lunedì 26 settembre 2016

Le Rune e il loro significato

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L'alfabeto runico, detto "fuþark" (dove il segno þ corrisponde al suono th dell'inglese think), dalla sequenza dei primi 6 segni che lo compongono (*Fehu, *Uruz, *Þurisaz, *Ansuz, *Raido, *Kaunan), era l'alfabeto segnico usato dalle antiche popolazioni germaniche (come ad esempio VichinghiAngliJuti e Goti).

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Origini 
Importanti iscrizioni furono scoperte nell'area alpina e prealpina. Scritture simili furono usate per il Leponzio, il Retico e il Venetico; particolarmente simile all'alfabeto runico, è l'alfabeto di Lugano (o di Como), particolarmente noto per la stele di Prestino. Questa iscrizione è in un dialetto celtico, sebbene presenti possibili segni di un substrato ligure; è speculativo, ma non infondato, supporre che nell'Italia settentrionale dell'età del bronzo pre-celtica fossero parlate lingue agglutinanti non indeuropee, magari collegabili con le lingue tirreniche come il Lemnio e l'Etrusco, o addirittura con alcune lingue anatoliche e mesopotamiche. Altri esempi simili sono riscontrabili anche per le popolazioni Retiche, che abitavano a est-nord est di quelle dell'area compresa tra il Lago di Como e il Lago Maggiore, la loro lingua era molto differente (più vicina all'etrusco e alle lingue tirreniche) ma esistevano, evidentemente, scambi commerciali, guerre (Como fu rasa al suolo dai retici in epoca storica e ricostruita in pianura dai romani) e contatti culturali.
In Italia le uniche iscrizioni runiche risalgono al tempo dei normanni e si trovano nel sud della penisola in particolare nel Santuario di San Michele Arcangelo a Monte Sant'Angelo, in provincia di Foggia (Puglia).

Etimologia
Il sostantivo norreno rún, attestato nelle iscrizioni, indica i singoli segni del fuþark ed è conservato nelle altre lingue germaniche antiche con il significato di "segreto", "mistero"; ancora, nella lingua tedesca, il verbraunen significa "bisbigliare, sussurrare".  Le rune sono una delle più importanti istituzioni culturali e linguistiche comuni alle popolazioni germaniche. Va inoltre detto che le prime iscrizioni runiche (II e III secolo d.C.) sembrano mostrare una lingua essenzialmente unitaria, quasi senza particolarità dialettali che poi saranno i tratti distintivi delle lingue germaniche, dimostrando in questo modo che in questo periodo non era ancora avvenuta la seconda rotazione consonantica (zweite Lautverschiebung).

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Esecuzione

Il fuþark (si pronuncia Futhark) prende il suo nome dalle prime sei rune di questo cosiddetto alfabeto che però non venne usato solo per scrivere ma anche per usi esoterici, religiosi o per inviare dispacci segreti durante le battaglie, era inizialmente formato da 24 segni chiamati rune. Si conoscono evoluzioni successive del fuþark, diverse per numero e forma delle rune. La grafia delle singole rune, composte da linee rette, dipende dal fatto che spesso le incisioni erano effettuate su pietra, su legno od altre superfici dure a seconda del loro uso. L'inesistenza di tratti orizzontali è motivata dal fatto che nel primo periodo scrittorio i segni runici venivano incisi su legno: escludendo l'esecuzione di tratti orizzontali si evitava che i tratti coincidessero con le venature del tronco, evidentemente disposto orizzontalmente; in questo modo si evitavano possibili equivoci ed errori di lettura. I primi esempi risalgono alla fine del II secolo d.C. Il significato delle rune si può solamente intuire poiché non sono giunte documentazioni chiare che attestino cosa esse veramente stiano a significare sotto ogni punto poiché come detto prima potevano essere usate anche per altri fini non per forza inerenti alla vita di tutti i giorni. I significati delle rune vengono attribuiti dalla lettura di antichissimi scritti che trattano della mitologia nordica come l'Hávamál, o Edda poetica che è uno scritto di stralci di differenti origini, assemblati insieme per formare un lungo monologo che parla della vita di tutti i giorni, delle relazioni tra i sessi, delle rune e dei canti magici, con alcuni episodi mitologici inseriti nel discorso in qualità di esempio, antico testo di leggende e miti nordici che possiede una sua struttura archetipica collegata anche a storie vere dove simbolo e realtà si mischiano.

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Prima serie runica

Exquisite-kfind.pngLo stesso argomento in dettaglio: Fuþark antico.

Alfabeto

Il Fuþark antico (ca. 150800) era così composto:
ᚠ ᛫ ᚢ ᛫ ᚦ ᛫ ᚫ ᛫ ᚱ ᛫ ᚲ ᛫ ᚷ ᛫ ᚹ ᛫ ᚺ ᛫ ᚾ ᛫ ᛁ ᛫ ᛃ ᛫ ᛇ
ᛈ ᛫ ᛉ ᛫ ᛋ,ᛊ ᛫ ᛏ ᛫ ᛒ ᛫ ᛖ ᛫ ᛗ ᛫ ᛚ ᛫ ᛜ,ᛝ ᛫ ᛞ ᛫ ᛟ,ᚩ ᛭

Valori fonetici e traslitterazioni

I relativi valori fonetici e le traslitterazioni sono:
  • ᚠ = f;
  • ᚢ = u;
  • ᚦ = þ(th);
  • ᚫ = a;
  • ᚱ = r;
  • ᚲ = k;
  • ᚷ = g;
  • ᚹ = w,v;
  • ᚺ = h;
  • ᚾ = n;
  • ᛁ = i;
  • ᛃ = j;
  • ᛇ = ï(æ,ei);
  • ᛈ = p;
  • ᛉ = z;
  • ᛋ,ᛊ = s;
  • ᛏ = t;
  • ᛒ = b;
  • ᛖ = e;
  • ᛗ = m;
  • ᛚ = l;
  • ᛜ,ᛝ = ng;
  • ᛞ = d;
  • ᛟ,ᚩ = o.

