Blog di letteratura, storia, arte e critica cinematografica e televisiva. I racconti e i romanzi contenuti in questo blog sono opere di fantasia o di fanfiction. Gli eventi narrati e i personaggi descritti, esclusi quelli di rilevanza storica, sono del tutto immaginari. Ogni riferimento o somiglianza a persone o cose esistenti o esistite, o a fatti realmente accaduti, è da considerarsi puramente casuale. Gli elementi di fanfiction riguardano narrazioni di autori molto noti e ampiamente citati.
domenica 23 agosto 2015
La Confraternita dei Preraffaelliti (in "Desperate Romantics")
Il matrimonio di D.G. Rossetti ed Elizabeth Siddal
Effie Gray e Lizzie Siddal
Disperatamente romantici
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Disperatamente Romantici | |
---|---|
Titolo originale | Desperate Romantics |
Paese | Regno Unito |
Anno | 2009 |
Formato | miniserie TV |
Genere | drammatico |
Stagioni | 1 |
Puntate | 6 |
Durata | 60 min (episodio) |
Lingua originale | Inglese |
Caratteristiche tecniche | |
Aspect ratio | 16:9 |
Colore | Colore |
Audio | 2.0 |
Crediti | |
Prima visione | |
Prima TV Regno Unito | |
Dal | 21 luglio 2009 |
Al | 25 agosto 2009 |
Rete televisiva | BBC Two |
Prima TV in italiano (gratuita) | |
Dal | 21 giugno 2015 |
Al | 5 luglio 2015 |
Rete televisiva | La EFFE |
Disperatamente romantici è una miniserie televisiva britannica scritta da Peter Bowker. La serie è stata trasmessa sul canaleBBC Two dal 21 luglio 2009[1]. In Italia la serie viene trasmessa per la prima volta, in chiaro, a partire dal 21 giugno 2015 sul canale televisivo La EFFE[2].
Trama[modifica | modifica wikitesto]
1851, Londra. Mentre la città è alle prese con la Rivoluzione Industriale, quattro giovani artisti e membri della confraternita deiPreraffaeliti cercano di emergere e farsi notare. Talentuosi, stravaganti e desiderosi di rompere gli schemi della pittura tradizionale, i quattro ragazzi si distinguono per originalità e anticonformismo, creando spesso scandalo. Tra amori tormentati, scandali, fallimenti e trionfi, questi pittori riusciranno a lasciare un segno indelebile nella storia dell'arte ottocentesca.
Personaggi e interpreti[modifica | modifica wikitesto]
- Dante Gabriel Rossetti, interpretato da Aidan Turner.
- William Holman Hunt, interpretato da Rafe Spall.
- John Everett Millais, interpretato da Samuel Barnett.
- Fred Walters, interpretato da Sam Crane.
- Effie Gray, interpretata da Zoë Tapper.
- Lizzie Siddal, interpretata da Amy Manson.
- Annie Miller, interpretata da Jennie Jacques.
- John Ruskin, interpretato da Tom Hollander.
- Frank Stone, interpretato da Phil Davis.
- Charles Dickens, interpretato da Mark Heap.
- Fanny Cornforth, interpretata da Rebecca Davies.
- William Morris, interpretato da Dyfrig Morris.
- Edward Burne-Jones, interpretato da Peter Sandys-Clarke.
- Jane Burden, interpretata da Natalie Thomas.
- Rose La Touche, interpretata da Poppy Lee Friar.
Note
Castello di Tantallon
Castello di TANTALLON - Scozia
Il Castello di Tantallon, o meglio ciò che resta di quello che un tempo era una fortezza medievale, si trova arroccato su un promontorio circondato dal mare. Per arrivarci si deve attraversare una distesa verde e superare un antico arco in pietra. Fu costruito verso la metà del 14° secolo su iniziativa del conte William Douglas che lo lasciò poi ai suoi eredi. La dinastia Douglas, però, si era sempre scontrata con la corona e infatti il castello fu assediato prima da Giacomo IV e poi dal suo successore Giacomo V, finché fu ridotto in macerie dalle truppe di Oliver Cromwell nel 1651 e dunque abbandonato per sempre. Tantallon è stato davvero l’ultimo grande castello costruito in Scozia. Ciò che maggiormente lo caratterizza è la sua architettura e la presenza di questa unica parete in pietra rossa alta 15 metri a fungere da protezione. Negli anni, poi, si sono susseguiti gli annunci di avvistamenti di fantasmi all’interno del castello che ne hanno alimentato il mito. In ogni caso, fantasmi o meno, non perdete questo pezzo di storia scozzese.
