venerdì 6 gennaio 2017

Lo Jihadismo e le sue componenti più pericolose

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Jihadismo (o "gihadismo"[1]) è il nome usato per descrivere un fenomeno terroristico armato che invoca il principio-dovere islamico del jihād, alla luce - estremamente riveduta - del pensiero più radicale del cosiddetto "fondamentalismo islamico".
Il termine "gihadismo" (in araboسلفية جهادية‎, Salafiyya jihādiyya) è stato coniato nel XXI secolo per indicare i movimenti insurrezionalisti ed eversivi manifestatisi già con lo spettacolare assassinio, nel XX secolo, del Presidente della Repubblica egiziano Anwar al-Sadat nel corso di una parata militare, poi esplosi in maniera drammatica con le prime azioni di al-Qa'ida a Nairobi e Dar es Salaam, con gli attentati dell'11 settembre 2001 e l'intervento militare armato in Iraq degli Stati Uniti e dei suoi alleati contro il regime dittatoriale di Saddam Hussein nel 2003.
Con questo termine si indicano, tuttavia, anche i fenomeni relativamente meno appariscenti delle forme di lotta condotta in alcuni Paesi islamici dai cosiddetti Mujahidin (guerriglieri armati).
Il gihadismo pretende di rifarsi al movimento ideologico e culturale della "rinascita islamica" degli ultimi anni del XIX secolo e dei primi del XX, che viene anche definito salafismoNahda o Riformismo islamico, degenerato nel secondo dopoguerra nel Qutbismo (le cui linee furono ispirate al pensiero del Fratello Musulmano egiziano Sayyid Qutb), che conobbe un improvviso sviluppo e una notevole capacità di reclutamento a seguito dell'invasione militare sovietica in Afghanistan nel 1979.
Uno studio pionieristico in materia è stato quello di Gilles Kepel, che studiò nel suo Le Prophète et Pharaon la formazione del pensiero gihadista egiziano all'epoca di Sadat.[2]
Il gihadismo ha un obiettivo internazionale panislamico, tanto da essere anche chiamato gihadismo globale. Ha una precisa matrice sunnita e dagli inizi del XX secolo ha assunto uno spiccato orientamento violentemente anti-sufi, anti-ahmadi e anti-sciita, in totale contrasto perciò con l'orientamento ideologico, giuridico e culturale del sunnismo ortodosso, che ha giudicato da oltre un millennio lo sciismo una variante erronea dell'Islam ma pur sempre all'interno del suo sistema dogmatico e giuridico di valori.

Terminologia

Exquisite-kfind.pngLo stesso argomento in dettaglio: Jihad.
Il termine "jihadismo" è stato usato verso il 2000, quando era chiamato anche "Jihadismo salafita",[3] per essere semplificato in "jihadismo",[4] per la prima volta dai media indiani e pakistani.

Storia


Mujahidin in preghiera nella Provincia di Kunar (Afghanistan) nel 1987.

Movimenti precursori

Il gihadismo auspica che in tutto il mondo sia restaurato un califfato universale, anche se più concretamente si interessa dei problemi areali del Vicino e Medio Oriente musulmano, sia attraverso azioni "esemplari" di cruento terrorismo, sia di guerriglia e, da ultimo, cercando di costituirsi una base territoriale in una parte dell'Iraq e della Siria, tramite Daesh (il cosiddetto ISIS (poi semplicemente IS, e ISIL).
Approssimativi precedenti del fenomeno sviluppatosi nel XX secolo possono essere rintracciati già nel XIX secolo, quando ancora possente era il dominio delle potenze coloniali europee. Prodromi del fenomeno, che non ebbe tuttavia le caratteristiche strutturali del terrorismo più sanguinario del XX secolo, quanto piuttosto quelle dei movimenti patriottici anti-coloniali, possono essere considerati:
l'Islamismo moderno conta un certo numero di "jihad" armati, sviluppatosi a partire dagli anni venti, sempre con un preciso orientamento ideologico anti-colonialistico, tra cui:
Diversamente devono essere considerati quei fenomeni di contrasto violento, anche terroristico, intervenuti dopo l'auto-proclamazione nel 1948 dello Stato d'Israele e l'insorgere di quella che viene ancora eufemisticamente definita "questione palestinese". Il ricorso ad azioni estreme di contrasto allo Stato israeliano, cominciarono a essere espletate verso gli anni ottanta, ma la matrice ideologica delle organizzazioni di resistenza palestinese non ebbe, per lungo tempo, alcuna coloritura confessionale islamica.

Revival islamico e Salafismo (dal 1990)