Runes!:

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Runa bianca

Non ci sono evidenze storiche dell'esistenza di una runa bianca, cioè "vuota". Questa ipotetica runa secondo alcuni dovrebbe simboleggiare nella divinazione il "Wyrd", il fato. Ovviamente questa runa non ha alcun uso nella scrittura e non ne abbiamo alcuna traccia, essendo propriamente uno spazio vuoto. L'uso all'interno della divinazione viene inteso come l'occhio di Odino, è una runa di attesa, vista come protezione dall'alto, se esce questa runa nella divinazione significa che anche se le cose sembrano non avere uno sbocco immediato sono comunque protette.

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Serie successive

La scrittura runica ha presentato, sin dalle sue prime manifestazioni, forme nettamente diversificate, a seconda che sia stata utilizzata in area continentale, settentrionale o insulare. In ambito insulare, la tendenza ad adattare la scrittura ai suoni della lingua ha portato ad ampliare il fuþark originario (composto da 24 segni) con altre rune (24 più 5); in Scandinavia si è verificata la tendenza opposta, con la semplificazione del fuþark a 16 segni.

Serie runica breve - vichinga

Exquisite-kfind.pngLo stesso argomento in dettaglio: Fuþark recente.
Oltre alla prima serie runica, che possiamo definire comune a tutte le popolazioni germaniche almeno nella fase pre-migratoria, esistono altre serie runiche, di cui una breve - di soli 16 segni - detta anche serie vichinga, che presenta la semplificazione di alcuni segni ma priva di molti dei segni corrispondenti alle vocali.

Serie runica anglosassone



Exquisite-kfind.pngLo stesso argomento in dettaglio: Fuþorc.
Un'altra serie è quella anglosassone, che presenta la variazione grafica del segno *Ansuz, che diventa Os (foneticamente nell'anglosassone si ha uno spostamento della "a" germanica in "o"), e l'introduzione di altri tre segni, Ac ("quercia"), Yr ("arco") e Ear ("terra"). Queste poi si ampliarono ulteriormente raggiungendo trentatré segni.
Il poema runico anglosassone (Cotton Otho B.x.165) nomina le seguenti rune, elencate qui con il loro simbolo Unicode, il loro nome, la loro traslitterazione ed il loro valore fonetico approssimativo nella notazione IPA (ove differente dalla traslitterazione):
RunaUCSNome antico ingleseSignificatoTraslitterazioneIPA
Rune-Feoh.pngFeoh"ricchezza"f[f], [v]
Rune-Ur.pngUr"uro"u[u]
Rune-Thorn.pngÞorn"spina"þð[θ], [ð]
Rune-Os.pngÓs"dio"ó[o]
Rune-Rad.pngRad"cavalcata"r[ɹ]
Rune-Cen.pngCen"fiaccola"c[k]
Rune-Gyfu.pngGyfu"dono"ȝ[g], [j]
Rune-Wynn.pngWynn"gioia"wƿ[w]
Rune-Hægl.pngHægl"grandine"h[h]
Rune-Nyd.pngNyd"bisogno"n[n]
Rune-Is.pngIs"ghiaccio"i[i]
Rune-Ger.pngGer"anno, raccolto"j[j]
Rune-Eoh.pngEoh"tasso"eo[e:o]
Rune-Peorð.pngPeorð(incerto)p[p]
Rune-Eolh.pngEolh"alce"x[ks]
Rune-Sigel.pngSigel"Sole"s[s], [z]
Rune-Tir.pngTiw"Týr"t[t]
Rune-Beorc.pngBeorc"betulla"b[b]
Rune-Eh.pngEh"cavallo"e[e]
Rune-Mann.pngMann"uomo"m[m]
Rune-Lagu.pngLagu"lago"l[l]
Rune-Ing.pngIng"Yngvi"ŋ[ŋ]
Rune-Eðel.pngÉðel"patrimonio"œ[ø(ː)]
Rune-Dæg.pngDæg"giorno"d[d]
Rune-Ac.pngAc"quercia"a[ɑ]
Rune-Æsc.pngÆsc"frassino"æ[æ]
Rune-Yr.pngyr"arco"y[y]
Rune-Ior.pngIor"anguilla"iaio[jɑ], [jo]
Rune-Ear.pngEar("tomba"?)ea[ea]
Le prime 24 di queste sono una diretta continuazione delle lettere del Fuþark antico, esteso da 5 rune aggiuntive che rappresentano vocali lunghe e dittonghi (áæýiaea), paragonabili alle cinque forfeda dell'alfabeto ogamico.
La Þ e la Ƿ furono introdotte in seguito nell'alfabeto latino inglese per rappresentare i suoni [θ] e [w], ma furono poi sostituiti con th e w nel medio inglese.
La sequenza delle rune non è fissata, e non lo è neppure il loro semplice elenco. Il poema runico riporta questa sequenza:
f u þ o r c ȝ w h n i j eo p x s t b e m l ŋ œ d a æ y io ea
ma lo scramasax di Beagnoth ne fornisce una diversa di 28 rune, con lievi differenze di ordine e la éðel mancante:
f u þ o r c ȝ w h n i io eo p x s t b e ŋ d l m j a æ y ea
Anche il Codex Vindobonensis 795 ha 28 lettere. La Croce di Ruthwell ne possiede 31. Il Cotton Domitianus A.ix (XI secolo) possiede, oltre alle 29 del poema runico, altre 4 rune aggiuntive:
30. Rune-Cweorð.png "cweorð" (ᛢ, kw), una variante della runa peorð;
31. Rune-calc.png "calc" (ᛣ, k), che significa "calice" ed appare Rune-DoubleCalc.png quando doppia (kk);
32. Rune-Stan.png Rune-Stan2.png "stan" (ᛥ, st), che significa "pietra";
33. Rune-Gar.png "gar" (ᚸ, g dura in opposizione alla palatale ȝ rappresentata dalla runa gyfu), che significa "lancia".
Queste quattro lettere aggiuntive non sono state ritrovate in alcuna epigrafe (la "stan" si ritrova sul bastone di Westeremden, ma probabilmente come spiegelrune). Il Cotton Domitianus A.ix raggiunge così un totale di 33 lettere, disposte secondo l'ordine:
f u þ o r c ȝ w h n i j eo p x s t b e m l ŋ d œ a æ y ea io cw k st g
Nel manoscritto le rune sono disposte in tre righe, con una glossa sul loro equivalente latino sotto di loro (nella terza riga sopra di loro) e con i loro nomi sopra (nella terza riga sotto). Il manoscritto reca tracce di correzioni risalenti al XVI secolo, che invertono la posizione di m e d; la eolh è chiamata erroneamente "sigel", ed al posto della sigel si trova una lettera simile ad una cen (ᚴ), corretta sopra con la vera sigel; la eoh è chiamata erroneamente "eþel". A parte "ing" ed "ear", tutti i nomi di rune sono dovute ad una mano più tarda, identificata in Robert Talbot (?-1558).
feohurþornosraðcengifuwenhegelneaðincgeu{a}rsigelpeorðᛋ sig
fuðorcguuhnigeeopxs
tirberceþeldeglagumannᛙ proacælcyr
tbem{d}lingð{m}œaæyear
{orent.}
io
{cur.}
q
{iolx}
k
{z}
sc{st}
{&}
g
iorcweorðcalcstanear
Un'altra riga di Fuþorc si trova sul Cotton Galba A.ii.
Walafrid Strabo riporta una riga di Fuþorc di 42 rune.