sabato 22 agosto 2015
Divinità celtiche: gli dei nella religione dei Celti
Taranis rappresenta il Dis-Pater, Lúg che riceve l'epiteto di samildanach ("che possiede tutte le arti") a cui è dedicato un racconto, "La battaglia di Moytura". Il dio Ogmios viene identificato da Luciano di Samosata con l'Eracle greco, anche se era in realtà un vegliardo con i capelli canuti, la pelle rinsecchita e la fronte rugosa che si dice essere stato l'inventore dell'alfabeto irlandese: l'ogam. Un debole legame c'è tra Apollo e Belenus o la divinità Atepomaros che significa "che possiede tanti cavalli", definito altrove come Maponos ("il giovane ragazzo") figlio di Dagda "il dio buono" e la dea Boann ("colei che concede vacche ai suoi devoti").
Il dio della medicina è invece Dian Cecht, che prepara una mirabile protesi d'argento per Nuadu Airgetlam a cui in combattimento era stata mozzata una mano. I morti invece si recano dal dio irlandese Donn "lo Scuro", una divinità minore che abita nel Tech Duinn presso le coste irlandesi. Tra le divinità femminili vanno ricordate Brigit che spesso viene associata a Minerva, Epona dea dei cavalli da associare alla romana Demetra e Sirona dea delle acquee dolci e della bianca luce lunare. Esistono anche due dei silvestri Sucellus e Nantos e soprattutto il dio Cernunnos ("cornuto"), che ha le corna di cervo.
Queste tradizioni ci raccontano la storia mitica dell'isola dopo il diluvio. I primi immigrati subiscono continuamente gli attacchi dei Fomori, esseri crudeli arrivati da oltremare. Una nuova ondata di immigrati porta le leggi e la società civile. Sono seguiti dai Túatha Dé Danann, le tribù della dea Dana, iniziati al sapere magico. Essi sono guidati dal Dio Lugh in persona nella grande battaglia di Magh Tuiredh contro la razza dei Fomoriani che vinta verrà per sempre bandita dall'Irlanda. Dopo la battaglia arriveranno i primi celti provenienti dalla Spagna. Le relazioni fra i celti e i Tuatha restano tese, come dimostrano le diverse battaglie che combattono gli uni contro gli altri. Finalmente i Tuatha si ritirano nell'Annwn e cedono lo spazio visibile ai Celti.
Queste tradizioni ci raccontano la storia mitica dell'isola dopo il diluvio. I primi immigrati subiscono continuamente gli attacchi dei Fomori, esseri crudeli arrivati da oltremare. Una nuova ondata di immigrati porta le leggi e la società civile. Sono seguiti dai Túatha Dé Danann, le tribù della dea Dana, iniziati al sapere magico. Essi sono guidati dal Dio Lugh in persona nella grande battaglia di Magh Tuiredh contro la razza dei Fomoriani che vinta verrà per sempre bandita dall'Irlanda. Dopo la battaglia arriveranno i primi celti provenienti dalla Spagna. Le relazioni fra i celti e i Tuatha restano tese, come dimostrano le diverse battaglie che combattono gli uni contro gli altri. Finalmente i Tuatha si ritirano nell'Annwn e cedono lo spazio visibile ai Celti.
Albero genealogico del Canto dei Nibelunghi (o Anello del Nibelungo)
Albero genealogico di Sigfrido nel Nibelungenlied
Albero genealogico di Sigurd nell'Edda
Albero genealogico della casa reale dei Burgundi
Mappa del mondo secondo la mitologia germanica e il Canto dei Nibelunghi
Nibelunghi è il nome dato dalla tradizione germanica a una stirpe mitologica di nani, che viveva sotto terra e conosceva i segreti della fusione del ferro.
Non si sa chi abbia raccontato per primo le imprese dei Nibelunghi, e da chi siano state trascritte. Il nucleo mitologico originario si è probabilmente formato intorno agli eventi delV-VI secolo, in particolare alla guerra tra i Burgundi e gli Unni. Dai Nibelunghi sarebbe infatti derivata la stirpe regale dei Burgundi, la popolazione che nel V secolo formò il primo nucleo di un regno romano-barbarico sulla riva sinistra del Reno. Le prime forme di narrazione scritta che raccontano le vicende dei Nibelunghi risalgono al XIII secolo.
