sabato 19 marzo 2016

Federazione autonoma curda nel nord della Siria: il Kurdistan siriano



Le zone curde sono quelle in giallo a nord

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Geografia Il Kurdistan o Curdistan[1] (in curdo e persiano KurdistānPaese dei curdi) è un vasto altopiano situato nel Medio Oriente e più precisamente nella parte settentrionale e nord-orientale della Mesopotamia. Il Kurdistan è una nazione ma non uno Stato indipendente; il termine Kurdistan indicava la regione geografica abitata in prevalenza dacurdi, ma ha poi acquistato anche una connotazione politica.
Il Kurdistan è un vasto altopiano situato nella parte settentrionale e nord-orientale della Mesopotamia, che include l'alto bacino dell'Eufrate e del Tigri, il lago di Van e il lago di Urmia e le catene dei monti Zagros e Tauro. Il clima è continentale rigido, le precipitazioni sono abbondanti e i terreni sono fertili per i cereali e l'allevamento.
Politicamente è diviso fra gli attuali stati di Turchia (sud-est), Iran (nord-ovest), Iraq (nord) e, in minor misura, Siria (nord-est) ed Armenia (sud), anche se spesso quest'ultima zona è considerata facente parte del Kurdistan solo dai più ferrei nazionalisti. Al 2012 solo il Kurdistan iracheno ha una certa autonomia politica, come regione federale dell'Iraq, in seguito alla fine del regime di Saddam Hussein nel 2003. Anche il Kurdistan siriano ha acquisito autonomia politica di fatto dall'inizio della guerra civile siriana.

Popolazione

Secondo la Encyclopædia Britannica, il Kurdistan conta 190.000 km², e le sue città sono Diyarbakır (Amed), Bitlis (Bedlîs) e Van (Wan) in Turchia, Mossul (Mûsil), Arbil(Hewlêr) e Kirkuk (Kerkûk), Sulaymaniyya in Iraq, e Kermanshah (Kirmanşan), Sanandaj (Sine) e Mahabad (Mehabad) in Iran. Secondo la Encyclopaedia of Islam, Kurdistan conta 190.000 km² in Turchia, 125.000 km² in Iran, 65.000 km² in Iraq, e 12.000 km² in Siria, per cui l'area totale sarebbe di 392.000 km². Le principali città curde in Siria sono Kamichlié (Qamişlû) e al-Hasaka (Hesaka).

Etnie

Alcune stime contano all'incirca 50 milioni di curdi residenti in Kurdistan, di cui 15-20 milioni in Turchia. In tali zone i curdi sono la maggioranza della popolazione, ma vi vivono anche arabiarmeniassiriazeriebreiosseti,persianiturchi e turcomanni.

Lingue

I curdi parlano una propria lingua, appartenente al gruppo iranico della famiglia linguistica indoeuropea con numerose varianti dialettali, di cui le principali sono il Kurmanji, parlato nella parte curda della Turchia insieme al Badini e al Sorani, parlato nel Kurdistan iracheno. I curdi normalmente sono scolarizzati nella lingua del paese di cui hanno la cittadinanza (arabo, turco, russo, persiano, ...), che spesso non consente o ostacola l'uso del curdo, per cui il bilinguismo è una situazione assolutamente normale. Il curdo è trascritto in vari alfabeti (arabo, latino, cirillico). Nel Kurdistan sono parlate anche, da piccole minoranze, varie altre lingue di ceppo turco e indo-europeo.

Religione

La maggioranza degli abitanti aderisce all'Islam sunnita e sciita, un altro forte gruppo è rappresentato dai Cristiani (appartenenti a varie confessioni); vi sono inoltre minoranze di YazidiZoroastrianiYarsanAleviEbreiSarayi,BajwanShabak SarliMandei e Ahl-e Haqq.

Storia

Tra il 2400 e il 2000 a.C. fonti cuneiformi citano il regno di Guti o Gutei o Qurti come nemico dei Sumeri e in genere dei popoli della pianura mesopotamica. Verso l'800 a.C. i Guti si sarebbero fusi con i vicini Mannei o Medi.Senofonte, nella sua Anabasi (401 a.C.) cita i Carduchi (Greco:Καρδούχοι) e la loro regione. Nel IV secolo a.C., l'impero di Alessandro Magno confina con la Corduene o Gorduene (Greco:Γορδυηνῆ), come la chiameràStrabone. Abitanti in una terra di confine, e tradizionalmente ostili ad Armeni (a nord) e a Persiani e poi Parti (a est), furono spesso e volentieri alleati dei Romani dal I secolo a.C. Una fonte cristiana siriaca del IV secolo chiama la regione Beth Qardu (casa dei curdi): fu cristianizzata non più tardi del IV secolo ed ebbe un proprio vescovo almeno dal 424.
I curdi furono islamizzati già nel VII secolo e formarono emirati semi-indipendenti; in seguito alla battaglia di Cialdiran (1514) il Kurdistan fu diviso fra l'Impero ottomano e l'Iran dei Safavidi: questa divisione fu formalizzata nelTrattato di Zuhab o Trattato di Qasr-i-Shirin (1639).
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Conflitti e controversie territoriali

