costantinopoli venne assediata dagli Slavi e gli Avari, che erano appoggiati dall'esercito persiano comandato da Shahrbaraz, ma i tentativi di traghettare i Sasanidi in Europa vennero bloccati dalla flotta bizantina e l'assedio fallì. Nell'inverno 627-8 Eraclio invase la Mesopotamia e, nonostante la partenza dei suoi alleati Khazar, sconfisse l'esercito sasanide comandato da Rhahzadh nella Battaglia di Ninive. Marciò poi verso il Tigri, devastando il paese e saccheggiando il palazzo di Cosroe a Dastagerd. La distruzione dei ponti sul Canale Nahrawan gli impedì di attaccare Ctesifonte e condusse ulteriori incursioni prima di ritirarsi nell'Iran nordoccidentale.[52]
L'impatto delle vittorie di Eraclio, della devastazione dei territori più ricchi dell'Impero sasanide e le umilianti distruzioni di Ganzak e Dastagerd aveva fatalmente fatto perdere a Cosroe il suo prestigio e il supporto datogli dall'aristocrazia sasanide, e nei primi mesi del 628 venne deposto e assassinato da suo figlio Kavadh II (628), che pose immediatamente fine alla guerra, accettando di ritirarsi da tutti i territori occupati. Kavadh morì in pochi mesi e alla sua morte seguì il caos e una guerra civile. Nei quattro anni successivi si succedettero ben cinque re, incluse due figlie di Cosroe II e Shahrbaraz, e l'impero sasanide si indebolì considerevolmente. Il potere, prima detenuto dalle autorità centrali, passò nelle mani dei generali.[51]

Moneta di Yazdegerd III.
Nella primavera del 632, un nipote di Cosroe I, Yazdegerd III, salì al trono. Nello stesso anno gli Arabi, nuovamente riuniti dall'Islam, fecero le prime incursioni nel territorio sasanide. Anni di guerra continua avevano indebolito sia i Bizantini che i Sasanidi. I Sasanidi vennero indeboliti anche da una crisi economica, da tasse elevate, malcontento religioso, rigida stratificazione sociale, ascesa dei proprietari terrieri provinciali e un rapido susseguirsi di re. Questi fattori facilitarono la Conquista islamica della Persia.
Yazdegerd era un ragazzo alla mercé dei suoi consiglieri ed era incapace di unire un paese vasto sbriciolatesi in piccoli regni feudali, nonostante i Bizantini, impegnati a respingere gli attacchi arabi, non fossero più una minaccia. Il primo scontro tra Sasanidi e Arabi avvenne nella Battaglia del Ponte nel 634 e venne vinto dai Sasanidi; tuttavia gli Arabi non si arresero e poco dopo le truppe disciplinate di Khalid ibn al-Walid, generale dell'esercito arabo, sconfissero l'esercito persiano comandati dal generale Rostam Farrokhzad nelle pianure di al-Qādisiyyah nel 637 e assediarono Ctesifonte. Ctesifonte cadde dopo un prolungato assedio. I governatori sasanidi provarono a unire le loro forze per respingere gli invasori, ma il tentativo fallì a causa dell'assenza di una forte autorità centrale, e i governatori vennero sconfitti nella Battaglia di Nihawānd.
In cinque anni la maggior parte del territorio sasanide venne annesso al califfato Islamico. Con l'assassinio di Yazdgard III a Merv nel 651 si concludeva la storia dei Sasanidi e iniziava quella della Persia islamica.
La caduta rapida dell'Impero sasanide fu completata nel giro di cinque anni, e la maggior parte del suo territorio fu annessa al califfato islamico; tuttavia, diverse città persiane continuarono a resistere rivoltandosi all'autorità islamica.[53] La popolazione locale, non costretta per forza a convertirsi all'Islam, divenne suddita del Califfato islamico, e, in quanto dhimmi (cioè non ancora convertiti all'Islam), furono costretti a pagare una jizya fin quando non si fossero convertiti all'Islam.[54] In pratica, la jizya sostituì le tasse imposte dai Sasanidi, che tendeva ad essere più alta della jizya. Oltre alla jizya, fu adottata dagli Arabi la vecchia tassa sasanide sulla terra (in arabo Kharaj). Si dice che il califfo ʿUmar avesse costituito una commissione che giudicasse se le tasse sulla terra fossero più di quanto la popolazione potesse pagare.[55] La conversione della popolazione persiana all'Islam avvenne gradualmente, per completarsi di fatto verso la seconda metà dell'VIII secolo.