I principali testi in materia nibelungica appartengono all'area tedesca e nordica, e sono:
- un gruppo di carmi dell'Edda, raccolta di poesia eroica e mitologica scritta in Islanda nel XIII secolo
- la Saga dei Völsungar, opera islandese in prosa derivata dai carmi eddici (XIII secolo)
- la Canzone dei Nibelunghi ((DE) Nibelungenlied) vasto poema epico tedesco dell'inizio del XIII secolo.
Al centro di tutte le narrazioni sui Nibelunghi c'è la figura di Sigfrido ((DE) Siegfried, o Sigurðr nelle saghe nordiche). Questo eroe ha ucciso un drago, e grazie a questa impresa si è impadronito di un tesoro, è diventato re dei misteriosi Nibelunghi e ha acquisito straordinari poteri.
In età moderna, i manoscritti contenenti le diverse versioni della materia nibelungica vengono riscoperti in Germania e riscritti ai fini dell'esaltazione del carattere germanico, tema proprio del nazionalismo tedesco. Nel 1755 Johann Jacob Bodmer trova un manoscritto del Nibelungenlied e, nel clima preromantico e in seguito romantico, il poema diventa il poema nazionale del popolo tedesco. Il Nibelungenlied subisce fin dall'inizio una serie di riscritture, mescolando le fonti tedesche e quelle nordiche, cercando di ricostruire un ipotetico originale perduto.
La più celebre riscrittura del mito nibelungico è quella effettuata da Richard Wagner, che scrive e mette in musica il ciclo L'anello del Nibelungo, la cui composizione si svolge tra il1848 e il 1874. È da notare comunque che il capolavoro wagneriano (letterario oltre che musicale) è sorto dalla fusione di vari miti ed elementi derivanti da numerose fonti più antiche del Nibelungenlied e meno dipendenti di questo dal pensiero cristiano: le saghe islandesi e scandinave sono la più vera ed autentica fonte mitologica dell'Anello del Nibelungo. Quest'opera immane nasce nel clima del '48: il ribelle Sigfrido che spezza la lancia del padre degli Dei, Wotan, simbolicamente accende la speranza di un cambiamento radicale. Lo scrittore irlandese George Bernard Shaw vide in Siegfried una trasposizione artistica del rivoluzionario anarchico russo Bakunin.
J.R.R. Tolkien ha riscritto la saga dei Nibelunghi durante i suoi anni di studi riguardanti la letteratura medievale Norrena, ispirandosi alle fonti Eddiche, cioè alle versioni islandesi della saga. Suo figlio Christopher Tolkien ha raccolto questi suoi appunti in un libro, uscito nel 2009, chiamato La leggenda di Sigurd e Gudrùn.
Il tentativo cinematografico più riuscito di mettere in scena la saga dei Nibelunghi è stato quello del regista tedesco Fritz Lang, che con il lungo film muto in due parti I nibelunghi(in tedesco Die Nibelungen) ha creato un capolavoro del cinema.[1][2]
Nella cultura di massa
La parola "Nibelunghi" compare anche nella serie dei Cavalieri dello zodiaco, in particolare nella parte della serie ambientata ad Asgard. I cavalieri di Atena dovranno salvarla dalle grinfie di Hilda, sacerdotessa di Odino, che è sotto l'influsso malefico dell'anello dei Nibelunghi.
Nella serie di videogiochi Valkyrie Profile, incentrata sulla mitologia scandinava, le tre valchirie, Lenneth, Silmeria e Hrist, e la principessa Alicia utilizzano una tecnica d'attacco denominata "Nibelung valesti", esplicito richiamo alla stirpe mitologica.
Per quanto riguarda il gioco World of Warcraft, la parola "Nibelunghi" si riferisce chiaramente alla classe dei nani, locati ad Ironforge, una città sotterranea dove è presente un'enorme fornace. Ironforge è il paradiso per il "blacksmith" principiante e medio. Il blacksmith è colui che fa il mestiere del fabbro nel gioco, ovvero chi fonde i minerali per creare armi e oggetti non comuni. La città sotterranea di Ironforge è circondata da un terreno innevato, altro particolare in comune con le terre e le mitologie norrene.
