domenica 2 aprile 2017

Antropogenesi teosofica secondo Helena Blavatsky

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Nel secondo volume de "La Dottrina Segreta", intitolato "Antropogenesi", Helena Blavatsky sostiene che nell'ambito del grande ciclo cosmico della Catena Planetaria (ossia la successione degli stadi evolutivi del nostro pianeta, descritto nel promo volume, "Cosmogenesi"), l'uomo si colloca all'interno del quarto stadio, quello terrestre, che corrisponde al massimo della materialità e della fisicità.

Nell'ambito di questo quarto stadio (o quarta ronda), si sono manifestate fino ad ora cinque razze di esseri umani, di cui quattro sono estinte e due debbono ancora manifestarsi.
Analizziamo questa ipotesi più nel dettaglio avvalendoci di un contributo specialistico di Giorgio Tarditi Spagnoli.

https://giorgiots.wordpress.com/2014/07/22/i-sette-giorni-della-creazione/


  1. Era Polare: in cui Sole, Luna e Terra formano un solo corpo celeste.
  2. Era Iperborea: in cui si separa il Sole dalla Terra-Luna.
  3. Era Lemurica: in cui si separa la Luna dalla Terra e alla fine dell’epoca, avviene la distruzione della Lemuria attraverso il fuoco.
  4. Era Atlantidea, che si suddivide in una successione di altre sette epoche culturali:
    1. Romohals: Età dell’Aquario (22.347–20.187).
    2. Tlavatli: Età del Capricorno (20.187–18.027)
    3. Toltechi: Età del Sagittario (18.027–15.867)
    4. Turani: Età dello Scorpione (15.867–13.707)
    5. Proto-Semiti: Età della Bilancia (13.707–11.547)
    6. Accadi: Età della Vergine (11.547–9.387)
    7. Proto-Mongoli: Età del Leone (9.307–7.227), alla fine della quale avviene il Diluvio Universale, ovvero la distruzione di Atlantide attraverso l’acqua.
  5. Quinta Era Post-Atlantica (presente), che si suddivide in altrettante sette epoche culturali:
    1. Epoca Paleo-Indiana: Età del Cancro (7.227–5.067)
    2. Epoca Paleo-Persiana: Età dei Gemelli (5.067–2.907)
    3. Epoca Egitto-Caldaica: Età del Toro (2.907–747)
    4. Epoca Greco-Romana: Età dei Ariete (747 a.C–1413 d.C.), alla sua metà si ha l’incarnazione di Cristo e tre anni dopo, il Mistero del Golgotha.
    5. Epoca Anglo-Germanica: Età dei Pesci (presente, 1413–3573)
    6. Epoca Russo-Slava: Età dell’Aquario (3573–5733)
    7. Epoca Americana: Età del Capricorno (5733–7893), si concluderà con la “Guerra di Tutti contro Tutti”.
  6. Sesta Era Post-Atlantica: epoca apocalittica dei 7 Sigilli, in cui si assiste alla fine del karma, e dunque la conclusione dell’incarnazione fisica e la Luna ritornerà entro la Terra.
  7. Settima Era Post-Atlantica: epoca apocalittica delle 7 Trombe
Nell'ambito dell'epoca Ariana (o post-Atlantica) che stiamo vivendo ci sono poi 7 ulteriori suddivisioni: 1) un periodo iniziale guidato da un'antichissima civiltà dell'India, 2) periodo Persiano, 3) periodo Egizio-Caldaico, 4) periodo Greco-Romano , 5) periodo attuale Anglo-Sassone a cui seguiranno due periodi futuri (il prossimo sembra di matrice Russo-Slava) che concluderanno l'epoca Ariana. Per riassumere sinteticamente, attualmente ci troviamo dunque nel quarto Globo (Terra), quinta epoca (Ariana) e quinto periodo di civiltà (Anglo-Sassone).



la prima Razza-Radice, detta Polare in quanto localizzata per lo più ai poli, aveva una forma umana astrale-eterica non ancora discesa sul piano fisico, di natura filamentosa, asessuata, fluttuante nell'atmosfera densa e ribollente della Terra ancora in via di solidificazione. Nella seconda epoca, Iperborea, convivevano due forme umane: una simile a quella precedente mentre l'altra con una struttura fisica un poco più densa. In queste forme non c'era alcuna divisione sessuale, ma una procreazione per gemmazione. La vita si svolgeva per lo più nel continente Iperboreo (nell'attuale estremo Nord del pianeta) che a quel tempo godeva di un clima tropicale.
Una forma umana simile a quella attuale comincia con l'apparire della razza della Lemuria (situata in Asia orientale): più evoluta, sempre più solida ma ancora flessibile e quindi non ancora in grado di assumere la stazione eretta. La riproduzione avveniva sempre per emissione diretta, gli esseri presentavano una struttura androgina ma di forma umana - con pelle scura - che gradualmente arriva a scindersi in due distinti caratteri sessuali (da tale razza derivano gli aborigeni australiani e i boscimani dell'Africa).
La quarta epoca, Atlantidea, si sviluppò nel continente di Atlantide, il quale andò incontro a successivi cataclismi che lo frammentarono fino a lasciare due grandi isole chiamate Ruta e Daitya al centro dell'Atlantico, sommerse definitivamente circa 12.000 anni fa.



L'uomo atlantideo - di pelle rossa - era dotato di una naturale e istintiva chiaroveggenza e fondò una grande civiltà dotata di avanzate tecnologie, comunque molto diverse dalle nostre. Verso la fine dell'epoca atlantica, i colossali cataclismi che portarono alla totale scomparsa del continente costrinsero infine i superstiti ad emigrare verso tre direttrici: ovest (da cui originano le razze rosse amerinde), nord-est (attuali popoli europei) e sud-est (colonizzando il Nord Africa fornirono le basi della civiltà Egizia).














Insegnamento 1: Sintesi delle Quattro Prime Razze Radicali
Nel Globo Terrestre ci sono sette Razze Radicali.
Nel Globo Lunare, gli esseri erano riusciti a perfezionare il loro corpo astrale; ma avevano bisogno di un corpo fisico per riuscire una perfetta esperienza materiale.
Durante le due prime Razze Radicali cercarono continuamente di modellare un corpo per poterlo abitare; ma fallirono più volte.
Solo nella seconda metà della Terza Razza Radicale poterono formare un vero corpo umano; e nella Quarta Razza Radicale, le anime degli esseri che facevano quell'esperimento penetrarono nei suoi veri corpi umani.
La prima Razza Radicale è l'Uraniana o Polare.
Il corpo astrale degli esseri si ricopre di una tenue emanazione etereo-fisica, cercando di incoraggiare i primi tentativi umani, grandi mostri gelatinosi; ma i mostri perirono senza potere stabilire un contatto vero colle anime.
Non si enumerano le sottorazze di questa Razza Radicale per essere ignorate.
Il Continente di Razza Uraniana o Polare fu l'attuale Antartide. Fiorì 18.000.000 anni fa.
La seconda Razza Radicale fu l'Iperborea.
Questa riuscì ad avvicinare il corpo astrale degli esseri alle forme umane che continuavano a modellare: immensi giganti che non potevano mantenersi in piedi e che avevano l'aspetto di una ruota.
Questa Razza Radicale ebbe sette tappe o sotto-razze.
Nella prima, la forma umana ha l'aspetto di un pesce-serpente.
Nella seconda, comincia la formazione del cervello.
Nella terza, si tenta la formazione della spina dorsale.
Nella quarta, si dà forma all'uomo-mostro.
Nella quinta, si dà il perfetto ermafrodito.
Nella sesta, i mostri cercano di alzarsi, fallendo il loro proposito.
Nella settima, riescono l’intento di alzarsi.
Il Continente di questa Razza Radicale fiorì nell'attuale Groenlandia, 11.000.000 anni fa.
La Terza Razza Radicale si chiama Lemuriana.
La prima sottorazza si chiama Za; erano molto simili agli iperborei.
Nella seconda, chiamata Za-Ha, l'uomo, guidato molto da vicino per i suoi enti direttivi, forma il sistema cervello-spinale.
La terza, chiamata Za-Mi, segna la transizione vera del regno animale all’umano.
Nella quarta, chiamato Za-Mo, l'uomo incomincia a camminare.
Nella quinta, denominata Za-Moo, si può parlare di una razza di uomini con mente.
La sesta, chiamata Mo-Za-Moo, stabilisce un contatto più intimo tra il corpo astrale ed il fisico, escludendo a tutti i tipi arretrati e degenerati.
La settima sottorazza, chiamata Moo-Za-Moo, è già padrona della sua mente;  ha il suo sistema nervoso sviluppato ed una perfetta circolazione del sangue.
Il Continente lemuriano si estendeva dove sta l'attuale Oceano Pacifico. Questa Razza Radicale visse 5.000.000 di anni fa.
La quarta Razza Radicale si chiama Atlantiana. Fiorì 2.500.000 anni fa.
La prima sottorazza, chiamata Rmoahall, sviluppò la mente istintiva, la vescica e gli organi genitali.
La seconda, dei Tlavatli, sviluppò la memoria.
La terza, dei Toltechi, sviluppò la mente razionale.
La quarta, dei Turanici, perfezionò il corpo fisico, per mezzo del'esercizio e la guerra.
La quinta, dei Semiti, fu fisicamente la più perfetta sottorazza degli atlantiani. Di lei derivò la quinta Razza Radicale.
Nella sesta, degli Accadi, il corpo astrale era già perfettamente unificato col corpo fisico.
La settima, dei Mongoli, segnò la degenerazione degli Atlantiani. In lei persero gradualmente le sue grandi forze psichiche ed astrali, affinché l'uomo potesse trasformarsi in un essere puramente umano.

Insegnamento 2: La Razza Uraniana
La Ronda Lunare aveva compiuto il suo proposito ed aveva dato alle monadi alcuni perfetti corpi astrali; ma mancava l'ultimo e più importante passo, perché quegli esseri dovevano discendere a conoscere il mondo denso e materiale.
Dunque avevano bisogno di corpi fisici.
Col risultato che trasportasse tutta la sua potenzialità nella giovane Terra che girava da un'infinità di millenni, senza mutazione, come un globo igneo con l'asse esattamente perpendicolare all'eclittica.
Basarono su lei tutte le sue speranze.
Aspettarono pazientemente l'epoca nella quale il vantaggioso Urano indurirebbe la crosta terrestre, offrendo alla prima Razza Radicale un Continente, un immenso Continente, in uno dei poli attuali, circondato di un rosso oceano di fuoco e di vapori dove l'oscurità dell'atmosfera era illuminata per potenti riflessi rossicci di scariche elettriche.
Non c'era allora luce propriamente detta, perché vapori e gas circondavano completamente alla Terra; ma il pianeta era illuminato per il suo fuoco interno e per gli scarichi dell'etere cosmico che, formando grandi globi ambulanti, si illuminavano, fino a che sbattendo tra sé i globi, producevano esplosioni e crepitazioni spaventose.
La prima Razza Radicale, l’Uraniana, fu improvvisamente terrorizzata.
Immensi mostri pullulavano nella lava di quelli mari, offerta della Natura elementare, senza mente, alla nuova ondata di vita. La maggioranza di quegli esseri si rifiutò di abitare quelli corpi mostruosi che perivano per mancanza di sostentamento vitale e mentale. Ma essi sono già legati alla Terra e nonostante non essere uniti ai suoi corpi mostruosi, rimasero legati ad essi.
Per il potere del corpo astrale di quegli esseri e per l'elementare costituzione dei mostri, si andarono formando i corpi eterei, che unicamente si proiettavano sulla Terra per essere di natura molto sottile come immense ombre.
Per sette giri di vita, vite di luce, vite di Esseri Divini, solo legati alla Terra per un riflesso ed un'ombra terrestre, si furono succedendo le epoche di queste razze primitive; ma negli ultimi tempi, aiutati per le potenti correnti di elettricità che scuotevano al pianeta e l'andavano raffreddando gradualmente, per la fermentazione delle calde acque oceaniche e per i potenti gas che si trasportavano dalla lava marina nell'atmosfera, si andavano fortificando fisicamente queste “pelli di uovo” degli uraniani fino a che le ombre diedero vita ad altre ombre, dividendosi esattamente in due parti. Questa divisione in due si portò a termine appena negli ultimi tre giri di vita.
Sebbene queste ombre eteree non avessero sensi nella vera accezione della parola, avevano, tuttavia, un'impressionabilità percettiva che, nelle ultime sottorazze uraniane, potevano soppiantare all'udito attuale.
Evi ed evi passarono. La Terra si raffreddava a poco a poco, ma a costo di grandi scosse, scosse tali che spostarono il suo asse, portando un'epoca glaciale.
Questa epoca glaciale invase gradualmente al pianeta; e mentre quello si effettuava, la cessazione di vapori attorno alla Terra portò la luce boreale che farebbe che quello Continente si chiamasse “la terra dove non si mette mai il sole” e permetterebbe di sviluppare la più superba vegetazione che si sia conosciuto. Ma, infine, il ghiaccio, come un bianco sudario tutto l'invase e trasformò all'eterna primavera in un inverno senza fine.
Per il ghiaccio, allora, fu distrutto il primo Continente o, per meglio dire, fu seppellito –come una reliquia– sotto i ghiacci.
Tutte le religioni ricorderebbero a quella prima Razza Radicale come proprietaria del Paradiso Terreno, dell'Eden perso; ricorderebbero la sua esuberante vegetazione, le sue fantastiche scene illuminate per tutti i colori del Gran Elemento dove la luce, frutto delle energie della Terra, rivaleggiava colla luce del sole, nascosta dietro la tenda di tenebre che circondava all'aura terrestre.
Gli Indù gli canterebbe i suoi più begli inni, chiamandola “terra della stella polare”, la divina Zveta-Dvipa, dimora dei Chhaya.
Un'onda torrida e di morte si era esteso soprattutto il pianeta. La Natura era fallita pretendendo di offrire un corpo ai suoi Divini Abitanti. Tutto sembrava perso; ma nell'evoluzione del Cosmo la morte è vita, la sconfitta è vittoria.
Qui la Terra altra volta normalizza i suoi movimenti, il suo caldo centrifugo vince alla freddezza della corteccia e la sua superficie torna a calmarsi; e si formano rossi oceani, solcati per trombe gassose.
La verde azzurrata luce di Vayu illumina ovunque ed un nuovo Continente, vero Continente umano, dimora dei primi esseri di carne e spirito, è apparso.