Serie runica medievale



Exquisite-kfind.pngLo stesso argomento in dettaglio: Fuþork.
Infine, esiste una serie runica, si suppone medievale, che si è sviluppata attorno al X secolo in area scandinava per scrivere lingue che usano alfabeti latini. Per questo perdono ogni uso nella magia e nella divinazione, e perdono anche ogni collegamento con le antiche lingue anglosassoni e
scandinave.


Rune medievali

Codex Runicus, una pergamena datata 1300 contenente brani della legge scanica, interamente scritta con rune.

Odino, signore delle rune

La tradizione scandinava attribuisce a Odino il dominio delle rune, quali sorgenti magiche di ogni potere e sapienza. Il mito della "scoperta" delle rune da parte del dio viene riferito in una strofa del poema eddico Hávamál, dove si legge:
(NON)
« Veit ek, at ek hekk
vindgameiði á
nætr allar níu,
geiri undaðr
ok gefinn Óðni,
sjalfur sjalfum mér,
á þeim meiði
er manngi veit
hvers af rótum renn.

Við hleifi mik sældu
né við hornigi,
nýsta ek niðr,
nam ek upp rúnar,
æpandi nam,
fell ek aftr þaðan. »
(IT)
« Lo so io, fui appeso
al tronco sferzato dal vento
per nove intere notti,
ferito di lancia
e consegnato a Odino,
io stesso a me stesso,
su quell'albero
che nessuno sa
dove dalle radici s'innalzi.

Con pane non mi saziarono
né con corni [mi dissetarono].
Guardai in basso,
feci salire le rune,
chiamandole lo feci,
e caddi di là. »
(Edda poetica - Hávamál - Il Discorso di Hár 138-139)
Il passo è in larga parte oscuro, soprattutto perché manca in questo caso il riferimento esplicativo nell'Edda in prosa di Snorri. L'autosacrificio di Odino, qui descritto, nel quale il dio si sarebbe volontariamente impiccato ad un albero e trafitto con una lancia, rispecchia perfettamente le modalità dei sacrifici umani che venivano tributati al dio nella Scandinavia precristiana. Le vittime venivano infatti impiccate e quindi trafitte a colpi di lancia, come attestato ad esempio nella Saga di Gautrekr. L'Hávamál non specifica la natura dell'albero a cui il dio si sarebbe appeso, ma si ritiene comunemente di poterlo identificare con Yggdrasill, il frassino cosmico della mitologia norrena. Il nome significa "destriero di Yggr", dove Yggr, "terribile", è un epiteto dello stesso Odino. Il termine drasill, "destriero", è a sua volta leggibile nella letteratura scaldica come una kenning (metafora poetica) a indicare la forca alla quale venivano appesi gli impiccati.
Nel rito descritto si riconoscono anche motivi inerenti all'iniziazione sciamanica, derivati probabilmente dal mondo finnico. Si riteneva infatti che gli sciamani acquistassero i loro poteri di mediatori col mondo soprannaturale attraverso vari rituali di morte e rinascita, spesso descritti con tinte non diverse dal racconto dell'Hávamál.

La tabella qui sotto presenta una corrispondenza errata tra i simboli e il loro significato, per cui si invita il lettore a collegare esattamente i simboli con i significati, sulla base di quanto detto in precedenza.

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Componente misterica

Preveggenza e valore augurale

Secondo Tacito, nella Germania, sacerdoti, capi tribù o paterfamilias praticavano sortilegi leggendo la disposizione di pezzetti di legno, su cui erano incise le rune, sparpagliati a caso su un telo bianco.