Note bibliografiche
- ^ *Lotte H. Eisner, Lo schermo demoniaco. Le influenze di Max Reinhardt e dell’espressionismo, traduzione di Martine Schruoffeneger, Editori Riuniti, Roma 1983, pp. 202-203. ISBN 88-359-2640-8
- ^ Georges Sadoul, Storia del cinema mondiale dalle origini ai nostri giorni, traduzione di Mariella Mammalella, Feltrinelli, Milano 1964, pp. 111-114.
I nove mondi della mitologia nordica e i loro abitanti
Asgard (Dei Aesir, Valchirie) , Vanaheim (Dei Vanir), Alfheim (Elfi della Luce), Midgard (Umani e Troll), Scartalfheim (Elfi Oscuri), Muspelheim (Fuoco), Jotunheim (Giganti), Nilfheim /Nidavelir (Nani e Gnomi, Creature del Ghiaccio, Draghi), Hel (i Morti).
I cavalieri catafratti e la cavalleria pesante
L'imperatore bizantino Alessio Comneno
Il catafratto (in latino: cataphractus; in greco: κατάφρακτος, kataphraktos, plurale κατάφρακτοι, kataphraktoi, composto di κατά "fino in fondo" e φρακτός "coperto, protetto", a sua volta da φράσσω "coprire, proteggere")[1] era un cavaliere della cavalleria sasanide, di quella dei Parti, di quella tardo-romana o dell'esercito bizantino (ma anche di altri eserciti) che era interamente coperto da un'armatura di ferro che lo proteggeva in battaglia. Al pariarmato e dotato di corazza con lamine di ferro era il suo cavallo. Erano dunque cavalieri equipaggiati con armamento pesante che combattevano armati di lancia.
Questo genere di protezione fu adottato dai persiani, dai parti, dagli armeni, dai greci e dai romani, fino a giungere – con alcune evoluzioni – al periodo medievale, questa milizia fu usata in tutto il Medioevo dai bizantini, e componeva la cavalleria di questo popolo, molto temuta dagli avversari. In battaglia, i catafratti potevano cambiare l'esito della battaglia, grazie alle loro cariche. Venivano utilizzati come un ariete pesantemente corazzato che travolgeva chiunque tentasse di opporsi a loro.
Per estensione, il termine "catafratto" si riferisce alla caratteristica di essere corazzati e quindi protetti.
I catafratti entrarono a far parte della cavalleria specialmente in epoca tardo-romana per contrastare le cavallerie di Parti prima, Sasanidi poi, oltre ai Sarmati. Furono gli unici cavalieri che non facevano parte di una particolare squadra di esploratori, ma erano un corpo ben distinto di cavalleria (può essere considerato il primo esistente del genere). I catafratti di epoca romana erano armati con una lancia a due punte (contus) e una spada leggermente più lunga del gladio in dotazione ai legionari (la spatha). Avevano un elmo con pennacchio e con apertura a visiera. La loro corazza proteggeva anche braccia e gambe (si trattava di una evoluzione della lorica squamata).
Le prime unità di catafratti introdotte nell'esercito romano, furono create da Adriano. E se si ricordano solo poche unità di Cataphractariinell'esercito del Principato (fino al 284), furono invece assai più numerose quelle nel tardo Impero romano, soprattutto in Oriente. Se ne registrano ben 19 unità secondo la Notitia Dignitatum, una delle quali era una schola, reggimento di guardie a cavallo imperiale. Tutte queste unità, tranne due, appartenne al Comitatus, con una minoranza tra i Comitatensi palatini, mentre ci fu solo un'unità militare di arcieri catafratti.
« Venivano in ordine sparso i corazzieri a cavallo, chiamati di solito "clibanari", i quali erano forniti di visiere e rivestiti di piastre sul torace. Fasce di ferro avvolgevano le loro membra tanto che si sarebbero creduti statue scolpite da Prassitele, non uomini. Erano coperti da sottili lamine di ferro disposte per tutte le membra ed adatte ai movimenti del corpo, di modo che qualsiasi movimento fossero costretti a compiere, la corazzatura si piegasse per effetto delle giunture ben connesse. » |
(Ammiano Marcellino, Rerum gestarum libri, XVI, 10, 8) |
Epoca bizantina
In epoca bizantina il catafratto ebbe rinnovato il suo equipaggiamento: venne introdotto l'arco riflesso che i bizantini adottarono dagli Unni e la spada fu sostituita con la sciabola, molto più facile da manovrare in un combattimento a cavallo. Un'altra importante innovazione fu l'uso dellalorica hamata: una corazza molto più resistente composta di anelli di metallo. Furono introdotte le staffe e aggiunti i ferri da cavallo. Il catafratto divenne una carta vincente nell'esercito bizantino al punto che una sola manovra di questa cavalleria poteva scompaginare l'esercito nemico e metterlo in fuga prima ancora che la fanteria arrivasse all'attrito. La dottrina militare bizantina, infatti, non prevedeva il concetto di annientamento totale dell'avversario, quanto piuttosto il suo temporaneo indebolimento. In virtù di questo la cavalleria veniva raramente utilizzata per rincorrere gli eserciti nemici in rotta[5].