Exquisite-kfind.pngLo stesso argomento in dettaglio: Salafismo.
Il termine gihadismo ha cominciato a essere usato nel XXI secolo, ma la prima azione coerente con tale ideologia fu quella portata a segno il 3 luglio del 1977 contro il ministro egiziano dei beni Waqf, Muhammad Husayn al-Dhahabi, dal movimento clandestino armato salafita e jihadista "al-Takfīr wa l-Hijra" (Scomunica e allontanamento [dal paganesimo]). All'assassinio seguì quello, ancor più clamoroso, del Presidente egiziano Anwar al-Sādāt, perpetrato al Cairo il 6 ottobre 1981, nel pieno di una sfilata militare, per mano di un militante della cellula - attiva all'interno delle Forze armate egiziane - della stessa "al-Takfīr wa l-Hijra", significativamente chiamata "al-Gihād", di cui il massimo teorico era Shukrī Muṣṭafā,[5] fuoriuscito anni prima dalla Fratellanza Musulmana, giudicata troppo moderata.
Un opuscolo attribuibile allo stesso Shukrī Muṣṭafā, dall'eloquente titolo L'obbligo assente (al-farīḍa al-ghayba), ricordava pressantemente che il jihād costituisce un preciso e ineludibile obbligo per qualunque buon musulmano che abbracci l'Hanbalismo sunnita. L'obbligatorietà del gihād - proseguiva l'opuscolo - era da troppo tempo trascurata di fatto dai musulmani, soggetti a un crescente effetto "estraniante" dalla società globalizzata dall'Occidente "crociato ed ebraico", tornata al paganesimo per colpa delle società secolarizzate, solo nominalmente musulmane, costituitesi dopo la fine del dominio coloniale occidentale.[6]
Un fondamentale sviluppo fu costituito in Afghanistan dall'invasione sovietica del Paese centrasiatico
Qui i servizi di sicurezza statunitensi costituirono un folto "database" (in arabo al-qāʿida) che raccoglieva i nominativi di quanti volontariamente intendevano battersi contro i sovietici, a prescindere dalla loro nazionalità. 
Questi Mujāhidīn (lett. "combattenti del gihād") furono addestrati e riforniti di armi dagli USA, nel riuscito tentativo di ostacolare lo sbocco al mare dell'Unione Sovietica e d'impedire in quelle regioni il potenziale (anche se improbabile) affermarsi nel mondo islamico dell'ideologia del marxismo-leninismo, per quanto profondamente "riveduta" dall'URSS.
Tenendo sempre ben presenti a livello dottrinario le considerazione di Sayyid Qutb e di Muḥammad ʿAbd al-Salām Faraj, i combattenti della guerra in Afghanistan passarono dalla teoria alla pratica, cogliendo insperati successi e guadagnandosi l'attenzione di una parte importante dell'opinione pubblica islamica. Il protratto impegno contro i sovietici in Afghanistan (1979–1989) si pensa abbia "amplificato le tendenze gihadiste, trasformando un fenomeno sostanzialmente marginale in una realtà non più trascurabile nel mondo musulmano.[7]
Combattere comportò un'approfondita pratica di armi, di tecniche di combattimento e di guerriglia e portò a sviluppare sempre più le capacità organizzative e quelle di una concreta leadership. ʿAbd Allāh Yūsuf al-ʿAzzām sviluppò tecniche avanzate di propaganda per la causa afghana.
Dopo la conclusione della guerra, i gihadisti veterani tornarono nei loro Paesi di provenienza, dall'Algeria alla Bosnia, dall'Egitto alla Cecenia, creando una "corrente gihadista transnazionale".[8]
In qualche misura, sia pure con differente intensità, se ne colsero i risultati nei sottostanti conflitti, ancora in corso:

Lo stravolgimento gihadista della tradizione islamica


Una bandiera nera, usata dai Mujahidin arabi in Cecenia nel 2002, su cui campeggia l'espressione coranica al-jihād fī sabīl Allāh sopra il takbīr e due scimitarre incrociate.
Partito dalla ben nota posizione passatista - alimentata dal mito dell'"età dell'oro" islamica, che considera come la migliore storia concessa da Allah al mondo quella della prima Umma in cui agirono Maometto, i suoi Compagni e i suoi Seguaci - il gihadismo ha lentamente ma progressivamente innovato una parte non trascurabile del tragitto giuridico islamico sunnita maturato in oltre 14 secoli di storia.
Secondo lo studioso d'Islamistica e di Storia del mondo islamico Rudoph Peters,[9] i musulmani tradizionalisti hanno ad esempio copiato "frasi dei lavori classici sul fiqh" relativi al jihad, dando loro però un nuovo significato, grazie alla liceità d'interpretazione dei testi sacri concessa al singolo dal sistema islamico, in cui è notoriamente assente qualsiasi forma di "Chiesa docente" e d'intermediazione tra Allah e ogni sua creatura.
I musulmani modernisti - secondo Peters - "enfatizzano gli aspetti difensivi del jihād, considerandolo alla stessa stregua del bellum justum nel moderno diritto internazionale; e i fondamentalisti (Abul Ala MaududiSayyid QutbʿAbd Allāh Yūsuf al-ʿAzzām, etc.) lo considerano senza ipocrisia come una lotta per l'espansione dell'Islam e la realizzazione degli ideali islamici".[10]
Se al-Qāʿida è rimasta, tutto sommato, all'interno di quella matrice islamica estremistica, che ha prodotto nel passato tante organizzazioni che, con grande disinvoltura, hanno impiegato il jihād per affrontare e risolvere problemi e tensioni di banale matrice politica ed economica, l'azione di organizzazioni quali Boko Haram o Daesh ha invece prodotto notevoli cambiamenti radicali e del tutto sconosciuti al contesto giuridico e morale dell'Islam.

Il divieto del gioco del calcio

Boko Haram ha così imposto, nelle regioni della Nigeria da esso controllate, il divieto categorico del gioco del calcio,[11] verso il quale non s'era di fatto mai espresso in passato negativamente il complesso dei dotti musulmani, con la vistosa eccezione del salafita egiziano Yāser al-Burhāmī e di una sua fatwa di biasimo per il gioco del pallone. Yāser al-Burhāmī si è anche messo in mostra per un'altra sua fatwa in cui, esasperando l'atteggiamento assai severo di Ibn Taymiyya nei confronti dei cristiani, egli condannava gli autisti di trasporti pubblici e di taxi egiziani che non avessero rifiutato di trasportare preti copti verso le loro chiese,[12] non mancando di giudicare addirittura "infedeli" i copti, in totale spregio per la tradizione giuridica islamica, più volte ribadita in 1400 anni, circa la "liceità" del culto cristiano e la "protezione" accordata ai loro fedeli, pur assoggettati economicamente e politicamente ai musulmani.