Stele con iscrizioni runiche all'aeroporto di ArlandaStoccolma(Svezia)
Molto spesso le rune venivano incise su strumenti o nel legno delle navi per assicurare virtù sovrannaturali a tali oggetti (un po' come nelle tabellae defixionum greco-latine, ma con una funzione distinta) o, anche solo per indicarne il proprietario o il costruttore. Secondo alcuni linguisti si spiega così l'origine dei sostantivi della lingua inglese (book) e tedesca (Buch) che indicano il libro come materiale scrittorio: entrambi i termini, infatti, derivano dal germanico bôk-, che indica il legno di faggio (Buche, corrispondente al latino fagus) su cui le rune erano incise. Analogamente, il sostantivo tedesco Buchstabe ("lettera") significa in origine "bastoncino di legno di faggio"[1]. Secondo altri linguisti le parole Buch ("libro") e Buche ("faggio") non sono correlate[2].

Declino

L'avvento del cristianesimo nelle popolazioni germaniche portò all'introduzione di alfabeti classici, la cui funzione principale era la conservazione e la tradizione della cultura. Le rune però non scomparvero subito, cedendo la funzione letteraria all'alfabeto latino ma rimanendo un metodo di scrittura utilizzato per esigenze quotidiane, soprattutto di supporto alla memoria di tutti i giorni.

Note

  1. ^ Sandra Bosco Colestos, Storia della lingua tedesca, Milano 1988, 13 s.
  2. ^ Elmar Seebold, Etymologisches Wörterbuch der deutschen Sprache, 22. Auflage, 1989, ISBN 3-11-006800-1, s.v. Buch.

Bibliografia

  • Mario PoliaLe rune e gli dei del nord, 4ª ed., Rimini, Il Cerchio, 2005, ISBN 88-8474-089-4.
  • Aldo L. Prosdocimi, Sulla formazione dell'alfabeto runico. Promessa di novità documentali forse decisive, in Corona Alpium II. Miscellanea di studi in onore di Carlo Alberto Mastrelli, Firenze, Istituto di Studi per l'Alto Adige, 2003, pp. 427–440, SBN IT\ICCU\URB\0460769.
  • Aldo L. Prosdocimi, Luogo, ambiente e nascita delle rune: una proposta, in Vittoria Dolcetti Corazza e Renato Gendre (a cura di), VI seminario avanzato di Filologia Germanica, letture dell'Edda. Poesia e prosa, Alessandria, Edizioni dell'Orso, 2006, ISBN 88-7694-925-9.
  • Giovanna Bellini e Umberto Carmignani, Runemal. Il grande libro delle rune. Origine, storia, interpretazione, Torino, L'Età dell'Acquario, 2009, ISBN 978-88-7136-301-1.
  • Anna Marinetti e Aldo L. Prosdocimi, Varietà alfabetiche e scuole scrittorie nel Veneto antico. Nuovi dati da Auronzo di Cadore, in Tra protostoria e storia. Studi in onore di Loredana Capuis, Roma, Edizioni Quasar, 2011, pp. 305–324, ISBN 978-88-7140-458-5.

Casa di Windsor: membri attuali ed albero genealogico


Windsor family tree

Il Casato di Windsor (House of Windsor) è la casa reale del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, e degli altri reami del Commonwealth.
In precedenza la Casa reale di Windsor era conosciuta come casato di Sassonia-Coburgo-Gotha (anglicizzato in Saxe-Coburg and Gotha), e ancor prima come casa di Hannover. Durante la prima guerra mondiale, i sentimenti anti-tedeschi presenti nella popolazione britannica spinsero il re Giorgio V a mutare nel 1917 il nome della famiglia reale, sostituendo le denominazioni di chiara provenienza tedesca con altre identificabili con la lingua inglese.
Il nome tedesco proveniva dal matrimonio, avvenuto nel febbraio 1840, fra la regina Vittoria e il principe Alberto, figlio di Ernesto I, duca di Sassonia-Coburgo-Gotha. Comunque, Sassonia-Coburgo-Gotha, non era il cognome personale del principe consorte, ma il territorio governato dalla sua famiglia; la casata invece si chiamava Wettin.
Il nome "Sassonia-Coburgo-Gotha" venne cambiato in "Windsor", che divenne anche il nome della famiglia reale, tramite un ordine in Consiglio di Giorgio V, il quale aveva scelto il nome "Windsor" ispirandosi alla cittadina ed al castello di Windsor, da secoli centro della monarchia britannica. L'ultimo imperatore tedescoGuglielmo II, si offese e rese nota la sua irritazione con una battuta. Disse che aveva in mente di vedere l'opera di Shakespeare "Le allegre comari di Sassonia-Coburgo-Gotha" invece de Le allegre comari di Windsor.[1]
L'ordine di cambiare il nome della casata riguardava solo i discendenti di re Edoardo VII (padre di Giorgio V e unico Sovrano britannico a portare il nome "Sassonia-Coburgo-Gotha") nella linea maschile, ma non necessariamente alle discendenti femminili. Nell'aprile 1952, due mesi dopo la sua ascesa al trono, la regina Elisabetta II pose fine alla confusione sul nome dinastico quando dichiarò al Consiglio della Corona la "volontà e gradimento che io e i miei figli dobbiamo essere designati e conosciuti come casa e famiglia Windsor, e che i miei discendenti che si sposano, e i loro discendenti, debbano portare il nome Windsor".
Successivamente, l'8 febbraio 1960, la regina emanò un altro ordine in consiglio, confermando che lei e i suoi quattro figli sarebbero stati noti come casa e famiglia di Windsor, e che i suoi altri discendenti di linea maschile (eccetto quelli che sono altezze reali, principi o principesse) avrebbero preso il nome Mountbatten-Windsor.
Qualsiasi futuro sovrano può cambiare il nome della dinastia se lo desidera. Un altro ordine in consiglio può annullare quelli di Giorgio V e di Elisabetta II. Ad esempio, se il Principe di Galles dovesse accedere al trono, potrebbe cambiare il nome della casa reale in "Mountbatten" in onore del padre e dello zio Louis Mountbatten.
Il regno di re Giorgio V ebbe inizio nel 1910 sotto la casa di Sassonia Coburgo Gotha e si concluse nel 1936 sotto quella di Windsor. LoStato Libero d'Irlanda lasciò il Regno Unito nel 1922, ma il nome effettivo del regno non fu cambiato fino al 1927, quando re Giorgio V assunse il titolo di "Re di Gran Bretagna, d'Irlanda e degli altri Dominion britannici d'oltremare".
Nei decenni che seguirono il 1927 il Sovrano del Regno Unito assunse anche il titolo di re di alcuni reami del Commonwealth, ovvero di quei paesi che man mano acquisivano indipendenza (AustraliaCanadaStato Libero d'IrlandaNuova ZelandaUnione Sudafricana e così via). Fino al 1901 il Sovrano britannico regnava su tutto l'Impero Britannico semplicemente con il titolo di "Re/Regina del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda", quando le varie colonie diventarono paesi indipendenti, invece, assunse il titolo reale di ogni Stato specifico. Inoltre, è da specificare che dal 1876 al 1948 il Sovrano britannico deteneva anche il titolo di "Imperatore/Imperatrice d'India".