Insegnamento 3: La Razza Iperborea
Eolo, il dio dei venti, correva velocemente di un lato all'altro dell'atmosfera terrestre, pulendola di tutti i suoi residui; ed il Sole, con una luminosità più chiara di quella che può osservarsi adesso, brillava costantemente.
Ma, grazie a questo vento, a queste correnti di aria che non cessavano mai, la Terra si andava resecando, la vegetazione prendeva un colore normale ed il nuovo Continente Iperboreo bene poteva chiamarsi “la terra dove non si mette mai il sole”.
Plakcha –così denominavano gli ariani a questa sacra terra– si trovava completamente al nord; e Groenlandia, il nordest dell'Asia e Spitzberg sono resti della magione della seconda Razza Radicale.
Le monadi che, respingendo i colossali uraniani, erano falliti anteriormente nel suo desiderio di abitare un corpo fisico, lo tentarono di nuovo. Colla collaborazione di Vayu, l'elemento dell'aria, riunivano attorno ai suoi corpi eterei numerosi atomi fisici, col desiderio di penetrare dentro quella massa, subito che prendesse forma.
Ma il desiderio di esperienza non andava unito al concetto di rinunzia dei beni eterei; desideravano vivere la vita fisica senza perdere i suoi attributi spirituali.
Derivava da questo che la Natura non era incoraggiata per lo spirito di essi, nel vero senso della parola; per quel motivo fallirono, un'altra volta, nella formazione del vero uomo umano.
Si avrà bisogno della fantasia di un Verne, o la chiaroveggenza di un Profeta Ezechiele, per potere descrivere a questi fantastici uomini colossali. Erano immense moli, di aspetto umano, arcuati su se stessi, con grandi ali che li aiutavano a camminare. Ma lo spirito non stava dentro di essi, bensì al suo fianco.
 In Ezechiele, capitolo 1, versetto 20, si legge: “Essi andavano verso dove lo Spirito andava, e le ruote andavano vicino ad essi; perché lo Spirito degli animali stava nelle ruote”.
Procreavano per mezzo di germoglio; per meglio dire, lasciavano residui vitali, immense gocce di sudore che producevano in queste fantastiche corse; immense quantità di gocce di sudore cristallizzato e riunito in mucchi, sperma vitale di tutto il suo essere che, covato ai raggi del Sole, dava nascita ad altri esseri simili.
Questi asessuati, veri figli di Giove, non avevano più sensi che quelli della sensazione vibratoria corrispondente all'udito ed al tatto che era loro dato per la velocità.
Verso la metà di questa Razza Radicale, quando stava nel suo apogeo, la Terra riuscì ad avere una bellezza indescrivibile.
Immagini un cielo verde chiaro, inondato per i raggi del sole che si rifletteva su una terra vergine dove la vegetazione, per sua molta esuberanza e vitalità, era aranciata, e le acque del mare completamente smeraldine.
Ma questo durò poco. Gli immensi depositi di gas, annidati e riassunti sotto all'epidermide della Terra, cominciarono a scoppiare, dividendo a questo Continente unito, in grandi isole, ed all'oceano in due grandi mari: Pasha e Pahcshala.
Per allora, le Ruote Umane si erano trasformate di asessuate in ermafrodite e non era oramai la goccia di sudore quello che si depositava, bensì un vero uovo.
Gli spiriti dei futuri uomini sono già inclinati sulle vuote teste dei mostri; e pronti per penetrare nella prigione di carne.
Cominciano i primi sforzi per piegarsi ed alzarsi. Kundalini, la dea dell'energia vitale, ha teso già le sue reti e è pronta per salire al Monte Meru. Vuole dire che ha tracciato sul corpo dei mostri l'immagine della spina dorsale e dello scheletro umano ed aspetta solo la benefica pioggia del cielo per condensarlo ed indurirlo.
Ma il vento soffia più devastatore che mai. Le correnti di aria spianano il Continente degli dèi. I gas sotterranei partono la terra senza riposo, fino a che sparisce sotto le acque, per l'azione dell'aria, il Continente Iperboreo.

Insegnamento 4: Le Tappe della Razza Iperborea
Non si conosce, nello svolgimento antropologico della Razza Iperborea, la divisione esatta delle sue sottorazze; ma è possibile distinguere una serie di stati evolutivi che potrebbero chiamarsi “tappe”.
Durante la prima tappa appare nel Continente Verde il gran Pesce-serpente. È molto difficile precisare la dimensione di questo mostro con aspirazioni di umanità; ma antichi testi lo descrivono come immenso e bello, non ostante il suo corpo gelatinoso e trasparente, perché il riflesso della luce attraverso quello corpo produceva multipli e vari colori.
Non aveva più senso che quello della percezione; tuttavia, notava gli stati atmosferici; quando le correnti erano insopportabili viveva nelle dense acque dell'oceano di allora, mentre quando i terribili uragani non erano tanto violenti strisciava sul quasi soffice suolo del Continente.
Ma nella seconda tappa dello svolgimento di questa Razza, i mostri, guidati per i suoi spiriti, quasi non abitarono le acque; e cominciarono il gran lavoro della formazione del cervello umano. Le sue teste si erano aperte come immensi schermi, lasciando all'aperto il protoplasma del futuro cervello.
Nelle epoche in cui il sole era più forte, salivano ai promontori depositando su essi lo sperma-sudore dei suoi corpi, affinché i raggi del sole lo fecondassero.
Questi mostri non morivano, ma si rigeneravano e trasformavano da soli.
Come dovevano riuscire il senso del tatto, si formarono sui suoi corpi alcune pinne simili a quelle dei pesci che sarebbero le future estremità umane.
Per riuscire il suo nuovo senso non ebbero un altro lavoro che quello di percorrere grandi estensioni e ritornare, regredendo, sulla sua rotta.
Non dormivano nell'acqua bensì in immense grotte e pochissime ore, perché la luce era quasi costante sul Continente Iperboreo.
Nella terza tappa le monadi cominciarono a disegnare in quelli corpi le linee della spina dorsale ed a formare i canali interni, od vasi sanguinei che servirebbero per la circolazione delle correnti di aria e per la condensazione della materia gelatinosa.
Acquisivano sempre di più il senso della velocità e formavano una specie umana attorno al vuoto dove, come un tesoro, era depositato il protoplasma cerebrale.
Qui, nella quarta tappa, ci sono uomini colossali.
Ripetute volte cercano di piegarsi su se stessi fino a che, del suo corpo, riescono a formare una ruota. Le pinne che possedevano si vanno trasformando in remi che permetteranno loro di correre sempre di più velocemente.
Anche una vera matrice si era formata, per allora quello, in un estremo del suo corpo; e depositavano già in lei, per se stessi, le sue gocce di sudore.
Nella quinta tappa si tiene il perfetto ermafrodito.
Gli estremi dei suoi corpi si toccano; lo sfregamento produce il desiderio e la soddisfazione. Appare un piccolo corpo adeguato, un bottone per la matrice. Possono depositarsi già uova che, sempre posizionate al caldo solare, danno uomini colossali di questa Razza.
Nella sesta tappa, dopo il gran movimento sismico che partì il Continente, procurano, questi uomini, alzarsi, ma falliscono nel suo intento. È una guerra all'ultimo sangue, nella quale migliaia e migliaia perdono la sua vita volendo salire al Monte Meru; cercando di alzarsi, si rovinano e muoiono.
Le monadi piansero, per quelli giorni, sui suoi corpi; e dice un testo antico che chiedevano al cielo affinché fossero dati loro adeguate dimore per non fallire nei suoi tentativi di perfezione.
Nella settima tappa riescono il suo intento.
Si è definito già il tipo della razza futura. Benché il cervello ancora sia aperto, ci sono già nel viso due fosse che preparano la dimora degli occhi; e la spina dorsale, con tutte le sue ramificazioni nervose, si va definendo sempre di più.
Le ruote, appoggiate sui tronchi di immensi alberi, possono rimanere in piedi. Non hanno oramai pinne, bensì grandi moncherini che operano come braccia e gambe.
Stava per apparire il Continente Iperboreo. Detonazioni terribili che scuotevano allora alla Terra, aprirono solchi profondi nella stessa ed anche nei visi dei nuovi uomini iperborei.
La percezione eterea è vinta per la percezione elettrica dell'atmosfera, ed attraverso i due grandi solchi che si formano nei visi degli uomini di allora, si forma il luogo dei futuri uditi degli uomini.
Non può dare oramai più questa Razza, è arrivata già al suo apogeo. Le monadi scorgono che la sua missione sta per finire e che pronto potranno abitare le sue nuove dimore.
Quando il Tempio già è edificato, lo Spirito del Signore discende su lui. Veramente, gli spiriti delle monadi stavano per discendere ad abitare i nuovi corpi fisici.
Sotto alle acque semiliquide degli oceani, Pasha e Pahcshala, un nuovo Continente è pronto per dare dimora ai veri uomini.

Insegnamento 5: La Razza Lemuriana
Seppellita sotto le acque dell'Oceano Pacifico rimane intatta la terra che un giorno fu gran parte del Continente Lemuriano.
Per maggiore facilità dello studente si applica il nome “Lemuria” al Continente della terza Razza Radicale, perché così fu designato dal geologo Sclater; ma gli antichi testi esoterici lo chiamano Zalmali Patala.
I mostri iperborei, sebbene fossero stati distrutti per gli uragani ed inghiottiti per le correnti oceaniche, non erano periti nella sua totalità. Un gruppo scelto era stato salvato della distruzione per impiantare, nel nuovo Continente, la Razza degli uomini conquistatori della mente.
Come una leggenda o sonno, erano svanite già i giorni di sole e perenne primavera. Le forze ed i centri ignei della Terra avevano cominciato la sua era gloriosa di ebollizione.
Le acque oceaniche, costituite per acqua mischiata con innumerabili elementi chimici, bollivano prodigiosamente per spostare agli elementi chimici in beneficio dei due elementi unici che costituiscono l'acqua attuale.
Una densa e pesante atmosfera, carica di vapori, si era alzato attorno alla Terra; e sebbene c'era luce solare sul pianeta, i raggi del Sole arrivavano filtrati attraverso una spessa cappa di nuvole.
I mostri, gradualmente, si trasformavano in uomini, uomini giganteschi, di pesanti movimenti, che passavano parte della sua vita gettati nel suolo, lottando per alzarsi. Uomini che, come non possedevano la flessione delle ginocchia, quando stavano in piedi dovevano appoggiarsi negli alberi; e quando cominciarono a camminare, non poterono farlo senza l'aiuto di pesanti bastoni.
Il passo degli uomini lemuriani è splendidamente segnato per la sinfonia di Wagner, nel suo “Oro del Reno”, quando i giganti salgono a reclamare agli Dèi il prezzo dell'edificazione del Walhalla.
Il progresso verso la conquista era lento e penoso. La pelle gialla e luminosa che i lemuriani ereditarono degli iperborei si spengeva sempre di più, mentre il corpo si condensava, e la pelle diventava intensamente rossa.
Verso la metà della Razza, i lemuriani smise di procreare per l'uovo, si effettuò la separazione dei sessi e le monadi penetrarono nel corpo dei lemuriani dando il dono della mente.
Ma le monadi non abitavano costantemente in questi corpi fisici, ma entravano ed uscivano a volontà. Quando uscivano dai suoi corpi lavoravano per mezzo delle ghiandole ipofisi ed epifisi, o terzo occhio; e quando stavano dentro di essi, utilizzavano gli occhi fisici, che cominciavano a scorgere le ombre e figure circostanti.
Anche, la sua forma cranica lasciava il cervello completamente aperto, dando a questi uomini, fisicamente, un aspetto caratteristico tale che bene potrebbero chiamarsi “uomini senza testa”.
La separazione dei sessi portò la grandezza ed allo stesso tempo la rovina e la distruzione di questa Razza.
Il fuoco interno della Terra la faceva stridere ed esplodere ovunque. Ogni montagna era un vulcano che continuamente lanciava fuoco e lava. I tipi più avanzati cominciarono a sperimentare il piacere carnale e si unirono coi tipi più arretrati che non erano stati ancora dotati di mente. Questo portò terribile degenerazione.
Dell'unione dei tipi con mente coi tipi senza mente nacquero i mostri predecessori delle specie animali vertebrate, per esempio gli ictiosauri, plesiosauri e dinosauri.
Si prodursi la maledizione della Razza, colla sua distruzione e morte.
Immensi cataclismi e sismi distruggevano gradualmente a Lemuria.
I tre grandi oceani continuavano ad invadere le tre parti del Continente Lemuriano: Zampa, Zampata e Zalmali Patala.
Tuttavia, questa Razza era riuscita grandi vittorie: la separazione dei sessi, la conquista della mente, la formazione di un corpo atto per servire da dimora adeguata agli spiriti, ed il perfezionamento della spina dorsale.
Fu nell'ultima sottorazza dei lemuriani quando Kundalini salì perfettamente dalla base della spina dorsale al cervello. E fu questa sottorazza quella che vinse definitivamente alle razze senza mente o animali, e stabilì tra il regno animale ed il regno umano la barriera insormontabile, dando all'uomo il vero diritto all'Umanità.