La questione territoriale curda risale almeno alla fine dell'Impero ottomano il quale già ridimensionato col Trattato di Londra del 1913 che concludeva le guerre balcaniche, alla fine dellaprima guerra mondiale con il Trattato di Sèvres dell'agosto 1920 si trovò ridotto ad un modesto Stato entro i limiti di parte della penisola anatolica, privato di tutti i territori arabi e della sovranità sugli stretti del Bosforo e dei Dardanelli. Con esso la Grecia guadagnava le città di Adrianopoli e Smirne, da cui i Greci furono allontanati nel 1923. Il Trattato, inoltre, prevedeva ampie tutele per le minoranze nazionali (armene e curde) presenti in Turchia e, ai suoi art. 62 - 64, garantiva ai curdi la possibilità di ottenere l'indipendenza all'interno di uno Stato i cui confini sarebbero stati definiti da una commissione della Società delle Nazioni designata ad hoc. Il Trattato ebbe quattro firmatari per conto del governo ottomano ma non venne ratificato dal Parlamento Ottomano poiché questo era stato precedentemente abolito il 18 marzo 1920. Esso ricevette il sostegno del Sultano Mehmet VI ma fu invece fortemente osteggiato dal "Padre dei turchi", Mustafa Kemal Pasha (Ataturk), già vincitore della Battaglia di Gallipoli, il quale vinse la Guerra Turca d'Indipendenza (1920-1923) e costrinse le ex potenze alleate a tornare al tavolo della negoziazione. Le parti firmarono e ratificarono un nuovo Trattato a Losanna nel luglio 1923, che cancellava ogni concessione ai curdi, agli armeni e ai greci. Lo storico territorio curdo si trovò diviso fra diversi nuovi stati.
Nel 1945 si forma, con l'appoggio dell'Unione Sovietica, il partito democratico curdo. Il 22 gennaio 1946, in territorio iraniano, viene proclamata la formazione di una repubblica popolare curda, con capitale Mahabad. Con il ritiro delle forze sovietiche, le truppe iraniane riconquistano il territorio, condannando a morte i vertici politici, compreso il Presidente Qazi Muhammad.
I Paesi dove essi risiedono non sono ovviamente disposti a rinunciare a parte del loro territorio e hanno spesso negato l'esistenza di una identità nazionale (e quindi politica) curda. In assenza di normali processi politici, i nazionalisti curdi hanno spesso fatto ricorso alla forza delle armi. Lo scontro è spesso violento e si sono segnalati atti terroristici e di guerriglia da parte curda, seguiti da feroci repressioni dei regimi dei vari paesi.

Discriminazioni

La popolazione curda all'inizio del XX secolo ha subito una politica di discriminazione razziale che non ha esempi in nessun altra parte del mondo[2], soprattutto nel kurdistan turco. Gli stati che attuarono queste politiche, principalmente la Siria e la Turchia, le hanno condotte con il fine di negare persino l'identità e l'esistenza stessa del popolo curdo[3]; utilizzando tutti i mezzi a disposizione, televisione, radio, stampa, esercito, polizia e istituzioni scolastiche, per attuarla[3].

Siria

In Siria la popolazione curda rappresenta l'11% della popolazione totale[4]. La lingua curda, ufficialmente, non gode di alcun riconoscimento legislativo[4] nelle scuole pubbliche, nei canali televisivi e nelle stazioni radiofoniche, né esistono giornali in lingua curda.
Negli anni '60 si verificarono molte manifestazioni razziali in Siria; infatti nelle zone curde vennero allontanati gli insegnanti d'origine curda dalle scuole e sostituiti con altri d'origine araba[5]. Il governo siriano iniziò una deportazione della popolazione curda dai territori d'origine verso le zone centrali e sud-occidentali del paese, modificando i nomi delle località e dei paesi con nomi arabi. Una legge emanata nel 1963, toglieva la cittadinanza siriana a circa 100.000 curdi[5].
Negli anni '70, migliaia di curdi siriani vennero arrestati e torturati per essere stati trovati in possesso di opere scritte in lingua curda, o per essere accusati di far parte di organizzazioni clandestine curde[5]. In seguito la repressione è diminuita, e nei primi anni '90 le genti curde hanno potuto festeggiare il Newroz, il 21 marzo, capodanno e festa nazionale curda[5].