Elenco dei Sovrani della casata Windsor[modifica | modifica wikitesto]

ImmagineNomeInizio regnoFine regnoNote
George V of the UK (head).pngGiorgio V6 maggio 191020 gennaio1936Figlio di re Edoardo VII (dinastia di Sassonia-Coburgo-Gotha). Cambia il nome della casata in "Windsor" nel 1917.
Edward Prince of Wales during his visit to Canada in 1919.jpgEdoardo VIII20 gennaio193611 dicembre1936Primo figlio di re Giorgio V; abdicò.
Georg VI England.jpgGiorgio VI11 dicembre19366 febbraio 1952Secondo figlio di re Giorgio V e fratello di re Edoardo VIII.
Elizabeth II.jpgElisabetta II6 febbraio 1952RegnanteFiglia di re Giorgio VI.

Linea del tempo dei monarchi di casa Windsor[modifica | modifica wikitesto]

Elisabetta II del Regno UnitoGiorgio VI del Regno UnitoEdoardo VIII del Regno UnitoGiorgio V del Regno Unito

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Miranda Carter, George, Nicholas and Wilhelm: Three Royal Cousins and the Road to World War I, Knopf Doubleday Publishing Group, 2010, xxiii, ISBN 978-0-307-59302-3.



venerdì 23 settembre 2016

Gli animali sacri nella religione celtica e le loro simbologie grafiche

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https://animalitotem.wordpress.com/2008/02/27/animali-della-tradizione-celtica/