Insegnamento 6: Le Tre Prime Sottorazze Lemuriane
Durante la formazione del Continente lemuriano si districò la prima sottorazza, chiamata Za, la quale in tutto era simile all'ultima sottorazza iperborea.
Questi esseri erano quasi sempre cacciati e si riprodursi per la deposizione di uova.
La stabilizzazione dei vasi sanguinei ed il caldo torrido influirono affinché la carne si condensasse e la pelle diventasse opaca.
Abitavano, fa circa sei milioni di anni, l'immenso Continente che gli antichi testi denominano Zalmali che copriva tutta l'Australia, il centro dell'attuale Oceano Pacifico e si estendeva fino a parte dell'Africa, l'Asia meridionale e l'America del Sud.
Era un territorio eccessivamente monotono, di molto scarsa vegetazione; e più avanti si svilupperebbe solo la gigantesca flora lemuriana.
A volte non si distingueva la terra dal mare, perché la terra era un immenso mare di fango che bolliva continuamente.
Le montagne non erano tali, bensì alcune protuberanze che i gas vulcanici formavano da sotto verso l'alto.
Un continuo vapore viscoso saliva di quella massa di terra ed acqua, formando un'atmosfera perenne di nebulosità e pesantezza.
Per il caldo e per le essenze vitali depositate nelle profondità del mare, si formarono gli insetti più vari e multipli; da mostruose amebe fino a stelle di mare, dai più piccoli molluschi fino ai più grandi, erano anche in gestazione durante la prima sottorazza lemuriana.
Ma più caratteristica era la composizione del fango che niente si somigliava al fango attuale, perché era terra mischiata con ferro, il quale diventava alternativamente caldo e freddo per l'azione di determinati elementi chimici che certi gas depositavano in lui.
Nella seconda sottorazza comincia a svilupparsi la gigantesca flora; immense cappe verdi che gradualmente si trasformavano in felci e specialmente in una pianta caratteristica della quale i lemuriani usavano i bastoni che li servivano per mantenersi fermi e che si induriva, non per i suoi elementi interni bensì per il caldo terrestre. Questo si realizzava in una maniera peculiare: sotto la cappa esterna della crosta terrestre esistevano certi giacimenti liquidi di forma sferoidale; le radici di queste piante arrivavano, rimanendo, per così dire, in ammollo.
Questo albero aveva una lontana somiglianza con l'attuale eucalipto, ma era immensamente più grande e le sue foglie avevano un profumo più penetrante di quello del fiore della magnolia.
Mentre anticipava la seconda sottorazza, chiamata Za-ha, si prodursi i primi sismi continentali che dividerebbero alla Lemuria in due grandi parti, oltre alle isole ed isolotti.
Le monadi chiedevano ai suoi corpi affinché si alzassero, stando in piedi; in una parola, lottavano affinché perfezionassero il sistema cervello-spinale. La spina dorsale era già perfetta e dura; tutte le reti nervose erano tese. Solo mancava che la massa encefalica ricevesse il contatto dalle menti delle monadi umane, affinché il meraviglioso organismo funzionasse. I primi sforzi furono vani. L'uomo non poteva stare in piedi finché non manteneva l'uovo della gestazione in sé; ma riuscirono ad appoggiarsi sugli alberi che, si potrebbe dire, erano le case dei lemuriani.
Due punti opachi nelle sue rocche care denotavano la lotta dei figli della mente affinché, una volta preparata la sua dimora, avesse la mente un organo di visione verso fuori. Le continue scosse, i tuoni, i lampi, le eruzioni vulcaniche e le potenti meteore luminose che si alzavano dal fango terrestre, favorivano lo sviluppo della vista.
Durante la terza sottorazza, dopo nuovi movimenti sismici, gli Zami si appoggiarono definitivamente contro gli alberi e non espellevano oramai l'uovo; ancora essendo bisessuali, alcuni di essi perfezionarono la parte femminile e poterono mantenere l'uovo fino all'espulsione del feto.
È in questa sottorazza dove può vedersi ben definito all'uomo lemuriano.
Questa Razza che tanti cambiamenti e metamorfosi soffrì, fu quella che ebbe la fortuna di trasformarsi da animale in umano.
Immagini lo studente un uomo di 2,80 metri di statura ma male proporzionato. Un corpo immenso sostenuto per gambe relativamente corte, con immensi piedi semirotondi, piani e di corti dita.
Una razza ora completamente scomparsa, discendente dei lemuriani, i patagoni dell'America, descritti per i compagni di Magellano, era un resto tipico dell'antica Lemuria.
Le braccia degli Zami erano molto lunghe, arrivavano quasi fino ai piedi; ed erano indispensabili per mantenersi eretti.
La testa era molto piccola in relazione alle grandi mandibole, le ampie orecchie ed il largo e schiacciato naso.
Gli occhi non erano più che due punti morti, in preparazione di futuro sviluppo. La fronte era di un dito di alto ed il cranio era completamente aperto. Strisce di pelle ricoperta di peluria lo difendevano, senza occultarlo.
La pelle, che come si è detto era diventata compatta e dura per l'azione dominante della circolazione del sangue e per il caldo torrido dell'atmosfera, nella nascita era specialmente rossa come quella di un gambero lesso; dopo, per l'azione del tempo e della sporcizia, diventava nerastra.

Insegnamento 7: Quarta e Quinta Sottorazze Lemuriane
Per il ciclo di angeli fatti uomini aveva suonato l'ora solenne. Le scosse sempre di più convulsive del pianeta e la luce solare che si filtrava attraverso la spessa cappa di nuvole, si riflettevano come una gran aurora polare sulla rossiccia terra, indicando che qualche fatto straordinario stava per accadere.
Il fuoco nelle viscere della terra ruggiva spaventosamente, cercando dappertutto uscite e purificava tutto, come l’oro in un crogiolo.
Al di sopra dell'oscura atmosfera terrestre, la bella Venere si era confrontata con Marte il poderoso e, riflettendosi i due astri reciprocamente nelle sue luci, li rovesciavano sulla Terra, beneficandola colla sua congiunzione.
Migliaia e migliaia di esseri appartenenti alla Milizia dell'Umanità sono uscite dalla sua estasi per guardare il gran avvenimento.
Le monadi che evolsero nella Ronda Lunare e che hanno lottato attraverso tanti secoli per costruirsi una casa fisica, l'hanno già finita e possono penetrare.
Lentamente i mostri rossi fatti uomini, gli uomini della quarta sottorazza Za-Mo abbandonano i suoi alberi e si affrettano, barcollanti, sostenuti per i suoi grossi bastoni, per i pantani di Moo; e sebbene le monadi possano entrare ed uscire a volontà dalle sue nuove dimore, sono mantenute in esse ogni volta per più tempo.
Un'altra volta dove essi crederono trovare il bicchiere pieno del liquore di morte e materialità che tanto avevano temuto, trovarono il bicchiere pieno del balsamo della dimenticanza e dell'amore.
Kundalini, la dea della forza vitale, ha dato il dono di manifestare le sue forze interne verso la cosa esterna;  ma esige in pagamento la moneta della sofferenza, del piacere e della morte. Per quel motivo, gradualmente, si vanno separando i sessi, e con ciò, una febbre di piacere e di sensualità scuote le carni dei novelli uomini.
Dimenticano, a poco a poco, le dimore divine ed i poteri intuitivi che possedevano prima a discrezione, per desiderare unicamente il piacere della carne.
È una febbre di accoppiamento quello che li invade; ed il nuovo piacere porta con sé il nuovo frutto: la procreazione per il concorso di due esseri di sesso opposto.
Ma le monadi non sono entrate in tutti i corpi lemuriani; unicamente hanno scelto i più atti. Quelli che non sono atti, abbandonati alla sua fortuna, decrescono rapidamente in comprensione ed aspetto fisico.
Durante la quinta sottorazza, chiamata Za-Moo, c'è già una straordinaria differenza tra il lemuriano con mente ed il lemuriano senza mente. I Maestri, guide dell'Umanità, istruiscono ai lemuriani durante i suoi sonni.
Unicamente avevano diritto a procreare con femmine con mente: “Se mangiate il frutto dell'albero proibito, ed accoppiate colle femmine delle razze degenerate, morrete, perderete il frutto della vostra razza, perché sarete genitori di mostri e non di esseri umani”.
Ma le femmine senza mente tentarono ai lemuriani mentre le donne di questi erano in gestazione; la maledizione si pronunciò su essi e le monadi che aspettavano il suo turno per abitare tra gli uomini ricusarono prendere quelle dimore semiumane.
Di quell'unione maledetta, di uomini con mente e donne senza mente, nacque gli immensi mostri lemuriani: il plesiosauro, o serpente marino; l'ittiosauro ed il dinosauro, immenso mostro volatore, il più mite, che più avanti servirebbe di cavalcatura ai lemuriani.
Qui nasce la scala zoologica che arriva fino al giorno di oggi.
 

Insegnamento 8: Sesta e Settima Sottorazze Lemuriane
La sesta sottorazza lemuriana che si chiamò Mo-Za-Moo, cominciò colla terribile lotta tra gli uomini ed i mostri. Questi ultimi dominavano nella parte occidentale del Continente e, strisciando, volando o nuotando, invadevano periodicamente il Continente centrale, distruggendo a migliaia di lemuriani.
La paura delle invasioni dei mostri rinvigorì più il sistema nervoso lemuriano ed i terribili scontri prodotti nell'organismo per la paura, sistematizzarono definitivamente la circolazione del sangue, chiudendo sempre per il forame di Botale, quello che fino allora la natura umana non aveva potuto riuscire, e che dalla Razza Iperborea si sforzava per normalizzare.
Gli occhi incominciarono a scorgere luci e figure, quello che contribuì all'unione tra i lemuriani per la comune difesa. Tuttavia, niente avrebbe potuto solo contro i mostri; ma alte entità spirituali incarnarono tra essi per servirli da guida e portarli alla vittoria.
La difesa ed aggressione ai mostri si effettuò così:
Su un'ampia fronte si allineava una fila di maschi; oltre a questa una di femmine; quindi un'altra di maschi, un'altra di femmine, e così via. Gli uomini andavano armati dei suoi pesanti bastoni e le donne portavano sulle spalle un sacco di fibra vegetale nel quale portavano i bambini ed i frutti alimentari.
Guidati per i Divini Istruttori si mettevano in moto. Man mano che avanzavano, il cadenzato movimento di suo pesante camminare produceva una vibrazione che spaventava e disorientava i mostri, aprendo, davanti all'avanguardia, immense crepe nella terra, nelle quali affondavano i mostri, anche semicechi. Quelli che riuscivano a sgomberare la trincera erano ammazzati a colpi di bastone.
Anno dietro anno effettuarono i lemuriani queste marce fino a che riuscirono una definitiva vittoria sui mostri; e solamente rimasero i più degenerati o tipi di bestia.
Nell'estremo occidentale si formò un'immensa isola circondata per un gran abisso, chiamata Terra Sacra o Moo-Za-Moo, nella quale si stabilì il tipo di lemuriano più scelto. Questa sarebbe la culla più avanzata delle sottorazze, la quale darebbe il suo nome alla terra.
La settima sottorazza, Moo-Za-Moo, vide agli uomini lemuriani, già padroni della sua mente istintiva, con un sistema nervoso ben equilibrato, con una perfetta circolazione del sangue, fare grandi progressi dentro le sue nuove vite sperimentali.
I movimenti sismici successi in quegli ultimi tempi avevano trasportato e concentrato la vita lemuriana verso l'ovest, sebbene ci fossero altre isole di molta importanza, dove emigrarono i lemuriani stabilendo progressiste colonie.
L'acqua oceanica, sebbene effervescente ed in continua ebollizione, colla stessa composizione chimica che l'attuale, si spartiva in tre grandi oceani.
Nelle menzionate isole, e specialmente nell'Isola Sacra di Moo-Za-Moo, fu dove si alzarono le grandi città di granito, specie di grandi volte dominate per monoliti.
Questi monoliti, all'inizio, prima di trasformarsi in dèi succedè come durante la quarta sottorazza atlantiana, erano orologi; i lemuriani mettevano un'immensa pietra faccetata che si manteneva in equilibrio sulla punta del monolito e segnava colle sue oscillazioni e movimenti i cambiamenti di ora, i movimenti atmosferici e le eruzioni dei vulcani; queste costituivano il gran pericolo delle città lemuriane.
La donna lemuriana viveva nel grande stabilimento (volte di granito), curando i bambini della collettività e preparando l'alimento.
I lemuriani erano assolutamente vegetariani: dalle pigne degli immensi alberi estraevano la parte farinosa sostanziale e la battevano in mortai formando grandi torte che cucinavano ai raggi del sole che si filtravano tra le nuvole.
C'era un'ora del giorno in cui appariva il sole e quell'ora era attesa per cucinare gli alimenti, per la pulizia personale e per la comunicazione intuitiva col mondo spirituale di dove venivano. Potrebbe chiamarsi l'ora dell'alimento materiale e dell'alimento spirituale.
Le strade ed i tetti delle sue grandi volte erano coperti di un fango speciale, il fango dei pantani della terra di Moo che tanti elementi chimici conteneva; mischiato con acqua e posto al sole si induriva straordinariamente, prendendo un colore giallognolo, di oricalco. Di questo materiale erano fatte le strade, i sentieri ed i tetti delle città lemuriane.
Nel centro dell'isola avevano un'immensa ruota di granito che, mulino a vento, si muoveva come ritmicamente; era unta con una sostanza chimica che potrebbe chiamarsi radioattiva; poteva, di notte, illuminare l'isola senza un'altra illuminazione.
L'uomo lemuriano si dedicava alla caccia, armato del suo poderoso bastone ed accompagnato dal suo alato dinosauro; percorreva grandi distanze guidato per il suo segreto senso di orientazione, ammazzando gli animali selvaggi e dannosi ed addomesticando i dinosauri. Ma non mangiava la sua carne; si limitava a estrarli i cuoi che, dopo di gonfiati, servivano da decorazione per le sue città.
Si dedicavano anche alla scultura; ma quelli che facevano questo erano considerati esseri privilegiati, sacerdotali. Questi sono gli autori dei monoliti e delle statue delle quali rimane un'immagine, come reliquia, nell'isola di Pasqua.
All'inizio della Razza, i lemuriani creavano sue dimore fisiche per il risultato della coscienza in sé, operando sulla volontà fenomenica; ma nell’ultimo periodo procreavano normalmente, per la volontà maschile, operando sulla coscienza femminile.
Ma, giorno dietro giorno, anno dietro anno, generazione dietro generazione, i vulcani ululavano, vomitando lava; lava lenta, continua, implacabile che a poco a poco devastava e distruggeva tutto il Continente lemuriano. Fino a che le misericordiose acque lo coprirono, spegnendo il fuoco.

