domenica 15 gennaio 2017

Beatrice e Dante

L'immagine può contenere: persone in piedi e spazio all'aperto

Beatrice and Dante, Jean Delville
Beatrice Portinari, maritata de' Bardi (Firenze1266 circa – Firenze8 giugno 1290), è, secondo alcuni critici letterari, la figura storica dietro il personaggio dantesco di Beatrice.
Sebbene non unanime, la tradizione che identifica Bice di Folco Portinari con la Beatrice amata da Dante è ormai molto radicata. Lo stesso Giovanni Boccaccio, nel commento alla Divina Commedia, fa esplicitamente riferimento alla giovane.
I documenti certi sulla sua vita sono sempre stati molto scarsi, arrivando a far persino dubitare della sua reale esistenza. L'unico che si conoscesse fino a poco tempo fa era il testamento di Folco Portinari datato 1287. Vi si legge: ...item d. Bici filie sue et uxoris d. Simonis del Bardis reliquite [...], lib.50 ad floren, cioè si parla di un lascito in denaro alla figlia Bice maritata a Simone de' Bardi. Folco Portinari era stato un banchiere molto ricco e in vista nella sua città, nato a Portico di Romagna. Trasferitosi a Firenze, viveva in una casa vicina a Dante ed ebbe sei figlie. Folco ebbe il merito di fondare quello che tutt'oggi è il principale ospedale nel centro cittadino, l'ospedale di Santa Maria Nuova.
La data di nascita di Beatrice è stata ricavata per analogia con quella presunta di Dante (coetanea o di un anno più piccola del poeta, che si crede nato nel 1265); la data di morte è ricavata dalla Vita Nuova di Dante stesso e forse non è altro che una data simbolica. Anche molte delle notizie biografiche provengono unicamente dalla Vita Nuova, come l'unico incontro con Dante, il saluto, il fatto che i due non si scambiarono mai parola, ecc.
Beatrice, figlia di un banchiere, si era imparentata con un'altra famiglia di grandi banchieri, i Bardi, andando in sposa ancora giovanissima, appena adolescente, a Simone, detto Mone. Importante il ritrovamento di nuovi documenti nell'archivio Bardi su Beatrice e suo marito da parte dello studioso Domenico Savini[1]. Tra questi un atto notarile del 1280, dove Mone de' Bardi cede alcuni terreni a suo fratello Cecchino con il beneplacito della moglie Bice, che all'epoca doveva avere circa quindici anni. Un secondo documento del 1313, quando cioè Beatrice doveva essere già morta, cita il matrimonio tra una figlia di Simone, Francesca, e Francesco di Pierozzo Strozzi per intercessione dello zio Cecchino, ma non è specificato se la madre fosse stata Beatrice o la seconda moglie di Simone, Bilia (Sibilla) di Puccio Deciaioli. Altri figli conosciuti di Simone sono Bartolo e Gemma, la quale venne maritata a un Baroncelli.
Un'ipotesi plausibile è che Beatrice sia morta così giovane forse al parto[2] del suo primo figlio.
La lapide in Santa Margherita dei Cerchi, Firenze
Il luogo di sepoltura di Beatrice viene tradizionalmente indicato nella chiesa di Santa Margherita de' Cerchi, vicina alle abitazioni degli Alighieri e dei Portinari, dove si troverebbero i sepolcri di Folco e della sua famiglia. Ma questa ipotesi, sebbene segnalata da una lapide moderna che colloca la data di morte di Beatrice al 1291, è incoerente perché Beatrice morì maritata e quindi la sua sepoltura avrebbe dovuto avere luogo nella tomba della famiglia del marito. Infatti Savini indica come possibile luogo il sepolcro dei Bardi situato nella basilica di Santa Croce, sempre a Firenze, tutt'oggi segnalato nel chiostro da una lapide con lo stemma familiare, vicino alla Cappella dei Pazzi.