Animali della tradizione celtica

Quasi tutte le culture sciamaniche credono negli animali come alleati o aiutanti. Talvolta gli animali diventano protettori e guide per lo sciamano, sia nel regno fisico, sia durante il viaggio nei mondi sottili. I Celti credevano negli animali come alleati, e attribuivano ai loro clan intime associazioni con animali specifici. Ogni gruppo etnico si identificava con unanimale e ogni membro del gruppo non solo pensava di discendere da un determinato animale (il totem), ma pensava anche di potersi appropriare, con iniziazioni particolari, delle qualità di questo animale. Alcuni gruppi etnici si chiamano “Figli dell’Orsa”, giacché simboleggiano, nel nome che portano, la loro discendenza dalla Grande Madre; altri invece si identificavano con il cigno oppure con l’oca dal piumato bianco, che rappresentavano il vestito di un Druido. Ogni clan aveva striscioni sui quali erano raffigurate le immagini o il simbolo del loro animale di origine, come ad esempio le bandiere dei Fianna. I Fianna, erano guerrieri indipendenti che non rispondevano all’autorità dei re ma solo ai bisogni del popolo, erano tanto dei mercenari quanto una sorta di paladini dell’antico mondo celtico.
L’animale veniva anche dipinto sugli scudi e a volte, tatuato sul corpo. Queste tradizioni potrebbero essere all’origine dei simboli araldici che divennero così popolari in epoche successive. Talvolta un eroe si identificava con una figura animale, come ad esempio la figura mitica di Diarmaid. La sorte di questo eroe, infatti, sarebbe legata ad un cinghiale. Su di lui esistono molte leggende. E tutte spiegano che il fratello di Diarmaid avrebbe ucciso accidentalmente un cinghiale. Proprio questo fatto sarebbe all’origine del divieto (tabù) di cacciare il cinghiale per tutti i suoi discendenti: pena la morte. Il simbolo totemico del cinghiale è molto diffuso nella Gallia (l’odierna Francia), dove quasi tutte le insegne di guerra sono sormontate da aste che rappresentano dei cinghiali. Nel calderone di Gundestrip c’è una placca dove è scolpito un cinghiale e dove i guerrieri hanno un elmo dove è stata fatta l’incisione di questo animale totem. È probabile che, col tempo, il cinghiale sia passato a rappresentare le forze solitarie del guerriero. Fra le tante storie legate al totemismo, e cioè al connubio tra uomo e animale, ricordiamo anche la storia di  Kulhwch, un giovane che nasce in mezzo a un branco di porci domestici, poi, la storia di Prydui, un altro eroe che si dice venne rapito alla sua nascita e poi deposto in una stalla dov’era appena nato un puledro. Invece l’irlandese Art, figlio di Conn o meglio “Testa di Orso”, prese questo nome totemico dopo avere conquistato la figlia di Coinechend. Anche Re Artù è legato alla figura di un animale totemico, in quanto il suo nome, significa “orso”.
Elenco degli animali della tradizione celtica
Ape (Beach): L’ape di solito è citata in connessione con il suo prodotto: il miele. L’ape è industriosa, laboriosa ed efficiente, quando si tratta di portare a termine un compito che le viene affidato. Sa anche difendere in modo intrepido le sue proprietà e la sua casa.
Aquila (Iolair, Fireun): Nelle storie celtiche l’aquila rappresenta la rapidità, la forza, e la conoscenza della magia. Connette con il sé superiore e vi aiuta a vedere le verità spirituali nascoste.
Cane (Abach, Madadh) o Hound (Cù): I cani per la loro fedeltà sono spesso menzionati nella mitologia celtica, come ad esempio Bran e Sceolan che appartenevano a mac Cumhail Finn.  Il cane era il custode dei mondi ultraterreni e  puniva anche i colpwvoli.
Cavallo (Each): Un popolare animale totem dei Celti; sacro alle dee Epona e Rhiannon.  Il cavallo è stato considerato una fedele guida per i viaggi nei mondi ultraterreni. Esso simboleggia resistenza, libertà e potere personale.
Cervo (Fiadh) o Stag (Sailetheach, Damh): Il cervo è stato spesso un messaggero e una guida per i mondi ultraterreni. Le corna del cervo erano usate dagli sciamani per il loro rituali. Il  cervo rappresenta la rapidità, la  grazia e la dolcezza. Insegna che si può cambiare sentiero, pur mantenendo la direzione stabilita
Cigno (Eala): Un mistico uccello descritto in molti modi nelle storie celtiche.  Le sue piume sono state spesso utilizzate nei rituali dei Bardi.  I cigni sono collegati con la musica e con il canto.  I Cigni aiutano anche a  interpretare i simboli dei sogni, e sono favorevoli nei periodi di transizione e di evoluzione spirituale.
Cinghiale (Bacrie, Torc): Importante per l’arte e i miti dei popoli celtici, il cinghiale è stato conosciuto per la sua astuzia e la sua natura feroce.  Nel calderone di Gundestrip c’è una placca dove è scolpito un cinghiale e dove i guerrieri hanno un elmo dove è stata fatta l’incisione di questo animale totem. È probabile che, col tempo, il cinghiale sia passato a rappresentare le forze solitarie del guerriero. Il Cinghiale Bianco di Marvan invece fu un veicolo di ispirazione per la sua arte.
Civetta (Cailleach, Oidhche, Comachag): La parola “cailleach” e il gaelico scozzese-significa “civetta”.  La civetta è spesso una guida per i mondi ultraterreni, una creatura che aiuta a vedere nelle tenebre, e anche un rapido cacciatore.  Essa può aiutarvi a smascherare coloro che vorrebbero ingannarvi o approfittare di voi.
Coniglio (Coinean): Un animale sacro alla dea Andraste in particolare. I suoi movimenti sono stati a volte utilizzati per la divinazione. Il suoi poteri sono associati con l’intuizione e con la ricezione di insegnamenti nascosti.
Corvo (Badb, Rocas): Questo animale era trattato con rispetto. Il corvo era un auspicio di conflitto e di morte, associato alle divinità Macha, Badb, e Morrigan.  La parola irlandese per il corvo è badb, che è anche il nome di una dea celtica della guerra.  Il corvo era anche ritenuto abile, scaltro, e portatore di conoscenza. Insegna il valore dell’inganno quando questo è necessario.  Insegna anche ad imparare dalle lezioni del passato, senza però aggrapparsi ad esso.
Delfino Questa creatura è stata associata con la divinità del mare.  Aiuta a ricordare i sogni e favorisce un riequilibrio della persona, bilanciando i ritmi del corpo, con quelli della natura.
Drago (Piastras (payshtha), Horm): Il drago nella mitologia celtica-britannica è talvolta rappresentato come un serpente d’acqua. Ci sono molti riferimenti a draghi o serpenti nei miti celtici.  In molte occasioni i guerrieri Fianna hanno combattuto enormi draghi. La maggior parte delle culture ha considerato il drago come una creatura benevola che abita le  grotte, i laghi, e il centro della terra. Antico simbolo di ricchezza il drago simboleggiava il potere degli elementi, in particolare, quello della Terra, ma anche il tesoro del subconscio. Appare quando è necessaria un’iniziazione.
Falco (Seabhag): La tradizione celtica orale, elenca il falco di Achill, la più grande isola al largo dell’Irlanda. Come altri uccelli, il falco è un messaggero tra il nostro mondo e il mondo degli spiriti. Tuttavia, ha forza, velocità e poteri più significativi, rispetto ad  altri uccelli.  Esso simboleggia anche lucidità e grande memoria.  Se si sente il grido di un falco durante un viaggio sciamanico, si presenteranno in futuro situazioni che necessitano di audacia e determinazione. 
Farfalla (Dealan-Dé): Molte culture collegano le farfalle con le anime dei morti. Nella tradizione celtica, nei viaggi ultraterreni dove apparivano farfalle erano presenti energie negative.  Nella tradizione attuale invece, la farfalla vi insegnerà a liberarvi dal passato e dagli schemi mentali superati, aiutandovi a fare chiarezza per risolvere i problemi.