Insegnamento 9: L'Epoca Glaciale Miocenica
Dopo la distruzione di Lemuria le acque degli oceani dominarono quasi interamente il globo, perché il nuovo Continente che darebbe rifugio alla Razza Atlantiana, sorgeva lentamente dai mari, dando l'impressione di immensi laghi; era destino di questa nuova terra essere in gestazione sotto i ghiacci.
Fu allora che la gran rarefazione atmosferica produsse sul globo un'epoca glaciale. Uno immenso cinturone di ghiaccio circondava a tutta l'Atlantide, dando l'impressione che la vita era sparita completamente sul mondo.
Molto tempo dopo di questo, 850.000 anni fa, durante la sottorazza dei toltechi atlantiani, ci fu un'altra epoca glaciale, ma di minore intensità.
Tuttavia, durante la prima delle epoche glaciali menzionate, rimase intatta parte dell'isola di Moo-Za-Moo, protetta per immense montagne di neve che la difendevano di uragani e tempeste.
Non era oramai quell'isola fiorente e bella, ultimo baluardo dell'antica Razza Lemuriana, bensì si comporsi di grandi rocce e grotte, dove vivevano i conservatori del genere umano, i figli di Yoga, o volontà.
Speravano lì quale Noè, generazione dietro generazione, che passasse il diluvio di ghiaccio per potere intraprendere viaggio verso le nuove terre promesse.
Terminando questa epoca glaciale, Saturno, l'oscuro pianeta della sofferenza, stette in congiunzione colla Luna, la pallida madre della Terra, come simbolo della nuova Razza che stava per venire; i componenti di questa Razza sarebbero chiamati figli di Dio e figli di Satana, gli uomini bianchi che diventarono neri per il peccato.
Quando cominciò il disgelo, promosso per le calorie che dal centro della Terra salivano alla sua superficie, dopo grandi inondazioni, i resti dell'ultima sottorazza lemuriana che si erano modificati straordinariamente in quello lasso di tempo, si dispargerono su quattro punti principali del globo, guidati per i Grandi Iniziati della Razza, per fondare la nuova Razza in quattro luoghi distinti della terra atlantiana.
Il caldo che aumentava sempre di più, continuava a disseccare lentamente le terre del nuovo Continente, avvolgendo tutto il panorama con nuvole spesse e dense nebbie.
La vegetazione risvegliò dal suo sonno e la semente, che aveva dormito sotto i ghiacci, ritornò alla vita.
Tutta la terra vibrò con un'emozione nuova, disposta a servire al nuovo uomo, all'uomo gigante, all'uomo di tre occhi.

Insegnamento 10: La Razza Atlantiana
Durante l'epoca atlantiana ci furono due grandi periodi glaciali; a questi seguirono altri minori che duravano un anno saturniano, 30 anni. Questa era una reazione logica a periodi di gran caldo terrestre.
Tejas, l'elemento del fuoco, dominava sulla Terra con grandi caldi ed intensi freddi; e faceva sentire la sua influenza nel corpo umano facendo salire la fiamma di Kundalini dalla Chakra fondamentale al cervello.
Il Continente atlantiano si estendeva dall'Islanda fino al Brasile e da Texas e Labrador fino all'Africa. Ma continui disgeli, nei periodi di intensi caldi, provocavano diluvio dietro diluvio, inondazione dietro inondazione. L'influenza di Tejas sulla Terra portò quella di Apas, l'elemento dell'acqua.
Durante l'epoca atlantiana ci furono quattro grandi diluvi:
Il primo si prodursi in epoca non precisata.
Il secondo succedè 850.000 anni fa e provocò lo sprofondamento di tutta la parte settentrionale di Atlantide.
Il terzo diluvio si prodursi 220.000 anni fa e divise l'Atlantide in due Continenti, chiamati Ruta e Diatya.
Il quarto ed ultimo, succedè 87.000 anni fa, ed affondò completamente al Continente, lasciando, come ultimo resto, una meseta su una montagna di Ruta, chiamata isola di Poseidone e descrita da Platone nel Timeo.
L'atlantiano era già un uomo perfetto.
Sebbene camminasse eretto, per la stessa ragione dava l'impressione d’inclinarsi in avanti;  la sua carnagione era di colore rosso oscuro.
Questi esseri non conobbero religione umana, né fallica, bensì adoravano a Dio in Spirito e Verità; o erano grandi chimici e conoscitori dei poteri terrestri, chiamati magoon, dei quali discenderebbero i maghi neri.
La sua vita quotidiana si divideva in due tappe: durante il giorno vita materiale e durante la notte vita spirituale; nel sonno si staccavano rapidamente dalle involture fisiche e penetravano nel mondo astrale per ascoltare la voce e gli insegnamenti dei Grandi Maestri.
Ma gradualmente furono perdendo questo dono perché la sua missione era quella di addentrarsi nella conoscenza della materia.
Di questo tipo furono le tre prime sottorazze: Rmoahall, Tlavatli e Toltechi.
La quarta sottorazza, Turanica, ancora più umana, fu di colore giallo.
A questa seguirono la Semita, e l'Accadia, di carnagione bianca;  di queste sorgerebbe la quinta Razza Radicale, l'Aria.
La settima sottorazza, Mongola, fu di colore giallo e semenzaio di degenerazione e decadenza.
Sebbene nei primi tempi gli atlantiani, per mezzo del suo terzo occhio o ghiandola pineale sviluppata, poterono vedere il potere di Dio a viso a viso, gradualmente furono perdendo questi doni spirituali.
Questi Figli di Dio furono precipitati nella profondità della materia, trasformandosi in figli di Satana.
L'elemento Apas che ebbe un ruolo preponderante durante lo svolgimento di questa Razza, apportò all'Umanità il dono di una perfetta porosità della pelle, facendo al corpo fisico atto per sopportare la lotta con tutti gli elementi e temperature e disporlo con suoi mezzi per la conquista della Terra e della vita durante la quinta Razza;  e per conquistare alla bella dea Prithivi che sperava, dormita, al suo Dio redentore.

Insegnamento 11: I Rmoahall
I lemuriani, sebbene vivessero intuitivamente e semi separati dai suoi corpi fisici, avevano una vita materiale puramente istintiva.
Il cervello umano era una massa divina messa a disposizione dell'uomo, sulla quale doveva continuare a registrare a poco a poco. I fili dell'istinto li aveva tracciati già; all'uomo atlantiano gli corrispondeva delineare la periferia del cervello razionale.
Gli esseri della prima sottorazza atlantiana, i rmoahall, non avevano ragione, governandosi quasi esclusivamente per l'istinto. Erano uomini erculei, di buona taglia, di fronte sfuggente, e di carnagione colore rosso oscuro.
Si procrearono in gran numero e la sua crescita era molto rapida.
Abitavano nei grandi isole atlantiane nelle quali, dopo un periodo glaciale, c’era un caldo molto intenso.
Non vivevano oramai nelle rocce come i lemuriani bensì nei tronchi di giganteschi alberi o bassi tetti che loro stessi costruivano, circondati di palizzate.
Come non dominavano ancora il linguaggio, emettevano suoni gutturali che avevano influenza su sue sottocoscienze svegliando i diversi istinti. Il grido “rrr-mo-hall”, che simbolizzava l'idea di “morte agli abitanti di Mo”, esaltava il suo ardore guerriero, spingendoli alla lotta. Combattevano freneticamente, fino alla distruzione; ma passato il furore, perdevano il ricordo di quello successo, ritornando al suo stato abituale.
L'acqua era il suo elemento; in lei passavano molte ore del giorno. Erano eccellenti nuotatori, e ritenendo l'alito sviluppavano la porosità dalla pelle.
Svilupparono anche la vescica e gli organi genitali. Gli elementi costitutivi dell'orina erano più rapidamente eliminati del sangue e filtravano per mezzo delle reni, riuscendo così maggiore perfezione fisica.
Dedicavano interamente i suoi giorni alla caccia. A loro piacque dominare i mostri che pullulavano nelle sue regioni; e sebbene non mangiavano la carne degli animali, bevevano il suo sangue ancora caldo.
La base della sua alimentazione la costituiva la carne di pesce; e come avevano poco sviluppato l'olfatto, lasciavano che la carne di pesce si scomponesse prima di mangiarla. Mangiavano anche, con gusto, i suoi escrementi; quelli dei bambini si davano ai malati come rimedio.
La calda, chiusa e densa atmosfera, scaricava continui temporali, che potrebbero chiamarsi temporali silenziosi, perché l'elettricità, in globi di fuoco, saltava o scivolava per le falde delle montagne fino a sparire nell'acqua. Amavano osservare quegli immensi globi elettrici; e notarono che potevano, osservandoli, attrarli o respingerli. Di qui nacque quella scienza atlantiana che dominò ai fenomeni naturali caratteristici del suo tempo e li servì per fondare le terribili scuole di magia nera che porterebbero la sua distruzione.
In quello tempo il paesaggio atlantiano era notevolmente abbellito ed aveva dilatato il suo orizzonte: immense cordigliere, alte montagne, laghi e più laghi, infinità di fiumi e torrenti, tutti di colore rosso opaco per effetto del caldo dei raggi infrarossi che erano predominanti per le dense nuvole che coprivano tutto il Continente.
Il gran caldo della terra faceva sorgere un’acqua molto più pura e cristallina dell'attuale. Ella costituiva, quasi esclusivamente, la terapia dei rmoahall.
Durante il sonno che durava dieci, dodici ed ancora quattordici ore, vagavano per i piani astrali con totale facilità, riunendosi coi Guide della sua Razza e ricevendo le sue istruzioni.
Era notevole in questi atlantiani che non avevano in assoluto paura della morte; in realtà, non avevano idea di quello che era perché, il passare di un'incarnazione ad un'altra non era, per essi, bensì un sonno più prolungato dell'abituale.
Gli esseri di questa sottorazza masticavano, quasi di continuo, la foglia di un albero ora sconosciuto, chiamato Somihshal, che dava loro un vigore straordinario. Quando smettevano di masticarla, dormivano quasi continuamente.
Questa sottorazza era cresciuta titanicamente per essere stabile e come era il fondamento del Razza Atlantiana quello che gli dava la sua caratteristica, doveva sparire totalmente alla prima spinta da altre razze più giovani che continuavano già ad apparire nel nord del Continente: i tlavatli.