Personaggio letterario

Marie Spartali StillmanBeatrice, 1895
Dante Gabriel RossettiBeata Beatrix, pastello
Beatrice è la prima donna a lasciare una traccia indelebile nella nascente letteratura italiana, nonostante altre figure femminili siano presenti anche nei componimenti di Guido Guinizzelli e Guido Cavalcanti, anche se non con l'incisività del personaggio dantesco. A Beatrice è dedicata la Vita Nuova, dove il poeta raccoglie entro una struttura in prosa una serie di componimenti poetici scritti negli anni precedenti. Secondo la Vita Nuova Beatrice fu vista da Dante per la prima volta quando aveva 9 anni e i due si conobbero quando lui aveva diciotto anni. Andata in sposa al banchiere Simone dei Bardi nel 1287, si crede anche che si sia spenta nel 1290, a soli ventiquattro anni.
Quando morì, Dante, disperato, studiò la filosofia, una scienza, e si rifugiò nella lettura di testi latini, scritti da uomini che, come lui, avevano perso una persona amata. La fine della sua crisi coincise con la composizione della Vita Nuova (intesa come "rinascita").
Nella Divina Commedia Beatrice subisce un processo di spiritualizzazione e viene riconosciuta come creatura angelica (secondo gli ideali stilnovistici). Ella rappresenta la Fede, che accompagna le persone in Paradiso.
I riferimenti alla fanciulla Beatrice che Dante, nella Vita Nova, narra di avere incontrato, prima a nove anni poi a diciotto, sembrano troppo attentamente costruiti per risultare pienamente convincenti come episodi biografici.
Una luce diversa su Beatrice come figura di creazione Dantesca può arrivare dalla lettura del Canto di un poeta provenzale vissuto, prevalentemente in Italia, circa un secolo prima di Dante: Raimbaut de Vaqueiras. Il canto è Kalenda Maya, la penultima strofa inizia così:
(OC)
« Tant gent comensa, / Part totas gensa,
Na Beatritz, e pren creissensa / Vostra valensa;
Per ma credensa, / De pretz garnitz vostra tenensa
E de bels ditz, senes failhensa; / De faitz grazitz tenetz semensa;
Siensa, / Sufrensa / Avetz e coneissensa;
Valensa / Ses tensa / Vistetz ab benvolensa.
Donna grazida, / Qecs lauz' e crida
Vostra valor q'es abellida, / E qius oblida,
Pauc li val vida [...] »
(IT)
« Tanto gentile sboccia, / per tutta la gente
Donna Beatrice, e cresce / il vostro valore;
di pregi ornate ciò che tenete / e di belle parole, senza falsità;
di nobili fatti avete il seme;
scienza, / pazienza / avete e conoscenza;
valore / al di là di ogni disputa
vi vestite di benevolenza.
Donna graziosa, / che ognuno loda e proclama
il vostro valore che vi adorna, / e chi vi dimentica, poco gli vale la vita... »
(Raimbaut de VaqueirasKalenda maia)
Dante, che conosceva il provenzale ed i poeti provenzali, quasi cento anni dopo scrive di Beatrice: "Tanto gentile e tanto onesta pare/ la donna mia ...". L'incipit è identico, il sentimento che muove i poeti è lo stesso, gli echi stessi che il canto di Raimbaut sembra evocare si possono ritrovare nelle parole diverse e nei versi di Dante, infine, il riferimento a Beatrice che accomuna i due poeti appare sorprendente. Raimbaut canta Beatrice del Monferrato, sorella di Bonifacio I del Monferrato che serviva come troubadour e cavaliere. Questa Beatrice non è la Beatrice dantesca, ma sembra aver dato almeno un piccolo contributo alla creazione della sua memorabile figura.

Note

  1. ^ Corriere Fiorentino, 4 marzo 2008, Beatrice l'ultimo segreto. La musa di Dante sarebbe sepolta nel chiostro di Santa Croce.
  2. ^ ibidem.

Bibliografia

Voci correlate

  • Beatrice (per una lista di film e altre opere ispirate alla sua figura)

Elvish style

L'immagine può contenere: 1 persona
Arwen at Rivendell; below Galadriel's Well
L'immagine può contenere: 1 persona

Below, Earwen of Alqualonde, wife of Finarfin and moher of Galadriel

L'immagine può contenere: 1 persona, spazio all'aperto

Nessun testo alternativo automatico disponibile.