Il divieto della musica, del canto e del fumo

La "riscrittura" dell'ortoprassi[13] islamica da parte dei gihadisti non si è limitata tuttavia al solo gioco del calcio ma ha coinvolto anche il canto, la musica (salvo il devoto canto religioso definito nashīd)[14] e il consumo di tabacco. Problema quest'ultimo che già s'erano posti i neo-hanbaliti alla fine del XIX secolo, prima che la stragrande maggioranza dei dotti musulmani non ne dichiarasse invece lecito il consumo, in quanto non omologabile al consumo di droghe, vietate senza esitazioni dalla tradizione islamica tutta, in quanto alterante lo stato vigile della coscienza.
Indifferente a tutto ciò, lo Shaykh saudita wahhabita, Muḥammad al-ʿUthaymin, stilò a suo tempo una fatwa in cui si pronunciava in modo intransigente contro il consumo del tabacco[15]

La riscrittura del diritto bellico

Una profonda eversiva rivisitazione giuridica ha riguardato il diritto bellico islamico, così come esso si è stratificato in oltre 14 secoli di storia.
Malgrado inevitabili contraddizioni, il principio sempre sostanziosamente rispettato di non coinvolgere mai direttamente negli scontri donne, vecchi e bambini è stato progressivamente ignorato dai gihadisti sui vari teatri d'azione in cui la loro violenza ha avuto modo di esprimersi, fossero o meno presenti musulmani, qualificati in modo autoassolutorio come "apostati" (murtadd') per non essersi ribellati alle autorità giudicate solo nominalmente islamiche e bollate come "giahilite".È questa la motivazione addotta dai gihadisti quando uccidono la popolazione inerme musulmana, fino dai tempi in cui il GIA algerino[16] massacrava gli abitanti dei villaggi,[17] rei soltanto di non essersi ribellati al regime militare e di non aver infoltito i ranghi del Gruppo Islamico Armato e quindi, nei fatti, di non essere più veri musulmani, bensì apostati, ai quali la giurisprudenza islamica ha sempre riservato la pena capitale.
In Iraq, in Siria, in Libia, in Algeria, in Tunisia, in Libano, in Egitto, in Nigeria, nel Mali, nel Ciad, nel Niger, in Arabia Saudita, in Yemen, in Kuwait, in Indonesia, nelle Filippine, in Pakistan, in Afghanistan, in Francia, nel Regno Unito, in Spagna, negli Stati Uniti e in vari altri Paesi, le bombe e le armi gihadiste hanno ucciso senza tenere nel minimo conto l'età e il sesso delle vittime.
La giurisprudenza islamica obbliga i combattenti a non abbandonarsi ad atti gratuiti di violenza e i due Ṣaḥīḥ di Bukhārī e Muslim riportano un gran numero di ʾaḥādīth che esortano i guerrieri a mantenere un simile atteggiamento, oltre a intimar loro di non coinvolgere nelle violenze belliche i non-combattenti, in modo specifico le donne, i bambini, i monaci cristiani le persone anziane e vecchie, i ciechi e i malati, a meno che costoro non contribuiscano comunque alla guerra in atto.[18]
Al contrario, il gihadismo espresso da Daesh o Boko Haram non fa alcuna differenza tra puberi e impuberi, tra uomini e donne, tra giovani e anziani.
Non solo vengono invece rapiti[19] o uccisi bambini,[20] donne e vecchi, ma si attua un forzoso arruolamento di bambini di ambo i sessi per fini bellici, trasformandoli persino in kamikaze,[21] come ad esempio accaduto il 22 febbraio del 2015 con una bambina della probabile età di otto anni, indotta a ciò da Boko Haram. Imbottita di esplosivo, la piccola si è fatta esplodere nel mercato nigeriano di Potiskum, falciando oltre a se stessa cinque persone e ferendone una quindicina,[22] reiterando il suicidio di una fanciulla di dieci anni circa e di una quindicenne, fattesi esplodere nello stesso mercato il 10 gennaio 2015, con la conseguente morte di 10 persone.
Il 16 maggio un terzo suicidio provocato di una bimba è stato portato a segno su indicazione di Boko Haram nel mercato di Damaturu, nel nord della Nigeria, con la conseguente morte di almeno sette vittime.[23]

Lo stravolgimento dello statuto della dhimma

Un ulteriore profondo cambiamento dell'assetto giuridico dell'Islam è quello relativo allo statuto della dhimma (il cosiddetto "Patto di Omar").
Nella coerente applicazione del disposto coranico che indica come preciso obbligo del musulmano garantire "protezione" ai sudditi fedeli di altre religioni che abbiano avuto in dono un Libro di origine celeste (TōrāhIngilAvestaVeda), tenuti solo a una precisa "sottomissione" politica e fiscale alla Umma islamica, i dhimmī hanno potuto vivere nella Dār al-Ḥarb, patendo alcune discriminazioni che non hanno però impedito loro di svolgere le proprie professioni "liberali", di praticare la propria fede, di gestire i propri beni mobili e immobili e di autoregolamentare il proprio statuto personale (matrimoniodivorzioeredità).
Il gihadismo ha stravolto tutto ciò, adottando norme violentemente afflittive, in particolar modo nei confronti di quelle minoranze religiose (come gli yazidi) che avevano convissuto per numerosi secoli, in modo più che accettabile, coi musulmani che circondavano i loro luoghi d'insediamento storici.