Fu grazie al reparto dei catafratti che Belisario riuscì ad ottenere molti successi in Occidente contro gli ostrogoti che erano soliti schierare solamente fanteria e non potevano nulla contro i catafratti. Famoso è l'episodio in cui Belisario a Roma si stava difendendo da un assedio mosso dagli ostrogoti, per mano del loro re, Vitige. Belisario mandò fuori dalla città duecento catafratti armati di arco e freccia, e ordinò loro di scoccare sul nemico tutte le frecce che avevano prima di rientrare in città: essi compirono un massacro, e nessuno di loro ci rimise la vita, perché appena il nemico si avvicinava, arretravano in velocità coi cavalli.
I catafratti venivano riforniti di cavalli provenienti dall'Anatolia. In seguito alla battaglia di Manzicerta nel 1071, nella quale l'esercito dell'Imperatore Romano IV Diogene venne travolto dai turchi selgiuchidi, l'Anatolia fu da questi ultimi conquistata nel giro di pochi anni, segnando la fine del reparto dei catafratti; quelli che restarono furono assorbiti dai reparti di fanteria.
Note
- ^ Dizionario Greco-Italiano/Italiano-Greco, F. Schenkl & F. Brunetti, Fratelli Melita Editori, Genova/La Spezia, 1990, ISBN 88-403-6693-8, pp. 439, 455, 936.
- ^ in Res Gestae (XVI, X, 8) :"et incedebat hinc inde ordo geminus armatorum clipeatus atque cristatus corusco lumine radians nitidis loricis indutus, sparsique cataphracti equites quos clibanarios dictitant, [personati] thoracum muniti tegminibus et limbis ferreis cincti ut Praxitelis manu polita crederes simulacra non viros quos laminarum circuli tenues apti corporis flexibus ambiebant per omnia membra diducti ut quocumque artus necessitas commovisset vestitus congrueret iunctura cohaerenter aptata."
- ^ ArsDimicandi Forum :: CATAFRATTI questi sconosciuti
- ^ Da questo termine derivano gli analoghi vocaboli neopersiani e turchi: sipahi o sepohi: termini che appunto non significano altro che "soldati"
- ^ Amazon.it: La grande strategia dell'impero bizantino - Edward N. Luttwak, D. Giusti, E. Peru - Libri
Mappa della Battaglia di Mazinkert tra Bizantini e Turchi (26 agosto 1071)
La battaglia di Manzicerta (anche Manzikert o Manzijert) fu combattuta il 26 agosto 1071 tra l'esercito del sultanoselgiuchide Alp Arslān e quello bizantino dell'imperatore Romano IV Diogene presso l'odierna cittadina turca di Malazgirt, al confine nord-orientale dell'Anatolia, vicino al lago di Van. Lo scontro, avviato nell'impreparazione e disorganizzazione delle forze imperiali, si risolse in uno smacco per i bizantini.
La battaglia, anche se non inferse grosse perdite all'esercito bizantino,[2] mise in grave pericolo l'impero a causa dell'apertura della falla nel confine orientale, che rimase esposto, nel corso della guerra civile che intanto scoppiò nell'impero, alle penetrazioni delle bande turcomanne e oghuz, che si spinsero fino a Nicea, Iconio e al Mar di Marmara.
Data | 26 agosto 1071 |
---|---|
Luogo | Manzicerta, antica Armenia (moderna Malazgirt, oggi in Turchia) |
Causa | penetrazioni di bande turcomanne eoghuz al confine nord-orientale dell'Anatolia. |
Esito | Decisiva vittoria dei Turchi della dinastia Selgiuchide. |
Modifiche territoriali | perdita di gran parte dell'Anatolia per Bisanzio e suo passaggio all'Impero Turco Selgiuchide. |
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