Governo

I Sasanidi stabilirono un impero all'incirca dentro le frontiere del precedente impero dei Parti Arsacidi, con capitale Ctesifonte, città della provincia di Khvarvaran. Nell'amministrare il loro impero, i re sasanidi assunsero il titolo di Shāhanshāh (Re dei Re), divennero l'autorità centrale e assunsero il dovere di custodire il fuoco sacro, il simbolo della religione nazionale. Questo simbolo è esplicitato sulle monete sasanidi dove il monarca regnante, con corona e regalia, appare sull'obverso, con il fuoco sacro, il simbolo della religione nazionale, sull'altro lato della moneta.[56] Le regine sasanidi detenevano il titolo di Banebshenan banebshen (Regina delle Regine).
Su scala più piccola, il territorio poteva anche essere governato da diversi re provenienti dalla famiglia regale sasanide, noti come Shahrdaran (sing. Shahr), direttamente sotto il controllo dello Shahanshah. Il governo sasanide era caratterizzato da un considerevole centralizzazione, ambiziose progettazioni urbanistiche, sviluppo agricolo, e miglioramenti tecnologici.[51] Sotto il re, una potente burocrazia portava avanti maggior parte degli affari del governo; a capo della burocrazia, vi era il "Vuzorg (Bozorg) Farmadar" una sorta di primo ministro o visir che coordinava i vari ministri. Le province, sottoposte ai re vassalli erano amministrate con l'aiuto di principi funzionari (Marzaban). A livello più basso c'erano i capi-clan (Vaspuharan). Nella società civile un posto preminente avevano i cavalieri (Azadhan) e il clero zoroastriano dei magi (Magan). All'interno della burocrazia i sacerdoti zoroastriani avevano un enorme potere. A capo dell'ordine sacerdotale dei Magi vi era il Mobadan; il comandante in capo era lo Iran (Eran) Spahbod; a capo del sindacato dei commercianti e dei mercanti vi era il "Ho Tokhshan Bod", mentre il ministro dell'agricoltura era lo "Vastrioshansalar", che era anche alla testa dei possessori di fattorie; costoro erano, al di sotto dell'Imperatore, le autorità più potenti dello stato sasanide.[57]
I re sasanidi consideravano sempre i consigli dei loro ministri. Uno storico musulmano, Mas'udi, lodò l'amministrazione sasanide dicendo:
« "eccellente amministrazione dei re Sasanidi, per la loro politica ben ordinata, il loro prendersi cura dei loro sudditi, e per la prosperità dei loro domini." »
Il centro dell'impero era la regione di origine della famiglia imperiale la Fars che era suddivisa in cinque distretti amministrativi (Istachr, Ardeshir, Churra Firuzabad, Darabgird, Shahpur, Argan) e a nord in cinque distretti delle tribù curde (Remm).
In tempi normali, la successione al trono era ereditaria, ma poteva essere trasferita dal re a un figlio più giovane piuttosto che al primogenito; in due casi estremi il potere supremo fu detenuto da regine. Quando non vi era erede diretto, i nobili e i prelati sceglievano il nuovo re, ma la loro scelta era ristretta ai membri della famiglia regale.
La nobiltà sasanide era un misto di vecchi clan partici, famiglie aristocratiche persiane, e famiglie nobili dei territori sottomessi. Molte nuove famiglie nobili erano sorte dopo la dissoluzione della dinastia dei Parti, mentre alcuni dell'allora dominanti sette clan partici conservarono la loro alta importanza. Alla corte di Ardashir I, le vecchie famiglie arsacidi del Casato di Karen e del Casato di Suren, insieme ad alcune famiglie persiane, i Varazes e Andigani, detenevano posizioni di grande prestigio. Oltre a queste famiglie nobili Iraniane e non-Iraniane, i re di MervAbarshahrCarmaniaSakastanIberia, e Adiabene, che sono menzionate avere posizioni di prestigio tra i nobili, apparvero alla corte dello Shahanshah. Infatti, i grandi domini dei Surena, Karena e Varazes, era diventato parte dello stato originario Sasanide come stati semi-indipendente. Quindi, le famigli nobili che frequentavano la corte dell'Impero sasanide continuarono ad essere re, anche se subordinati allo Shahanshah.
In generale, il Bozorgan dalle famiglie persiane deteneva le posizioni più potenti nell'amministrazione imperiale, incluso il governo delle province di frontiera (Marzban مرزبان). La maggior parte di queste posizioni erano patrimoniali, e altre furono mantenute da una singola famiglia per generazioni. A questi Marzban di rango più elevato fu concesso un trono d'argento, mentre ai Marzban delle province di frontiera più strategiche, come il Caucaso, fu concesso un trono d'oro.[58] Nelle campagne militari, i Marzban regionali potevano essere considerati marescialli di campo, mentre gli spahbod minori potevano comandate un esercito di campo.[59]
Dal punto di vista culturale, i Sasanidi implementarono un sistema di stratificazione sociale. Questo sistema era sostenuto dallo Zoroastrismo, che era divenuta la religione di Stato. Altre religioni sembrano essere state largamente tollerate (sebbene ciò sia ancora oggetto di controversia tra gli studiosi; cfr., per esempio, Wiesehöfer, Ancient Persia, o la Cambridge History of Iran, vol. 3). Gli imperatori sasanidi cercarono consciamente di riportare in auge le tradizioni persiane e cancellare del tutto l'influenza culturale greca.[51]