Insegnamento 12: I Tlavatli ed i Toltechi
Tra la aspra e desolata cordigliera atlantiana sorgeva una razza poderosa.
Sommessi al rigore di un inverno saturniano, privi di tutto, dovendo lottare contro gli elementari e contro i mostri antidiluviani, i tlavatli crebbe in forza, tenacia, agilità e resistenza.
Come un sonno irrealizzabile si estendevano davanti ad essi le pianure, piene di boschi, di fiumi, di pantani e di uomini a chi desideravano soggiogare; e questo desiderio, trasmesso di una generazione ad un'altra, diventando ancestrale, sviluppò la memoria in fiore dagli atlantiani.
Dopo un rigoroso inverno, quando il caldo riempì di nuovo l'atmosfera di fumo, vapori e nebbie terrestri, i forti tlavatli discendono ripetute volte alla pianura, sterminando completamente in circa trecento anni, ai rmoahall, impadronendosi delle sue terre e delle sue dimore.
Tuttavia, la memoria dei tlavatli non era perfetta; mescolavano il ricordo della vita attuale con quello delle vite passate, confondendoli, di tale maniera che non potevano precisare quale era la realtà della sua vita presente e quale la realtà delle vite passate.
Il don divino e sacro di dimenticare tutto il passato per potere dedicarsi al giorno di una sola vita era riservato agli ariani.
Con tutto, questa confusa memoria conservò, in un certo modo, il ricordo dei fatti valorosi ed eroici dei predecessori, e fu motivo di una specie di culto agli antenati.
Anche, la memoria diedi all'uomo la coscienza di quello che egli valeva e di come distinguersi degli altri, riempiendo all’uomo di un'immensa ambizione che freneticamente lo spingeva alla conquista. Per quel motivo i tlavatli ebbero abitudini guerriere, capi in combattimenti e guide nelle abitudini di famiglia.
Al contrario della prima razza atlantiana che sparì velocemente, quella dei tlavatli conservò i suoi discendenti fino al fine della Razza Radicale; e sebbene fu successivamente vinta per i nuovi atlantiani e si andò trasformando ed annerendo sempre di più la sua rossiccia pelle, mantenne il suo dominio, per infinità di secoli, nelle montagne del nordovest di Atlantide.
Nel centro di Atlantide, una nuova sottorazza atlantiana fioriva gradualmente: i toltechi.
Erano uomini di alta statura, elegante taglia, forme armoniche; la sua pelle si chiariva, con un bello colore bronzo dorato.
Padroni già della memoria ricordavano anche le sue vite passate.
Conoscitori intuitivi dei poteri della Natura e chiaroveggenti per eredità, i toltechi fondarono le nazioni più poderose e durature viste per la Terra.
Furono i primi a praticare l'adorazione ed il Culto Divino in forma regolare e metodica.
Sostituirono le grotte e palizzate di legno dei suoi antenati con begli edifici incoronati di capitelli e sostenuti per infinità di colonne. Edificavano con oricalco che era un miscuglio di oro, bronzo ed una polverina vulcanica, oggi completamente sconosciuto; con questo miscuglio facevano una specie di grandi blocchi radianti.
Il Tempio era edificato nella città massima ed aveva un'altezza sorprendente, dominato per una cupola che rappresentava il disco solare che fece meritare alla capitale tolteca il titolo di “Città delle Porte d’Oro”.
Nel centro del Tempio si trovava la colonna sulla quale erano scolpite le leggi della Guida Spirituale di essi, con una scrittura simbolica formata di immagini, figure e grafici.
Il re non era erede di determinata corrente di sangue, bensì erede spirituale del re morto.
Tra tutti gli aspiranti al Sacerdozio Iniziatico, il più saggio era scelto per assistere al re ed imparare di lui gli insegnamenti che gli farebbero atto per il governo. Se dimostrava non essere atto, era restituito subito alla Scuola Sacerdotale ed un altro occupava il suo posto.
I toltechi solo avevano Leggi Divine, perché le leggi sociali erano dettate, solo in determinate occasioni, per i Re Iniziati. Quando questi giudicavano, ordinavano o dettavano leggi, lo facevano dopo una notte scorsa nel Tempio, dediti al sonno mistico.
Col passo del tempo il suo potere chiaroveggente stava indebolendosi ed allora, per entrare in quello stato mistico, bevevano determinato beveraggio, che metteva loro nelle condizioni nervose adeguate per la chiaroveggenza.
Tra le diverse nazioni tolteche non ci erano mai guerre, perché i re stavano confederati tra sé; ma combattevano continuamente per difendersi dalle orde selvagge delle montagne;  per la lotta non usavano uomini bensì esplosivi che lanciavano con poderose macchine a lunga distanza.
Più notevole in questo popolo era il suo metodo di irrigazione. Riempiendo un vuoto con acqua della montagna formavano un immenso lago sulla città; e per un metodo inspiegabile questa acqua discendeva dalla montagna per tre canali, di tale maniera che non avevano mai inondazioni; questi canali circondavano la città, servendolo da decorazione e difesa. Per un altro cammino, le acque si ritornavano al lago per la sua purificazione, assorbite per secreti condotti di aspirazione.
I toltechi furono grandi meccanici; avevano imbarcazioni ed aeronavi, immense imbarcazioni che solcavano al mare e le arie.
Tutto questo progresso fu lento; ma i suoi frutti sparirono dopo quasi completamente, non per guerre o per distruzione, bensì per il periodo glaciale che sopravvenne.

Insegnamento 13: Quarta e Quinta Sottorazze Atlantiane
Come un nemico mortale, 850.000 anni fa un cinturone di ghiaccio circondava la terra, distruggendo ogni vestigio di vita.
La grandezza dei Toltechi, la Città delle Porte d’Oro, i ricordi di una superba civiltà, erano stati trascinati per le acque alle profondità degli oceani o seppelliti sotto cappe di neve. I pochi gruppi umani, che poterono sopravvivere a tanto spaventoso cataclisma, emigrarono.
Nella regione che abbraccia attualmente dal Perù fino al Messico, alte montagne avevano formato come un'oasi, dove poterono sussistere alcuni piccoli gruppi umani, progenitori della sottorazza Turanica. Altri erano emigrati verso il nordest.
Mentre il caldo terrestre continuava a ritornare dal centro verso la superficie, diventando ad una seminormalità, in quelle enormi montagne, in quelle grandiose steppe di neve, si formava un popolo forte e feroce, che doveva lottare per sussistere e che possedeva istinti feroci: la quarta sottorazza atlantiana dei turanici.
Fu il popolo che impiantò la guerra propriamente detta.
Guerreggiava contro i piccoli gruppi di toltechi sopravvissuti, rifugiati in questa oasi; guerreggiavano tra sé, frustandosi continuamente.
Si moltiplicarono a milioni e si espansero a poco a poco per tutto il Continente, ingrandendosi, dominando ed impiantando la legge del più forte.
La vanità e la sete di conquista oscurarono la sua chiara visione astrale che avevano ereditato dei toltechi, ed unicamente desiderarono la visione onirica, per scorgere il posto dove spiava il nemico, per meglio distruggerlo.
Furono i genitori della magia nera e fortificarono di tale modo la sua maligna volontà che possedevano apparati elettrici, di gran potenziale, che ammazzavano a gran distanza.
Erano di carnagione oscura, di alta statura e feroce aspetto; camminavano pesantemente, a salti, per l'abitudine di scalare montagne. Avevano braccia smisurate che a volte arrivavano più sotto alle ginocchia e che li servivano da armi quando queste mancavano.
Guerreggiavano coi nascenti semiti e, sebbene eventualmente siano stati vinti per questi, non furono mai distrutti ma rimasero tra i suoi vincitori come una razza separata, chiamata Razza Nera.
I toltechi che, col diluvio, erano emigrati verso la terra temperata, ad una latitudine da 50° a 60° Nord, furono origine dei semiti, mentre continuava a finire il periodo miocene. Nella terra atlantiana di Kalpashal, attualmente Irlanda, Scozia, Inghilterra e Canale della Manica, continuava a nascere una razza distinta nelle sue principali caratteristiche alla Razza Madre. La razza dei semiti atlantiani, sebbene di gran statura, era più piccola comparata con altre razze.
Per moltissimi secoli questa razza rimase in stato semiselvaggio, guerreggiando tra sé.
Come di questo tipo di ani, di carnagione pallida e con tendenza a camminare in maniera distinta, dovevano discendere futuri ariani, la permanenza di questa sottorazza sul Continente fu la più duratura, perché furono vinti definitivamente per gli accadi solo 150.000 anni fa.
Mentre la civiltà dei semiti atlantiani aveva lunga infanzia, i turanici arrivarono all'apogeo della sua civiltà guerriera. Fino a che i semiti non impararono a guerreggiare, furono vinti per i turanici; ma dopo impararono tanto bene che trionfarono su essi.
I turanici non si confederarono tra sé, come i toltechi, bensì avevano divisioni territoriali che stavano in costante lotta.
In questo tempo è quando si definiscono i due tipi dell'uomo atlantiano: quelli sorti dalle prime quattro sottorazza, di carnagione nera, e quelli che sorgono dalla quinta sottorazza, semita, di carnagione bianca.
 220.000 anni fa sopravvenne la terza distruzione atlantiana che separò al Continente in due grandi isole: Ruta e Daitya.
Allora incominciò la decadenza dei semiti.

Insegnamento 14: Le Due Ultime Sottorazze Atlantiane
La nuova sottorazza degli accadi era totalmente sorta nella riva orientale dell'attuale Oceano Atlantico. Crescevano lentamente mentre i semiti litigavano coi suoi mortali nemici, i turanici, chiamati i Rakshasha nel Ramayana.
Gli accadi vivevano in vaste pianure, formando un tipo di atlantiani bianchi, ma molto più corpulenti dei semiti.
 Nella sua infanzia, gli accadi videro la distruzione di una parte dell'Atlantide, circa 220.000 anni fa; e furono un popolo, forse il primo il che potrebbe chiamarsi marino.
Popoli interi vivevano su immense zattere, costruite con un materiale che si fortificava al contatto con l'acqua. A volte queste zattere erano tanto grandi che costruivano due o tre case su essi; e poteva passare di una ad un'altra per ponti tessuti con fibre vegetali di gran resistenza.
La pesca era l'arte ed il maggiore prodotto di questi popoli;  ed arrivarono ad avere, in epoche di prosperità e civilizzazione, città marine edificate su zattere, e poderose flotte.
Ma man mano che continuavano a crescere in potere cominciarono ad essere frustati dai semiti ed ebbero una guerra millenaria, con alternative di vittorie e di sconfitte, fino a che gli accadi vinse definitivamente ai semiti, distruggendoli nella sua maggiore parte, circa 150.000 anni fa.
Mentre il Continente atlanttiano si affondava e trasformava continuamente altre terre continuavano a sorgere dall'Oceano ed i semiti avevano depositato già, in certe tribù, il seme della Razza Radicale Ariana. Per questo motivo, la sottorazza mongola, l'ultima del Razza Atlantiana, abitò quasi nella sua totalità le terre di nuovo Continente.
Era una razza cresciuta nell'Asia attuale che sviluppò il suo potere attorno al Lago Salato degli Dèi, attuale deserto del Gobi, e che si dedicò specialmente al commercio, all'agricoltura e le guerriglie. Fu il primo popolo agricolo.
In questo tempo la Razza Atlantiana stava già in sorprendente decadenza. I giganti avevano perso statura, forza, agilità ed energia. E come se la razza volesse fare un esame retrospettivo, stampò nei mongoli una certa somiglianza colle fattezze dei lemuriani.
Inoltre, la sua pelle era giallognola ed i suoi occhi piccoli e panoramici, come si nota nei suoi discendenti attuali: malesi, cinesi e giapponesi.
Il gran Continente atlantiano era sparito completamente circa 85.000 anni fa, ed aveva trascinato con sé, al fondo dell'oceano, tutti i suoi ricordi, colla sola eccezione dell'isola di Poseidone.
Ma gli uomini atlantiani resistevano alla sua distruzione. La decadente Razza che ricordava le sue grandezze passate, cercava di incoraggiare i suoi flaccidi corpi coi resti delle poderose correnti mistiche che i suoi nonni avevano maneggiato.
Tuttavia, la Gran Opera doveva realizzarsi. Gli atlantiani dovevano lasciare luogo ai padroni del nuovo Continente.
Per questo motivo, l'ultima tribù atlantiana fu definitivamente vinto nella Gran Lotta dei Mille Cinquecento Anni.

Insegnamento 15: La Lotta dei Mille Cinquecento Anni
Gli atlantiani persero tutto il suo potere verso l'anno 23.927 prima di Gesù Cristo; e si può dire che allora la nuova Razza Ariana dominava definitivamente al mondo.
Ma una colonia di atlantiani si era salvata nell'isola di Atala e da lì progettava di tornare a conquistare il mondo.
Fondarono la poderosa scuola dei magoon; e come possedevano i segreti dell'antica magia, furono selezionando tra essi ai più dotati per prepararli a che fossero atti nell'ora della distruzione.
Costruirono uomini di ferro animati con elementari;
questi uomini di ferro ubbidivano ciecamente a tutti i suoi mandati.
Per secoli lavorarono affannosamente, costruirono proiettili caricati di elettricità, aeronavi poderose ed ogni tipo di acidi corrosivi e distruttivi.
Come conoscevano i 192 elementi chimici fondamentali, avevano scoperto un fluido per diventare invisibili.
Quando furono perfettamente preparati ed erano pronti per la distruzione del mondo, si prepararono ad andare sulla terra di Abelton, attuale Africa. E cominciò la lotta chiamata dei mille cinquecento anni.
Lottarono i maghi neri contro gli uomini bianchi e gli ariani furono feriti di morte. Sebbene questi si difendessero valorosamente, perirono milioni di essi davanti ai mostri di ferro che, guidati per i maghi neri, sembravano invincibili.
Dicevano gli atlantiani: “Conquisteremo nuovamente la Terra e prenderemo le donne degli uomini bianchi che tanto abbiamo bramato; formeremo una razza bella, una razza carina come le donne che prenderemo ed avrà la nostra saggezza ed il nostro potere”.
Ma, in quello tempo incarnò un gran numero di Iniziati tra gli ariani per prepararli alla vittoria. Settecento Iniziati del Fuoco reincarnarono congiuntamente disposti alla lotta. Ma, nonostante tutto questo, gli atlantiani continuavano a guadagnare terreno, fino a che la Natura venne in aiuto degli uomini che dovevano popolare la terra nuova.
Quando finisce un anno siderale, l'asse della Terra cambia posizione; e questo accadde allora.
Per quaranta giorni piove acqua e fuoco dal cielo; e piove fino a che quasi tutta la terra rimase sommersa sotto le acque.
Quando ritornò la pace e gli atlantiani vollero seguire il suo cammino, non potevano camminare e cadevano perché avevano distorto il suo centro cerebrale di equilibrio.
Gli ariani, invece, come avevano i suoi cervelli disposti per le nuove metamorfosi terrestri, furono beneficati per questo cambiamento.
Tolto il potere degli elementari agli uomini di ferro per gli Iniziati Ariani, gli atlantiani non avevano oramai salvazione.
Il diluvio si era divorato ad Atala, la terra del peccato; ed al termine di questa lotta di mille cinquecento anni, gli ariani dominavano nella Terra.
Gli Iniziati si ritirarono e fondarono colonie di studenti su sette parti del globo.
La prima, nell'isola di Poseidone, reliquia del Continente atlantiano, sparita 11.000 anni fa.
La seconda si stabilì nel “Tetto del Mondo”, Tankaton, attuale massiccio del Tibet.
La terza, sulle rive d'un lago, dove oggi si trova il deserto del Gobi.
Il quarto, tra le rocce del popolo di Abelton, nelle vicinanze dell'isola del Madagascar.
La leva, nella terra di Arantua, attuali catene montuose di San Luis, Argentina.
La sesta, in terra di Miahenthar, attuale Cannone del Colorado.
E la settima, nelle attuali montagne della Scozia.