L'intolleranza verso i non-musulmani

I difficili rapporti con le comunità non-islamiche escluse dalla "protezione" accordata all'Ahl al-Kitab non sono un fenomeno recente.
Un moderno antecedente dei rapporti non semplici con la comunità Sikh dell'India si ebbe ad esempio già ai primi del XIX secolo, quando un campo armato fu organizzato da Sayyid Ahmad Reza Khan Barelvi dopo aver lasciato l'India per l'Afghanistan. Qui egli organizzò una base da cui lanciare offensive contro il potere dei Sikh del Punjab, prima di spostare la sua attenzione sui dominatori britannici.[24] Gli insegnamenti di Shah Waliullah ispirarono direttamente il jihād contro i Sikh tra il 1826 e il 1831.[25]
Contro gli Hindu basterà ricordare l'espressione "Hindu Kush" - riferita a quella regione dell'India nord-occidentale - che può essere tradotta il massacro degli Hindu. L'espressione deriva da quando gli Hindu cominciarono a essere tradotti davanti alle Corti di giustizia islamiche.[26] Aurangzeb supervisionò un libro intitolato Fatāwā al-Hindiyya ("Le fatwa indiane") che si occupavano del tema del Jihād.[27] Il Jihad riguarda anche la sollevazione del 2002 in Gujarat.[28]
Per quanto riguarda i rapporti col Buddismo, nel 1532 Sultan Said Khan lanciò un jihād contro i monaci buddisti. Egli grossolanamente credeva che Lhasa fosse la direzione della preghiera per tutti i cinesi e quindi decise di distruggere il loro massimo tempio. La spedizione gihadista fu comandata da Mirza Muhammad Haidar Dughlat.[29]
Contro gli ebrei esistono riferimenti al jihād da condurre contro di essi in alcuni ʾaḥādīth.[30] Ayman al-Zawahiri emise una fatwa sul jihād contro gli ebrei nel 1998.
Non fu invece un jihād quello condotto nel 627 a Medina contro la tribù dei Banu Qurayza.[31]

il Presidente Ronald Reagan s'incontrò con i capi dei Mujahidin afghani nell'Ufficio ovale della Casa Bianca nel 1983, quando gli apparve utile la loro cooperazione per contrastare militarmente l'Unione Sovietica.
Gli atei furono oggetto delle attenzioni dei gihadisti nel corso della guerra contro i Sovietici in Afghanistan,[32] su esortazione di vari musulmani fondamentalisti. I Mujahidin erano allora reclutati in buon numero in tutto l'ecumene islamico, e in modo particolare in EgittoPakistan e Arabia Saudita.[33] Il conflitto, in tal modo, non si limitò a essere una lotta contro l'occupazione straniera ma un vero e proprio jihād.[34]
Dopo il VII secolo il jihād non fu più proclamato. Esso tornò in auge nel XII secolo, all'epoca delle Terza Crociata, quando Saladino volle che si sottolineasse la "sacralità" di Gerusalemme[35] e tutta la portata etica, spirituale e fattuale del jihād, per consentirgli di ottenere una partecipazione motivata da parte dei suoi correligionari e dare così nuovo slancio alla lotta contro i Crociati,[36] fino ad allora praticamente trascurata dal mondo islamico estraneo all'area siro-palestinese direttamente coinvolta.[37]
Mentre ammassava le sue truppe, Saladino (allora agli ordini di Norandino) dette disposizioni ai dotti di insistere sul dovere di partecipare alla lotta contro i cristiani che avevano conquistato Gerusalemme nel 1099 e i frutti di quest'azione di propaganda furono colti nel 1187 con la vittoriosa battaglia di Hattin, che riconsegnò ai musulmani la terza città santa del sunnismo.

L'ostilità nei confronti dello sciismo

Forse il più completo allontanamento dalla tradizione islamica sunnita è stato operato dai gihadisti con la loro violenta ostilità nei confronti degli sciiti.
Nato come movimento puramente politico, per motivi legati alla successione califfale - che i filo-alidi pretendevano fosse riservato alla famiglia del Profeta, discendente dal matrimonio tra 'Ali ibn Abi Talib e Fatima bint Muhammad, rispettivamente cugino e figlia del Profeta Maometto - lo sciismo non "estremistico" (ghuluww, ossia "esagerato") è sempre stato considerato dal sunnismo come una variante, sia pur erronea, dell'Islam: giudizio che, a parti invertite, viene espresso in modo identico dagli sciiti nei confronti dei sunniti.
Malgrado episodici momenti di forte contrapposizione cruenta, lo sciismo ha sempre potuto prendere parte senza problema alcuno ai riti del Hajj, che coinvolgono La Mecca: cosa categoricamente interdetta invece da chi ha il controllo dei due Santuari islamici più importanti al mondo a quanti non sono ritenuti musulmani. Ciò appare chiaro alla luce delle esplicite dichiarazioni congiunte del 1959 del Grande Imam di al-Azhar, l'egiziano Mahmud Shaltut, e del Grande Ayatollah e Marjaʿ iraniano Sayyid Hossein Tabataba'i Borujerdi, guida della prestigiosa hawza (Seminario) di Qom, e di quanto è stato ribadito nel 2004, con ampio consenso di ʿulamāʾ sunniti e sciiti presenti, dal fondamentale Messaggio di Amman
Il gihadismo considera invece gli sciiti come eretici di cui, secondo la formula medievale, "è lecito versare il sangue".
A tal fine la guerra civile siriana è diventata esemplare, con il Fronte al-Nusra, che è il più numeroso gruppo gihadista qa'idista in Siria.[38] 
La Fratellanza Musulmana in Egitto ha invitato al jihād contro il governo siriano di Baššār al-Asad e contro i suoi alleati sciiti.[39]
 Alle sue spalle l'Arabia Saudita non manca di finanziare del tutto ufficiosamente qualsiasi operazione contro il governo siriano, peraltro dopo decenni d'indifferenza,[40] affiancata in questo (non meno ufficiosamente) dal Bahrain, dallo Yemen, dal Kuwait, dalla Tunisia, dalla Libia, dall'Egitto, dal Marocco, dalla Giordania, dalla Bosnia e da altre realtà sunnite, come la Cecenia, il Pakistan, l'Afghanistan e alcuni Paesi occidentali.[41] 
Tutta questa profonda trasformazione dell'assetto spirituale e giuridico dell'Islam, tradotto in fatti quanto mai eloquenti, ha fatto ipotizzare ad alcuni studiosi che il gihadismo non sia altro che una variante dell'originario Islam,[42] alla stessa stregua di alcune minuscole Chiese che, pur richiamandosi al cristianesimo, si sono in realtà da esso profondamente differenziate e allontanate, come ad esempio sembra essere il caso degli statunitensi Davidiani (1955) e della House of Yahweh (1974), anch'essa statunitense.