Note

  1. ^ Bruno Migliorini et al.Scheda sul lemma "Curdistan", in Dizionario italiano multimediale e multilingue d'ortografia e di pronunzia, Rai Eri, 2007, ISBN 978-88-397-1478-7.
  2. ^ Jasim Tawfik Mustafa, Kurdi - il dramma di un popolo e la comunità internazionale; BFS edizioni, 1994, p. 202
  3. ^ a b Jasim Tawfik Mustafa, op cit; BFS edizioni, 1994, p. 201
  4. ^ a b Jasim Tawfik Mustafa, op cit; BFS edizioni, 1994, p. 203
  5. ^ a b c d Jasim Tawfik Mustafa, op cit; BFS edizioni, 1994, p. 204

Bibliografia

  • Encyclopaedia Britannica, voce Kurdistan
  • M. Galletti, Storia dei Curdi, Jouvence, Napoli 2003
  • M. Galletti, Cristiani del Kurdistan, Jouvence, Napoli 2003
  • M. Galletti. I curdi. Un popolo transnazionale, Edup, Roma 1999
  • A. Marconi, Il popolo kurdo. Storia di una diaspora sconosciuta, Ed. Cultura della Pace, Roma 2001
  • L. Schrader (cur.), Canti d'amore e di libertà del popolo kurdo, Newton Compton, Roma 1993
  • G. Chaliand (cur.), Anthologie de la poésie pupulaire kurde, Stock Plus, Paris 1980
  • Balulì Zana (cur.), Leggende del popolo curdo, Arcana, Milano 1992

Voci correlate

La nuova linea "Drang nach Osten" della Germania nel caso Brexit



Drang nach Osten (in lingua italiana Spinta verso l'Est) è un'espressione che venne usata dagli intellettuali tedeschi a partire dal XIX secolo e, più tardi, dal nazionalsocialismo, per indicare i movimenti di popolazioni germanichee l'espansionismo tedesco verso l'Europa orientale.
Essa si riferisce all'ambito della storia tedesca, che indica l'espansione verso l'Europa orientale degli stati germanici che portò alla conquista di aree slave e baltiche, dal Medio Evo (Ostsiedlung, realizzata tra il XII ed il XV secolo) sino alla fine della seconda guerra mondiale, dopo la sconfitta della Germania da parte degli Alleati.
Dopo la seconda guerra mondiale, la propaganda nella Polonia e nell'Unione Sovietica la utilizzava per rafforzare sentimenti antitedeschi.

Storia

Medioevo

Exquisite-kfind.pngLo stesso argomento in dettaglio: Crociate del nord.
Durante l'alto medioevo la forte crescita demografica tedesca provocò una spinta verso est che causò forti movimenti migratori, sostenuti in ottica di colonizzazione cristiana dai re e dai nobili tedeschi e polacchi, così come dalle autorità ecclesiastiche, da RenaniaFiandre e Sassonia, territori del Sacro Romano Impero, verso regioni fra i fiumi Elba e Saale, il Baltico e Polonia, abitati da popoli slavi e baltici.[1]
La Prussia, futuro centro dello stato nazionale tedesco, affonda le sue radici proprio in questi spostamenti verso est: verso la fine del Medio Evo, i Cavalieri Teutonici avevano convertito e posto sotto il proprio controllo la maggior parte delle coste baltiche meridionali, così da formare una frontiera più o meno stabile tra la Prussia ed il regno cattolico della Polonia, per essere poi sconfitti dall'esercito polacco nel 1410 e nel 1466, perdendo i territori a favore della formazione di un feudo polacco[2]. L'Estonia e la Livonia furono successivamente conquistate dalla Russia e dalla Svezia.