Insegnamento 16: Dati Addizionali
Comincia una Razza Radicale, non si sviluppa in un solo luogo, bensì sorgono sette gruppi di detta Razza, in sette distinte parti del Globo.
Così succede sempre, dalla prima Razza Radicale.
Ogni Razza Radicale ha sette sottorazze ed ogni sottorazza ha sette sottorazze di famiglia;  ogni sottorazza di famiglia ha sette sottorazze di gruppo.
Nella Ronda attuale, l'uomo precede a tutti gli animali e fu anche così nel nostro Globo, perché le ombre uraniane precederono ai mostri. Queste ombre, nella Ronda Lunare, avevano dato già nascita ai suoi corpi astrali. Non può avere mai un corpo fisico che nasca prima che il corpo astrale.
L'evoluzione della vita è lenta, e nel nostro sistema solare cominciò 1.955.884.741 anni fa;  e gli esseri cominciarono a formare i suoi corpi astrali 301.000.000 di anni fa.
Ma l'evoluzione umana data solo 18.618.769 anni.
La prima Razza Radicale durò 7.000.000 di anni e non aveva linguaggio.
La seconda Razza Radicale durò 6.000.000 di anni. Sebbene non avesse linguaggio, tutto il suo corpo aveva una sensazione che emetteva un insieme di suoni.
La terza Razza Radicale durò 3.000.000 di anni e si cominciarono a conoscere le grida monosillabiche. Alla fine di questa Razza si parlava una specie di lingua di grida mischiate con consonanti aspirate.
La quarta Razza Radicale durò 2.500.000 anni. Si parlava una lingua agglutinante; ed i toltechi conobbero già una lingua con flessioni.
La Razza Ariana ha di vita fino alla data di oggi (anno 1941), 118.769 anni.
Le migrazioni si effettuavano sempre dal nordovest verso il sud-est, mentre le invasioni si facevano verso il nord.
Quando il sole, strappando le nuvole, appariva in presenza degli abitanti del Continente atlantiano, brillava con maggiore intensità sull'Isola di Corallo.
Da 150.000 anni, fino a 120.000 anni fa, i tipi ariani aumentarono notevolmente, riuscendo a costituire quasi la metà della popolazione totale dell'isola.
Naturalmente, la diversità tanto notevole di idiosincrasia tra i semiti atlantiani ed i primi ariani, produsse lotte intestine molto intense. Il corpo fisico dei predecessori degli ariani, straordinariamente abbellito, suscitava invidia agli atlantiani di vecchio tipo. Queste lotte furono causa delle prime migrazioni; e gli atlantiani di tipo ariano dovettero cercare nuove terre.
Tra la gran isola che essi abitavano ed il nuovo Continente che continuava ad emergere dalle acque, si era formato un gran numero di isole ed isolotti.
Seguendo quella rotta si stabilirono nella riva del nuovo Continente, dove attualmente si trovano le isole della Nuova Guinea e Borneo.
Il ciclo stava per realizzarsi. Le nuove forze cosmiche riempivano di forza le terre del sud-est dell'Asia. I Grandi Iniziati della Razza Ariana si preparavano per discendere a guidare gli eletti alle sue nuove dimore.
Il Manu Vaivasvata, 118.765 anni fa (1937 del calendario gregoriano), incarnò tra gli uomini per selezionare gli ariani e per fondare la prima sottorazza ariana, la “Ariano-aria”.

Cosmogenesi teosofica secondo Helena Blavatsky

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I sette anelli della catena planetaria

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Le Stanze di Helena Blavatsky

La parte I del primo volume de La Dottrina Segreta (1888), intitolata Cosmogenesi, contiene sette stanze in versi ermetici e simbolici composte dalla Blavatsky, per ognuna delle quali l'autrice dedica, successivamente, un capitolo di commento in cui spiega i suoi stessi versi. Il secondo volume intitolato Antropogenesi ne contiene altre dodici, sempre seguite da un commento e da una interpretazione.
Come esempio del linguaggio ermetico utilizzato dalla Blavatsky, viene riportata di seguito la prima stanza del primo volume:
« 1. - L'Eterna Genitrice, ravvolta nelle sue Vesti Eternamente Invisibili, era rimasta sopita ancora una volta per Sette Eternità.
2. - Il Tempo non era, poiché giaceva addormentata nel Seno Infinito della Durata.
3. - La Mente Universale non era, poiché non vi erano Ah-hi per contenerla.
4. - Le Sette Vie alla Beatitudine non erano. Le grandi Cause del Dolore non erano, perché non vi era alcuno per produrle ed esserne preso.
5. - Solo Tenebre riempivano il Tutto illimitato, poiché Padre, Madre e Figlio erano nuovamente Uno; ed il Figlio non si era ancora destato per la nuova Ruota e per il suo Pellegrinaggio su di essa.
6. - I Sette Sublimi Signori e le Sette Verità avevano cessato di essere e l'Universo, Figlio della Necessità, era immerso in Paranishpanna, pronto ad essere esalato da ciò che è, e tuttavia non è. Nulla era.
7. - Le Cause dell'Esistenza erano state abolite; il Visibile che fu e l'Invisibile che è, riposavano nell'Eterno Non-Essere-l'Essere Uno.
8. - Sola, l'Unica Forma di Esistenza si stendeva illimitata, infinita, incausata, nel Sonno Senza Sogni, e la Vita pulsava inconscia nello Spazio Universale, attraverso quella Onnipresenza che è percepita dall'Occhio Aperto di Dangma.
9. - Ma dov'era Dangma quando Alaya dell'Universo era in Paramartha, e la Grande Ruota era Anupadaka? »
(La dottrina segreta, opera citata, pag. 85)

Il manoscritto del Libro di Dzyan

Le Stanze sarebbero state composte dalla Blavatsky interpretando il linguaggio iconografico di un presunto manoscritto tibetano molto antico, il Libro di Dzyan (anche Dzan o Dzyn[4]), che sarebbe servito come base sapienziale per La dottrina segreta.
La Blavatsky descrive il manoscritto, di cui avrebbe avuto visione diretta, come un testo antico di migliaia di anni redatto in lingua Senzar[5] e conservato in un luogo segreto del Tibet. Scritto «su foglie di palma, ma rese inalterabili al fuoco, all'acqua e all'aria mediante qualche processo specifico ignoto»[6], il libro tratterebbe della cosmogenesi e dell'evoluzione dell'uomo fino alla distruzione di Atlantide.
Altri versi attribuiti al Libro di Dzyan sono stati pubblicati da Alice Bailey in A Treatise on Cosmic Fire nel 1925.
Del Libro di Dzyan non è stata fornita alcuna fonte originale né esiste alcuna citazione anteriore alla pubblicazione della Blavatsky o esterna alla saggistica esoterica afferente o meno a movimenti teosofici[7]. Al di là delle interpretazioni fornite della Blavatsky, la completa mancanza di riscontri di questo manoscritto originale così come della misteriosa lingua pre-sanscrita in cui sarebbe stato redatto, rende dubbia la sua reale esistenza. Nel 1993, la teosofista Sylvia Cranston (pseudonimo di Anita Atkins) avanzò l'ipotesi che i versi delle stanze fossero interamente una creazione originale[8] della Blavatsky negando, conseguentemente, l'esistenza del manoscritto.
David Reigle, un orientalista affiliato alla Società Teosofica, reputa, invece, il manoscritto connesso ad un testo del Buddhismo Vajrayana, il Kalachakra Tantra. L'esoterista inglese Nicholas Goodrick-Clarke ha suggerito, nel 2006, che la fonte di ispirazione delle stanze andrebbe ricercata nel Taoismo cinese e nella Cabala ebraica.

Sinopsi delle prime sette stanze

La storia dell'evoluzione Cosmica, come delineata nelle Stanze, è, per così dire, la formula algebrica astratta di tale evoluzione.Quindi lo studioso non si aspetti di trovarci il resoconto di tutti li stadi e di tutte le trasformazioni  che occorrono tra il primo inizio dell'evoluzione universale ed il nostro stato presente. Le Stanze danno una formula astratta applicabile, mutatis mutandis, a qualsiasi evoluzione: a quella della nostra piccola Terra, a quella della Catena di cui la Terra fa parte, all'Universo Solare a cui questa catena appartiene, e così via, in una scala ascendente.
Le sette Stanze riportate nel primo volume rappresentano i sette termini di questa formula astratta. Descrivono i sette grandi stadi del processo evolutivo, i quali nel Purana son chiamati le "Sette Creazioni" e nella Bibbia i "Giorni" della Creazione.

La Stanza I: descrive lo stato dell'Uno-Tutto durante il Pralaya, anteriormente al primo fremito di risveglio della Manifestazione.

La Stanza II: descrive lo stadio che per la mente occidentale è così identico a quello menzionato nella Stanza I, che per esprimere l'idea della loro differenza occorrerebbe un apposito trattato.

La Stanza III: descrive il risveglio dell'Universo alla vita dopo il Pralaya. Descrive l'emergere delle Monadi dal loro stato di assorbimento entro l'Uno, primo e più alto stadio nella formazione dei mondi - essendo il termine Monade applicabile al più vasto dei Sistemi Solari ed al più minuto degli atomi.

La Stanza IV: mostra il differenziarsi del "Germe" dell'Universo nella Gerarchia Settenaria dei Divini Poteri coscienti, che sono la manifestazione attiva della Suprema Energia Una. Essi sono i modellatori, i plasmatori, ed infine i creatori di tutto l'Universo manifestato, nell'unico senso in cui il termine "creatore" è intellegibile; essi informano e guidano l'universo; sono gli Esseri intelligenti che regolano ed aggiustano l'evoluzione, sono le manifestazioni incarnate della Legge Una da noi conosciute come "Leggi della natura".

La Stanza V: descrive il processo della formazione dei mondi. Prima la materia cosmica diffusa, poi l'"igneo turbine", primo stadio della formazione di una nebulosa. Questa nebulosa si condensa, e. dopo essere passata per varie trasformazioni, forma un Universo solare, una Catena planetaria, od un singolo pianeta secondo il caso.

La Stanza VI: indica gli stadi susseguenti della formazione di un "mondo", e giunge al quarto grande periodo dell'evoluzione che corrisponde a quello in cui viviamo adesso.

La Stanza VII: continua la storia, racconta la discesa della vita fino all'apparire dell'uomo, e così termina il primo libro della Dottrina Segreta.


Il concetto di CATENA PLANETARIA

Secondo la concezione teosofica di Helena Blavatsky, in Natura esiste un triplice schema di evoluzione : il Monadico, l'Intellettuale, il Fisico. I tre sono inestricabilmente interconnessi. Ciascuno di essi ha le proprie leggi ed è guidato da diversi gruppi dei più alti Dhyan Chohan. È noto che, esotericamente, la struttura dell'uomo, il Microcosmo, è settenaria; così è quella del Macrocosmo. Come nell'uomo l'unico principio visibile (anche se non si tratta di un vero e proprio principio) è il corpo fisico, così in un corpo spaziale l'unico corpo visibile è il globo che presenta il massimo della materialità.

Quindi, un qualsiasi corpo celeste ha la stessa evoluzione dell'essere umano : si parte dal massimo della spiritualità, si discende attraverso l'"arco scuro" fino al massimo della materialità, per poi risalire attraverso l'"arco luminoso" verso la spiritualità. 
La Terra ha seguito lo stesso percorso; oggi è al quarto stadio, il massimo della materialità, ma il punto mediano è già stato superato ed ha avuto inizio il percorso verso l'alto.
Una Catena Planetaria, quindi, è la successione dei sette mondi, o stadi, o globi, che un pianeta attraversa nel corso della sua evoluzione. Gli antichi sostenevano che ogni Globo è uno stadio della Catena settenaria di un corpo celeste, della quale è visibile un solo membro. Ogni globo ha un proprio stato di coscienza, per cui esso è visibile solo da altri globi che sono nello stesso piano. E questo è il motivo per cui la scienza definisce "inabitati" i pianeti sui quali non trova, o non riesce a trovare, le forme di vita esistenti sulla Terra. La più grande arroganza dell'essere umano è quella di assumere la Terra come modello e su di essa giudicare l'intero Universo!

Il Libro di Dzyan nella narrativa e nel fumetto

Il Libro di Dzyan ha avuto una certa fortuna narrativa. È citato nei racconti horror-fantasy Il diario di Alonzo Typer[9] e L'abitatore del buio - scritti entrambi da Howard Phillips Lovecraft nel 1935 - come uno dei testi alla base dei miti di Cthulhu al pari del famoso Necronomicon; come tale viene ripreso dallo scrittore August Derleth[10] e, successivamente, da tutte le edizioni del gioco di ruolo Il richiamo di Cthulhu della Chaosium.
Nel libro Flyng saucers - Serious business (1966) dell'ufologo statunitense Frank Ewards, viene citato il Libro di Dzyan che conterrebbe, secondo l'autore, la narrazione mitizzata dell'arrivo sulla Terra, in un remoto passato, di un gruppo di alieni. Gli extraterrestri vennero accolti come divinità dagli abitanti di una città del luogo, ma divergenze successive avrebbero condotto una parte del gruppo a trasferirsi in un altro insediamento. Sorse un conflitto e il gruppo originario annientò la città avversaria facendo uso di armi simili a quelle nucleari, ma in seguito, colto da rimorso per la devastazione compiuta, abbandonò il pianeta per non fare mai più ritorno.
In Alone in the Dark del 2001, un fumetto tratto dalla famosa serie di videogiochi omonima[11] ispirata ai miti di Cthulhu, il Libro di Dzyan viene considerato il lascito di un'antica razza di alieni vissuta milioni di anni prima nell'Antartide similmente alla Grande razza di Yith descritta da Lovecraft.
Il libro fa parte anche della bibliografia utilizzata dall'autore di fumetti italiano Luca Enoch per Gea.
Sul Libro di Dzyan è incentrato l'albo a fumetti L'uomo che inseguiva le ombre (Storie da Altrove n. 11 - ottobre 2008).
La piovra spaziale Klatu, che appare nel ciclo a fumetti Serial Toys Cosmic Snake di Maurizio Ercole serializzata nella rivista Inner Space, rappresenta una delle creature demoniache degli Asura descritte nel Libro di Dzyan.