Economia, cultura e religione dell'Impero sasanide


La musica e la poesia avevano un ruolo fondamentale nella società sasanide, come mostra questo piatto del VII secolo.
Il benessere dell'Impero sasanide derivava in gran parte dal commercio: infatti, argenterie romane e sete cinesi arricchivano i mercati persiani. Il commercio arricchì anche le conoscenze culturali sasanidi, perché i commercianti diffondevano libri che trattavano di astronomia indiana e medicina greca. Inoltre, l'arte persiana influenzò positivamente anche altre culture, come quella della lontana Cina. Come si sa, la religione di Stato era lo Zoroastrismo: ma nacque un nuovo entusiasmo religioso, il Manicheismo, fondato dal profeta Mani, che fondeva elementi religiosi cristiani, buddisti e zoroastriani. Questa nuova religione, mal vista dai sacerdoti zoroastriani, raggiunse anche la Cina, il Turkestan, la Sogdiana e l'Adiabene.

Lista dei sovrani sasanidi


Albero genealogico della dinastia sasanide. Alcuni re non vi compaiono, o perché non dinastici, o per discendenza ignota.

Note

  1. ^ A. L. d'Harmonville, Dizionario delle date, dei fatti, luoghi ed uomini storici, pag. 675
  2. ^ Georges Corm, Storia del Medio Oriente. Dall'antichità ai nostri giorni, pag. 61
  3. ^ MacKenzie, D. N., A Concise Pahlavi Dictionary, London & New York, Routledge Curzon, 2005, p. 120, ISBN 0-19-713559-5.
  4. ^ Wiesehofer, 1996
  5. ^ A Brief History, su Culture of IranURL consultato l'11 settembre 2009 (archiviato dall'url originale l'11 ottobre 2007).
  6. ^ Shapur Shahbazi, 2005
  7. ^ Wiesehofer, Joseph Ancient Persia, New York, 1996, I.B. Tauris
  8. ^ Khaleghi-Motlagh, Derafš-e Kāvīān
  9. ^ Hourani, p. 87.
  10. ^ J. B. Bury, p. 109.
  11. ^ Will Durant, Age of Faith, (Simon and Schuster, 1950), 150; Repaying its debt, Sasanian art exported it forms and motives eastward into India, Turkestan, and China, westward into Syria, Asia Minor, Constantinople, the Balkans, Egypt, and Spain..
  12. ^ Transoxiana 04: Sasanians in Africa
  13. ^ Sarfaraz, pp. 329–330
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  16. ^ Farrokh 2007, p. 178
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  18. ^ Farrokh 2007, p. 180
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  20. ^ Frye 2005, p. 466 467
  21. ^ 5.1-6
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  24. ^ a b Frye 1993, p. 125
  25. ^ Southern 2001, p. 235 236
  26. ^ Frye 1993, p. 126
  27. ^ Southern
  28. ^ Zarinkoob 1999, p. 197
  29. ^ Frye 1968, p. 128
  30. ^ Zarinkoob 1999, p. 199
  31. ^ Barnes, Constantine and Eusebius, p. 18.
  32. ^ a b Barnes, Constantine and Eusebius, p. 18; Potter, The Roman Empire at Bay, p. 293.
  33. ^ Galienus conquests: Google Book on Roman Eastern Frontier (part 1)
  34. ^ Zarinkoob 1999, p. 200
  35. ^ Agazia, Storie, 25, 2-5 tradotto da Dodgeon-Greatrex-Lieu (2002), I, 126
  36. ^ Zarinkoob, p. 206.
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  40. ^ Bury 1923
  41. ^ XIV.1
  42. ^ Frye 1993, p. 145
  43. ^ Greatrex-Lieu (2002), II, 37–51
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  46. ^ Zarinkoob, p. 217
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  54. ^ Bashear, Suliman, Arabs and others in Early Islam, p. 117
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Bibliografia