Gabbiano (Faoilleann): I gabbiani non figurano nelle leggende celtiche,  ma sono collegati alle divinità del mare, come il dio Manannan mac Lir e la dea Don.  Come altri uccelli, sono messaggeri dei mondi invisibili.
Gallo (Coileach): In diverse leggende celtiche, il gallo insegue i fantasmi e sconfigge i terrori della notte cantando all’alba.  Egli rappresenta il coraggio dell’azione e la potenza della parola in grado di dissipare negatività.
Gatto (Caoit, Cat): Molte leggende celtiche raffigurano il gatto come un animale feroce, una  creatura del male, ma questo può derivare dal fatto che i gatti a quel tempo erano selvatici.  Tuttavia, è stato considerato un potente totem animale di diversi clan; Caithness è stato chiamato il clan dei Catti. In Irlanda si dice che Mac Cumhail abbia combattuto contro un clan del gatto, probabilmente dei Celti, che indossavano le pelli di gatto sui loro caschi.  Il gatto è un forte protettore, specialmente quando si deve affrontare uno scontro frontale.
Grifone: Questa mitica bestia ha la testa e le ali di un aquila, e il corpo e la coda di un leone. Insegna allo sciamano di combinare i poteri di entrambi gli animali. Il grifone simboleggia anche potere e magia.
Gru (Corr): Un tempo la gru era molto comune nelle Isole Britanniche. Una tardiva tradizione celtica, apparentemente nata dopo l’arrivo del cristianesimo, narra che  le gru in un’altra vita erano persone che ora stanno pagando una penitenza per il precedente cattivo operato. La gru era associata al dio del mare Manannan mac Lir. La gru, con i suoi colori nero, bianco e rosso, è stato un uccello sacro, collegato anche alle divinità della luna. Se compare nel viaggio sciamanico.  Impartisce insegnamenti e svela i misteri che permettono di raggiungere una verità più profonda.
Lince: Questa creatura è il custode dei segreti delle confraternite mistiche. La lince può contribuire allo sviluppo delle facoltà psichiche e aiuta nelle pratiche divinatorie. A volte simboleggia la necessità di esaminare se stessi nel profondo, per portare alla luce i talenti  nascosti.
Lontra (Cù-dubh o Dòbhran): Questi animali erano considerati magici dai Celti. La lontra è un forte protettore, che aiuta a ottenere saggezza, sostiene nella ricerca interiore e aiuta a riprendersi dalle crisi depressive. Aiuta a godersi la vita e a vivere nel presente.
Lucertola (Dearc): Uno dei pochi rettili riconosciuti come utile allo sciamano.  Esso simboleggia lo stato di sogno. Se vedi una lucertola in un viaggio, devi essere attento ai tuoi sogni che stanno portandoti un messaggio per trovare realizzazione.
Lupo (Madadh-alluidh): Il lupo è astuto e intelligente, in grado di pensare in modo indipendente. Può insegnare a leggere i segni della natura e protegge dai pericoli invisibili, insegnando anche l’arte della guerra, quando è necessario. In un viaggio sciamanico vi condurrà ad incontrare il vostro maestro interiore
Merlo (Druid dhubh, Lon Dubh): La leggenda dice che gli uccelli di Rhiannon sono tre merli, che sono appollaiati e cantano sull’albero della vita ai confini con i mondi ultraterreni.  Il loro canto, mette l’ascoltatore in uno stato di trance, che gli consente di recarsi nei mondi paralleli.  Il merlo è anche il detentore dei segreti della magia
Mucca (Bo) :Un tempo la mucca era così importante per i Celti, che è stata considerata una forma di scambio monetario.  Antichi signori irlandesi erano noti come l’aire-o signori della mucca.  La mucca è sacra alla dea Brigida.  La mucca simboleggia abbondanza e protezione; col suo senso materno può difendere il bambino interiore e provvedere a tutte le necessità quotidiane.
Orso (Arth) : Come animale Totem è presente in molti disegni celtici, anche se non è menzionato nel leggende.  La parola “arth”, che significa “orso”, è la radice dalla quale deriva il nome di Re Artù. L’orso è stato notato per la sua forza e la sua resistenza.  Esso può aiutarvi a trovare equilibrio ed armonia nella vostra vita, e aiutarvi a compiere un viaggio dentro voi stessi  per scoprire ciò che è necessario fare. 
Pipistrello (Ialtag): Associato con il viaggio nel regno degli spiriti vi conduce ad affrontare le vostre ombre interiori per rinascere a nuova vita; grazie al suo radar il pipistrello aiuta a evitare gli ostacoli e le barriere, fisiche e spirituali.
Rana (Losgrinn): In molte culture la rana è un simbolo di magia e di guarigione.  Può insegnare a saltare rapidamente da un livello di coscienza ad un altro, da questo mondo al mondo ultraterreno. La rana può anche aiutarvi a trovare il coraggio di accettare nuove idee e spingervi a fare dei cambiamenti, insegnandovi a fluire con l’esistenza
Riccio: questa piccola creatura insegna il dono dell’umiltà e dell’innocenza.
Salmone (Bradan): Una creatura molto saggia, nella cultura celtica. Il salmone vi insegna come entrare in contatto con le conoscenze ancestrali e conferisce il potere della tenacia e della perseveranza per nuotare controcorrente nelle acque della vita, al fine di tornare al vostro centro spirituale.
Scoiattolo (Feòrag): Questa creatura è sempre indaffarata e può mostrare allo sciamano come occuparsi di magia in modo pratico. Aiuta a pianificare le cose per tempo, in modo da utilizzare al meglio le risorse di cui si dispone. Equilibra lavoro e giocosità.
Serpente (Nathair): Il serpente è stato a lungo associato con la saggezza, la reincarnazione e la scaltrezza. Legato all’energia istintuale è un simbolo di vita, abbondanza, rinascita, trasformazione e morte. Chiamatelo quando avete bisogno di un forte cambiamento nella vostra vita. Se lo incontrate durante un viaggio sciamanico, forse avete bisogno di lasciare andare vecchie abitudini.
Tartaruga: La tartaruga si muove lentamente, è metodica e da protezione per affrontare persone e situazioni troppo intense.  Favorisce il radicamento e la sintonia con le energie della Terra. Aiuta a fluire con i cicli della vita, e a rispettare le esigenze del corpo.
Tasso (Broc): Questo animale è irriducibile di fronte al pericolo e si distingue per la sua tenacia e coraggio.  Nel racconto di Pwyll’s  alla corte di Rhiannon, un tasso è indicato come una guida durante il sogno.  Il tasso vi insegnerà a combattere per difendere i vostri diritti e a usare l’aggressività per farvi avanti
Topo (Luch): Il topo è spesso citato nel folklore celtico. Il topo rappresenta i segreti, l’astuzia, la timidezza e la capacità di nascondersi nei momenti di pericolo.  La sua comparsa spesso segnala la necessità di prestare attenzione ai piccoli dettagli.
Toro (Tarbh): Animale comunemente  raffigurato nella mitologia celtica, il toro è simbolo di forza e virilità.  In alcuni rituali divinatori era richiesto il sacrificio di un toro bianco.  Nel racconto del Tain Bo Cuilgne , due speciali tori sono ambiti da due governanti. Il toro raffigurava anche la fecondità e la potenza maschile.
Unicorno (Briabhall): Questo mitico animale aveva il corpo di un cavallo bianco, le gambe di un antilope, e la coda di leone; aveva inoltre un solo corno sulla testa.  E ‘il simbolo del potere supremo della magia. Insegna che ogni azione è una creazione e che ogni giorno è come una vita a se stante.  Aiuta anche a capire il rapporto tra realtà fisica e spirituale.
Volpe (Madadh-Ruadh, Sionnach): Nella tradizione celtica rappresenta la scaltrezza e la capacità di far perdere le proprie tracce. Permette anche di  vedere le motivazioni e i movimenti degli altri, pur rimanendo inosservati.