L'immagine può contenere: 1 persona

L'immagine può contenere: spazio al chiuso

L'immagine può contenere: spazio al chiuso

L'immagine può contenere: spazio al chiuso

Risultati immagini per elfi

L'immagine può contenere: una o più persone e sMS

Risultati immagini per elfi della luna

Glory and fall of Numenor

L'immagine può contenere: spazio al chiuso

sabato 14 gennaio 2017

Fantasy parody

L'immagine può contenere: 1 persona, sMS

L'immagine può contenere: 1 persona, meme e sMS

L'immagine può contenere: meme e sMS

L'immagine può contenere: 2 persone, meme e sMS



L'immagine può contenere: 4 persone, sMS

Nessun testo alternativo automatico disponibile.


Gothian Castle

Nessun testo alternativo automatico disponibile.

The Castle of Gothian is the Stronghold of Lord Fenrik von Steinberg, Count of Gothian and his wife Lady Marigold Edwina Ataris von Steinberg, Countess of Gothian.

Satyricon

Nessun testo alternativo automatico disponibile.


L'immagine può contenere: sMS

L'immagine può contenere: sMS

L'immagine può contenere: una o più persone e sMS

Possiamo accettare che sia il New York Times il giudice delle fake news?

L'immagine può contenere: una o più persone


L'immagine può contenere: 5 persone

Nessun testo alternativo automatico disponibile.














Trito: the funniest Speaking and Talking Cat



My father coughs and "talk" to my cat Trito, and Trito "answers" in a very strange and funny way.

Mio padre tossisce e "parla" al mio gatto Trito e lui risponde in un modo bizzarro e molto buffo.

Il dio El, padre di Yahveh

Risultati immagini per el father of yahweh



Immagine correlata
Risultati immagini per god el



El (ebraico אל, greco Ἐλ, "dio") o IlAlEli è un dio del pantheon dell'area semitica siro-cananeagiudaica e mesopotamica, spesso presentato con caratteristiche di dio supremo, ed uno dei nomi di Dio nella Bibbia ebraica. Dalla medesima radice <-ˤ-l-h>, "altezza", "potenza", deriva in arabo il termine Allah.
Per gli antichi popoli del Medio Oriente, letteralmente "il più alto", era il dio supremo. La radice trilittera di riferimento <-ˤ-l-h> esprime appunto il significato di "essere in alto". Veniva chiamato per questo motivo "l'Altissimo" tra gli dèi, con un'evidente collocazione sovrastante il mondo terreno degli uomini, al di sotto del quale si collocano a loro volta le entità ctonie e quindi, per antitesi, divinità inferiori e tendenzialmente malvagie (pur se con qualche vistosa eccezione).

Attestazioni più antiche

Nella concezione originaria siriaca El sarebbe stato un dio ordinatore del mondo, già preesistente ma caotico, e non tanto creatore ex nihilo. Saremmo in questo caso di fronte alla riproposizione in terra siro-cananea dell'antico mito dualistico pre-achemenide persiano zurvanita che - coerentemente con la concezione della ciclicità della storia, tipica della cultura persiana preislamica - credeva in un'azione "ordinatrice" di una divinità, cui si sarebbe contrapposta l'opera di una divinità disordinatice, disgregatrice, distruttrice. Da questo confronto dialettico fra Caos e Cosmos si produrrebbe la vita e il ciclico divenire storico che muoverebbe l'universo dal caos al cosmo per quindi riprecipitare nel caos e in una successiva fase "cosmetica".

Eblaiti


Statuetta assira del dio El.
Il dio El si incontra tra le attestazioni più antiche nelle rovine della biblioteca reale di Ebla, presso il sito archeologico di Tell Mardikh, in Siria, che data tra il 2600 e il 2300 a.C., poi distrutta dagli Assiri.

Protosinaitici

Un'antica iscrizione in protosinaitico rinvenuta sul Monte Sinai reca le parole ’lḏ‘lm (El id 'olam), interpretate come ’il ḏū ‘ôlmi, cioè "El l'Eterno" o l'"Eterno Dio". Il dio egizianoPtah recava invece il titolo di ḏū gitti "El di Gath", cioè "Dio" o "Signore di Gath", città Filistea, in una stele rinvenuta a Lachish e databile al regno di Amenhotep II (14351420 a.C. circa). Il medesimo titolo appare anche nel testo Serābitṭ 353. Lo stesso Cross, nei suoi studi, sottolinea come Ptah sia di frequente chiamato "Signore dell'Eternità", similmente all'El del Sinai.