Note

  1. ^ Si veda ad esempio Patrizia Manduchi, Dalla penna al mouse. Gli strumenti di diffusione del concetto di ǧihād, Milano, FrancoAngeli, 2006, pp. 119 e passim.
  2. ^ DJIHADISME Une déclaration de guerre contre MoubarakCourrier International, 14 ottobre 2004; Islamismo radicale e gihadismo onlineLe Monde 28 settembre 2005.
  3. ^ Martin Kramer, Coming to Terms: Fundamentalists or Islamists?, in Middle East Quarterly, X, nº 2, Spring 2003, pp. 65–77. "French academics have put the term into academic circulation as 'jihadist-Salafism.' The qualifier of Salafism—an historical reference to the precursor of these movements—will inevitably be stripped away in popular usage. "Jihadist-Salafism" is defined by Gilles Kepel, Jihad: The Trail of Political Islam (Harvard: Harvard University Press, 2002), pp. 219-22; and Guilain Deneoux, "The Forgotten Swamp: Navigating Political Islam," Middle East Policy, June 2002, pp. 69-71."
  4. ^ Secondo Martin Kramer (2003).
  5. ^ Soprannominato "il profeta" (al-Nabī), contrapposto a Sādāt, giudicato un intollerabile tiranno, tanto da meritarsi il soprannome di "Faraone" (in arabo Fira'un), come ricorda Gilles Kepel nel suo Le prophète et Pharaon.
  6. ^ Non a caso tali società erano e sono ancora definite sprezzantemente "giahilite" (dal termine arabo Giahiliyya, che identifica il periodo preislamico, dominato nel mondo arabo dai culti pagani politeisti).
  7. ^ David Commins, The Wahhabi Mission and Saudi Arabia, I.B. Tauris, 2009, p. 174.
  8. ^ David Commins, The Wahhabi Mission and Saudi Arabia, I.B. Tauris, 2009, pp. 156-157.
  9. ^ Professore nel Dipartimento di Studi arabi e islamici dell'Università di Amsterdam, autore tra l'altro di Jihad in Classical and Modern Islam: A Reader, Princeton, Markus Wiener Publishers (Princeton Series on the Middle East), 1996.
  10. ^ Rudolph Peters, Jihad in Classical and Modern Islam: A Reader, Princeton, Marcus Wiener, 1996, p. 150.
  11. ^ [http://www.france24.com/en/20140619-boko-haram-war-world-cup-nigeria-jihadism-islam-muslim-football Servizio su France24.com su un attentato perpetrato nella cittadina di Damaturu (Nigeria) da Boko Haram nei confronti di spettatori della Coppa del Mondo di calcio: gioco considerato una "perversione occidentale" perché alimenterebbe gli antagonismi tra i musulmani, inducendoli ad ammirare degli "infedeli".
  12. ^ [1] Articolo sulla fatwa di al-Burhāmī.
  13. ^ Retto modo di agire.
  14. ^ ISIS bans music, imposes veil in Raqqa, in Al-Monitor, 20 gennaio 2014. URL consultato il 13 settembre 2014.
  15. ^ Il testo della fatwa di al-ʿUthaymin ostile al consumo di tabacco.
  16. ^ in araboالجماعة الإسلامية المسلّحة‎, al-Jamāʿa al-Islāmiyya al-Musallaḥa
  17. ^ Basterà ricordare il massacro di Benṭalḥa (in araboمجزرة بن طلحة‎, Majzara Ben Ṭalḥa) del 29 agosto 1997, con più di 250 vittime e quello di al-Rāʾīs (in araboمجزرة الرايس‎, Majzara al-Rāʾīs) del 23 settembre 1997, con oltre 500 persone assassinate.
  18. ^ Numerosi i lavori che hanno trattato l'argomento. Sarà sufficiente ricordare, oltre ai vari autori di opere giuridiche classiche, Willi Heffening (Das Islamische Fremdenrecht bis zu den islamisch-fränkischen staatsverträgen: Eine rechtshistorische studie zum fiqhHannover, Orientbuchhandlung Heinz Lafaire, 1925), Majid Khadduri (War and peace in the law of Islam, Baltimora, Johns Hopkins University, 1955) o Muhammad Hamidullah (Muslim conduct of state, Lahore, Muhammad Ashraf, 1954).
  19. ^ http://www.independent.co.uk/news/world/middle-east/isis-kidnaps-up-to-500-children-in-iraq-to-use-as-suicide-bombers-and-child-soldiers-10288989.html Articolo sul britannico The Independent.
  20. ^ http://www.khaleejtimes.com/kt-article-display-1.asp?section=middleeast&xfile=data/middleeast/2015/May/middleeast_May273.xml Sterminio di 400 tra donne bambini a Palmira da parte dei miliziani di Daesh
  21. ^ http://www.juancole.com/2015/05/soldiers-suicide-bombers.htmlBambini arruolati per diventare bombe umane, su Informed Comment.
  22. ^ Nigeria, Boko Haram colpisce ancora. Bimba si fa esplodere in un mercato: 5 morti - Repubblica.it
  23. ^ http://www.aljazeera.com/news/2015/05/girl-allegedly-detonates-bomb-nigeria-damaturu-150516140242922.html Articolo di Al Jazeera.
  24. ^ Landscapes of the Jihad: Militancy, Morality, Modernity, p. 36
  25. ^ Ayesha Jalal, Partisans of Allah: Jihad in South Asia, 2009, p. 57.
  26. ^ David J. Jonsson, Islamic Economics and the Final Jihad, 2006, p. 87.
  27. ^ David Cook, Understanding Jihad, 2005, 49
  28. ^ Irfan Ahmad, Islamism and Democracy in India, 2009, p. 14.
  29. ^ Johan Elverskog, Buddhism and Islam on the Silk Road, 2011, p. 174.
  30. ^ Ṣaḥīḥ di Muslim, 41:6985, 41:6981, 41:6982
  31. ^ Alfred GuillaumeThe Life of Muhammad: A Translation of Ibn Ishaq's Sirat Rasul Allah, Oxford University Press, 1955.
  32. ^ Fawaz A. Gerges, The Far Enemy: Why Jihad Went Global, 2009, p. 68
  33. ^ Mirza Aman, Aging Early: Collapse of the Oasis of Liberties, 2009, p. 47.
  34. ^ Joshua L. Gleis, Withdrawing Under Fire, 2011.
  35. ^ Emmanuel Sivan, "The Beginnings of the Faḍāʾil al-Quds Literature", in: Israel Oriental Studies, I (1971), Tel Aviv, pp. 263-271.
  36. ^ Emmanuel Sivan, "L’Islam et la Croisade. Esquisses pour des recherches futures", Parigi, A. Maisonneuve, 1968, pp. 1-37 e pp. 191-203, nonché "Le caractère sacré de Jérusalem dans l’Islam aux XIIe-XIIIe siècles", in: Studia Islamica, XXVII (1967), pp. 149-182.
  37. ^ Claudio Lo JaconoStoria del mondo islamico (VII-XVI secolo). 1. Il Vicino Oriente, Torino, Einaudi, 2003, pp. 310-312 ("L'indifferenza e la complicità").
  38. ^ Inside Jabhat al Nusra – the most extreme wing of Syria's struggletelegraph.co.uk, 2 dicembre 2012.
  39. ^ Maggie Fick, Egypt Brothers backs Syria jihad, slams Shi'ites, in Reuters, 14 giugno 2013.
  40. ^ Robert F. Worth, Saudis Back Syrian Rebels Despite Risks, in New York Times, 7 gennaio 2014.
  41. ^ Mark Hosenball, In Iraq and Syria, a resurgence of foreign suicide bombers, in The Economist, 1º maggio 2014.
  42. ^ Claudio Lo Jacono, "Il Jihadismo, una nuova fede", su L'Huffington Post (marzo 2015) [2].