Note

  1. ^ La dottrina segreta volume I, opera citata, pag. 81. Pur essendo chiara la distinzione ne La dottrina segreta, viene fatta, talvolta, una certa confusione dagli autori successivi fra i versi composti dalla Blavatsky (le stanze) e il presunto manoscritto (il libro) la cui interpretazione dei simboli contenuti avrebbe ispirato la composizione delle stanze. Reputando, infatti, le stanze una traduzione del Libro di Dzyan viene utilizzato da questi autori il termine incorretto di Stanze di Dzyan per riferirsi sia all'opera della Blavatsky sia al presunto manoscritto originale.
  2. ^ Vedi: Blavatsky, HP. Le Stanze di Dzyan, Marco Valerio Editore, 2011.
  3. ^ Per stanza si intende in metrica, una strofa o una sezione di un poema o di una canzone.
  4. ^ DzyanDzan o Dzyn in lingua senzar (v. nota successiva per senzar). In "The Theosophical Glossary" (1892), la Blavatsky offre un'ulteriore grafia alternativa (Dzen) e correla il nome ai termini sanscriti dhyan e jnâna (saggezza, conoscenza divina) e al tibetano Dzin (insegnamento) Fonti: H. P. Blavatsky, The Theosophical Glossary, The Theosophical Publishing Society, 1892; G. de Purucker, Grace F. Knoche et alii, Encyclopedic Theosophical Glossary, Theosophical University Press Online Edition, 1999.
  5. ^ Si tratterebbe, secondo la Blavatsky, di una lingua asiatica misteriosa basata su logogrammi e antecedente il sanscrito, ma intelligibile, tuttavia, a qualunque iniziato alle discipline esoteriche.
  6. ^ La dottrina segreta volume I, opera citata, pag. 63.
  7. ^ Non sempre coincidenti con la Società Teosofica fondata originariamente dalla Blavatsky e altri nel 1875 a New York e la cui sede attuale si trova a Chennai in India.
  8. ^ The Extraordinary Life and Influence of Helena Petrovna Blavatsky, opera citata, pag. 384.
  9. ^ Si tratta di uno dei racconti scritti a pagamento da Lovecraft per conto terzi; in questo caso per William Lumley che gli inviò la trama del racconto poi sviluppata liberamente dallo scrittore di Providence.
  10. ^ Che oltre a ampliare la complessa mitologia dell'universo lovecraftiano, fonda nel 1939 l'Arkam House, la storica casa editrice che si occuperà, assieme alla Necronomicon Press, della pubblicazione dell'intera opera di Lovecraft.
  11. ^ Alone in the Dark della Infogrames.

Bibliografia

  • Helena BlavatskyLa dottrina segreta volume I e II, Edizioni Teosofiche Italiane, Vicenza 1997
  • Sylvia Cranston, HPB. The Extraordinary Life and Influence of Helena Petrovna Blavatsky, Tarcher/Putnam, New York 1993
  • Nicholas Goodrick-Clarke (ed.), Helena Blavatsky, North Atlantic Books, Berkeley (CA) 2004 ISBN 1-55643-457-X
  • Howard Phillips LovecraftTutti i racconti. 1931-1936, Mondadori Milano 1992
  • David e Nancy Reigle, Blavatsky's Secret Books, DeVorss Publications 1999

Voci correlate



Poeticamente la terza delle “Stanze di Dzyan” ci dice che “Padre-Madre tesse una tela la cui estremità superiore è congiunta allo spirito, la luce della Tenebra Unica, e l’inferiore alla sua estremità oscura, la materia”. HPB è molto chiara quando dice che: “Nel sistema solare (lasciamo stare l’intero kosmos) la materia differenziata esiste in sette differenti condizioni e, poiché prajna, che è la capacità di percepire, ha anch’essa sette aspetti diversi in corrispondenza con i sette stati della materia, devono necessariamente esserci sette stati di coscienza nell’uomo, e le religioni e le filosofie sono organizzate secondo il maggiore o minore sviluppo di questi stati” (The Secret Doctrine, II, 597 nota).

Secondo l’insegnamento teosofico, quindi, gli stati di coscienza dell’uomo sono relativi a questi sette piani di cui quello su cui si trova la nostra terra è il più basso, poi ci sono altri tre piani su cui sono situati gli altri globi della catena terrestre e poi ci sono altri tre piani al di là di quelli della nostra catena, piani che si suole definire spirituali.

Ora se per piani superiori si intendono dei piani spirituali il raggiungimento di questi piani si ha quando si trascende il piano di una mente associata al desiderio personale, se invece si intende solo il superamento della limitazione dovuta ai nostri sensi fisici il discorso cambia e qui sta una delle principali differenze (con inevitabili, comunque mascherate, ripercussioni etiche) tra l’insegnamento blavatskiano e quello di alcuni membri della Società Teosofica che le sono succeduti come maitres de la pensée teosofica, come via da seguire per i teosofisti: c’è infatti una fondamentale differenza tra il desiderio di operare secondo quello che è il progetto divino e la ricerca dei poteri psichici. Tra la possibilità di investigare sul piano astrale e l’illuminazione della bodhi, la sapienza divina. Avere dei poteri (sensi) superiori su dei piani che sono pur sempre intimamente collegati al piano fisico non significa essere spiritualmente più evoluti, il cane che ha un olfatto migliore di quello degli uomini non è per questo più intelligente.

Le investigazioni su altri piani, che sul piano astrale si limitano a quel passivo mondo degli effetti che circonda la nostra terra, possono portare in mondi diversi in cui il sistema delle cause e degli effetti è diverso e quindi, se non si è sviluppato un adeguato stato di coscienza, lo sviluppo delle siddhi può essere pericoloso, come insegna H.P.B. .

Cosa significa quindi essere spiritualmente evoluti? Significa essersi liberati (con una scelta razionale) da ogni influenza della personalità, ossia avere raggiunto quello stato in cui il nostro Sè, quel raggio monadico che dopo un lungo percorso è giunto nel regno umano, può manifestarsi (condizione che a seconda dei casi, e dell’era in cui si verifica, può essere stabile o episodica, come sembra essere stato nel caso dei nostri Maestri): Krishnamurti dice che “finchè c’è l’attività di un sè che progetta non ci si può rendere conto della realtà” ed H.P.B. afferma che “l’Ego spirituale può agire solo se l’ego personale è paralizzato”. Chi giunge a questo livello “opera” con il proprio Ego taijasi ed è in relazione con la propria divinità interiore ed illuminato dalla bodhi, dalla divina sapienza (che non è mai disgiunta dalla compassione: prajna-karuna, “voi stessi siete stati ammaestrati da Dio ad amarvi gli uni gli altri” [1 Tess., 4, 9]), è theos didaktos, istruito dalla divinità come Ammonio Sacca: è teosofo. Per Shankaracharya prajna è la totalità della coscienza, caratterizzata dalla mancanza di discriminazione e per la Mandukya Upanishad è “la coscienza per eccellenza poichè solo in lei c’è la conoscenza del passato e del futuro e di ogni cosa”; ed a proposito del fatto che i Maestri appartennero alle culture più diverse, ci fu chi nel ‘500 disse che “ciascun uomo porta in sé l’intera forma dell’umana condizione” (Montaigne, Essais, III, 2). L’uomo….essendo composto dalle essenze di tutte le gerarchie celesti può riuscire a rendere sè stesso, come tale, superiore, in un certo senso, ad ogni gerarchia o classe, o anche ad una loro associazione.

La distanza che c’è tra noi ed i Maestri è quindi la stessa che c’è, in ognuno di noi, tra l’ego personale e il proprio Ego superiore (alcuni teosofi dicono il proprio Sè superiore, ma a questo punto non esisterebbero più differenziazioni e quindi una differenza tra allievo e maestro) e può quindi essere corta o lunga a seconda dei casi.

In ognuno c’è un luogo detto la “Terra Sacra” (il primo continente), che è definita immortale in quanto è stata la culla del primo uomo e sarà la dimora dell’ultimo divino mortale scelto come sishta per essere il futuro seme dell’umanità. Di questa terra misteriosa e sacra può essere detto molto poco, se non che…… ’la stella polare ha su di lei il suo occhio rilevatore, dall’alba al tramonto di un giorno del GRANDE RESPIRO’ e questa “Terra Sacra è un luogo che ….non ha mai condiviso il destino degli altri continenti, essendo la sola il cui destino è quello di durare dall’inizio alla fine del manvantara per tutte le ronde” (The Secret Doctrine, II , 6). Su questa terra, al centro di sette mari, sta il faro che indica la strada, emettendo la luce che illumina la via “maestra”. Ed ha questo punto risulta chiaro il perchè Suzuki chiama l’illuminazione “la beffa fondamentale”, la ragione sta infatti nel fatto che, una volta ottenutala, si scopre di averla sempre posseduta

Evidentemente i Maestri devono occuparsi dell’evoluzione umana nella sua totalità mentre, ai fini pratici personali, un Maestro è il proprio Ego illuminato dalla bodhi, e raggiungerlo (gnotis eautón) è nelle possibilità degli uomini (se compiono uno sforzo adeguato). Il maestro K.H. (nella lettera n. 45) dice “Guardatevi attorno, amico mio: vedete i tre ‘veleni’ che infuriano nel cuore degli uomini, la rabbia, l’avidità e l’illusione e le cinque cause dell’ignoranza, l’invidia, la collera, l’incertezza, la pigrizia e la miscredenza, che non ci consentono di vedere la luce. Non permettono di liberare un cuore malvagio dall’inquinamento e di sentire la spiritualità che c’è in tutti noi. Non state forse cercando, per accorciare la distanza tra di noi, di liberarvi dalla rete della vita che ha catturato tutti….?”.
Questo non toglie che, nel sapiente progetto che ha indotto la Monade a reincarnarsi, a divenire preda dell’illusione dell’ego, ogni principio sia, a suo tempo, necessario ed abbia pari dignità. La personalità deve essere trascesa pur amandola (com’è stupido, sacrilego, non farlo!). Per risorgere occorre amare la vita, la vita terrena, ma allo stesso tempo essere consapevoli dell’esistenza di una realtà superiore, occorre potere dire: “Padre Mio, se non è possibile che passi oltre di me questo calice … sia fatta la tua volontà” (Matteo XXVI, 42). E qui convergono terra e cielo, riuniti nell’uomo. Se no sarebbe troppo facile, per invertire il cammino occorre una forza (divina) equiparabile a quella primordiale. Nella Dottrina Segreta (II, 81) leggiamo che “nessuna entità, sia angelica che umana, può raggiungere lo stato nirvanico, ovvero l’assoluta purezza, se non dopo eoni di sofferenza e dopo avere conosciuto sia il MALE che il bene, poichè altrimenti quest’ultimo sarebbe incomprensibile”.
Se, come afferma il Maestro K.H., la liberazione dalle cinque cause e dai tre veleni (sovente definiti con nomi diversi) ha sempre, tradizionalmente, portato a trascendere la personalità, alla consapevolezza di far parte di una individualità più ampia, al servizio amorevole dei bisognosi: orbene penso che (senza cercare molto lontano, in paesi esotici o su piani trascendenti ) dei Maestri si possono quotidianamente trovare in quelle persone che quotidianamente, nascoste negli ospedali, negli ospizi, nelle famiglie, per le strade del mondo, ……dimostrano la loro “sapiente compassione”. Sono persone, buoni samaritani con i piedi per terra, a cui il Maestro interiore ha svelato chi è il “prossimo” e come agire, senza altra motivazione che la loro compassione (karunā, carità, …..amore…..). Carità che genera fede e speranza negli uomini.
Ricordando che Krishnamurti avverte che “…se hai intenzione di meditare non sarà meditazione” e che questo va inteso anche come: “…. il desiderio personale di un Maestro porta all’illusione”.