Ittiti

In talune iscrizioni ricorre il nome di 'Ēl qōne 'arṣ, cioè di "'El creatore della Terra", includendo anche un'iscrizione molto più tarda rinvenuta a Leptis Magna, in Tripolitania, e databile al II secolo (KAI. 129). Lo stesso titolo ricorre anche nei testi ittiti con la crasi Ilkunirsa, che appare essere marito di Asherdu (Asherah) e padre di 77 od 88 figli.

Hurriti

In un inno hurrita ad El[1] egli appare chiamato anche ’il brt e ’il dn, tradotto rispettivamente come "El dell'alleanza" ed "El il giudice"[2].

Amorrei

Iscrizioni amorree rinvenute a Zinčirli e con riferimento a numerose divinità, a volte citate per nome, altre per titolo, riportano con frequenza la radice il nome di El nella sua forme Il, inteso come "dio". In particolare compaiono titoli come ilabrat "dio delle genti", il abīka "dio dei tuoi padri", il abīni "dio di nostro padre" e simili. Sono riportate anche numerose genealogie divine, con i nomi divini elencati secondo una particolare famiglia o clan, ancora a volte per nome ed altre per titolo, sempre includendo la radice Il. Negli stessi nomi di persona degli Amorrei gli elementi più comuni in riferimento alla divinità erano IlHadad o Adad e Dagan. E si ritiene che Il-El possa essere assimilato a quella stessa divinità suprema Martu che in accadico veniva resa con il nome di Illu-Amurru o Amurru.

Ugariti

Ad Ugarit tre liste di divinità ritrovate nel sito archeologico iniziano citando El ed i suoi tre figli, DagnuBa'l e Ṣapān, attribuendo a questi quattro dei il titolo di ’il-'ib, che sembra essere il nome di un generico titolo di divinità forse correlata agli antenati divinizzati del popolo ugaritico[3]. Tuttavia nella città si trovavano un grande tempio dedicato a Dagnu ed un altro grande tempio dedicato al fratello Ṣapān, ma nessuno dedicato al terzo fratello Ba'l e soprattutto nessuno dedicato ad El.
Al dio supremo El ci si riferisce ripetutamente con l'epiteto Ṯôru ‘Ēl ("El il toro" o "Dio-toro"). Egli reca i titoli di bātnyu binwāti ("creatore delle creature"), ’abū banī 'ili ("padre degli dei"), ‘abū ‘adami ("padre dell'uomo") e qāniyunu ‘ôlam ("creatore eterno"). Quest'ultimo epiteto ‘ôlam ricollega ancora una volta El alla divinità sinaitica El-Ptah. Egli è inoltre ḥātikuka ("il tuo patriarca") ed è rappresentato come un anziano saggio dalla barba bianca. Altri suoi titoli sono quelli di malku ("re"), ’abū šamīma ("padre degli anni") e lṭpn, termine di incerto significato, variamente reso come LatpanLatipan o Lutpani, col possibile significato di "dalla faccia velata". Infine egli è ’ēl gibbōr ("El il guerriero").
Il misterioso testo ugaritico di Shachar e Shalim racconta come El, probabilmente agli inizi dei tempi, giunse sulla riva del mare, dove vide due donne che galleggiavano e ne fu sessualmente attratto, prendendole con sé. Uccise quindi un uccello lanciandogli contro un bastone, arrostendolo sul fuoco, e chiese dunque alle donne di avvertirlo quando sarebbe stato completamente cotto e di rivolgerglisi come ad un padre o ad un marito e che lui si sarebbe di conseguenza comportato nel modo secondo il quale lo avrebbero chiamato. Quelle lo salutarono quindi come marito e giacquero con lui, dando alla vita Shachar ("alba") e Shalim ("tramonto"). Poi ancora una volta El giacque con le sue mogli e queste partorirono gli "dei graziosi", "figli del mare". I nomi di queste mogli non sono espressamente citati, ma alcune confuse descrizioni all'inizio del racconto fanno riferimento alla dea Athirat, che è altrimenti nota come la moglie prediletta di El, e alla dea Rahmay ("misericordiosa"), altrimenti sconosciuta.
Ancora, nell'ugaritico ciclo di Baal, El viene descritto abitare sul (o nel) monte Lel (forse col significato di "notte"), presso le sorgenti di due fiumi che scaturiscono da due caverne. Vive in una tenda, in accordo con alcune interpretazioni del testo, il che spiegherebbe perché non si trovi un suo tempio in Ugarit. Per quanto riguarda i due fiumi che sorgono da due caverne, questi potrebbero riferirsi a veri corsi d'acqua o alle mitologiche sorgenti sotterranee dell'acqua salata del mare e dell'acqua dolce dei fiumi oppure delle acque terrestri e delle acque celesti. Nell'episodio del Palazzo di B‘al, il dio B‘al invita i 70 figli di Athirat ad una festa nel suo nuovo palazzo: presumibilmente questi figli sono stati dati ad Athirat da El, in quanto nei successivi passaggi vengono descritti - tutti o parte di essi - come ’ilm ("dei"). Il soli figli di El nominati individualmente nei testi ugaritici sono Yam ("mare"), Mot ("morte") e Ashtar, che sembra essere a capo della maggior parte dei figli di El. Il fatto che Ba‘al appaia come figlio di El piuttosto che come figlio di Dagnu, come è normalmente riconosciuto presso gli altri popoli, probabilmente è dovuto al fatto che El si trova in posizione di "padre" di tutta la famiglia degli dei.
Il frammentario testo RS 24.258 descrive poi un banchetto al quale El invita gli altri dei, mettendosi però da sé stesso in ridicolo divenendo oltraggiosamente ubriaco e svenendo dopo essersi confrontato con un altrimenti sconosciuto Hubbay, "lui che ha le corna e la coda". Il testo termina con un incantesimo per la cura di alcuni malanni e forse della stessa sbornia.