Bibliografia

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  • Reza Aslan, Global Jihadism, VDM Verlag Dr. Mueller e.K., 2010, ISBN 978-3-639-25006-0.
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  • Jarret Brachman, Global jihadism: theory and practice, vol. 10 of Cass series on political violence, Taylor & Francis, 2008, ISBN 978-0-415-45241-0.The Devolution of Jihadism: From Al Qaeda to Wider Movement, Stratfor, 2010, ISBN 978-1-4537-4664-6.
  • Rik Coolsaet, Jihadi Terrorism and the Radicalisation Challenge in Europe, Ashgate, 2008, ISBN 978-0-7546-7217-3.
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  • Rüdiger Lohlker (ed.), Jihadism: Online Discourses and Representations, Vienna University Press, 2013, ISBN 978-3-8471-0068-3.
  • Rüdiger Lohlker (ed.), New Approaches to the Analysis of Jihadism, Vienna University Press, 2012, ISBN 978-3-89971-900-0.

Voci correlate

Contraddizioni e incoerenze

L'immagine può contenere: 2 persone, persone in piedi

Il femminismo e l'Islam si escludono a vicenda, è un'ovvietà, eppure se qualcuno prova a denunciare questa contraddizione viene linciato. E' così difficile, per chi sostiene il femminismo, essere coerente fino in fondo e riconoscere che la religione islamica ha una concezione patriarcale e subordinata della donna?

I White Helmets e il loro ruolo nella guerra in Siria

Elmetti bianchi. Ormai il Re è nudo, e anche le quinte colonne come LEFT

Si presentano come una speranza per tutti di fronte alla popolazione stremata. Per intenderci, fanno quello che i vigili del fuoco fanno in Italia e sono altamente addestrati al soccorso di ‘prima linea’ nelle zone ribelli.
Vi raccontiamo al di là di ogni retorica, le vere origini, cosa fanno, chi li finanzia e per quale scopo.
di Patrizio Ricci (Coordinamento Nazionale per la pace in Siria)
La Syria Civil Defense (SCD) ( i cui membri sono chiamati comunemente white-helmeted o elmetti bianchi in italiano) è una organizzazione civile finanziata dagli Stati Uniti e dal Syrian National Council (l’opposizione armata siriana, con sede a Istanbul , che nasce nel mese di agosto 2011 per combattere contro il governo di Bashar al-Assad) .
SCD viene fondata in Gran Bretagna e inizia la sua attività nel 2013, grazie a fondi statunitensi e britannici. Attualmente la sede principale è a Dubay.
L’organizzazione è costituita da gruppi di protezione civile di ‘prima linea’. Il gruppo dice di possedere un organico di circa 2.000 uomini (ma la cifra sembra eccessiva considerando che gli ‘elemetti bianchi’ SCD operano solo nelle zone occupate dai ribelli, cioè laddove la popolazione è scarsa).
Accanto all’attività di soccorso sul terreno, SCD abbina una fitta campagnia propagandistica tesa ad ottenere un intervento straniero contro il governo siriano.
I volontari vengono addestrati nella località di Adana in Turchia, dove è stata ricreata una zona di combattimento che simula l’ambiente di guerra dove i volontari andranno ad operare.
Il suo fondatore afferma che l’organizzazione è tenuta a salvare indifferentemente tutti: gente comune ma anche ribelli, soldati dell’esercito siriano e militanti dell’ISIS.
Il gruppo sconosciuto ai più, è stato tirato alla ribalta in Italia da Avvenire il 16 maggio 2015. Il quotidiano della CEI nell’articolo intitolato ”Sotto assedio – Aleppo, con i volontari all’opera tra le macerie” descrive l’attività dei volontari dei gruppi di soccorso nel modo seguente:
“Rischiano la loro vita per salvarne delle altre, in un contesto bellico in cui pietà e senso del limite paiono non avere più spazio. Sono i ‘Caschi bianchi’, dal copricapo dei volontari che portano avanti un servizio di protezione civile in un Paese in cui non esiste più nessun’agenzia di pubblico servizio. In sintesi, angeli”.