Epoca moderna

Nel XVIII secolo alcuni autori nazionalisti tedeschi cominciano ad utilizzare il termine Drang nach Osten per giustificare l'espansione verso l'Europa orientale, termine poi ripreso diffusamente in ambito geopolitico enazionalsocialista.
La geopolitica nazionalsocialista espresse tre motivi fondamentali che spingevano la Germania a muoversi verso est:
  • il primo era dettato dalla storia: la Germania realizzava una spinta "vitale" verso oriente fin dal medioevo (con l'Ostsiedlung);
  • il secondo era dettato dal Trattato di Versailles (1919), con cui le potenze vincitrici della Grande Guerra avevano privato l'Impero tedesco delle sue colonie e di numerosi territori, considerati indispensabili per la sopravvivenza del popolo tedesco;
  • il terzo era dovuto dalla forte spinta demografica della Germania, considerata "potenza proletaria", per sfogare la quale erano necessarie nuove terre, ritenendo inevitabile quindi un'espansione verso le pianure abitate daglislavi, praticamente spopolate in proporzione all'alta densità abitativa tedesca e a quella dell'Europa occidentale in generale.[3]
Il concetto venne poi usato a giustificazione per il bombardamento di Varsavia e la deportazione di 800.000 polacchi nei campi di concentramento, ordinata da Adolf Hitler dopo il fallimento della rivolta di Varsavia nel 1944, che causò 200.000 morti. Heinrich Himmler asserì che i polacchi, nel corso dei settecento anni precedenti, avevano costituito un ostacolo all'espansione tedesca verso est e che era perciò giunto il momento di rimuovere l'ostacolo definitivamente.
Con la conferenza di Potsdam (1945) vennero cancellate tutte le acquisizioni territoriali tedesche, specialmente quelle relative alla linea Oder-Neisse, ridimensionando la Germania ai confini del XIII secolo, pur lasciando ad essa i territori storicamente abitati da Sorbi e Polabi, tra la linea Oder-Neisse ed il fiume Elba.

Spazio vitale

Il Drang nach Osten è legato al concetto di Lebensraum (Spazio vitale), ossia il concetto secondo il quale ogni popolo ha diritto ad un territorio e ad una quantità di risorse proporzionata alla propria popolazione ed alle sue necessità: da qui l'intendimento che i territori ad est della Germania, relativamente sottopopolati, dovessero diventare sfogo per la forte pressione demografica tedesca.

Note

  1. ^ (EN) Wallbank and Schrier, Living World History, pp. 193
  2. ^ (DE) Sebastian Haffner, Preußen ohne Legende. Goldmann Stern-Bücher, München, 1981, pp. 6–10.
  3. ^ John O'Loughlin, Dizionario di geopolitica, Asterios editore, Trieste.

Bibliografia

  • (DE) Sebastian Haffner, Preußen ohne Legende. Goldmann Stern-Bücher, München, 1981.
  • John O'Loughlin, Dizionario di geopolitica, Asterios editore, Trieste.
  • (DEUberto di Löwenstein-Wertheim-FreudenbergKleine Deutsche Geschichte, Frankfurt a. M. 1957

Voci correlate

Le radici sono importanti



C'è una scena molto profonda, nel film "La grande bellezza", di Sorrentino, in cui la centenaria suora ospite per un breve pellegrinaggio a Roma, dice una frase apparentemente ovvia, e quasi ridicola: "Lo sa perché mangio radici? Perché le radici sono importanti".
Ecco, questa frase ha un ruolo centrale nel film, perché indica al protagonista la via per ritrovare quella vena artistica e creativa che aveva perduto nel disperdersi quasi completamente nella mondanità della capitale.
Io metterei questa frase di fianco ad altre, che voglio citare in questa pagina del mio diario.
Un'altra frase che riguarda le radici è quella rappresentata nell'immagine sottostante, dove vediamo un albero i cui rami sono identici, in quanto a forma ed estensione, alle radici, e la scritta è "Così sopra, così sotto", che vuol dire, naturalmente, che senza il contributo di una quantità ampia di radici, non sarebbe possibile, per l'albero, espandersi in quel modo con il tronco e con i rami.

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Oppure ancora la frase di Chesterton che compare nell'immagine di apertura: "Così forte è la tradizione che le generazioni future sogneranno riguardo a qualcosa che non hanno mai visto".
La Civiltà Occidentale ha una grande tradizione sulla quale le generazioni si sono formate, sia in famiglia che nella scuola che in generale nella vita.
Ora è in atto un processo di svalutazione della tradizione della civiltà occidentale a vantaggio di quella delle altre civiltà. Ora, premesso che l'apporto di ogni civiltà alla cultura umana è fondamentale, bisogna però dire che è altrettanto fondamentale che ogni civiltà provveda primariamente alla trasmissione della propria cultura e dei propri elementi tradizionali, altrimenti corre il rischio di perderli per sempre.



Tree of life Mandala, Celtic designs for art and clothing featuring original artwork By Welsh artist Jen Delyth.:

Il tradizionalismo non è un "adorare le ceneri", come polemicamente disse papa Bergoglio, al contrario è un mantenere viva la fiamma, il Sacro Fuoco della cultura e dell'arte.