Attestazioni successive


Maschera cerimoniale fenicia raffigurante il dio El.

Fenici

Anche un amuleto fenicio del VII secolo a.C. rinvenuto ad Arslan Tash sembra riferirsi ad El. Rosenthal (1969, p. 658) ne tradusse il testo come segue:
« Un eterno legame è stato stabilito per noi. Ashshur lo ha stabilito per noi, e tutti gli esseri divini e la maggioranza del gruppo di tutti i santi, con il vincolo del cielo e della terra, per sempre, ... »
Lo stesso testo risulta però traducibile anche come segue[4]:
« L'Eterno ha compiuto un giuramento di alleanza con noi, Asherah ha fatto [un patto] con noi. E con tutti i figli di El, e con il Gran Consiglio di tutti i santi. Con il giuramento del cielo e della terra antica. »
Ricavandone un evidente riferimento all'epiteto protosinaico di El-Ptah. Egli è inoltre considerato ancora una volta padre di Dagan, a sua volta identificato come padre di Baal, il principale tra gli dei fenici. Esiste inoltre la possibilità che El sia identificabile con quello stesso Baal-Ammone che era adorato come suprema divinità nella colonia fenicia di Cartagine.

Cananei

Per gli abitanti di CanaanEli o Il era la suprema divinità, padre dell'umanità e di tutte le specie. Ad un certo punto sembra divenire un dio del deserto, dato che i miti lo descrivono avere due mogli, con le quali costruisce un santuario nel deserto assieme ad un suo nuovo figlio. El è considerato ancora una volta padre di numerosi dei, i più importanti dei quali sono Hadad, Yaw e Mot, rispettivamente signori del cielo (e del tuono, del fulmine e delle tempeste), del mare (e del terremoto) e dell'oltretomba.
El è talora mostrato come un vecchio seduto su un trono, con una grande barba bianca e due ampie corna di bue sovrastanti la testa. Qualche studioso ipotizza che El possa essere stata la personificazione dell'antenato totemico della tribù, la cui forza generativa portò a elaborare l'idea che egli fosse di conseguenza il creatore di ogni cosa.

Risultati immagini per god el

El biblico


Il tetragramma biblico rappresentante il nome impronunciabile del Dio della Bibbia
Nella Tanakh ebraica, El è uno dei nomi coi quali viene citato il dio biblico Yahweh.