Le Mesurier ha compiuto missioni operative in Irlanda del Nord, in Kosovo ed infine in Bosnia. Successivamente ha lasciato l’esercito ha lavorato per le Nazioni Unite e poi l’Unione europea e infine ha abbracciato la causa umanitaria fondando l’organizzazione di protezione civile Syria Civil Defense (SCD).Il fondatore degli ‘elmetti bianchi’ è James Le Mesurier, un ex ufficiale dell’esercito britannico. Nato a Singapore e cresciuto in Inghilterra; dopo aver superato brillantemente la sua formazione militare presso la prestigiosa Royal Military Academy Sandhurst è stato destinato al reparto d’elites dei Royal Green Jackets – l’equivalente britannico dei Rangers americani .
Mark Ward, un alto funzionario del Dipartimento di Stato del governo degli Stati Uniti afferma che Washington ha fornito già 13 milioni di dollari per la formazione ai gruppi di potezione civile come white-helmeted :
E ‘una delle cose più importanti che possiamo fare per aumentare l’efficacia e la legittimità delle autorità civili nelle zone liberate della Siria” – dice ed aggiunge che il gruppo – “permette civili siriani di fare qualcosa di concreto di fronte alle atrocità del regime. Non c’è niente che metta insieme una comunità più sforzi per salvare la gente.” Insomma lo scopo politico è chiaramente ‘mettere insieme la comunità’ contro il regime toccando i sentimenti della gente”.
Alla luce di questi elementi certo non si può dire che l’organizzazione agisca ispirata da motivazioni ‘super partes’. Tuttavia, aspettiamoci nei prossimi giorni – è un classico – che altri giornali ne riparleranno ancora negli stessi termini: per Avvenire gli ‘elemetti bianchi’ aiutano chiunque, “senza fare differenza di religione o schieramento fra le vittime”.
L’articolo di Avvenire dice che ‘gli angeli’ ‘‘denunciano con la loro sola presenza i misfatti del regime di Damasco contro la popolazione disarmata, certo. Ma anche gli abusi dell’opposizione. Eppure, quando sono all’opera, non esitano a salvare gli uni e gli altri”.
Alla luce degli elementi dianzi descritti tale descrizione ci lascia molto scettici. SCD chiede la no fly zone in Siria e denuncia solo le bombe che cadono dalla loro parte ma non i crimini degli jadisti e dei ribelli.
Ad avvalorare il nostro scetticismo c’è tutta la fitta campagna indirizzata univocamente verso il governo siriano. Se ciò non bastasse, un filmato che mostra un gruppo di elemetti bianchi che assiste impassibile all’esecuzione di un ragazzo da parte di al-Nusra: un miliziano spara alla sua vittima, lo finisce con un colpo alla testa e poi gli elmetti bianchi ne trasportano via il cadavere.
Questo omicidio come ogni altro crimine compiuto dagli jadisti, contrariamente a quando dichiarato da Avvenire, non sono stati mai denunciati.
(Mettiamo qui il link ma avvertiamo che il filmato è cruento: http://www.liveleak.com/view?i=0a3_1430870428 )

Traffico illegale di esseri umani

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Le ONG contrabbandano immigrati in Europa?

Qualcosa di molto strano accade nel Mediterraneo
Gefira – South Front
Per due mesi, utilizzando marinetraffic.com, abbiamo monitorato i movimenti delle navi di proprietà di un paio di organizzazioni non governative e, utilizzando i dati di data.unhcr.org abbiamo tracciato l’arrivo quotidiano di immigrati africani in Italia. Abbiamo scoperto di essere testimoni di una grande truffa e di un’operazione di traffico illegale di esseri umani. ONG, contrabbandieri e mafia in combutta con l’Unione europea hanno spedito migliaia di clandestini verso l’Europa con il pretesto di salvarli, assistiti dalla guardia costiera italiana che ne coordina le attività. I trafficanti di esseri umani contattano la guardia costiera italiana per ricevere aiuto e raccogliere i loro dubbi carichi. Le navi delle ONG vengono dirette sul “luogo del soccorso”, anche se è ancora in Libia. Le 15 navi che abbiamo osservato sono di proprietà o affittate da ONG viste regolarmente salpare dai porti italiani in direzione sud, fermarsi a poche miglia dalle coste libiche, prendere il carico umano a bordo e naturalmente rientrare per 260 miglia in Italia, anche se il porto di Zarzis, in Tunisia, è solo a 60 miglia di distanza dal punto di salvataggio. Le organizzazioni in questione sono: MOAS (Migrant Offshore Aid Station), Jugend RettetStichting BootvluchtingMedici Senza FrontiereSave the ChildrenProactiva Open ArmsSea-Watch.org, Sea-Eye e Life Boat.
Le vere intenzioni dietro le ONG non sono chiare. Il loro movente può essere il denaro, che non sorprenderebbe se si rivelasse essere così. Possono anche essere politicamente pilotati; le attività dell’organizzazione di Malta, MOAS, che traffica persone in Italia, è la migliore garanzia che i migranti non appaiano sulla rive maltesi. MOAS è gestita da un ufficiale della marina maltese ben noto per maltrattamenti ai rifugiati (1). E’ anche possibile che tali organizzazioni siano gestite da ingenui “buonisti” che non sanno di servire da magnete per le persone provenienti dall’Africa e quindi, volenti o nolenti, causare altri morti, per non parlare delle azioni per destabilizzare l’Europa. Per quanto nobili siano le intenzioni di tali organizzazioni, sono criminali, come la maggior parte dei migranti che non può ricevere asilo, finendo per strada a Roma o Parigi, minando la stabilità in Europa aumentando le tensioni sociali a sfondo razziale. Bruxelles ha creato una legislazione particolare per proteggere i trafficanti di esseri umani dalle accuse. In una sezione dedicata a una risoluzione UE, intitolata Ricerca e salvataggio, il testo afferma che “proprietari privati di navi e organizzazioni non governative che assistono i salvataggi nel Mediterraneo non dovrebbero rischiare punizioni per tale assistenza“. (2)
Nei due mesi di osservazione, abbiamo monitorato almeno 39000 africani illegalmente contrabbandati in Italia con il pieno consenso delle autorità italiane ed europee.
Le navi utilizzate dalle ONG al largo delle coste libiche© Moas 2015 - Image Peter MerciecaLa Phoenix è una delle due navi della MOAS. La nave è regolarmente avvistata nelle acque territoriali della Libia. È registrata in Belize, Sud America. Tuttavia, la nave è di proprietà di maltesi che trasportano gli immigrati in Italia. Sito web: MOASfoto-emergencyLa Topaz Responder, un vascello di soccorso di 51 metri, ospita 2 lance di soccorso ad alta velocità. La nave è gestita assieme a MSF (e ad Emergency di Gino Strada. NdT). È uno dei tre traghetti che trasportano centinaia di persone alla volta. La nave è registrata nelle Isole Marshall. Sito web: MOAS