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  • Roman GhirshmanArte persiana: Parti e Sassanidi, Feltrinelli, Milano, 1962 e successive riediz. (ultima: Rizzoli, Milano, 1982)
  • Roman GhirshmanLa civiltà persiana antica, Einaudi, Torino, 1972 e successive rist. (vedi il cap. V: Il fiorire della civiltà iranica)
  • Ariel LewinPopoli, terre, frontiere dell'Impero romano: il Vicino Oriente nella tarda antichità, vol. I (Il problema militare), Ediz. del Prisma, Catania, 2008
  • (EN) David Nicolle, Sassanian Armies: the Iranian Empire Early 3rd to Mid-7th Centuries AD, Stockport, Montvert, 1996, ISBN 978-1-874101-08-6.
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  • Antonio PanainoGreci e Iranici: confronto e conflitti in (a cura di) Salvatore SettisI Greci: storia, cultura, arte, società, Einaudi, Torino, 2001 (vol. III); ripubblicata anche come AA.VV. Storia Einaudi dei Greci e dei Romani, Ediz. de "Il Sole 24 Ore", Milano, 2008 (vedi il vol. 9°)
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  • Josef WiesehöferLa Persia antica, Il Mulino, Bologna, 2003 (piccolo volume introduttivo)
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  • Parviz Marzban, Kholaseh Tarikhe Honar, Elmiv Farhangi, 2001. ISBN 964-445-177-5
  • Encyclopædia Britannica Eleventh Edition

Voci correlate

Albero genealogico dei Gran Sacerdoti di Emesa e dell'imperatore Eliogabalo

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Gaio Giulio Bassiano (latinoGaius Julius Bassianus; ... – 217 circa) fu un gran sacerdote del dio del sole di Emesa, e legato alla dinastia dei Severi dell'Impero romano, in quanto suocero dell'imperatore Lucio Settimio Severo.
Bassiano era un arameo[1], gran sacerdote del Tempio del Sole incaricato di custodire la pietra sacra rappresentante il dio solare arameo El-Gabal. Bassiano era anche membro della famiglia reale di Emesa (dell'omonima città in Siria), che doveva la propria influenza proprio al fatto di fornire i sacerdoti del dio: il nome Bassianus deriva probabilmente dal titolo sacerdotale basus. La famiglia reale di Emesa apparteneva all'aristocrazia siriana aramea e costituiva un regno cliente dell'Impero romano. Bassiano potrebbe essere stato un discendente della principessa Drusilla di Mauretania e forse l'antenato della regina siriana Zenobia di Palmira. Non è noto l'inizio del suo sacerdozio, ma nel 187 era gran sacerdote ad Emesa.
L'ufficiale romano Lucio Settimio Severo aveva visitato Emesa sulla base di un oroscopo che gli aveva rivelato che avrebbe trovato sua moglie in Siria. Bassiano gli presentò le proprie due figlie, avute dalla moglie dal nome sconosciuto: la figlia maggiore Giulia Mesa, che era sposa del nobile siriano Giulio Avito e aveva due figlie (Giulia Soemia e Giulia Avita Mamea), e la figlia minore Giulia Domna, che non era sposata. Severo e Domna si sposarono poco dopo, ed ebbero due figli, Lucio Severo Bassiano (186-217), anche noto come Caracalla, e Publio Settimio Geta (189-211), entrambi imperatori romani dopo il proprio padre.