Ipotesi sull'origine del dio biblico

I legami tra il dio semitico El ed il dio dell'Antico Testamento sono numerosi, a partire dalla raffigurazione stessa che, malgrado la riottosità dell'Ebraismo a rappresentare l'Essere Supremo, si dà di Dio, il quale appare immaginato come un vecchio seduto sul trono.
Il fatto poi che l'El di Ugarit avesse un figlio di nome Yam ha indotto qualche studioso[5] a ipotizzare un'affinità tra il figlio dell'El ugaritico e lo Yahvè ebraico: attestazione forse di una situazione politeistica ebraica in età pre-monarchica e monarchica, evolutasi poi in monoteismo.
Secondo alcune ipotesi popolazioni semitiche provenienti dalla Siria e residenti in Egitto durante il II millennio a.C., identificarono forse El col Dio unico Aton, sotto il regno del faraone Akhenaton. Allo stesso modo per cui Aton era considerato il creatore e generatore di tutti gli altri dèi del pantheon egiziano, così El sarebbe stato considerato il creatore degli dèi minori cananei cioè gli Elohim. Si addita come prova di questa identificazione il Salmo biblico numero 104 che ricorda l'Inno ad Aton scritto dal faraone Akhenaton, scritto solo su una tavoletta di argilla nel sito archeologico di Tell-el-Amarna, rimasta sepolta e ignorata sin dal tempo di quel faraone. Questa prima identificazione avrebbe favorito la diffusione del suo culto tra i seguaci di Aton dopo la restaurazione religiosa e in questo modo si potrebbe forse spiegare una genesi del Dio di Mosè da Aton. Per quanto riguarda il fatto che El sarebbe il padre di altri dei, gli Elohim, divinità minori maschili citati spesso nella Bibbia, occorre però tener presente che secondo alcuni l'uso di un simile plurale sarebbe né più né meno che una forma di "pluralis maiestatis", in realtà ci sono chiari riferimenti che indicano l'effettiva presenza di più elohim, diversamente, per riferirsi alla divinità siro-cananea di Baal (Signore, Padrone), si usava il plurale di rispetto "Ba‘alim", o per Astarte si parlava di "Astarti" (Giudici 10:6).
Nell'ambito di un tentativo di unificazione di Israele, fatto dal Re Giosia nel VII secolo a.C., si sarebbe identificato El, Dio creatore di Israele, con IHWH, il Signore degli eserciti, Dio nazionale di Giuda. A tal fine altre ipotesi affermano che sarebbe stato scritto un libro di propaganda religiosa che unificava le genealogie delle tribù d'Israele e che in seguito sarebbe diventato la sacra Bibbia. Tutto ciò appartiene al campo delle pure ipotesi, mentre è più difficilmente contestabile il fatto che El e Yahweh abbiano caratteristiche assai diverse fra loro, pur rappresentando entrambi il Dio Padre creatore, unico e onnipotente.[6]
Secondo altre ipotesi invece El sarebbe legato agli aspetti mistici dell'Ebraismo, al profetismo e alla Cabala, tipiche tutte di una società ancora fortemente legata al nomadismo d'origine, mentre Yahweh sarebbe legato all'osservanza della Legge divina, al patto con Dio e alla circoncisione, allo studio della Torah e, quindi, a una concezione religiosa tipica dei modelli societari caratterizzati da sedentarismo.
La medesima radice <ˤ-l-h>, da cui deriva il nome El, origina in arabo il termine Allah (articolo determinativo "al" + ˤ-l-h), il Dio unico dei musulmani, e ilāh (divinità generica).

Note

  1. ^ Ugaritica V, documento RS 24.278
  2. ^ Cross (p. 39)
  3. ^ Cross [1973; p. 14]
  4. ^ Cross (1973, p. 17)
  5. ^ Cazelles e Garbini
  6. ^ Israel Finkelstein and Neil Asher Silberman, Le tracce di Mosè, 2001.