giovedì 22 settembre 2016

Celti in Emilia-Romagna




I Galli Boi, arrivati nella pianura padana dalla loro terra d'origine, che prese il nome di Boemia, alla fine del V secolo a.C., si stanziarono  nelle zone dell'Emilia centrale, conquistando Felsina, la città etrusca che divenne poi Bononia (Bologna). I Boi, così come le altre etnie galliche che colonizzarono il territorio dell'attuale Emilia-Romagna, e cioè i Lingoni e i Senoni, crearono insediamenti stabili e indipendenti fino a quando, alcuni secoli dopo, furono sconfitti dai Romani duecentosettanta anni dopo, ridotti in condizioni servili, utilizzati dai nuovi coloni latini per i lavori di bonifica, come braccianti, come abili artigiani.
Da quel momento la Storia non parla più di loro.
Una dimenticanza che si pone nell'ambito delle scarse fonti letterarie che riguardano in generale la presenza dei Celti nella nostra penisola, frutto di più fattori concomitanti. Innanzitutto i Celti erano un popolo che tramandava le proprie tradizioni oralmente e limitava l'uso della scrittura ai soli druidi, per cui le fonti scritte della loro storia sono solo di storici romani e greci, per secoli loro acerrimi nemici; oggettivamente interessati a descriverli in termini spregiativi e ad occultare la memoria delle loro imprese e delle loro vittorie. Inoltre, a parte qualche tomba, vi sono scarse testimonianze archeologiche della loro presenza sul territorio: pochi i resti dei villaggi, perché costruivano le loro abitazioni in legno e altro materiale deperibile; non luoghi di culto, perché celebravano i loro riti sotto le grandi querce secolari. Grossi ha raccontato i risultati delle sue ricerche in tre quaderni: “I nostri Celti”, “Litana Silva, la selva svelata”, “La sosta. Annibale in Val d'Enza”. Avendo come fonti le cose dette e non dette dai grandi storici di epoca romana, acquistano grande importanza i toponimi, il substrato celtico rimaste nel dialetto gallo-italico e nelle credenze del mondo contadino. Nel primo quaderno si fa riferimento al fatto che furono i Galli a favorire la diffusione dell'allevamento dei maiali e delle mucche rosse della steppa, che le tribù dei Galli Boi avevano portato dalle loro terre d'origine, ricorda i nomi dei centri abitati della nostra provincia di origine boica. Ad esempio Boretto (guado dei Boi), Taneto (quercia, recinto sacro), Arceto (bosco ceduo), Reggio (luogo di incontro dei re); ma anche nomi di fiumi e monti, come ad esempio Crostolo (da Crosolos, il dio che sorre nell'infossato) e Appennino (dal nome del dio Pen, signore delle alture). Molte sono anche le parole di origine celtica rimaste nel dialetto reggiano, come rusc (patume), breghi (pantaloni), soga (corda), branchèr (afferrare), basèr (baciare). Retaggi celtici sono alcune tradizioni tramandate nei secoli, come l'arcaica danza pastorale detta “il ballo della piva”, e le figure magiche e simboliche, dette maldisiòun, che adornavano i carri agricoli. Nel secondo quaderno, avendo come fonti le opere degli storici antichi, documenti medioevali e leggende arcaiche tramandate di generazione in generazione, ha localizzato la “grande foresta chiamata Litàna dai Galli” dove nel 216 a.C. quattro legioni romane, comandate dal console Postumio, caddero in un agguato e furono sterminate dei guerrieri boici. Secondo Grossi il luogo dell'eccidio, non specificato dagli storici romani, è la selva del Monte Leto nell'alto Appennino reggiano. Nel terzo quaderno viene identificato in una zona della Val D'Enza il luogo dove il condottiero cartaginese Annibale Barca, dopo aver sconfitto i romani nelle battaglie del Ticino e della Trebbia, pose il suo campo invernale, dal dicembre del 218 a.C. all'aprile del 217 a.C., prima di riprendere la marcia verso l'Etruria. Tesi  molto interessanti, ben argomentate e straordinariamente suggestive.