Eliogabalo

Aureo di Eliogabalo, con, al rovescio, la legenda SANCT DEO SOLI ELAGABAL ("Al sacro dio sole El-Gabal") e la raffigurazione di una quadriga che trasporta il betilo (sacra pietra) del tempio del sole di Emesa, custodita nell'Elagabalium a Roma.
Un nipote di Giulio Bassiano, impropriamente passato alla storia come Eliogabalo, divenne imperatore romano; durante il suo breve regno (218-222) cercò non solo di far entrare il dio sole di Emesa, di cui era gran sacerdote, nel pantheon romano, ma, soprattutto, di renderlo la divinità principale della Religione romana, prima associandolo a Giove[3] e poi facendovi confluire tutte le divinità romane.
Fin dal regno di Settimio Severo, l'adorazione della divinità solare era cresciuta in tutto l'impero;[4] Eliogabalo sfruttò questa popolarità per introdurre El-Gabal, che venne rinominato Deus Sol Invictus ("Dio Sole Invitto") e posto al di sopra di Giove[3] (il culto venne introdotto a partire dal 220);[5] per rafforzare il legame tra il nuovo dio e la Religione romana, Eliogabalo fece contrarre a Deus Sol Invictus un "matrimonio sacro" (hieros gamos) con Astarte (la dea lunare), con Minerva, e con la dea cartaginese Urania (Dea Caelestis o Tanit).[6]
Per diventare l'alto sacerdote di El-Gabal, Eliogabalo si fece circoncidere, costringendo pure alcuni suoi collaboratori a fare lo stesso: Cassio Dione Cocceiano racconta che pensò persino di castrarsi, ma non ebbe poi il coraggio di farlo.[3] L'imperatore costrinse i senatori a guardarlo mentre danzava attorno all'altare di Deus Sol Invictus al suono di tamburi e cembali,[7] e ogni solstizio d'estate divenne una grande festa in onore del dio, popolare tra le masse per via della grande distribuzione di viveri.[6] Durante questa festa, Eliogabalo poneva la pietra di Emesa su di un carro adornato con oro e gioielli, che girava la città in parata:
« Un tiro a sei cavalli trasportava la divinità, I cavalli enormi e di un bianco immacolato, con dispendiosi finimenti in oro e ricchi ornamenti. Nessuno teneva le redini, e nessuno era a bordo della biga; il veicolo era scortato come se il dio stesso fosse l'auriga. Eliogabalo camminava all'indietro davanti alla biga, rivolto verso il dio e reggendo le redini dei cavalli. Compiva tutto il viaggio in questo modo inverso, guardando in faccia il suo dio. »
(ErodianoStoria romana, v.6)
Un sontuoso tempio detto Elagabalium venne costruito sul pendio orientale del Palatino allo scopo di ospitare El-Gabal, il meteorite nero conico che rappresentava il dio solare di Emesa.[7] Le reliquie più sacre della Religione romana furono trasferite dai rispettivi templi all'Elagabalium, inclusa la Magna Mater, il fuoco di Vesta, gli Ancilia dei Salii e il Palladio, in modo che nessun altro dio all'infuori di El-Gabal venisse adorato.[8] Con la morte di Eliogabalo nel 222, il betilo di El-Gabal venne inviato nuovamente ad Emesa[9]

Note

  1. ^ (NL) Devlaminck, Pieter, De Cultus van Sol Invictus: Een vergelijkende studie tussen keizer Elagabalus (218-222) en keizer Aurelianus (270-275), University of Ghent, 2004. URL consultato il 7 agosto 2007.
  2. ^ Erodiano, Storia romana v.3
  3. ^ a b c Cassio Dione, lxxx.11.
  4. ^ Halsberghe, p. 36.
  5. ^ Van Zoonen
  6. ^ a b Erodiano, v.6.
  7. ^ a b Erodiano, v.5.
  8. ^ Historia Augusta - Vita di Eliogabalo, iii.
  9. ^ Erodiano, VI.6

Bibliografia

Fonti primarie

Fonti secondarie

  • Gaston H. Halsberghe, The Cult of Sol Invictus, Leiden, Brill, 1972, p. 36.
  • Lauren van Zoonen, Heliogabaluslivius.org, 2005. URL consultato il 18 agosto 2007.

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