3x340630-k09c-600x337nwz-onlineLa Iuventa è registrata nei Paesi Bassi ed è di proprietà della ONG tedesca Jugend Rettet. Sito web: Jugend Rettet.stichting-bootvluchting2La Golfo Azzurro è utilizzata dall’olandese ‘Boat Refugee Foundation‘. Golfo Azzurro opera sotto la bandiera di Panama. La Fondazione trasporta rifugiati con la nave a un prezzo simbolico. Sito web: Bootvluchteling.Dignity I ready to bolster operations in the Mediterranean SeaLa Dignity 1 è registrata a Panama. Crediamo che la nave appartenga a Medici Senza Frontiere. Sito web: MSF.
msf147678La Bourbon Argos, nave di Medici Senza Frontiere. È una delle tre navi utilizzate per trasportare persone tratte da imbarcazioni più piccole in Italia. La nave è attualmente registrata in Lussemburgo. MSF2016-02-19t173113z_737741010_lr1ec2j1cnqnj_rtrmadp_3_europe-migrants-france_0La Aquarius è una delle tante navi gestite da Medici Senza Frontiere. È registrata a Gibilterra. Sito web: MSF.
eni-hires-vroons-vos-hestiaLa nave di ricerca e soccorso Vos Hestia, noleggiata da Save The Children, come molti vascelli delle ONG. è supervisionata dal sito della Guardia Costiera italiana: Save the Children.

livio-lomonaco-oscar-camps-badalona_1597050523_29619824_3189x2126L’Astral della Proactiva Open Arms. Abbiamo individuato l’Astral molte volte nelle acque territoriali libiche. La nave è scomparsa regolarmente dal monitoraggio dei siti web AIS. Sito web: Proactiva Open Arms.

seawatch1La Sea-Watch I è di proprietà di un’organizzazione di Berlino che collabora con Watch The Med, rete transnazionale di persone che combattono il regime di frontiera europeo, e chiedono il passaggio libero e sicuro per l’Europa. Sito web: Sea-Watch.
sea-watch_2_elbe-18-von-39-1La Sea-Watch II è di proprietà di un’organizzazione di Berlino che collabora con Watch The Med, rete transnazionale di persone che combattono il regime di frontiera europeo, e chiedono il passaggio libero e sicuro per l’Europa. Sito web: Sea-Watch.
L’Audur è registrata nei Paesi Bassi. Non sappiamo a chi appartenga.

sea-eye_0_1314947-940x1000La Sea-Eye è di proprietà della Sea-Eye-eV. Michael Buschheuer di Regensburg, in Germania, un gruppo di familiari e amici che ha fondato l’organizzazione non-profit di soccorso in mare. Sito web: Sea-Eye.
Lo Speedy è un motoscafo di proprietà della Sea-Eye-eV, ma è stato confiscato dal governo libico. Sito web: Sea-Eye.

minden-ausgedienter-seenotrettungskreuzerLa Minden è una scialuppa di salvataggio di proprietà di un’organizzazione tedesca. La nave è attualmente registrata in Germania. Sito web: Lifeboat.
Altre informazioni:
Ad ottobre abbiamo scoperto che quattro ONG raccolgono persone nelle acque territoriali libiche. Abbiamo la prova che questi contrabbandieri comunicano in anticipo le loro azioni alle autorità italiane. Dieci ore prima che gli immigrati lascino la Libia, la guardia costiera italiana dirige le ONG sul luogo di “salvataggio”: il completo resoconto “Colti sul fatto: le ONG gestiscono il traffico di migranti
L’organizzazione MOAS ha stretti legami con il famoso contractor militare degli Stati Uniti Blackwater, con l’esercito degli Stati Uniti e la marina maltese (e ricordo, anche con Emergency di Gino Strada). Resoconto: “Gli statunitensi della MOAS traghettano i migranti in Europa“.
Vi è una relazione completa sulle navi coinvolte: “L’Armada delle Ong che opera al largo delle coste della Libia” e come le persone sono incoraggiate a venire in Europa: “La strada della morte per l’Europa promossa sul web“.
Le ONG pro-immigrazionismo, impiegano materiale militare, come questo drone di fabbricazione tedesca.
Le ONG pro-immigrazionismo impiegano materiale militare, come questo drone di fabbricazione tedesca.
Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora

Genocidio armeno, greco, aramaico e assiro da parte della Turchia



Oltre alla repressione dei Curdi, la Turchia ha portato avanti, negli anni successivi alla fondazione della repubblica, un vero e proprio genocidio nei confronti delle popolazioni degli Aramei, degli Assiri, degli Armeni e dei Greci.