“La dottrina segreta afferma il progressivo sviluppo di ogni cosa, dei mondi come degli atomi, e che non è concepibile un inizio od una fine di questa stupenda evoluzione. Il nostro ‘universo’ è solo uno degli infiniti universi, tutti ‘figli della necessità’ in quanto anelli della grande catena cosmica degli universi, essendo ognuno in relazione con i suoi predecessori, dei quali è l’effetto, ed essendo la causa dei suoi successori.” (S.D. I, 43).
Evolvere è un impulso eterno che, al di là del tempo, risponde al richiamo del Dharma, di quella legge costituita da tutte le cause, dagli incalcolabili dharma, i piccoli fattori, i piccoli eventi dell’esistenza di ognuno, della sua esperienza soggettiva. Il nostro karma è la combinazione degli atti e dei pensieri di tutti gli esseri, di qualsiasi tipo, che hanno partecipato al precedente manvantara ossia alla corrente di evoluzione da cui deriva la nostra.
Evolvere è un impulso a cui non si può sfuggire, in una eterna sequela Christi c’è la necessità di reincarnarsi per poi risorgere, senza una fine, la teosofia ci dice che non c’è fine e non c’è inizio, non c’è mai stato. Ci sono la fine e l’inizio delle forme particolari (non importa quanto grandi), ma non ci fu un’origine e la vita EVOLVE senza una fine, ciclicamente. Secondo l’insegnamento teosofico l’evoluzione senza inizio nè fine, è un eterno viaggio verso sempre nuove esperienze. Gli esseri più avanzati di un sistema, come la nostra catena planetaria, incominceranno come “elementali” nella prossima manifestazione, al grado più basso dei tre regni che seguono il regno minerale o di una suddivisione conforme. In relazione alle scale musicali, la prima nota di ogni ottava ha lo stesso tono di quella della precedente, ma ad una frequenza maggiore.
Per essere più precisi: “….in natura esiste un triplice schema evoluzionario per la formazione delle tre periodiche upadhi (veicoli)…., l’evoluzione monadica, quella intellettuale e quella fisica. Questi sono gli aspetti definiti o il riflesso sul campo dell’illusione cosmica di atmā, il settimo, l’unica realtà.
1. La monadica è….connessa con la crescita e lo sviluppo della monade in sempre maggiori fasi di attività unitamente a :
2. l’intellettuale rappresentata dai manasadhyani (i deva solari o agnishvatta pitri) i “datori dell’intelligenza e coscienza” all’uomo e:
3. la fisica, rappresentata dai chhaya (forme) dei pitri lunari, intorno ai quali la natura ha costruito l’attuale corpo fisico. Questo corpo serve da veicolo per la “crescita”…. e la trasformazione per mezzo del manas e, a causa dell’accumulo delle esperienze, del finito nell’infinito, del transitorio nell’eterno e assoluto. Ognuno di questi tre sistemi ha le proprie leggi ed è regolato e guidato da differenti gruppi dei più alti dhyani o “Logoi”. Ognuno è rappresentato nella costituzione dell’uomo, il microcosmo del grande macrocosmo, ed è l’unione in lui di queste tre correnti che lo rende l’essere complesso che è attualmente”. (S.D., I, 181-2).
Secondo HPB le tre correnti, quelle degli architetti (dhyani ed eventualmente adepti di grado eccelso), degli operai (gli uomini) e dei materiali da costruzione (elementali e minerali), sono combinate indissolubilmente. Ed il Maestro K.H. (lettera n.9) afferma che “…la massa dei mondi celesti abitati da uomini intelligenti (tra cui il nostro pianeta) può essere paragonata ad una sfera o meglio ad un epicicloide formato da anelli come una catena, a mondi concatenati il cui complesso rappresenta un anello o cerchio immaginario senza fine”.
Ma per chiarire tutto ciò nell’ambito dell’insegnamento teosofico occorre precisare che nei testi che sono considerati canonici ci sono delle notevoli differenze e che se HPB dice che “l’intero cosmo è guidato, controllato ed animato da una serie quasi infinita di gerarchie di esseri senzienti, ognuna con un suo compito, i quali, qualsiasi nome diamo loro, sia che li chiamiamo dhyani ciohan o angeli, sono i ‘messaggeri’, nel senso che sono gli agenti della cosmica legge karmica. I loro gradi di intelligenza e di consapevolezza variano infinitamente e considerarli tutti dei puri spiriti senza alcun legame terrestre è pura fantasia……” (S.D., I, 274-5), ed aggiunge che “invero, come abbiamo appena visto, ogni cosiddetto ‘spirito’ o è un uomo disincarnato o è un futuro uomo. Dall’arcangelo più elevato (dhyani ciohan) fino all’ultimo “costruttore” consapevole (la più bassa classe di entità spirituali) sono tutti uomini, vissuti eoni fà, in altri manvantara, su questa o su un’altra sfera, mentre gli elementali inferiori, semi intelligenti o non intelligenti, sono tutti futuri uomini” (S.D. I, 277), al contrario il sistema di C.W. Leadbeater (Jinarajadasa ecc.) afferma che “gli spiriti della natura costituiscono una evoluzione a parte, a questo livello completamente distinta da quella dell’umanità….noi sappiamo che, dopo che si è ottenuta l’individualità, lo sviluppo dell’umanità ci conduce gradualmente sul ‘sentiero’ e poi avanti verso l’alto fino a divenire degli Adepti dalle possibilità meravigliose” ed inoltre “questa è la nostra linea di sviluppo, ma non dobbiamo fare l’errore di credere che sia l’unica linea…. gli spiriti della natura, ad esempio, non sono mai stati e non saranno mai membri di una umanità come la nostra” (The Hidden Side of Things, I, 116-7). Riguardo al nostro tema ci sono quindi due posizioni antitetiche di cui occorre prendere atto, che non si possono certo ignorare, ma che, almeno a mio parere, non si possono neanche conciliare e quindi, nel prosieguo della nostra chiaccherata, almeno per oggi…., ci limiteremo a considerare il sistema blavatskiano e dei Maestri. Fatta questa precisazione possiamo ancora citare la S.D. che dice che: ”Ogni forma sulla terra ed ogni punto (atomo) nello spazio cercano, operando per l’autoformazione, di seguire il modello posto per loro nell’“HEAVENLY MAN”….. La sua (dell’atomo) involuzione ed evoluzione, la sua crescita ed il suo sviluppo esterni ed interni hanno tutti un medesimo scopo: l’uomo; l’uomo, che su questa terra è la forma massima e definitiva; la MONADE, nella sua totalità assoluta e nel suo stato di risveglio, come culmine della incarnazione divina in terra” (S.D., I, 183).
Il modello creato in corrispondenza alla legge unica, il Dharma, quella legge costituita da tutte le cause, da tutte le registrazioni custodite nell’“Uovo d’Oro” che, ubbidendo alla legge karmica, danno ciclicamente origine alla manifestazione, ad un periodo di progresso, di sristi, dopo un periodo di riposo, di pralaya, è un paradigma che si riflette in ogni forma del cosmo, in ognuna delle conformazioni che veicolano quel processo interiore che costituisce il perché dell’esistenza. Ogni progresso esteriore, ogni evoluzione è aderenza al “progetto”.
Il primo volume del “La Dottrina Segreta” è dedicato all’esame degli eventi legati alla manifestazione dell’universo ed in particolare della nostra terra in quanto connessi con la nostra evoluzione; e spiega come il graduale, progressivo, realizzarsi dei corpi fisici, di cui si occupa l’attuale scienza, è avvenuto lungo cicli regolari e costanti, secondo una legge infallibile che prevede una ciclica alterna evoluzione.
“La Dottrina Segreta” dice che: “Per l’azione della sapienza manifestata, o Mahat, rappresentata dagli innumerevoli centri di energia spirituale nel cosmo che sono il riflesso della mente universale, che è l’ideazione cosmica con la forza intellettuale che accompagna questa ideazione, il fohat della filosofia esoterica buddhista diventa oggettivo. Fohat, seguendo i sette principi di akasha, agisce sulla sostanza manifestata ossia sull’elemento unico…….e differenziandolo in vari centri d’energia, mette in moto la legge di evoluzione cosmica, che, ubbidendo all’ideazione della mente universale, porta in esistenza ogni stato d’essere del sistema solare” (S.D., I, 110). HPB ci dice che durante la nostra catena planetaria, “in una fase discentente lo spirituale gradualmente si trasforma nel minerale, poi nel punto di mezzo spirito e materia vengono equilibrati nell’uomo e dall’uomo e quindi, nella fase ascendente, lo spirito, gradualmente, si riafferma a spese del fisico, o materia, cosìcchè, alla fine della settima razza della settima ronda, la monade sarà come liberata dalla materia e da tutti i suoi attributi, come era al principio, avendo in più guadagnato esperienza e sapienza, il frutto delle sue vite personali senza più il male e le tentazioni”(S.D., II, 180-1)..
Un tema che nel secolo passato, ed ancor oggi, ha creato problemi ai teosofisti è quello delle razze ed è quindi necessario rilevare (S.D., 571-4) che differenti stati di coscienza si possono trovare nei popoli più diversi e sono generalmente dovuti, a parte l’impegno dei singoli, a delle tendenze karmiche. In ogni uomo sono virtualmente presenti tutte e sette le razze, pur essendovi la predominanza di una in particolare. La settuplice differenziazione è dovuta al fatto che le monadi (i raggi monadici) sono di sette tipi, in relazione ai sette dhyani buddha che durante la presente manifestazione sono i prototipi per ogni diversità e che operano congiuntamente. Si deduce che le diseguaglianze fra le razze sono le stesse che si trovano al livello più sublime, ognuna con la stessa dignità, e che solo la misconoscenza dell’insegnamento teosofico può intravedervi una posizione razzista.
E’ interessante notare come differenti linee evolutive si intreccino e supportino nel succedersi di successivi stati di coscenza (razze, intendendo per razza un periodo d’evoluzione e derivando il termine dalla radice latina ratio, natura, genere, e non da radix), nell’ambito di una entità unica, un insieme di monadi immortali che preparano, sotto la guida dei differenti dhyani preposti, quelle “personalità” che sono lo strumento per progredire nel sistema delle tre correnti evolutive. Un aiuto si trova nell’ammonimento dei Maestri che indicano nella legge dell’analogia la sola guida sicura, e nella constatazione che quando nel canone blavatskiano si trovano dei numeri riferiti a fattori dei processi evolutivi ci sono delle innegabili ed irrinunciabili corrispondenze.
L’evoluzione individuale non è quindi limitata ad una vita, ma continua per un numero illimitato di vite, reso possibile dalla reincarnazione, dall’ingresso del Sé, la trinità di spirito, anima e mente, in un altro corpo umano; l’accettazione della dottrina dei cicli risponde a molte domande, a bazzecole del tipo: perché si deve morire? HPB afferma la necessità di non saltare nessun gradino, ammettendo che i gradini (intervalli) ci sono. La ricerca di una possibile liberazione dal doloroso, interminabile corso del samsara è una posizione che la teosofia non stima corretta. Il teosofista non dovrebbe considerare una vita personale dell’uomo come un episodio separato, avulso dalla interminabile sequenza di reincarnazioni imposta dalla legge karmica, in un susseguirsi di momenti di involuzione e di evoluzione che richiedono dei comportamenti completamente differenti, opposti e questo è importante quando si debbano giudicare i comportamenti altrui. Al contrario, la graduale evoluzione psicologica dell’uomo non è presa in considerazione da Krishnamurti che esorta alla liberazione non dell’io, ma dall’io, e questa è la grande differenza tra il suo pensiero e la dottrina teosofica, ma l’intuizione della teoria degli “equilibri punteggiati” da parte di due uomini di scienza come Stephen Gould e Niles Eldredge, può fare riflettere (così in alto come in basso in una visione temporale di strabiliante durata) sulla possibilità di conciliare le due posizioni. Se vogliamo raccontare una storiella: un giorno dopo l’altro invecchiamo, cambiamo a poco a poco, impercettibilmente, e poi un bel giorno ci mettono un vestitino di legno…. e come cambiamento non c’è male (ma ciò che cambia è la personalità: un vestito).
In questo contesto, in cui una visione chiaramente analogica è indubbiamente sconfessata dalla quotidiana esperienza della digitalità, la scienza, con quella stessa teoria dei quanti che nel secolo scorso ha tolto agli uomini molte certezze, dà molto su cui riflettere (come ha ben compreso David Bohm).
Ad ogni modo di certo c’è il fatto che quello dell’evoluzione è un cammino che, oltre un certo limite, non può essere abbreviato da nessuno in quanto mancano le condizioni per farlo, poiché il mondo non è ancora FORMALMENTE in grado di manifestare una coscienza umana così sublime.
Ora noi teosofisti siamo ad un punto dell’evoluzione in cui si dovrebbe essere come gli evangelici “fiori dei campi”, senza l’assillo di bisogni che spingono continuamente a voler divenire qualcos’altro; l’importante è conoscerci, cercare di vederci nel nostro contesto spazio temporale, consapevoli della ciclicità della manifestazione, in cui i momenti di involuzione e di evoluzione delle individualità, personali e collettive, si intrecciano ed accavallano, e fare del nostro meglio. Evolvendo nel corso dei cicli, durante miliardi di anni di cammino, di lavoro e di crescita, l’uomo diventerà sempre più maturo, consapevole della propria posizione e della propria meta, sempre più consapevole delle cause che sta seminando, di quelle cause che saranno gli skandha che caratterizzeranno il mondo futuro. L’evoluzione ha come meta ultima l’uomo, che su questa terra è la forma massima e definitiva. Nel 1875 M.me Blavatsky ed i suoi Maestri restituirono all’uomo la sua perduta dignità.
“L’uomo…. essendo un composto delle essenze di tutte le gerarchie celesti può riuscire, come tale, a rendere sè stesso superiore, in un certo senso, ad ogni gerarchia o classe, o anche ad una loro associazione” (S.D. I, 276), il che ci ricorda, molto suggestivamente, che nella “Cosmologia di Enoch” leggiamo che: “il Signore mi disse….. poichè nemmeno ai miei angeli ho aperto il mio segreto, nè ho detto la loro nascita e non hanno conosciuto la mia creazione immensa ed inconcepibile, a te oggi la rivelo”.
La dottrina teosofica può fornire una risposta ad un problema che, fin dai tempi di Giobbe, ha sempre appassionato coloro che hanno sete di giustizia e non gradiscono pensare di essere unicamente in balia dei comandamenti di un “Dio” o, in alternativa, manovrati da una ingegnosa molecola che vuole sopravvivere: di essere sempre in balia di un qualche genio, celato lassù in cielo o quaggiù nei nostri nuclei.