Bibliografia

  • Bruneau, P.: Recherches sur les cultes de Délos à l'époque hellénistique et à l'époque imperiale, E. de Broccard, 1970, Parigi.
  • Cazelles, H.: "Mari et l'Ancien Testament", in XVe Rencontre Assyriologique Internationale (La Civilisation de Mari Liegi, 1966), Parigi, 1967, pp. 82–86.
  • Cross, Frank Moore (1973). Canaanite Myth and Hebrew Epic. Cambridge, Mass., Harvard University Press. ISBN 0-674-09176-0.
  • Messod e Sabbah Roger: I Segreti dell'Esodo, Tropea Editore, 2005
  • Finkelstein Israel e Silberman Neil A.: Le tracce di Mosè. La Bibbia tra storia e mito, Carocci, 2002
  • Garbini, C.: Storia e ideologia nell'Israele antico, Brescia, 1986.
  • Grottanelli, C.: "La religione di Israele prima dell'Esilio", in: Storia delle religioni. 2. Ebraismo e Cristianesimo, a cura di G. Filoramo, Roma, 1995.
  • Rosenthal, Franz (1969). "The Amulet from Arslan Tash". Trans. in Ancient Near Eastern Texts, 3rd ed. with Supplement, p. 658. Princeton: Princeton University Press. ISBN 0-691-03503-2.
  • Teixidor, James (1977). The Pagan God Princeton: Princeton University Press. ISBN 0-691-07220-5

Cito come fonte anche questo interessante articolo di Antonio Lombatti, presso il sito http://www.antoniolombatti.it/B/Blog09-08/Voci/2008/9/16_Yahweh_was_one_of_the_sons_of_El.html

BIBBIA MANIPOLATA: YAHWEH ERA UNO DEI FIGLI DI EL
 
YAHWEH WAS ONE OF THE SONS OF EL
MARTEDÌ 16 SETTEMBRE 2008

 
Vi racconto brevissimamente come è stata manipolata e poi cancellata una frase nel Deuteronomio, che dimostra come gli Israeliti considerassero Yahweh inferiore a El. Ma non solo: il Dio del monoteismo ebraico e cristiano era un figlio di El. Andiamo con ordine.

Il testo ebraico (Deut. 32,8-9) recita:

בְּהַנְחֵל עֶלְיוֹן גּוֹיִם,  בְּהַפְרִידוֹ בְּנֵי אָדָם;  יַצֵּב גְּבֻלֹת עַמִּים,  לְמִסְפַּר בְּנֵי יִשְׂרָאֵל.  כִּי חֵלֶק יְהוָה, עַמּוֹ:  יַעֲקֹב, חֶבֶל נַחֲלָתוֹ. 

Quando l'Altissimo (עליון, Elyon, ovvero El) divideva i popoli,
quando disperdeva i figli dell'uomo,
egli stabilì i confini delle genti
secondo il numero degli Israeliti.
Perché porzione del Signore (יהוה, Yahweh) è il suo popolo,
Giacobbe è sua eredità.

Se guardiamo il testo ebraico non troviamo «il numero degli Israeliti», ma בני ישראל, cioè «figli di Israele». Ma anche questo non è corretto. 

Abbiamo due testimonianze letterarie certe su come si presentasse la frase originaria: la Septuaginta, ovvero la traduzione in greco dell’Antico Testamento, e due frammenti quamranici che commentano proprio il Deuteronomio.

I manoscritti greci più antichi presentano υἱῶν θεοῦ, ovvero «figli di Dio (El)». Il che è confermato dal frammento 4QDeutq che dice «figli di Dio (El)» (בני אל) e 4QDeutj ancora «figli di Dio (El)» (בני אלהים). E uno di questi figli, Yahweh, aveva ricevuto Israele in dono dal padre. 

Poi, sono arrivati i censori e i manipolatori del testo. Che da empio e politeistico è stato trasformato in sacro e monoteistico.

---------------------------------------

Mark Smith proves (p. 143) beyond doubt how the original text of Deut. 32:8-9 had «sons of El». And Yahweh was one of his sons. The passage presents a cosmic order in which each deity received its own nation. Israel was the nation which Yahweh received, yet El was the head of the original Israelite pantheon and Yahweh one of its members.

Thus, the orginal text (בני אל found in Qumran scrolls and υἱῶν θεοῦ in the oldest LXX manuscripts) was removed and manipulated, so that an unholy and polytheistic reference turned 
out to be a holy and monotheistic certainty.